Un’importante sentenza della Suprema Corte di Cassazione ( Cassazione penale Sentenza, Sez. IV, 28/01/2008, n. 4153 reperibile sull’indirizzo internet http://www.praticantidiritto.it/news_dett.aspx?nwid=723 con relativo commento) affronta il tema quid juris per la liquidazione dell’onorario del difensore d’ufficio di persona domiciliata presso tale difensore ma di fatto irreperibile.
Come è noto, a termini dell'art. 116 d.P.R. 115/2002, l 'onorario e le spese spettanti al difensore di ufficio sono liquidati dal magistrato «quando il difensore dimostra di aver esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti professionali». Mentre per l’ art. 117 del d.P.R. 115/2002, non è necessaria una preventiva attivazione del legale d'ufficio per il recupero del credito professionale nel caso in cui l’imputato (o l’indagato o il condannato) sia “irreperibile”. In tali ipotesi, infatti, è sufficiente che il difensore formuli direttamente al Giudice l’istanza di liquidazione corredata di nota spese senza svolgere alcuna preventiva attività finalizzata al recupero del credito per l’attività professionale svolta. La giurisprudenza è divisa : secondo un orientamento, per l’applicazione dell’art. 117 sarebbe necessario che l’imputato sia stato preventivamente dichiarato irreperibile (in questo senso cfr. Cass, Sez. IV 20.12.2002, Battistella, CED 224011) con un effettivo decreto di irreperibilità emesso in tal senso dall’A.G.; tra l’altro, secondo un orientamento restrittivo sarebbe dubitabile che l’art. 117 possa trovare applicazione nel caso in cui l’imputato abbia eletto domicilio presso il difensore d’ufficio. La sentenza affronta il tema appena delineato sostenendo che, ai fini dell’art. 117, viene in considerazione la condizione di fatto di irreperibilità dell’imputato, a nulla rilevando l’eventuale elezione di domicilio presso il difensore. E’ questa sicuramente un’interpretazione di buon senso fornita dalla Suprema Corte nell’interpretazione della norma, in primo luogo in quanto l’art. 117 citato non utilizza l’espressione “che sia dichiarato irreperibile” – con evidente necessaria applicabilità dell’art. 159 c.p.p. - preferendo piuttosto la semplice espressione “irreperibile”. Secondo la Corte, infatti, «l’art. 117 non specifica la significazione del termine “irreperibile”; in particolare non si richiamano espressamente gli artt. 159 e 160 c.p.p., sicché, in sostanza, non si chiarisce se “irreperibile” è solo il soggetto che tale sia stato dichiarato nel corso del procedimento penale con apposito decreto del giudice, ovvero anche la persona che, pur rintracciata nel procedimento penale, venga successivamente a trovarsi in una situazione di sostanziale irrintracciabilità». In relazione all’“irreperibilità” invocata dall’art. 117 d.P.R. 115/2002 la dicotomia concettuale si divide tra chi vuole accedere ad una concezione strettamente giuridica della categoria, secondo cui occorre la previa emissione di apposito decreto ex art. 159 c.p.p., e chi propone l’approccio ad una concezione sostanzialistica, che invece dà rilievo alla situazione di fatto, anche in assenza di apposita dichiarazione con il decreto.
Secondo la Corte ai fini del giudizio di irreperibilità assume rilievo la circostanza che se il debitore sia «sostanzialmente irrintracciabile, anche in mancanza di un formale decreto ex art. 160 c.p.p., sicché non era esigibile da parte del difensore istante alcuna previa procedura intesa al recupero del credito professionale, tenuto conto anche della sostanziale equiparazione quoad effectum tra irreperibilità formalmente dichiarata ex art. 159 c.p.p. e quelle presunta ex lege ai sensi dell’art. 161, comma 4, c.p.p.».
Va inoltre sottolineato che tale principio interpretativo apporta diversi vantaggi al sistema. Infatti, stanti le continue dichiarazioni di assoluta difficoltà a gestire il carico delle liti giudiziarie nei rispettivi uffici e dei relativi costi – costantemente denunciati come in aumento – che progressivamente il sistema sostiene, tale scelta interpretativa risolverebbe i disagi per l’intasamento delle procedure di recupero dei crediti, limitando al contempo sia le spese (si pensi ai costi per Giudici di Pace che emettono il decreto ingiuntivo, le anticipazioni a debito degli Ufficiali Giudiziari che notificano, le ulteriori anticipazioni a debito dei contributi unificati e delle spese di registro e l’utilizzo di personale che nel contempo rimane sommerso di inutili procedure di recupero nei confronti di persone sostanzialmente non identificate).
Tra l’altro, lo Stato – appena diventi rintracciabile la persona nei cui confronti ha anticipato il pagamento delle spese difensive – può recuperare le sue anticipazioni attraverso i canali che già utilizza per il recupero delle spese di giustizia nei confronti dell’obbligato attraverso le cartelle di pagamento. Questa semplificazione può solo apportare benefici all’intero sistema e anche rendere più attento il cittadino sottoposto a giudizio penale circa l’opportunità di seguire l’iter del processo anziché disinteressarsene.
Come è noto, a termini dell'art. 116 d.P.R. 115/2002, l 'onorario e le spese spettanti al difensore di ufficio sono liquidati dal magistrato «quando il difensore dimostra di aver esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti professionali». Mentre per l’ art. 117 del d.P.R. 115/2002, non è necessaria una preventiva attivazione del legale d'ufficio per il recupero del credito professionale nel caso in cui l’imputato (o l’indagato o il condannato) sia “irreperibile”. In tali ipotesi, infatti, è sufficiente che il difensore formuli direttamente al Giudice l’istanza di liquidazione corredata di nota spese senza svolgere alcuna preventiva attività finalizzata al recupero del credito per l’attività professionale svolta. La giurisprudenza è divisa : secondo un orientamento, per l’applicazione dell’art. 117 sarebbe necessario che l’imputato sia stato preventivamente dichiarato irreperibile (in questo senso cfr. Cass, Sez. IV 20.12.2002, Battistella, CED 224011) con un effettivo decreto di irreperibilità emesso in tal senso dall’A.G.; tra l’altro, secondo un orientamento restrittivo sarebbe dubitabile che l’art. 117 possa trovare applicazione nel caso in cui l’imputato abbia eletto domicilio presso il difensore d’ufficio. La sentenza affronta il tema appena delineato sostenendo che, ai fini dell’art. 117, viene in considerazione la condizione di fatto di irreperibilità dell’imputato, a nulla rilevando l’eventuale elezione di domicilio presso il difensore. E’ questa sicuramente un’interpretazione di buon senso fornita dalla Suprema Corte nell’interpretazione della norma, in primo luogo in quanto l’art. 117 citato non utilizza l’espressione “che sia dichiarato irreperibile” – con evidente necessaria applicabilità dell’art. 159 c.p.p. - preferendo piuttosto la semplice espressione “irreperibile”. Secondo la Corte, infatti, «l’art. 117 non specifica la significazione del termine “irreperibile”; in particolare non si richiamano espressamente gli artt. 159 e 160 c.p.p., sicché, in sostanza, non si chiarisce se “irreperibile” è solo il soggetto che tale sia stato dichiarato nel corso del procedimento penale con apposito decreto del giudice, ovvero anche la persona che, pur rintracciata nel procedimento penale, venga successivamente a trovarsi in una situazione di sostanziale irrintracciabilità». In relazione all’“irreperibilità” invocata dall’art. 117 d.P.R. 115/2002 la dicotomia concettuale si divide tra chi vuole accedere ad una concezione strettamente giuridica della categoria, secondo cui occorre la previa emissione di apposito decreto ex art. 159 c.p.p., e chi propone l’approccio ad una concezione sostanzialistica, che invece dà rilievo alla situazione di fatto, anche in assenza di apposita dichiarazione con il decreto.
Secondo la Corte ai fini del giudizio di irreperibilità assume rilievo la circostanza che se il debitore sia «sostanzialmente irrintracciabile, anche in mancanza di un formale decreto ex art. 160 c.p.p., sicché non era esigibile da parte del difensore istante alcuna previa procedura intesa al recupero del credito professionale, tenuto conto anche della sostanziale equiparazione quoad effectum tra irreperibilità formalmente dichiarata ex art. 159 c.p.p. e quelle presunta ex lege ai sensi dell’art. 161, comma 4, c.p.p.».
Va inoltre sottolineato che tale principio interpretativo apporta diversi vantaggi al sistema. Infatti, stanti le continue dichiarazioni di assoluta difficoltà a gestire il carico delle liti giudiziarie nei rispettivi uffici e dei relativi costi – costantemente denunciati come in aumento – che progressivamente il sistema sostiene, tale scelta interpretativa risolverebbe i disagi per l’intasamento delle procedure di recupero dei crediti, limitando al contempo sia le spese (si pensi ai costi per Giudici di Pace che emettono il decreto ingiuntivo, le anticipazioni a debito degli Ufficiali Giudiziari che notificano, le ulteriori anticipazioni a debito dei contributi unificati e delle spese di registro e l’utilizzo di personale che nel contempo rimane sommerso di inutili procedure di recupero nei confronti di persone sostanzialmente non identificate).
Tra l’altro, lo Stato – appena diventi rintracciabile la persona nei cui confronti ha anticipato il pagamento delle spese difensive – può recuperare le sue anticipazioni attraverso i canali che già utilizza per il recupero delle spese di giustizia nei confronti dell’obbligato attraverso le cartelle di pagamento. Questa semplificazione può solo apportare benefici all’intero sistema e anche rendere più attento il cittadino sottoposto a giudizio penale circa l’opportunità di seguire l’iter del processo anziché disinteressarsene.
(di Amalia Lamanna - Riproduzione vietata senza citare fonte e autore-)
Nessun commento:
Posta un commento