estratto della bozza di DL "Misure urgenti per la crescita sostenibile" relativo alle norme in tema di giustizia artt. 31-32 e 33
CAPO VIII
ULTERIORI MISURE PER LE IMPRESE IN MATERIA DI
GIUSTIZIA
Art. 31
(Appello)
1.
Al codice di procedura civile, libro secondo, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) dopo l’articolo 348 sono inseriti i seguenti:
«Articolo 348-bis
(Inammissibilità all’appello)
Fuori dei casi in cui deve essere
dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello,
l’impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha
una ragionevole probabilità di essere accolta.
Il primo comma non si applica quando:
a) l’appello è proposto relativamente a una delle
cause di cui all’articolo 70, primo comma;
b) l’appello è proposto a norma dell’articolo
702-quater.
Articolo 348-ter
(Pronuncia sull’inammissibilità dell’appello)
All’udienza di cui all’articolo 350 il
giudice, prima di procedere alla trattazione, dichiara inammissibile l’appello,
a norma dell’articolo 348-bis, primo comma, con ordinanza succintamente
motivata, anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o
più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi. Il giudice provvede
sulle spese a norma dell’articolo 91.
L’ordinanza di inammissibilità è
pronunciata solo quando sia per l’impugnazione principale che per quella
incidentale di cui all’articolo 333 ricorrono i presupposti di cui al primo
comma dell’articolo 348-bis. In mancanza, il giudice procede alla trattazione
di tutte le impugnazioni comunque proposte contro la sentenza.
Quando è pronunciata l’inammissibilità,
contro il provvedimento di primo grado può essere proposto ricorso per
cassazione nei limiti dei motivi specifici esposti con l’atto di appello. In
tal caso il termine per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di
primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore,
dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità. Si applica l’articolo 327, in
quanto compatibile.
Quando l’inammissibilità è fondata sulle
stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione
impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i
motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell’articolo 360.
La disposizione di cui al quarto comma
si applica, fuori dei casi di cui all’articolo 348-bis, secondo comma, lettera
a), anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma
la decisione di primo grado.»;
b) all’articolo 360, primo comma, è
apportata la seguente modificazione:
il numero 5) è sostituito dal seguente:
«5) per omesso esame
circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra
le parti.»
c) all’articolo 383 è aggiunto il
seguente comma:
«Nelle ipotesi di cui all’articolo
348-ter la Corte, se accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli indicati
dall’articolo 382, rinvia la causa al giudice che avrebbe dovuto pronunciare
sull’appello e si applica la sezione terza del capo terzo del libro secondo.»
c) dopo l’articolo 436 è inserito il
seguente:
«Articolo 436-bis
(Inammissibilità dell’appello e
pronuncia)
All’udienza di discussione si
applicano gli articoli 348-bis e 348-ter»;
d) all’articolo
447-bis, primo comma, è apportata la seguente modificazione:
le parole «e secondo comma, 430, 433,
434, 435, 436, 437, 438, 439, 440, 441,» sono sostituite dalle seguenti «e
secondo comma, 430, 433, 434, 435, 436, 436-bis, 437, 438, 439, 440, 441,».
2. Le disposizioni di cui al comma 1
si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con
citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno
successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto.>>.
Art. 32
(Modifiche alla legge 24 marzo 2001
n. 89)
1. Alla legge 24 marzo 2001, n. 89, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2:
1) il comma 2 è sostituito dal
seguente: «Nell’accertare la violazione il giudice valuta la complessità del
caso, l’oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e del giudice
durante il procedimento, nonché quello di ogni altro soggetto chiamato a
concorrervi o a contribuire alla sua definizione»;
2) dopo il comma 2 sono aggiunti i
seguenti:
«2-bis. Si considera rispettato il
termine ragionevole di cui al comma 1 se il processo non eccede la durata di
tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio
di legittimità. Ai fini del computo della durata il processo si considera
iniziato con il deposito del ricorso introduttivo del giudizio ovvero con la
notificazione dell’atto di citazione. Si considera rispettato il termine
ragionevole se il procedimento di esecuzione forzata si è concluso in tre anni,
e se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni. Il processo penale si
considera iniziato con l’assunzione della qualità di imputato, di parte civile
o di responsabile civile, ovvero quando l’indagato ha avuto legale conoscenza
della chiusura delle indagini preliminari.
2-ter. Si considera comunque
rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo
irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni.
2-quater. Ai fini del computo non si
tiene conto del tempo in cui il processo è sospeso e di quello intercorso tra
il giorno in cui inizia a decorrere il termine per proporre l’impugnazione e la
proposizione della stessa.
2-quinquies. Non è riconosciuto alcun
indennizzo:
a) in favore della parte soccombente condannata a norma
dell’articolo 96, terzo comma, del codice di procedura civile;
b) nel caso di cui all’articolo 91, primo comma, secondo
periodo, del codice di procedura civile;
c) nel caso di cui all’articolo 13, primo comma, primo
periodo, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
d) nel caso di estinzione del reato per intervenuta
prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte;
e) quando l’imputato non ha depositato istanza di
accelerazione del processo penale nei trenta giorni successivi al superamento
dei termini cui all’articolo 2-bis.
f) in ogni altro caso di abuso dei poteri processuali che
abbia determinato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento;
4) il comma 3 è abrogato;
b) dopo l’articolo 2 è aggiunto il
seguente:
«Art. 2-bis (Misura dell’indennizzo).
1. Il giudice liquida a titolo di
equa riparazione una somma di denaro, non inferiore a 500 euro e non superiore
a 1.500 euro, per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che
eccede il termine ragionevole di durata del processo.
2. L’indennizzo è determinato a norma
dell’articolo 2056 del codice civile, tenendo conto:
a) dell’esito del processo nel quale
si è verificata la violazione di cui al comma 1 dell’articolo 2;
b) del comportamento del giudice e
delle parti;
c) della natura degli interessi
coinvolti;
d) del valore e della rilevanza della
causa, valutati anche in relazione alle condizioni personali della parte.
3. La misura dell’indennizzo, anche
in deroga al comma 1, non può in ogni caso essere superiore al valore della
causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice.»;
c) l’articolo 3 è sostituito dal
seguente:
«Art. 3 (Procedimento).
1. La domanda di equa riparazione si
propone con ricorso al presidente della corte d’appello del distretto in cui ha
sede il giudice competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura
penale a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto
è concluso o estinto relativamente ai gradi di merito il procedimento nel cui
ambito la violazione si assume verificata. Si applica l’articolo 125 del codice
di procedura civile.
2. Il ricorso è proposto nei
confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del
giudice ordinario, del Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti
del giudice militare. Negli altri casi è proposto nei confronti del Ministro
dell’economia e delle finanze.
3. Unitamente al ricorso deve essere
depositata copia autentica dei seguenti atti:
a) l’atto di citazione, il ricorso,
le comparse e le memorie relativi al procedimento nel cui ambito la violazione
si assume verificata;
b) i verbali di causa e i
provvedimenti del giudice;
c) il provvedimento che ha definito
il giudizio, ove questo si sia concluso con sentenza od ordinanza irrevocabili.
4. Il presidente della corte
d’appello, o un magistrato della corte a tal fine designato, provvede sulla
domanda di equa riparazione con decreto motivato da emettere entro trenta
giorni dal deposito del ricorso. Si applicano i primi due commi dell’articolo
640 del codice di procedura civile.
5. Se accoglie il ricorso, il giudice
ingiunge all’amministrazione contro cui è stata proposta la domanda di pagare
senza dilazione la somma liquidata a titolo di equa riparazione, autorizzando
in mancanza la provvisoria esecuzione. Nel decreto il giudice liquida le spese
del procedimento e ne ingiunge il pagamento.
6. Se il ricorso è in tutto o in
parte respinto la domanda non può essere riproposta, ma la parte può fare
opposizione a norma dell’articolo 5-ter.
7. L'erogazione degli indennizzi agli
aventi diritto avviene nei limiti delle risorse disponibili.»;
d) l’articolo 4 è sostituito dal
seguente:
«La domanda di riparazione può essere
proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione
che conclude il procedimento è divenuta definitiva.»;
e) l’articolo 5 è sostituito dal
seguente:
«Art. 5 (Notificazioni e
comunicazioni).
1. Il ricorso, unitamente al decreto
che accoglie la domanda di equa riparazione, è notificato per copia autentica
al soggetto nei cui confronti la domanda è proposta.
2. Il decreto diventa inefficace
qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di trenta giorni dal
deposito in cancelleria del provvedimento e la domanda di equa riparazione non
può essere più proposta.
3. La notificazione ai sensi del
comma 1 rende improponibile l’opposizione e comporta acquiescenza al decreto da
parte del ricorrente.
4. Il decreto che accoglie la domanda
è altresì comunicato al procuratore generale della Corte dei conti, ai fini
dell’eventuale avvio del procedimento di responsabilità, nonché ai titolari
dell’azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati dal
procedimento.»;
f) dopo l’articolo 5-bis sono
inseriti i seguenti:
«Art. 5-ter (Opposizione).
1. Contro il decreto che ha deciso
sulla domanda di equa riparazione può essere proposta opposizione nel termine
perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento ovvero dalla
sua notificazione.
2. L’opposizione si propone con
ricorso davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha
emesso il decreto. Si applica l’articolo 125 del codice di procedura civile.
3. La corte d’appello provvede ai
sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Del
collegio non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento
impugnato.
4. L’opposizione non sospende
l’esecuzione del provvedimento. Il collegio, tuttavia, quando ricorrono gravi
motivi, può, con ordinanza non impugnabile, sospendere l’efficacia esecutiva
del decreto opposto.
5. La corte pronuncia, entro quattro
mesi dal deposito del ricorso, decreto impugnabile per cassazione. Il decreto è
immediatamente esecutivo.
Art. 5-quater (Sanzioni processuali).
1. Con il decreto di cui all’articolo
3, comma 4, ovvero con il provvedimento che definisce il giudizio di
opposizione, il giudice, quando la domanda per equa riparazione è dichiarata
inammissibile ovvero manifestamente infondata, può condannare il ricorrente al
pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma di denaro non
inferiore ad euro 1.000 e non superiore ad euro10.000.».
2. Le disposizioni di cui al comma 1
si applicano ai ricorsi depositati a decorrere dal trentesimo giorno successivo
a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Art. 33
(Modifiche
Scuola Magistratura ed esonero parziale dall’attività giurisdizionale)
Al decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1, il comma 5 è
sostituito dal seguente:
«5. Con decreto del Ministro della
giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono
individuate fino a un massimo di tre sedi della Scuola. Con il medesimo decreto
è individuata la sede della Scuola in cui si riunisce il Comitato direttivo»,
h) all’articolo 6, comma 2, sono
aggiunte, in fine, le seguenti parole «ovvero, a loro richiesta, possono
usufruire di un esonero parziale dall’attività giurisdizionale nella misura
determinata dal Consiglio superiore della magistratura».
Art. 34
(Lodo arbitrale)
1. Nei giudizi arbitrali per la risoluzione di controversie
inerenti o comunque connesse ai lavori pubblici, forniture e servizi il lodo è
impugnabile davanti alla Corte di appello, oltre che per motivi di nullità,
anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della
controversia.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche ai
giudizi arbitrali per i quali non sia scaduto il temine per l’impugnazione
davanti alla Corte d’appello alla data di entrata in vigore del presente
decreto.
Più volte la giurisprudenza di legittimità ha statuito che, in caso di azione proposta per il risarcimento dei danni, nei confronti dell'impresa designata dal Fondo di Garanzia per le vittime della strada, la prova che il danneggiato è tenuto a fornire che il danno sia stato effettivamente causato da veicolo non identificato, può essere offerta mediante la denuncia o querela presentata contro ignoti alle competenti autorità, ma senza automatismi, "sicché il giudice di merito può sia escludere la riconducibilità della fattispecie concreta a quella del danno cagionato da veicolo non identificato, pur in presenza di tale denuncia o querela, sia affermarla, in mancanza della stessa".
Facendo proprio tale principio, il giudice nomofilattico ha statuito che l'omessa o incompleta denuncia all'autorità non è idonea, di per sé, ad escludere che il danno sia stato effettivamente causato da veicolo non identificato; così come l'intervenuta denuncia o querela contro ignoti non vale, in se stessa, a dimostrare che tanto sia senz'altro accaduto, essendo necessario apprezzare tali circostanze in relazione alle caratteristiche delle singole fattispecie, non suscettibili di tipizzazioni astratte.
Sempre secondo i giudici della Terza Sezione Civile, ritenere che la denunzia mancante dell'indicazione dei testi comporti, di per sé, il rigetto della domanda, significherebbe introdurre una vera e propria condizione per l'accoglimento della domanda, creando un'ipotesi di giurisdizione condizionata al di fuori dai casi previsti dalla legge.
"Ciò comporta anche che non è consentito pervenire a configurare a carico del danneggiato medesimo un obbligo di collaborazione eccessivo rispetto alle sue "risorse, che finisca con il trasformarlo in un investigatore privato o necessariamente in un querelante".
(Altalex, 25 giugno 2012. Nota di Simone Marani)