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ALTALEX NEWS


venerdì 29 giugno 2012

Martin L. King, verso una nuova società.



Martin L. King, verso una nuova società.

“Sono convinto che se vogliamo metterci dalla parte giusta della rivoluzione mondiale, noi dobbiamo sottoporci a una radicale rivoluzione di valori. Dobbiamo rapidamente allontanarci da questa società centrata sui beni, e andare verso una società centrata sulle persone. Quando le macchine, i computer, i profitti, e i diritti di proprietà sono considerati più importanti delle persone, i tre mostri del razzismo, materialismo estremo e militarismo non possono più essere sconfitti ”.

Martin Luther King disse queste parole a New York, nella Riverside Church, il 4 Aprile del 1967.

http://mlk-kpp01.stanford.edu/index.php/encyclopedia/documentsentry/doc_beyond_vietnam/

link per leggere il testo del discorso in lingua originale e per accedere ai contenuti multimediali

nocensura.com: L'Italia ipoteca il Colosseo per garantire i Bond?...

nocensura.com: L'Italia ipoteca il Colosseo per garantire i Bond?...: Ecco la notizia battuta ieri dall'ANSA: (ANSA) - BRUXELLES, 28 GIU - Dopo avere proposto il Partenone come garanzia per gli aiuti alla Gr...

nocensura.com: Quello che devi sapere sul "MES" e le altre leggi ...

nocensura.com: Quello che devi sapere sul "MES" e le altre leggi ...: Ieri sera a " Mistero " su Italia 1, la rubrica di " Adam Kadmon " ha parlato del "MES", il cosiddetto " Meccanismo Europeo di Stabilità " ...

Quello che devi sapere sul "MES" e le altre leggi dittatoriali dell'Unione Europea

Ieri sera a "Mistero" su Italia 1, la rubrica di "Adam Kadmon" ha parlato del "MES", il cosiddetto "Meccanismo Europeo di Stabilità" (in inglese ESM, "European Stability Mechanism").

La rubrica di Adam Kadmon su Mistero è votata al "sensazionalismo" televisivo, spesso illustra teorie fantasiose, votate al complottismo più incredibile, talvolta parte da questioni con una base di verità, "ricamandoci" sopra ipotesi fantasiose, producendo talvolta l'effetto di minare (volutamente?) la credibilità di questioni serie. Ma il servizio dedicato al "MES" ha illustrato la questione davvero fedelmente, senza alcuna esagerazione, anche se chi non conosce il trattato può pensare il contrario, visto il contenuto del trattato del MES, che NON HA NIENTE A CHE FARE CON LE NORMALI REGOLE DEMOCRATICHE.

IL SERVIZIO DI "ADAM KADMON" A "MISTERO" (ITALIA1) DEDICATO AL "MES"

Del MES negli ultimi mesi ne abbiamo parlato molto spesso, e continuiamo a pubblicare tutti gli aggiornamenti del caso: nonostante ciò, diversi utenti dopo la puntata di Mistero di ieri sera ci hanno scritto, chiedendoci lumi sulla questione. Vi riproponiamo pertanto gli articoli pubblicati in precedenza, che sono numerosi:
Il testo del trattato che istituisce il "MES", rilasciato in lingua italiana solo recentemente (fino a qualche settimana fa era disponibile solo in inglese, nonostante la stragrande maggioranza dei cittadini dell'UE parlino altre lingue) lo potete scaricare, direttamente dal sito del Consiglio dell'Unione Europea, in formato PDF al seguente indirizzo:
http://www.european-council.europa.eu/media/582889/08-tesm2.it12.pdf

MES - il "Meccanismo Europeo di Stabilità"

Adam Kadmon ha fatto riferimento anche al "Trattato di Lisbona" ratificato in gran silenzio da Prodi e D'Alema (con l'assoluto silenzio dell'opposizione, che alle solite si scalda per le "piccolezze" e tace per le cose importanti...) per conoscerlo, vi consigliamo la lettura di questo articolo di Paolo Barnard.

Un'altra super-porcata europea prontamente avallata dai nostri governanti è l'istituzione di Eurogendfor, il super corpo di polizia europea con poteri praticamente illimitati: per saperne di più, leggete questo articolo e guardate il video che vi proponiamo di seguito...


Se avete preso visione del materiale proposto e non ne sapevate niente, probabilmente siete increduli: purtroppo le cose sono come descritte nel materiale che vi abbiamo proposto, e vi invitiamo ad approfondire la questione su altri siti web per trovarne conferma...

Un'altra cosa che molti cittadini non sanno, è il fatto che il potere legislativo in Europa, non è in mano all'Europarlamento, ma al Consiglio dell'UE composto a personaggi NON ELETTI, non legittimati dal voto popolare, come il Presidente Herman Van Rompuy, che decide delle vite di 500 milioni di persone e non solo non è eletto: ma è persino SCONOSCIUTO alla maggioranza dei cittadini, anzi: dei SUDDITI quali siamo...

Quando definiamo l'UE una DITTATURA, esageriamo?

L'Unione Europea - così come la banca centrale della stessa, la BCE - è nelle mani del "gruppo Bilderberg", della "Commissione Trilaterale" e di altre associazioni di stampo massonico, espressione dei poteri forti dell'alta finanza, che nominano gli uomini che comandano il mondo: in alcuni casi "costruiscono" con i mass media - di cui hanno il totale controllo - i personaggi che poi noi votiamo, in altri invece li decidano direttamente, come avviene in Europa. Non è un caso che Mario Monti, ex Commissario UE, siamo uomo del Bilderberg e della Trilaterale... se la questione ti interessa e vuoi saperne di più leggi il recente editoriale L'ITALIA VITTIMA DI UN COMPLOTTO E LE PROVE CHE MONTI è COMPLICE

Alessandro Raffa per nocensura.com da http://www.nocensura.com/2012/06/quello-che-devi-sapere-sul-mes-e-le.html

giovedì 28 giugno 2012

La sfida contro la riforma dell’avvocatura è collettiva e riguarda tutti


La sfida contro la riforma dell’avvocatura è collettiva e riguarda tutti


Personalmente trovo assolutamente sbagliato tutto l'impianto della riforma. I numeri di fronte a cui si trova l'avvocatura italiana sono assolutamente allarmanti.
L'Università non è in grado di selezionare, formare e di immettere nel settore persone culturalmente qualificate. La facoltà di legge assorbe tutti gli studenti oggi scartati dalle altre facoltà. Quindi, la specializzazione, a parte fornire altri studenti e altri soldi alle Università che ne hanno bisogno difficilmente riuscirà a fare meglio di quanto non faccia nei primi 5 anni. Inoltre, ulteriore fattore di rischio è quello di un modellamento su uno standard di pensiero unico prodromico dell’operaio del diritto anziché realizzare dei giuristi muniti di autonomo pensiero e autonomo senso critico.

Inoltre, l’esubero di professionisti è già allarmante oggi. Qualsiasi riforma non può prescindere dal confronto con questi numeri. Si pensi ad esempio che già i soli iscritti all’ordine di Roma superano il numero di iscritti di tutta la Francia[1] (che ha pure PIL e ricchezze superiori all’Italia). L’esubero di professionisti ha creato anche un’ampia categoria di proletariato legale e un’altra di precariato del settore di cui la riforma ovviamente non solo non si fa carico ma pare assolutamente ignorare entrambi i fenomeni . L’unico ente che trae vantaggio dalla situazione è la Cassa Nazionale che viene foraggiata anche grazie ai contributi di questi “proletari” e “precari” dell’avvocatura, costretti a pagare i contributi minimi esattamente nella stessa quantità e dimensione di quanto pagava l’oggi ministro Severino o l’on. Bongiorno .
Un ruolo a parte in questa vicenda lo svolgono anche le associazioni di categoria, (c.d. associazioni forensi) maggiormente rappresentative che hanno fallito nel compito di autoriforma conferito loro dall’allora ministro della Giustizia Alfano, afflitte da lotte intestine e beceri sotto-interessi di categoria: tutti problemi molto lontani sia dalla realtà giudiziaria quotidiana sia dall’interesse della categoria, da considerare quale insieme con tutte le sue peculiarità e non un appannaggio di pochi eletti. Ovviamente, inutile dire che a seguito del fallimento non si è dimesso nessuno benché i fatti particolarmente gravi  lo richiedessero. Ci sarebbe da approfondire sulle ragioni per le quali i tesserati di questa o quella associazione  non abbiano chiesto ai loro rappresentanti di ritirarsi per sempre nei loro studi anziché continuare a perorare pro domo sua. Altrettanto ovvio e inutile appare dire che il potente padrone assolutamente disinteressato a contribuire a spegnere l’incendio perirà insieme al suo orticello cui guarda prima di ogni cosa. Ho sentito qualcuno di questi signori profetizzare circa opportunità dell’avvocatura dalle liberalizzazioni verso una trans nazionalità del ruolo e addirittura circa la supposta abilità della categoria (ma immagino si riferisse solo agli “eletti”) a gestire finanza e mercati. Credo che entrambe tali capacità ed opportunità risultino ampiamente smentite dalla lettura dei quotidiani e contemporaneamente dimostrino il baratro verso cui ci stanno portando. Neppure mi voglio addentrare sulla crisi del carrozzone UE che è già abbastanza nota ai cittadini.

Capitolo ancora aperto è quello delle società di capitali che da tempo cercano di eliminare due fondamentali principi della professione: indipendenza e autonomia. Qualcuno potrebbe obiettare che c’è avversione ideologica verso il concetto, ma ciò è falso. I nefasti effetti delle “Corporation” si sono visti in modo molto drammatico negli ultimi anni. Una società ha come unico scopo il profitto. Diritto e profitto di solito sono agli antipodi. Come è possibile che l’avvocato autonomo e indipendente possa far parte di una struttura il cui unico obiettivo sia il profitto? Abbandonare il ruolo costituzionale di tutela dei diritti rappresenterà l’ulteriore e definitiva demolizione di una professione che ancora oggi a stento sta cercando con molta fatica di mantenere il suo decoro anche se ormai ridotta “con le pezze al culo”. La concorrenza è assicurata dalla contemporanea presenza di un numero cospicuo di professionisti sul territorio e non certo dalla loro sparizione per consentire solo ad una élite plutocratica di poter esercitare.
I cittadini vengono tenuti debitamente all’oscuro di tali manovre che – se portate avanti – impediranno loro di poter vantare efficacemente i loro diritti contro i potenti cui saranno alla completa mercé. Già i costi della giustizia stanno impedendo oggi a molti cittadini di poter vantare un diritto in giudizio perché non sono in grado di pagare la tassazione imposta dallo Stato  sulla possibilità di accesso al servizio e i livelli reddituali per l’esenzione sono al di sotto del tasso di povertà. Proseguire dunque su tale strada renderà sempre più attuale il degrado del ruolo del cittadino già trasformato in una categoria inferiore dal diritto UE: un cittadino è al di sopra di un consumatore ma l’illusione fornita dalla centralità del mercato lo ha confuso facendogli accettare e facendolo abdicare al suo trono . Oggi, il consumatore è stato ridotto a suddito di un debito sovrano sempre grazie a spread e a strategie di mercato. Dunque, si sta chiedendo allo stesso ex cittadino di accettare la nuova formula di schiavitù inconsapevole in nome  del mercato e di rinunciare a poter tutelare in giudizio i suoi diritti, quello stesso mercato che lo sta preparando a stipendi da 300€/m con turni da 20h/g e senza pensione.

Tutela dei diritti e mercato non sono concetti conciliabili. Del resto le medesime osservazioni potrebbero farsi sul campo della sanità. Il mercato imporrebbe di non curare gli anziani in quanto non più produttivi. Qualcuno può trovare etica la scelta di una struttura sanitaria che rifiutasse un anziano perché improduttivo curarlo? Oppure, sempre per restare su una scelta mercantilistica qualcuno troverebbe etico per la struttura sanitaria accettare l’anziano solo perché economicamente in grado di affrontare con il suo portafogli il costo della prestazione e non accettare l’anziano povero in quanto non solvibile? Quindi, nello schema della professione legale il mercato deve restare fuori tanto quanto dalla sanità . I diritti fondamentali dell’individuo sono una conquista e il terreno non deve essere ceduto in nome di aspettative di mercato.

La sfida riguarda tutti noi che abbiamo lo stesso interesse a resistere e a non cedere. Qualsiasi riforma si voglia provare a fare – se veramente si vuol dare un futuro all’Avvocatura italiana - intesa come professione intellettuale che consenta a qualsiasi cittadino (ricco o povero) la tutela dei propri diritti - dovrà necessariamente almeno per un ciclo di 5 anni bloccare gli accessi alla professione per poter aprire una fase nuova, un new deal della professione. In questa fase sarà necessario operare una verifica delle professionalità già presenti sul territorio, vagliare le necessità concrete del territorio e soprattutto programmare i bisogni (anche eventualmente nuovi) con le specialità, così da poter formare e (re)distribuire professionisti qualificati capaci di poter consentire la tutela dei diritti per chi ne ha bisogno. L’idea della transnazionalità del ruolo è allo stato impraticabile e plausibilmente tale resterà almeno per i prossimi trent’anni. Inoltre, se per transnazionalità si intendessero possibili sbocchi nel sistema giudiziario dell’UE , l’idea sarebbe una chimera. Non possiamo intanto neppure garantire continuità a questa esperienza. Le frontiere plausibilmente rischiano di essere ristrette. Le promiscuità di common law e di civil law stanno generando abomini già nel settore processuale e rinnegare le proprie tradizioni culturali nel settore del diritto potrà solo comportare gravi conseguenze che sconteranno sempre i cittadini.
Sia chiaro, la riforma dell’Avvocatura non risolverà in alcun modo i problemi della Giustizia, che solo investimenti massicci potrebbero finalmente arginare.
Dunque, così com’è questa riforma produrrebbe esclusivamente i seguenti effetti:
1)     Uscita dalla professione dei più giovani;
2)     Eliminazione dei singoli studi professionali gestiti singolarmente dal professionista;
3)     Gerarchizzazione della professione all’interno di strutture destinate ad operare come banche e assicurazioni;
4)     Limitazioni all’accesso professionale  determinate da conoscenze personali;
5)     Perdita di autonomia e indipendenza dell’Avvocatura;
6)     Impossibilità per il cittadino comune di accedere alla giustizia;
7)     (inevitabile conseguenza) incremento dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni;
8)     Incremento del fenomeno del conflitto di interessi;
9)     Sul lungo periodo, eliminazione del meccanismo di concorrenza e controllo attualmente sicuramente più garantito (nonostante le sicure pecche anche grosse dell’attuale sistema);
10) Un cospicuo numero di nuovi disoccupati che non potranno essere comunque riassorbiti dal “mercato” del lavoro (espressione che trovo odiosa in quanto il lavoro lo considero un diritto fondamentale per l’essere umano).

Invito poi quanti si ritenessero membri dell’Aristocrazia legale ad operare una verifica e confrontare i redditi del proprio studio a quelli di Severino o di Bongiorno. Se non siete a quel livello scendete pure dal piedistallo e sappiate che anche voi siete membri del proletariato legale. Infatti, per il dio Mercato è solo il fatturato e non la competenza o la professionalità ad avere potere e ruolo. Quindi, valutate opportunamente prima di credere di essere in grado di mettere in atto strategie idonee a piegare il mercato , perché mentre ci costringete a genufletterci al nuovo dio di questa era , voi insieme a noi ne sarete schiacciati.

(è vietata qualsiasi riproduzione senza citare fonte ed autore)
Avv. Amalia Lamanna, Foro di Bologna













martedì 26 giugno 2012

Più poteri a Bruxelles sui bilanci dei Paesi che sforano

Più poteri a Bruxelles sui bilanci dei Paesi che sforano
IL DOCUMENTO

L'Europa di fronte al "grande salto"


Nelle ultime ore, rivela il Financial Times, si lavora ad un documento che ampli i poteri di intervento dell'Ue fino a consentirle di riscrivere le leggi di bilancio e le manovre economiche dei Paesi in difficoltà. Il 4 luglio bilaterale Monti-Merkel a Roma

José Manuel Barroso José Manuel Barroso
Londra, 26-06-2012
"Questa crisi è la maggiore minaccia per quanto realizzato in Europa negli ultimi 60 anni". Va dritto al punto, in un discorso all'European Policy Center di Bruxelles, il presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso. "Davanti a questa semplice realtà, stare fermi non è un'opzione. Ora è necessario un grande salto in avanti. Può
non essere facile: portare avanti riforme di ampia portata richiedera' ambizione, visione e determinazione, ma credo che questa sia la strada migliore, e l'unica possibile per dare ai nostri cittadini la prosperita', alle nostre imprese le
opportunita' e ai nostri giovani il futuro che meritano".

Monti-Merkel a Roma
Si terra' il prossimo 4 luglio a Roma un vertice bilaterale italo-tedesco sulla crisi cui prenderanno parte il premier Mario Monti e la Cancelliera tedesca, Angela
Merkel. Lo riporta il sito di Palazzo Chigi.

Le attese della lunga vigilia
"E' un altra riunione di discussione sulle politiche da seguire: verranno presi altri impegni... ma non sarà un vertice che risolve tutti i problemi". Per l'ex governatore della Bundesbank Axel Weber è bene non farsi illusioni sul prossimo consiglio europeo di giovedì e venerdì: il più grosso ostacolo per la stabilità dell'euro resta il fallimento di alcuni stati membri nel mettere insieme "impegni credibili" e vincolanti sui conti pubblici.
Eppure, anticipa il Financial Times, nelle ultime ore si lavora ad un documento che ampli i poteri di intervento dell'Ue fino a consentirle di riscrivere le leggi di bilancio e le manovre economiche dei Paesi in difficoltà.
Il documento

La bozza

Il piano dovrenne essere arrivato alle cancellerie europee da poco, dopo limature riviste fino a ieri sera dai quattro co-autori - Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo; José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea; Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea; Jean-Claude Juncker, Presidente dell'Eurogruppo dei ministri delle Finanze della zona euro. Il testo prevede una sorta di roadmap "per trasformare la zona euro in una più stretta unione fiscale, dando più poteri a Bruxelles per agire come un ministero delle finanze per tutti i 17 membri dell'unione monetaria".

A questi poteri di supervisione comunitaria si affiancherebbero una più stretta unione bancaria e una più forte unione politica.
Correzione di rotta dettata da Bruxelles
La Finanziaria di uno stato dell'eurozona in difficoltà sarà sottoposta alla supervisione preventiva delle autorità di Bruxelles e al via libera degli altri Paesi membri prima di essere sottoposta al Parlamento nazionale: insomma, chi non rispetta gli impegni con l'Ue si troverà sostanzialmente commissariato per la politica economica dagli stessi partner dell'Unione, che potranno anche imporre multe. Bruxelles potrà inoltre imporre modifiche alla Finanziaria del Paese in difficoltà.
"Se un paese ha bisogno di aumentare il proprio indebitamento, sarà costretto ad andare agli altri governi della zona euro per ottenere da loro un'approvazione preventiva".

Vincere le resistenze di Berlino
Questo progetto potrebbe incontrare il favore tedesco anche perché non include nessun impegno verso gli eurobond anche se potrebbe alludere all'avvicinameneto per tappe a forme diverese di 'mutualizzazione limitata del debito a breve termine', ovvero ai famosi "eurobills".

lunedì 25 giugno 2012

estratto della bozza di DL "Misure urgenti per la crescita sostenibile" relativo alle norme in tema di giustizia artt. 31-32 e 33

estratto della bozza di DL "Misure urgenti per la crescita sostenibile" relativo alle norme in tema di giustizia  artt. 31-32 e 33

CAPO VIII

ULTERIORI MISURE PER LE IMPRESE IN MATERIA DI GIUSTIZIA

Art. 31

(Appello)

1. Al codice di procedura civile, libro secondo, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo l’articolo 348 sono inseriti i seguenti:

«Articolo 348-bis

(Inammissibilità all’appello)

Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello, l’impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta.

Il primo comma non si applica quando:

a) l’appello è proposto relativamente a una delle cause di cui all’articolo 70, primo comma;

b) l’appello è proposto a norma dell’articolo 702-quater.


Articolo 348-ter

(Pronuncia sull’inammissibilità dell’appello)

All’udienza di cui all’articolo 350 il giudice, prima di procedere alla trattazione, dichiara inammissibile l’appello, a norma dell’articolo 348-bis, primo comma, con ordinanza succintamente motivata, anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi. Il giudice provvede sulle spese a norma dell’articolo 91.

L’ordinanza di inammissibilità è pronunciata solo quando sia per l’impugnazione principale che per quella incidentale di cui all’articolo 333 ricorrono i presupposti di cui al primo comma dell’articolo 348-bis. In mancanza, il giudice procede alla trattazione di tutte le impugnazioni comunque proposte contro la sentenza.

Quando è pronunciata l’inammissibilità, contro il provvedimento di primo grado può essere proposto ricorso per cassazione nei limiti dei motivi specifici esposti con l’atto di appello. In tal caso il termine per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità. Si applica l’articolo 327, in quanto compatibile.

Quando l’inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell’articolo 360.

La disposizione di cui al quarto comma si applica, fuori dei casi di cui all’articolo 348-bis, secondo comma, lettera a), anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado.»;

b) all’articolo 360, primo comma, è apportata la seguente modificazione:
il numero 5) è sostituito dal seguente: 
«5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.»

c) all’articolo 383 è aggiunto il seguente comma:

«Nelle ipotesi di cui all’articolo 348-ter la Corte, se accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli indicati dall’articolo 382, rinvia la causa al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull’appello e si applica la sezione terza del capo terzo del libro secondo.»

c) dopo l’articolo 436 è inserito il seguente:

«Articolo 436-bis

(Inammissibilità dell’appello e pronuncia)

All’udienza di discussione si applicano gli articoli 348-bis e 348-ter»;

d) all’articolo 447-bis, primo comma, è apportata la seguente modificazione:

le parole «e secondo comma, 430, 433, 434, 435, 436, 437, 438, 439, 440, 441,» sono sostituite dalle seguenti «e secondo comma, 430, 433, 434, 435, 436, 436-bis, 437, 438, 439, 440, 441,».

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.>>.

Art. 32

(Modifiche alla legge 24 marzo 2001 n. 89)

1. Alla legge 24 marzo 2001, n. 89, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 2:

1) il comma 2 è sostituito dal seguente: «Nell’accertare la violazione il giudice valuta la complessità del caso, l’oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e del giudice durante il procedimento, nonché quello di ogni altro soggetto chiamato a concorrervi o a contribuire alla sua definizione»;

2) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:

«2-bis. Si considera rispettato il termine ragionevole di cui al comma 1 se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di legittimità. Ai fini del computo della durata il processo si considera iniziato con il deposito del ricorso introduttivo del giudizio ovvero con la notificazione dell’atto di citazione. Si considera rispettato il termine ragionevole se il procedimento di esecuzione forzata si è concluso in tre anni, e se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni. Il processo penale si considera iniziato con l’assunzione della qualità di imputato, di parte civile o di responsabile civile, ovvero quando l’indagato ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari.

2-ter. Si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni.

2-quater. Ai fini del computo non si tiene conto del tempo in cui il processo è sospeso e di quello intercorso tra il giorno in cui inizia a decorrere il termine per proporre l’impugnazione e la proposizione della stessa.

2-quinquies. Non è riconosciuto alcun indennizzo:
a) in favore della parte soccombente condannata a norma dell’articolo 96, terzo comma, del codice di procedura civile;
b) nel caso di cui all’articolo 91, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile;
c) nel caso di cui all’articolo 13, primo comma, primo periodo, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
d) nel caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte;
e) quando l’imputato non ha depositato istanza di accelerazione del processo penale nei trenta giorni successivi al superamento dei termini cui all’articolo 2-bis.
f) in ogni altro caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento;

4) il comma 3 è abrogato;
b) dopo l’articolo 2 è aggiunto il seguente:

«Art. 2-bis (Misura dell’indennizzo).
1. Il giudice liquida a titolo di equa riparazione una somma di denaro, non inferiore a 500 euro e non superiore a 1.500 euro, per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine ragionevole di durata del processo.
2. L’indennizzo è determinato a norma dell’articolo 2056 del codice civile, tenendo conto:
a) dell’esito del processo nel quale si è verificata la violazione di cui al comma 1 dell’articolo 2;

b) del comportamento del giudice e delle parti;

c) della natura degli interessi coinvolti;

d) del valore e della rilevanza della causa, valutati anche in relazione alle condizioni personali della parte.

3. La misura dell’indennizzo, anche in deroga al comma 1, non può in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice.»;

c) l’articolo 3 è sostituito dal seguente:

«Art. 3 (Procedimento).

1. La domanda di equa riparazione si propone con ricorso al presidente della corte d’appello del distretto in cui ha sede il giudice competente ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto è concluso o estinto relativamente ai gradi di merito il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata. Si applica l’articolo 125 del codice di procedura civile.

2. Il ricorso è proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare. Negli altri casi è proposto nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze.

3. Unitamente al ricorso deve essere depositata copia autentica dei seguenti atti:

a) l’atto di citazione, il ricorso, le comparse e le memorie relativi al procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata;

b) i verbali di causa e i provvedimenti del giudice;

c) il provvedimento che ha definito il giudizio, ove questo si sia concluso con sentenza od ordinanza irrevocabili.

4. Il presidente della corte d’appello, o un magistrato della corte a tal fine designato, provvede sulla domanda di equa riparazione con decreto motivato da emettere entro trenta giorni dal deposito del ricorso. Si applicano i primi due commi dell’articolo 640 del codice di procedura civile.

5. Se accoglie il ricorso, il giudice ingiunge all’amministrazione contro cui è stata proposta la domanda di pagare senza dilazione la somma liquidata a titolo di equa riparazione, autorizzando in mancanza la provvisoria esecuzione. Nel decreto il giudice liquida le spese del procedimento e ne ingiunge il pagamento.

6. Se il ricorso è in tutto o in parte respinto la domanda non può essere riproposta, ma la parte può fare opposizione a norma dell’articolo 5-ter.

7. L'erogazione degli indennizzi agli aventi diritto avviene nei limiti delle risorse disponibili.»;

d) l’articolo 4 è sostituito dal seguente:

«La domanda di riparazione può essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva.»;

e) l’articolo 5 è sostituito dal seguente:

«Art. 5 (Notificazioni e comunicazioni).


1. Il ricorso, unitamente al decreto che accoglie la domanda di equa riparazione, è notificato per copia autentica al soggetto nei cui confronti la domanda è proposta.


2. Il decreto diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento e la domanda di equa riparazione non può essere più proposta.

3. La notificazione ai sensi del comma 1 rende improponibile l’opposizione e comporta acquiescenza al decreto da parte del ricorrente.


4. Il decreto che accoglie la domanda è altresì comunicato al procuratore generale della Corte dei conti, ai fini dell’eventuale avvio del procedimento di responsabilità, nonché ai titolari dell’azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati dal procedimento.»;


f) dopo l’articolo 5-bis sono inseriti i seguenti:


«Art. 5-ter (Opposizione).


1. Contro il decreto che ha deciso sulla domanda di equa riparazione può essere proposta opposizione nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento ovvero dalla sua notificazione.

2. L’opposizione si propone con ricorso davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. Si applica l’articolo 125 del codice di procedura civile.


3. La corte d’appello provvede ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Del collegio non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato.

4. L’opposizione non sospende l’esecuzione del provvedimento. Il collegio, tuttavia, quando ricorrono gravi motivi, può, con ordinanza non impugnabile, sospendere l’efficacia esecutiva del decreto opposto.


5. La corte pronuncia, entro quattro mesi dal deposito del ricorso, decreto impugnabile per cassazione. Il decreto è immediatamente esecutivo.


Art. 5-quater (Sanzioni processuali).

1. Con il decreto di cui all’articolo 3, comma 4, ovvero con il provvedimento che definisce il giudizio di opposizione, il giudice, quando la domanda per equa riparazione è dichiarata inammissibile ovvero manifestamente infondata, può condannare il ricorrente al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma di denaro non inferiore ad euro 1.000 e non superiore ad euro10.000.».


2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.


Art. 33


(Modifiche Scuola Magistratura ed esonero parziale dall’attività giurisdizionale)


Al decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 1, il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuate fino a un massimo di tre sedi della Scuola. Con il medesimo decreto è individuata la sede della Scuola in cui si riunisce il Comitato direttivo»,

h) all’articolo 6, comma 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole «ovvero, a loro richiesta, possono usufruire di un esonero parziale dall’attività giurisdizionale nella misura determinata dal Consiglio superiore della magistratura».


Art. 34


(Lodo arbitrale)


1. Nei giudizi arbitrali per la risoluzione di controversie inerenti o comunque connesse ai lavori pubblici, forniture e servizi il lodo è impugnabile davanti alla Corte di appello, oltre che per motivi di nullità, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia.


2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche ai giudizi arbitrali per i quali non sia scaduto il temine per l’impugnazione davanti alla Corte d’appello alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Sentenza Cassazione penale, sez. V, 12-03-2012, n. 9435

Sentenza Cassazione penale, sez. V, 12-03-2012, n. 9435 - Pres. FERRUA Giuliana - Est. BEVERE Antonio

FATTO E DIRITTO

Con ordinanza 18.7.2011, il tribunale di Roma ha confermato il decreto di sequestro preventivo orinario e per equivalente,emesso dal Gup del medesimo tribunale nei confronti di P.C.; ha dichiarato inammissibili le istanze del riesame proposte nell'interesse delle società Divago Sportiva srl ed Extra Buil srl.

Il difensore di P.C. ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge,in riferimento all'art. 322 ter c.p.p., L. n. 146 del 2006, art. 11, e L. n. 244 del 2007, art. 143; vizio di motivazione: il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente deve rispettare il principio di proporzionalità;

pertanto il provvedimento deve contenere la valutazione sul valore dei beni sequestrati, al fine di verificare la proporzionalità tra il credito garantito e il patrimonio assoggettato a vincolo cautelare. Tale valutazione manca nel provvedimento del Gup, che va quindi annullato.

2. vizio di motivazione sulla sussistenza dei presupposti del sequestro preventivo ordinario, sul nesso pertinenziale tra i beni e le ipotesi di delitto: l'ordinanza ritiene che la pertinanzialità sussiste poichè i beni in questione costituiscono l'oggetto della distrazione e quindi del reato e sono dunque cose ad esso pertinenti.

Negli atti, però, non risulta che l'ipotesi distrattiva abbia ad oggetto gli immobili di titolarità della Extra Build srl.

Nell'ordinanza non vi alcuna consistente motivazione sulle esigenze cautelari 3. violazione di legge, in riferimento agli artt. 322 e 324 c.p.p., in combinato disposto con la normativa sulle impugnazioni e sul mandato difensivo; abnormità e motivazione apparente. Il tribunale ha considerato inammissibile la richiesta di riesame presentata dalle due società, terze interessate, in quanto proposta attraverso difensore non munito di procura speciale. In tal modo,nell'ordinanza non si tiene conto che il sequestro ha riguardato beni nella disponibilità dell'indagato P., nella cui sfera giuridica si sono manifestati gli effetti del provvedimento, pertanto la richiesta di riesame non può ritenersi proposta da un terzo interessato, portatore di meri interessi civili, essendo stata proposta da persona titolare di un uno specifico interesse alla cessazione del vincolo reale imposto dal giudice penale.

Il ricorso non merita accoglimento.

Quanto al primo motivo, va rilevato che nessuna disposizione di legge determina alcun obbligo del giudice del sequestro di individuare i singoli beni soggetti alla misura e di fissarne il valore nel momento in cui emana il provvedimento. Non sussiste, dunque, alcuna violazione della legge nell'ipotesi che il giudice fissi esclusivamente l'importo complessivo rilevante ai fini della futura confisca, così determinando il "quantum" delle garanzie che debbono essere acquisite mediante il sequestro. E' evidente che, qualora sia possibile, il giudice individuerà specificamente il valore delle cose da sequestrare e che, ove ciò non sia possibile, l'individuazione spetterà all'organo demandato all'esecuzione del provvedimento, e cioè al Pubblico ministero. Avverso gli atti di quest'ultimo la parte potrà esercitare tutti i controlli e attivare tutti i meccanismi di tutela previsti dalla legge (richiede di restituzione; appello avanti l'organo giudicante) anche con riferimento alla corrispondenza tra le cose sequestrate, il loro valore ed i limiti fissati con l'ordine giudiziale. Tali strumenti di controllo escludono che la parte destinataria della misura risulti priva di tutela con riferimento al diritto di proprietà e di godimento dei beni caduti sotto sequestro, del riesame. (sez. 3, n. 1258 del 25.2.2010, rv. 246444).

Quanto al secondo motivo, l'ordinanza si riferisce all'immobile sito in via (OMISSIS), foglio 549 particella 76 sub 12 e sub 19 intestati alla Extra Buil srl, e il tribunale ha correttamente richiamato gli accertamenti della GdF 20.5.11, secondo cui la persona giuridica intestataria del bene è nell'immediato controllo dell'istante, suo amministratore e legale rappresentante. L'immobile è comunque nella diretta disponibilità

del P., costituendo, da decenni, la sede storica dello studio professionale Pambianchi & Mazzieri, base operativa della fitta rete di reati sottoposta alle indagini in corso. Ne deriva che tale immobile rientra, tra quelli comunque collegati a reati di bancarotta riferibili al P., la cui personalità - secondo la razionalmente corretta prognosi del tribunale - non può non far ritenere che la disponibilità dell'immobile possa consentire la reiterazione dei reati, o protrarre o aggravare le conseguenze del reato associativo. Il terzo motivo è manifestamente infondato, in quanto il ricorrente non ha interesse in relazione all'inammissibilità che riguarda il terzo interessato: al di là dell'utilizzazione dell'immobile da parte del P., correttamente il tribunale ha dato rilievo alla formale titolarità del diritto di proprietà, da parte della società, la cui posizione sostanziale e processuale è nettamente distinta da quella dall'indagato. La società ha quindi la titolarità di autonomi interessi giuridici di carattere civilistico,tutelabili con il diritto di impugnazione, esercitarle nei confronti di provvedimenti che ritenga lesivi di questi interessi. Quale terza interessata, la società ha un onere di patrocinio, che è soddisfatto attraverso il conferimento di procura alle liti al difensore. Correttamente l'ordinanza impugnata ha rilevato che non risulta che il P., in qualità di legale rappresentante della Extra Build srl, abbia conferito autonoma procura speciale al difensore, affinchè proponesse il riesame anche in nome e per conto della società. Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Cassazione civile , sez. III, sentenza 18.06.2012 n° 9939

Auto pirata e sinistro: sì al risarcimento anche se testi non sono identificati
Cassazione civile , sez. III, sentenza 18.06.2012 n° 9939
 
L'incompletezza della denuncia non può condizionare la domanda di risarcimento del danno derivante da sinistro stradale. Lo ha stabilito la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza 18 giugno 2012, n. 9939.
Più volte la giurisprudenza di legittimità ha statuito che, in caso di azione proposta per il risarcimento dei danni, nei confronti dell'impresa designata dal Fondo di Garanzia per le vittime della strada, la prova che il danneggiato è tenuto a fornire che il danno sia stato effettivamente causato da veicolo non identificato, può essere offerta mediante la denuncia o querela presentata contro ignoti alle competenti autorità, ma senza automatismi, "sicché il giudice di merito può sia escludere la riconducibilità della fattispecie concreta a quella del danno cagionato da veicolo non identificato, pur in presenza di tale denuncia o querela, sia affermarla, in mancanza della stessa".
Facendo proprio tale principio, il giudice nomofilattico ha statuito che l'omessa o incompleta denuncia all'autorità non è idonea, di per sé, ad escludere che il danno sia stato effettivamente causato da veicolo non identificato; così come l'intervenuta denuncia o querela contro ignoti non vale, in se stessa, a dimostrare che tanto sia senz'altro accaduto, essendo necessario apprezzare tali circostanze in relazione alle caratteristiche delle singole fattispecie, non suscettibili di tipizzazioni astratte.

Sempre secondo i giudici della Terza Sezione Civile, ritenere che la denunzia mancante dell'indicazione dei testi comporti, di per sé, il rigetto della domanda, significherebbe introdurre una vera e propria condizione per l'accoglimento della domanda, creando un'ipotesi di giurisdizione condizionata al di fuori dai casi previsti dalla legge.

"Ciò comporta anche che non è consentito pervenire a configurare a carico del danneggiato medesimo un obbligo di collaborazione eccessivo rispetto alle sue "risorse, che finisca con il trasformarlo in un investigatore privato o necessariamente in un querelante".
(Altalex, 25 giugno 2012. Nota di Simone Marani)
estratto da: http://www.altalex.com/index.php?idnot=57803
Sinistro, fondo garanzia vittime della strada, denuncia incompleta, fondatezza
Cassazione civile , sez. III, sentenza 18.06.2012 n° 9939
La denunzia incompleta non può costituire, a priori, elemento ostativo al risarcimento del danno, ma solo una circostanza che, assieme ad altri elementi, consente al giudice di valutare la fondatezza dell'azione.
Infatti l'omessa o incompleta denuncia all'autorità non è idonea, in sé, ad escludere che il danno sia stato effettivamente causato da veicolo non identificato; così come l'intervenuta denuncia o querela contro ignoti non vale, in se stessa, a dimostrare che tanto sia senz'altro accaduto. (Nella fattispecie il Tribunale rigettava la domanda risarcitoria contro il Fondo Garanzia Vittime della Strada perché la denuncia del sinistro, presentata ai carabinieri, non conteneva anche il nome di due testi, che poi furono sentiti in sede civile.)
(*) Riferimenti normativi: art. 19, L. n. 990/1969.
(Fonte: Massimario.it - 26/2012. Cfr. nota di Simone Marani)

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 24 maggio – 18 giugno 2012, n. 9939

(Presidente Segreto – Relatore D’Amico)
Svolgimento del processo
F.C., in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sui minori An.Co. ed c.a., tutti nella qualità di eredi di Fr.Co., convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Aversa, la Assicurazioni Generali s.p.a., quale impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada per la Campania.

Esponevano gli attori che il loro congiunto Co.Fr. era stato investito da un'automobile non identificata ed era deceduto due giorni dopo. Per tale ragione gli attori chiedevano la condanna della convenuta, nella qualità, ai sensi dell'art. 19 della l. n. 990/1969.

La convenuta chiedeva il rigetto della domanda.

Con comparsa depositata il 22 giugno 2004 intervenivano nel processo An.Co., (+Altri), tutti nella qualità di eredi di Fr.Co. e chiedevano la condanna della società convenuta al risarcimento dei danni.

Con sentenza del 24 giugno 2005 il Tribunale rigettava la domanda risarcitoria contro il F.G.V.S. perché la denuncia del sinistro, presentata ai carabinieri, non conteneva anche il nome di due testi, che poi furono sentiti in sede civile.

Avverso la sentenza hanno proposto appello, in via principale, F.C., in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sui minori An.Co. e c.a., tutti nella qualità di eredi di Fr.Co. ed in via incidentale An.Co., (+Altri), anch'essi nella qualità di eredi di Co.Fr.

Sostenevano gli appellanti di aver dato piena prova che il sinistro fu causato dal conducente di un veicolo rimasto sconosciuto e che il sinistro stesso fu portato a conoscenza dell'autorità giudiziaria.

La società appellata chiedeva di respingere l'appello.

La Corte d'Appello confermava la sentenza del Tribunale.

Propongono ricorso per cassazione F.C., in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sulla figlia a.c., nonché An.Co., (+Altri).

Resiste con controricorso la Generali Assicurazioni s.p.a. quale impresa designata dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada per la Regione Campania.

Le parti hanno presentato memorie.
Motivi della decisione
1. Con l'unico motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell'art. 19 della l. n. 990/1969.

Criticano al riguardo che sia il giudice di primo grado che quello di appello si sono soffermati esclusivamente sulla mancata indicazione dei testi nella querela presentata ai carabinieri, nella erronea convinzione che parte istante avrebbe dovuto dimostrare di essersi attivata per identificare o far identificare dalle autorità competenti il veicolo sconosciuto.

Sostengono invece i ricorrenti che la denuncia del sinistro all'autorità investigativa non integra una vera e propria condizione per l'accoglimento della domanda mentre la mancata denuncia non può costituire, a priori, un elemento ostativo al riconoscimento del danno, ma una circostanza che, unita ad altri elementi di prova, consente al giudice di valutare la complessiva attendibilità dei fatti sottoposti al suo giudizio.

Nel caso in esame, prosegue parte ricorrente, i testi escussi hanno concordemente dichiarato di non aver identificato l'auto investitrice per cui, anche se i loro nominativi fossero stati comunicati all'autorità giudiziaria penale, ciò non avrebbe avuto alcun effetto.

2. Il motivo è fondato.

Questa Corte (Cass., 3 settembre 2007, n. n. 18532; Cass., 24 febbraio 2011, n. 4480) ha già statuito che in caso di azione proposta per il risarcimento dei danni, ai sensi dell'art. 19 della legge n. 990 del 1969, nei confronti dell'impresa designata dal Fondo di Garanzia per le vittime della strada, la prova che il danneggiato è tenuto a fornire che il danno sia stato effettivamente causato da veicolo non identificato, può essere offerta mediante la denuncia o querela presentata contro ignoti alle competenti autorità, ma senza automatismi, sicché il giudice di merito può sia escludere la riconducibilità della fattispecie concreta a quella del danno cagionato da veicolo non identificato, pur in presenza di tale denuncia o querela, sia affermarla, in mancanza della stessa.

Il principio va condiviso.

L'omessa o incompleta denuncia all'autorità non è idonea, in sé, ad escludere che il danno sia stato effettivamente causato da veicolo non identificato; così come l'intervenuta denuncia o querela contro ignoti non vale, in se stessa, a dimostrare che tanto sia senz'altro accaduto. Entrambe le evenienze vanno invece apprezzate in relazione alle caratteristiche delle singole fattispecie, non suscettibili di tipizzazioni astratte, e considerate potenzialmente idonee a suffragare l'una o l'altra conclusione del Giudice di merito nell'ambito della ragionevole valutazione complessiva delle risultanze processuali demandata al suo prudente apprezzamento, del quale è tenuto a dare conto nella motivazione della sentenza. A nessuna delle due (denuncia/omessa denuncia) è peraltro consentito assegnare, salva la possibile valenza sintomatica dell'una o dell'altra in relazione alle caratteristiche del caso concreto, una sorta di efficacia probatoria automatica, nel senso che il sinistro sia senz'altro riconducibile alla fattispecie astratta di cui alla L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19, comma 1, lett. a), se denuncia vi sia stata, ovvero che certamente non lo sia se la denuncia sia mancata.

3. Ritenere che la mancanza di una denunzia completa di tutti i suoi elementi (come nella fattispecie quanto all'indicazione dei testi) comporti di per sé il rigetto della domanda significa introdurre una vera e propria condizione per l'accoglimento della domanda, creando un'ipotesi di giurisdizione condizionata al di fuori dai casi previsti dalla legge.

La mancata denunzia (ovvero la denunzia incompleta) non può costituire, a priori un elemento ostativo al risarcimento del danno, ma solo una circostanza che unita ad altri elementi consente al giudice di valutare la complessiva attendibilità dei fatti sottoposti al suo giudizio e quindi la fondatezza dell'azione.

Ciò comporta anche che non è consentito pervenire a configurare a carico del danneggiato medesimo un obbligo di collaborazione "eccessivo" rispetto alle sue "risorse", che finisca con il trasformarlo "in un investigatore privato o necessariamente in un querelante" (Cass., 18 novembre 2005, n. 24449).

4. Quindi è fondato il motivo di ricorso, avendo il giudice di merito basato il rigetto della domanda risarcitoria automaticamente sul rilievo che la denunzia presentata ai C.C. era mancante di un elemento essenziale, quale l'indicazione dei testi, introducendo, quindi, nei presupposti per la domanda ex art. 19, c. 1, l. n. 990/1969r ed attualmente art. 283 lett. a) del codice delle assicurazioni (d.lgs. 209/05), la necessità di aver proposto una denunzia completa del fatto all'Autorità, mentre tale denunzia (e quindi anche la sua eventuale incompletezza) svolge solo una funzione sintomatica della veridicità dei fatti.

Il giudice di merito, invece, avrebbe dovuto valutare se la mancata indicazione dei testi nella querela era sintomatico della non veridicità dei fatti storici indicati, tanto più poi che tali testi furono sentiti in sede civile, come risulta dalle deposizioni trascritte nel ricorso.

Il giudice del rinvio non potrà arrestarsi in limine e quindi rigettare l'appello (e per l'effetto la domanda) per difetto totale o parziale della denunzia, ma dovrà decidere sul punto se ricorrano le circostanze del fatto di cui al paradigma dell'art. 19, 1 c., lett. a) l. n. 990/1969, poiché solo la mancanza di queste determina il rigetto della domanda.

5. Quindi va accolto il ricorso: va cassata l'impugnata sentenza con rinvio anche per le spese del giudizio di cassazione alla corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che si uniformerà al principio di diritto sopra esposto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.
estratto da: http://www.altalex.com/index.php?idnot=18656

Riforma delle professioni: lo schema di DPR approvato dal Governo

Riforma delle professioni: lo schema di DPR approvato dal Governo
Schema di DPR approvato dal CdM il 15.06.2012
 
 
Il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare uno sche ma di regolamento di attuazione dei principi dettati dall’articolo 3, comma 5, del Decreto Legge n. 138 del 2011 in materia di professioni regolamentate.
Il DPR riguarda tutte le professioni ordinistiche, fatte salve in particolare le specificità di quelle sanitarie.
Lo schema di decreto contiene misure volte a garantire l’effettivo svolgimento dell’attività formativa durante il tirocinio e il suo adeguamento costante all’esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione e quindi l’interesse dell’utenza.
È prevista l’obbligatorietà della formazione continua permanente. La violazione di questi obblighi è sanzionata disciplinarmente. È stabilita inoltre l’obbligatorietà dell’assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale, della quale deve essere data notizia al cliente.
La funzione disciplinare è affidata ad organi diversi da quelli aventi funzioni amministrative; allo scopo è prevista l’incompatibilità della carica di consigliere dell’Ordine territoriale o di consigliere nazionale con quella di membro dei consigli di disciplina territoriali e nazionali corrispondenti.
La pubblicità informativa è consentita con ogni mezzo e può anche avere ad oggetto, oltre all’attività professionale esercitata, i titoli e le specializzazioni del professionista, l’organizzazione dello studio ed i compensi praticati.
Con l’entrata in vigore del decreto in esame saranno abrogate tutte le norme incompatibili con quelle introdotte dal predetto. Successivamente, il Governo, entro il 31 dicembre 2012, provvederà a raccogliere le disposizioni aventi forza di legge che non risultano abrogate per effetto dell’articolo 3, comma 5 bis, del citato Decreto Legge.
(Consiglio dei Ministri, nota 15 giugno 2012)

estratto da: http://www.altalex.com/index.php?idnot=18637
Schema di Decreto del Presidente della Repubblica recante «Riforma degli ordinamenti professionali in attuazione dell’articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011 n. 148»
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l’articolo 87, comma quinto, della Costituzione;
Visto l’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto l’articolo dell’articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011 n. 148;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri del …;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del …;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, resi rispettivamente in data ... ;
Vista la definitiva deliberazione del Consiglio dei Ministri del ... ;
Sulla proposta del Ministro della giustizia;
Emana il seguente regolamento:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1
(Definizione e ambito di applicazione)
1. Ai fini del presente decreto:
a) per «professione regolamentata» si intende l’attività, o l’insieme delle attività, riservate per espressa disposizione di legge o non riservate, il cui esercizio è consentito solo a seguito di iscrizione in ordini o collegi o in ogni caso in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, quando la iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità, e, in ogni caso, l’attività esercitata con l'impiego di un titolo professionale il cui uso è riservato a chi possiede una qualifica professionale;
b) per «professionista» si intende l’esercente la professione regolamentata di cui alla lettera a). 2
2. Il presente decreto si applica alle professioni regolamentate e ai relativi professionisti.
Art. 2
(Accesso ed esercizio dell’attività professionale)
1. Ferma la disciplina dell’esame di Stato e fermo quanto previsto dal presente articolo, l’accesso alle professioni regolamentate è libero. Sono vietate limitazioni alle iscrizioni agli albi professionali, quando esistenti, che non sono fondate su espresse previsioni inerenti al possesso o al riconoscimento dei titoli previsti dalla legge per la qualifica e l’esercizio professionale, ovvero alla mancanza di condanne penali o disciplinari irrevocabili o ad altri motivi imperativi di interesse generale.
2. L’esercizio della professione è libero e fondato sull’autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico. La formazione di albi speciali, legittimanti a specifici esercizi dell’attività professionale, fondati su specializzazioni ovvero titoli o esami ulteriori, è ammessa solo su previsione espressa di legge.
3. Non sono ammesse limitazioni, in qualsiasi forma, anche attraverso previsioni deontologiche, del numero di persone titolate a esercitare la professione, con attività anche abituale e prevalente, su tutto o parte del territorio dello Stato, salve deroghe espresse fondate su ragioni di pubblico interesse, quale la tutela della salute. Sono fatti salvi gli obblighi e i limiti di prestazione professionale in una determinata area geografica, parimenti fondati su ragioni di interesse pubblico, stabiliti per l’esercizio dell’attività notarile. Sono altresì fatte salve le limitazioni derivanti dall’attività assunta alle dipendenze di enti o di altri professionisti, funzionali alle finalità degli enti e al rapporto contrattuale con i professionisti.
4. Sono in ogni caso vietate limitazioni discriminatorie anche indirette, all’accesso e all’esercizio della professione, fondate sulla nazionalità del professionista o sulla sede legale dell’associazione professionale o della società tra professionisti.
Art. 3
(Albo unico nazionale)
1. Gli albi territoriali relativi alle singole professioni regolamentate, tenuti dai rispettivi consigli dell’ordine o del collegio territoriale, sono pubblici e recano l’anagrafe di tutti iscritti, con l’annotazione dei provvedimenti disciplinari adottati nei loro confronti.
2. L’insieme degli albi territoriali di ogni professione costituisce l’albo unico nazionale degli iscritti, tenuto dal consiglio nazionale competente. I consigli territoriali forniscono senza indugio per via telematica ai consigli nazionali tutte le informazioni rilevanti ai fini dell’aggiornamento dell’albo unico nazionale.
Art. 4
(Libera concorrenza e pubblicità informativa)
1. E’ ammessa con ogni mezzo la pubblicità informativa avente ad oggetto l’attività delle professioni regolamentate, le specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla professione, la struttura dello studio professionale e i compensi richiesti per le prestazioni.
2. Le informazioni pubblicitarie di cui al comma 1 devono essere funzionali all’oggetto, veritiere e corrette, non devono violare l’obbligo del segreto professionale e non devono essere equivoche, ingannevoli o denigratorie.
3. La violazione della disposizione di cui al comma 2 costituisce illecito disciplinare.
Art. 5
(Obbligo di assicurazione)
1. Il professionista è tenuto a stipulare, anche per il tramite di convenzioni collettive negoziate dai consigli nazionali degli ordini o collegi o da associazioni professionali o da casse o enti di previdenza, idonea assicurazione per i danni derivanti dall’esercizio dell’attività professionale, comprese le attività di custodia di documenti e valori ricevuti dal cliente. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell’assunzione dell’incarico, gli estremi della polizza professionale, il relativo massimale e ogni variazione successiva.
2. La violazione della disposizione di cui al comma 1 costituisce illecito disciplinare.
Art. 6
(Tirocinio per l’accesso)
1. Il tirocinio professionale, obbligatorio e della durata di diciotto mesi, consiste nell'addestramento, a contenuto teorico e pratico, del praticante, finalizzato a conseguire le capacità necessarie per l'esercizio e la gestione organizzativa della professione.
2. Presso il consiglio dell'ordine o del collegio territoriale è tenuto il registro dei praticanti, l'iscrizione al quale è condizione per lo svolgimento del tirocinio professionale. Ai fini dell'iscrizione nel registro dei praticanti è necessario aver conseguito la laurea o il diverso titolo di istruzione previsti dalla legge per l’accesso alla professione regolamentata, ferme restando le altre disposizioni previste dall’ordinamento universitario.
3. Il professionista affidatario deve avere almeno cinque anni di anzianità, è tenuto ad assicurare che il tirocinio si svolga in modo funzionale alla sua finalità e non può assumere la funzione per più di tre praticanti contemporaneamente, salva la motivata autorizzazione rilasciata dal competente consiglio territoriale previa valutazione dell'attività professionale del richiedente e dell'organizzazione del suo studio.
4. Il tirocinio può essere svolto, in misura non superiore a sei mesi, presso enti o professionisti di altri Paesi con titolo equivalente e abilitati all'esercizio della professione. Il tirocinio può essere altresì svolto per i primi sei mesi, in presenza di specifica convenzione quadro tra il consiglio nazionale, il ministro dell’istruzione, università e ricerca, e il ministro vigilante, in concomitanza con l’ultimo anno del corso di studio per il conseguimento della laurea necessaria. I consigli territoriali e le università pubbliche e private possono stipulare convenzioni, conformi a quella di cui al periodo precedente, per regolare i reciproci rapporti.
5. Lo svolgimento del tirocinio è incompatibile con qualunque rapporto di impiego pubblico. Il tirocinio può essere svolto contestualmente ad attività di lavoro subordinato privato, purché con modalità e orari idonei a consentirne l'effettivo svolgimento. Sul rispetto di tale disposizione vigila il locale consiglio dell’ordine o collegio.
6. Il tirocinio professionale non determina l'instaurazione di rapporto di lavoro subordinato anche occasionale, fermo quanto disposto dall’art. 9, comma 4, ultimo periodo, del decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n. 27.
7. L’interruzione del tirocinio per oltre sei mesi, senza giustificato motivo, comporta l’inefficacia, ai fini dell’accesso, di quello previamente svolto.
8. I praticanti osservano gli stessi doveri e norme deontologiche dei professionisti e sono soggetti al medesimo potere disciplinare. 4
9. Il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso uno studio professionale, consiste altresì nella frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a sei mesi, di specifici corsi di formazione professionale organizzati da ordini o collegi o associazioni di iscritti agli albi, nonché dagli altri soggetti autorizzati dai ministri vigilanti.
10. Il ministro vigilante, sentito il consiglio nazionale dell’ordine o collegio, disciplina con regolamento, da emanarsi entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto:
a) le modalità e le condizioni per l'istituzione dei corsi di formazione di cui al comma 9, in modo da garantire la libertà e il pluralismo dell'offerta formativa e della relativa scelta individuale;
b) i contenuti formativi essenziali dei corsi di formazione;
c) la durata minima dei corsi di formazione, prevedendo un carico didattico non inferiore a duecento ore;
d) le modalità e le condizioni per la frequenza dei corsi di formazione da parte del praticante nonché quelle per le verifiche intermedie e finale del profitto, affidate a una commissione composta da professionisti e docenti universitari, in pari numero, e presieduta da un docente universitario, in modo da garantire omogeneità di giudizio su tutto il territorio nazionale. Ai componenti della commissione non sono riconosciuti compensi, indennità o gettoni di presenza.
11. Il ministro vigilante, previa verifica, su indicazione del consiglio nazionale dell’ordine o collegio, dell’idoneità dei corsi organizzati a norma del comma 9 sul territorio nazionale, dichiara la data a decorrere dalla quale la disposizione di cui al medesimo comma è applicabile al tirocinio.
12. Il consiglio dell'ordine o collegio presso il quale è compiuto il tirocinio rilascia il relativo certificato. Il certificato perde efficacia decorsi cinque anni senza che segua il superamento dell’esame di Stato quando previsto.
13. Le disposizioni del presente articolo si applicano ai tirocini iniziati dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 7
(Formazione continua)
1. Al fine di garantire la qualità ed efficienza della prestazione professionale, nel migliore interesse dell’utente e della collettività, e per conseguire l’obiettivo dello sviluppo professionale, ogni professionista ha l'obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale. La violazione dell’obbligo di cui al periodo precedente costituisce illecito disciplinare.
2. Il ministro vigilante, sentito il consiglio nazionale dell’ordine o collegio, disciplina con regolamento, da emanarsi entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto:
a) le modalità e le condizioni per l'assolvimento dell'obbligo di aggiornamento da parte degli iscritti e per la gestione e l'organizzazione dell'attività di aggiornamento a cura degli ordini o collegi territoriali, delle associazioni professionali e di soggetti autorizzati dal ministro vigilante;
b) i requisiti minimi, uniformi su tutto il territorio nazionale, dei corsi di aggiornamento;
c) il valore del credito formativo professionale quale unità di misura della formazione continua. 5
3. Con apposite convenzioni stipulate tra i consigli nazionali e le università possono essere stabilite regole comuni di riconoscimento reciproco dei crediti formativi professionali e universitari. Con appositi regolamenti comuni, da approvarsi previo parere favorevole dei ministri vigilanti, i consigli nazionali possono individuare crediti formativi professionali interdisciplinari e stabilire il loro valore.
4. L'attività di formazione è svolta dagli ordini e collegi anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti.
5. Le regioni, nell'ambito delle potestà a esse attribuite dall'articolo 117 della Costituzione, possono disciplinare l'attribuzione di fondi per l'organizzazione di scuole, corsi ed eventi di formazione professionale.
6. Resta ferma la normativa vigente sull’educazione continua in medicina (ECM).
Art. 8
(Incompatibilità)
1. L’esercizio dell’attività professionale è incompatibile esclusivamente con le attività che ne pregiudicano l’autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico.
2. Restano ferme le incompatibilità previste dalla disciplina del lavoro pubblico dipendente e quelle inerenti alla professione di notaio.
Art. 9
(Disposizioni sul procedimento disciplinare delle professioni regolamentate diverse da quelle sanitarie)
1. Presso i consigli dell’ordine o collegio territoriale delle professioni regolamentate diverse da quelle sanitarie, sono istituiti consigli di disciplina territoriali cui sono affidati i compiti di istruzione e decisione delle questioni disciplinari riguardanti gli iscritti all’albo.
2. I consigli di disciplina territoriali di cui al comma 1 sono composti da 3 consiglieri e 2 consiglieri supplenti. Nel caso di cui al comma 3, secondo periodo, i consigli di disciplina territoriali sono composti da 9 consiglieri e 3 supplenti ovvero, quando i componenti del consiglio dell’ordine o collegio competente sono in numero inferiore a 12, sono composti da 6 consiglieri e 3 supplenti. I collegi sono composti da 3 consiglieri e sono presieduti dal componente con maggiore anzianità di iscrizione all’albo.
3. I consigli di disciplina territoriali di cui al comma 1 sono composti dai componenti del consiglio dell’ordine o collegio territoriale viciniore diversi dal presidente, designati dal presidente stesso secondo l’anzianità di iscrizione all’ordine o collegio. Per i consigli dell’ordine o collegio situati nei comuni sedi di corti di appello, sono competenti i consigli dell’ordine o collegio che hanno sede nei comuni individuati secondo le corrispondenti competenze di cui all’articolo 11 del codice di procedura penale. Fuori dei casi di cui al periodo precedente, il consiglio dell’ordine o collegio viciniore di cui al primo periodo è individuato, tenuto anche conto della distribuzione territoriale degli iscritti all’albo, con regolamento deliberato dal consiglio nazionale dell’ordine o collegio, previo parere favorevole del ministro vigilante, entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente decreto. La nomina di cui al primo periodo avviene entro 30 giorni da quella a consigliere del relativo ordine o collegio territoriale. La carica di consigliere dell’ordine o collegio territoriale e la carica di consigliere del corrispondente consiglio di disciplina territoriale sono in ogni caso incompatibili. Gli ordinamenti professionali possono prevedere ulteriori incompatibilità dirette ad assicurare la terzietà del consiglio di disciplina. 6
4. Le funzioni di presidente del consiglio di disciplina territoriale sono svolte dal componente con maggiore anzianità di iscrizione all’albo. Le funzioni di segretario sono svolte dal componente con minore anzianità di iscrizione all’albo.
5. Il presidente del consiglio dell’ordine o collegio di cui al comma 3, primo periodo, provvede alla immediata sostituzione dei componenti che siano venuti meno a causa di decesso, dimissioni o altra ragione.
6. I consigli di disciplina territoriale restano in carica per il medesimo periodo dei consigli dell’ordine o collegio territoriale.
7. Presso i consigli nazionali dell’ordine o collegio che decidono in via amministrativa sulle questioni disciplinari, sono istituiti consigli di disciplina nazionali cui sono affidati i compiti di istruzione e decisione delle questioni disciplinari precedentemente assegnate alla competenza dei medesimi consigli nazionali.
8. I consigli di disciplina nazionali di cui al comma 7 sono composti da 9 consiglieri e 3 consiglieri supplenti, e i collegi sono composti da 3 consiglieri presieduti dal componente con maggiore anzianità di iscrizione all’albo. La carica di consigliere nazionale dell’ordine o collegio e di consigliere del corrispondente consiglio di disciplina nazionale sono in ogni caso incompatibili. Gli ordinamenti professionali possono prevedere ulteriori incompatibilità dirette ad assicurare la terzietà del consiglio di disciplina.
9. Le funzioni di presidente del consiglio di disciplina nazionale sono svolte dal componente con maggiore anzianità di iscrizione all’albo. Le funzioni di segretario sono svolte dal componente con minore anzianità di iscrizione all’albo.
10. Sono nominati componenti dei consigli nazionali di disciplina di cui al comma 7, titolari e di seguito supplenti, i primi non eletti alla carica di consigliere nazionale dell’ordine o collegio che abbiano riportato il maggior numero di preferenze e, in caso di parità di voti, da quelli con maggiore anzianità di iscrizione all’albo. In caso di voti di lista non nominativi, sono nominati i primi non eletti all’interno della lista che ha riportato il maggior numero di voti. Resta salva la facoltà dei componenti eletti al consiglio nazionale dell’ordine o collegio di optare, entro 30 giorni dalla elezione, per la nomina a consigliere del consiglio nazionale di disciplina. Nel caso di cui al periodo precedente, per la nomina dei consiglieri del consiglio nazionale dell’ordine o collegio si applicano le vigenti disposizioni elettorali. La proclamazione della nomina dei componenti dei consigli nazionali di disciplina avviene da parte del ministro vigilante all’esito della comunicazione senza indugio della necessaria documentazione da parte dei rispettivi consigli nazionali che risolvono ogni contrasto anche sugli esiti delle elezioni ai fini delle nomine dei componenti dei consigli di disciplina. Si applicano le disposizioni vigenti in materia di controversie elettorali.
11. Alla sostituzione dei componenti che siano venuti meno a causa di decesso, dimissioni o altra ragione, provvede il ministro vigilante, su proposta formulata senza indugio dal consiglio nazionale dell’ordine o collegio.
12. Per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi precedenti i consigli nazionali dell’ordine o collegio emanano regolamenti attuativi, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente regolamento, previo parere favorevole del ministro vigilante.
13. I consigli di disciplina nazionali restano in carica per il medesimo periodo dei consigli nazionali dell’ordine o collegio.
14. Fino all’insediamento dei consigli di disciplina territoriali e nazionali di cui ai commi precedenti, le funzioni disciplinari restano regolate dalle disposizioni vigenti.
15. Restano ferme le altre disposizioni in materia di procedimento disciplinare delle professioni regolamentate, e i riferimenti ai consigli dell’ordine o collegio si intendono riferiti, in quanto applicabili, ai consigli di disciplina. 7
16. Il ministro vigilante può procedere al commissariamento dei consigli di disciplina territoriali e nazionali per gravi e ripetuti atti di violazione della legge, ovvero in ogni caso in cui non sono in grado di funzionare regolarmente. Il commissario nominato provvede, su disposizioni del ministro vigilante, a quanto necessario ad assicurare lo svolgimento delle funzioni dell’organo fino al successivo mandato, con facoltà di nomina di componenti, tra gli iscritti all’albo, che lo coadiuvano nell’esercizio delle funzioni predette.
17. Alle professioni sanitarie continua ad applicarsi la disciplina vigente.
18. Restano altresì ferme le disposizioni vigenti in materia disciplinare concernenti la professione di notaio.
CAPO II
DISPOSIZIONI CONCERNENTI GLI AVVOCATI
Art. 10
(Domicilio professionale)
1. L’avvocato deve avere un domicilio professionale nell’ambito del circondario di competenza territoriale dell’ordine presso cui è iscritto, salva la facoltà di avere ulteriori sedi di attività in altri luoghi del territorio nazionale.
Art. 11
(Disposizioni speciali sul tirocinio forense per l’accesso)
1. Fermo in particolare quanto disposto dall’articolo 6, commi 3 e 4, il tirocinio può essere svolto presso l'Avvocatura dello Stato o presso l'ufficio legale di un ente pubblico o di ente privato autorizzato dal ministro della giustizia o presso un ufficio giudiziario, per non più di dodici mesi.
2. Il tirocinio deve in ogni caso essere svolto per almeno sei mesi presso un avvocato iscritto all’ordine o presso l’Avvocatura dello Stato o presso l’ufficio legale di un ente pubblico o di un ente privato autorizzato dal ministro della giustizia.
3. Fermo quanto previsto dal comma 2, il diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, è valutato ai fini del compimento del tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato per il periodo di un anno. In tal caso non si applica l’articolo 6 comma 9.
4. Il praticante può, per giustificato motivo, trasferire la propria iscrizione presso l'ordine del luogo ove intende proseguire il tirocinio. Il consiglio dell'ordine autorizza il trasferimento, valutati i motivi che lo giustificano, e rilascia al praticante un certificato attestante il periodo di tirocinio che risulta regolarmente compiuto.
5. L'attività di praticantato presso gli uffici giudiziari è disciplinata da specifico decreto, da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dal ministro della giustizia, sentiti il consiglio superiore della magistratura e il consiglio nazionale forense. I praticanti presso gli uffici giudiziari assistono e coadiuvano i magistrati che ne fanno richiesta nel compimento delle loro ordinarie attività, anche con compiti di studio, e ad essi si applica l'articolo 15 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. Al termine del periodo di formazione il magistrato designato dal capo dell'ufficio giudiziario redige una relazione sull'attività e sulla formazione professionale acquisita, che viene trasmessa al 8
consiglio dell’ordine competente. Ai soggetti previsti dal presente comma non compete alcuna forma di compenso, di indennità, di rimborso spese o di trattamento previdenziale da parte della pubblica amministrazione. Il rapporto non costituisce ad alcun titolo pubblico impiego. Fino all’emanazione del decreto di cui al primo periodo, continua ad applicarsi, al riguardo, la disciplina del praticantato vigente al momento di entrata in vigore del presente decreto.
6. Il praticante avvocato è ammesso a sostenere l'esame di Stato nella sede di corte di appello nel cui distretto ha svolto il maggior periodo di tirocinio. Quando il tirocinio è stato svolto per uguali periodi sotto la vigilanza di più consigli dell'ordine aventi sede in distretti diversi, la sede di esame è determinata in base al luogo di svolgimento del primo periodo di tirocinio.
CAPO III
DISPOSIZIONI CONCERNENTI I NOTAI
Art. 12
(Accesso alla professione notarile)
1. Possono ottenere la nomina a notaio tutti i cittadini italiani e i cittadini dell’Unione Europea che siano in possesso dei requisiti di cui all’articolo 5 della legge 16 febbraio 1913 n. 89, compreso il superamento del concorso notarile, fermo il diritto dei cittadini dell’Unione Europea che, in difetto del possesso dei requisiti di cui ai numeri 4 e 5 dell’articolo 5 della legge 16 febbraio 1913 n. 89, abbiano superato il concorso notarile al quale abbiano avuto accesso a seguito di riconoscimento del titolo professionale di notaio conseguito in altro Stato membro dell’Unione Europea.
2. Il diploma di specializzazione, conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, è valutato ai fini del compimento del periodo di pratica per l'accesso alla professione di notaio per il periodo di un anno. In tal caso non si applica l’articolo 6 comma 9.
CAPO IV
DISCIPLINA TRANSITORIA, ABROGAZIONI ED ENTRATA IN VIGORE
Art. 13
(Disposizione temporale)
1. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano dal giorno successivo alla data di entrata in vigore dello stesso.
2. Sono abrogate tutte le disposizioni regolamentari e legislative incompatibili con le previsioni di cui al presente decreto, fermo quanto previsto dall’articolo 3, comma 5-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito dalla legge 14 settembre 2011 n. 148, e successive modificazioni.
Art. 14
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

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Ho controllato: riguarda anche le attività professionali. In allegato mega PDF Agenzia delle Entrate per l'approvazione dei nuovi modelli
La crisi si perpetua, gli studi di settore si adeguano
Con il Decreto 13 giugno 2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 139 del 16 giugno, il Ministero dell’economia e delle finanze ha rivisto gli studi di settore per il periodo di imposta 2011. Da una parte vengono ufficializzate le riduzioni da applicarsi ai risultati standard dei calcoli, dall’altro si apre la strada verso un software definitivo. Intanto l’Agenzia delle Entrate, con provvedimento del Direttore prot. n. 2012/90446, ha approvato ben 206 modelli per la comunicazione dei dati rilevanti.
Misure passate, ma sempre attuali. Per il solo periodo di imposta 2011 viene approvata, in base all'art. 8 del decreto-legge del 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge n. 2 del 28 gennaio 2009 (la c.d. norma «anticrisi»), la revisione congiunturale speciale degli studi di settore relativi alle attività economiche nell’ambito delle manifatture, dei servizi, delle attività professionali e del commercio, al fine di tener conto degli effetti della crisi economica e dei mercati e di tutelare i contribuenti.
I correttivi mirano a cogliere situazioni che hanno determinato compensi più ridotti (come, ad esempio, le convenzioni del ramo odontoiatrico) e servono altresì per abbassare l’ammontare dei ricavi correlati a specifiche variabili, quali il costo del carburante.
Correttivi congiunturali di settore e individuali. Apposite tabelle tengono conto, per i vari comparti, delle tariffe applicate ora ridotte, del minor grado di utilizzo dei beni strumentali e del più modesto ammontare globale dei ricavi.
In generale assistiamo a una riduzione dei livelli di congruità in rapporto alla riduzione dei costi variabili del 2011 parametrati a quelli del biennio precedente. Per soppesare la crisi, insomma, bisogna guardare i due piatti della bilancia: quello dei minori costi sostenuti; quello della ritardata percezione dei compensi.
Pericolo scampato per chi è congruo o si è adeguato. I contribuenti che per il periodo d'imposta 2011 hanno dichiarato, anche a seguito dell'adeguamento, ricavi o compensi di ammontare non inferiore a quello risultante dall'applicazione degli studi di settore integrati con i correttivi approvati con il recente decreto, non sono assoggettabili, per tale annualità, all’accertamento ai sensi dell'art. 10 l. n. 146/1998.
Il provvedimento del Direttore delle Entrate. Contiene l’approvazione, unitamente alle relative istruzioni – costituite da una parte generale, comune a tutti gli studi di settore, da una parte specifica per ciascuno studio e da una parte relativa ai quadri contabili F e G, per quegli studi che ne prevedono il richiamo nelle relative istruzioni specifiche – i 206 modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, elemento integrante della dichiarazione dei redditi da presentare con il modello Unico 2012, anche in forma unificata.
Tali modelli devono essere compilati dai contribuenti interessati dagli studi di settore (ovvero, benché esclusi dall’applicazione degli medesimi, tenuti comunque alla loro presentazione) i quali nel periodo d’imposta 2011 hanno esercitato in via prevalente attività economiche nel settore delle manifatture, dei servizi, delle attività professionali e del commercio

Debito pubblico pro-capite

Contatore del debito pubblico italiano

Amore e Psiche

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Maddalena - Canova

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Perseo e Medusa - Canova

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Paolina Borghese Bonaparte - Canova

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LIBERIAMO LE DONNE DALLA SCHIAVITU', OVUNQUE NEL MONDO!

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