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ALTALEX NEWS


mercoledì 7 settembre 2011

PROCEDURE E GARANZIE DEL DIRITTO D’ASILO

PROCEDURE E GARANZIE DEL DIRITTO D’ASILO
Decimo corso seminariale - Isola di Capo Rizzuto, 7-11 settembre 2009
In collaborazione con la Confraternita di Misericordia – Isola di Capo Rizzuto FASCICOLO n. 2

Lo status di rifugiato nella Convenzione di Ginevra del 1951 C. Franchini
La procedura amministrativa per il riconoscimento del diritto di asilo davanti le Commissioni territorialiA. De Bonis
La procedura giurisdizionale per il riconoscimento del diritto di asilo D. Consoli
Svolgimento di una istanza davanti la Commissione territoriale C. Franchini




INDICEUNHCR, Linee-guida di protezione internazionale: “Appartenenza ad undeterminato gruppo sociale” ai sensi dell’art. 1A(2) della Convenzione del 1951 e/oal relativo Protocollo del 1967 sullo status dei rifugiati, maggio 2002 (traduzione non ufficiale).....................................................................................................................3UNHCR,
Guidelines on international protection: Application of the ExclusionClauses: Article 1F of the 1951 Convention relating to the Status of Refugees,settembre 2003..............................................................................................................................8
UNHCR,La ricerca di informazioni sui paesi di origine dei rifugiati, ottobre 2005........................................15
UNHCR,Linee-guida di protezione internazionale: L’applicazione dell’art. 1A(2)della Convenzione del 1951 e/o del Protocollo del 1967 relativi allo status deirifugiati alle vittime di tratta e alle persone a rischio di tratta,aprile 2006(traduzione non ufficiale)..................................................................................................... 25
Tribunale di Venezia, sentenza del 30 gennaio 2006, n. 270......................................................39
Tribunale di Venezia, sentenza del 12 ottobre 2007, n. 2250.....................................................40
Cassazione civile, S.U., sentenza del 27 marzo 2008, n. 7933 ...................................................42
Tribunale di Trieste, sentenza del 2 maggio 2008, n. 10 ............................................................46
Tribunale di Trieste, sentenza del 17 luglio 2008.......................................................................51
Cassazione civile, S.U., sentenza del 17 novembre 2008, n. 27310 ...........................................55
UNHCR, Nota dell’UNHCR contenente indicazioni sulle domande di status dirifugiato nell’ambito della Convenzione del 1951 relative a orientamento sessuale eidentità di genere, novembre 2008(traduzione non ufficiale)..............................................79
UNHCR, Guidance Note on Refugee Claims relating to Female Genital Mutilation,maggio 2009................................................................................................................................95
Cassazione civile, S.U., ordinanza del 19 maggio 2009, n. 11535 ...........................................110
UNHCR, Statement on Article 1F of the 1951 Convention Issued in the Context ofthe Preliminary Ruling References to the Court of Justice of the EuropeanCommunities from the German Federal Administrative Court Regarding theInterpretation of Articles 12(2)(b) and (c) of the Qualification Directive, luglio 2009............118
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- 3 -LINEE GUIDA IN MATERIA DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE“Appartenenza ad un determinato gruppo sociale” ai sensi dell’art. 1(A)2 dellaConvenzione del 1951 e/o al relativo Protocollo del 1967sullo status dei rifugiatiMaggio 2002L’UNHCR emette queste Linee guida attuando il suo mandato, come previsto nello Statutodell’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e nell’art. 35 de LaConvenzione sullo status dei rifugiati del 1951 e/o il suo Protocollo del 1967. Queste Lineeguida completano il Manuale sulle procedure ed i criteri per la determinazione dello status dirifugiato ai sensi della Convenzione del 1951 e del Protocollo del 1967 sullo status dei rifugiati(riedito, Ginevra, gennaio 1992) emesso dall’UNHCR. Esse si sostituiscono allo IOM/132/1989– FOM/110/1989 Appartenenza ad un determinato gruppo sociale (UNHCR, Ginevra, dicembre1989) e sono il risultato della seconda fase del processo di Consultazioni globali sullaprotezione internazionale dei rifugiati, durante la quale questo tema è stato esaminato inoccasione dell’incontro di esperti tenutosi a San Remo nel settembre 2001.Queste Linee guida si propongono di fornire assistenza legale ai governi, ai professionisti legali,agli organi decisionali, alla magistratura ed al personale dell’UNHCR addetto alladeterminazione dello status di rifugiato sul campo.“Appartenenza ad un determinato gruppo sociale” ai sensi dell’art. 1A(2) dellaConvenzione del 1951 e/o del relativo Protocollo del 1967sullo status dei rifugiatiI. INTRODUZIONE 1. “L’appartenenza ad un determinato gruppo sociale” è uno dei cinque motivi enumeratinell’art. 1A(2) della Convenzione del 1951 sullo status dei rifugiati (d’ora in avanti “laConvenzione del 1951”). Si tratta del motivo meno chiaro e la stessa Convenzione del 1951non lo definisce. Viene invocato sempre più frequentemente in sede di determinazione dellostatus di rifugiato e gli Stati hanno ritenuto che donne, famiglie, tribù, gruppi professionali eomosessuali possono costituire un determinato gruppo sociale ai sensi della Convenzionedel 1951. L’evoluzione dell’interpretazione di questo motivo ha migliorato la comprensionedella definizione di rifugiato nel suo complesso. Queste Linee guida forniscono assistenzalegale per la valutazione delle domande d’asilo nelle quali si sostiene che un richiedente haun fondato timore di persecuzione per motivi legati alla sua appartenenza ad un determinatogruppo sociale.
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- 4 -2. Se da un lato il motivo deve essere circoscritto – vale a dire che esso non può essereinterpretato in modo da rendere superflui gli altri quattro motivi indicati dalla Convenzione- dall’altro lato un’interpretazione corretta dev’essere coerente con l’oggetto e gli scopidella Convenzione. Coerentemente con il linguaggio della Convenzione, questa categorianon può essere intesa come applicabile genericamente ad ogni individuo che teme di essereperseguitato. Pertanto, per preservare la struttura e l’integrità della definizione di rifugiatocontenuta nella Convenzione, un gruppo sociale non può essere definito tale esclusivamentesulla base del fatto che è oggetto di persecuzione (sebbene, come è stato discusso sopra, lapersecuzione possa costituire un elemento importante ai fini della visibilità di un datogruppo sociale).3. Non esiste una lista precisa dei gruppi che possono costituire un “determinato gruppo sociale”ai sensi dell’art. 1A(2). La Convenzione non contiene una lista specifica di gruppi sociali,né la storia della sua applicazione sembra mostrare l’esistenza di una serie di gruppi socialiprecisi che potrebbero presentare i requisiti per rientrare in questo motivo. Piuttosto,l’espressione appartenenza ad un determinato gruppo sociale dovrebbe essere letta inmaniera evolutiva, considerando sia la natura diversa e mutevole dei gruppi all’interno dellediverse società, sia le norme internazionali in materia di diritti umani, che sono in continuaevoluzione. 4. I motivi indicati dalla Convenzione non si escludono l’un l’altro. Un richiedente potrebberisultare idoneo all’ottenimento dello status di rifugiato sulla base di più di uno dei motiviindicati dall’art. 1A(2). Si consideri ad esempio una richiedente asilo che sostiene di esserea rischio di persecuzione a causa del suo rifiuto di indossare l’abbigliamento tradizionale. Aseconda delle specifiche circostanze della società in questione, ella potrebbe essere in gradodi fondare una richiesta d’asilo sulla base di motivi legati alla sua opinione politica (nel casoin cui lo Stato consideri la condotta della persona in questione come una presa di posizionepolitica da sopprimere), alla sua religione (se la condotta della persona in questione si fondasu di una convinzione religiosa osteggiata dallo Stato) o alla sua appartenenza ad undeterminato gruppo sociale. II. ANALISI SOSTANZIALEA. Riassunto delle prassi statali5. Sentenze, disposizioni, politiche e la prassi si sono servite di diverse interpretazioni perindividuare cosa costituisce un gruppo sociale ai sensi della Convenzione del 1951. Dueapprocci hanno dominato le decisioni prese negli ordinamenti di Common law.6. Il primo approccio, detto “delle caratteristiche protette” (e talvolta definito un approccio di“immutabilità”), considera se un gruppo è accomunato da una caratteristica immutabile o dauna caratteristica che è talmente importante per la dignità umana che una persona nondovrebbe essere costretta a rinunciarvi. Una caratteristica immutabile può essere innata (adesempio il sesso o l’appartenenza etnica) o per altri motivi inalterabile (come ad esempio ildato storico dell’appartenenza in passato ad un’associazione, ad una classe professionale oad uno status particolare). La normativa in materia di diritti umani può essere d’aiuto peridentificare le caratteristiche ritenute talmente importanti per la dignità umana che unindividuo non dovrebbe essere costretto a rinunciarvi. Adottando tale approccio si dovrebbeconsiderare se il gruppo in questione è definito: (1) da una caratteristica innata edimmutabile, (2) da uno status temporaneo o volontario ricoperto in passato che risultaimmutabile a causa della sua durata nel tempo, o (3) da una caratteristica o associazionecosì importanti per la dignità umana che i membri dei gruppo in questione non dovrebberoessere costretti a rinunciarvi. Adottando questo approccio, tribunali ed enti amministrativi indiverse giurisdizioni hanno concluso che le donne, gli omosessuali e le famiglie, adesempio, possono costituire un determinato gruppo sociale ai sensi dell’art. 1A(2).
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- 5 -7. Il secondo approccio considera se un gruppo condivide o meno una caratteristica comune chelo rende riconoscibile o lo contraddistingue dal resto della società. Questo è stato definitocome l’approccio “della percezione sociale”. Anche sulla base di questo tipo di analisi èstato riconosciuto che donne, famiglie ed omosessuali possono costituire un determinatogruppo sociale, a seconda delle circostanze della società all’interno della quale si trovano.8. Negli ordinamenti di Civil law il motivo di appartenenza ad un determinato gruppo sociale èstato generalmente meno sviluppato. La maggior parte delle decisioni mettonomaggiormente in risalto la questione se un rischio di persecuzione esiste o meno, piuttostoche i criteri per definire un determinato gruppo sociale. Anche in questo ambito, tuttavia, sial’approccio delle caratteristiche protette sia quello della percezione sociale sono statimenzionati. 9. Spesso le analisi compiute adottando i due approcci convergono. Ciò avviene perché i gruppii cui membri sono presi di mira sulla base di una caratteristica comune immutabile ofondamentale sono anche spesso percepiti come un gruppo sociale all’interno delle lorosocietà. Talvolta tuttavia i due approcci possono portare a risultati differenti. Ad esempio ilcriterio di percezione sociale potrebbe riconoscere come gruppi sociali associazioni basatesu di una caratteristica che non è né immutabile né fondamentale per la dignità umana –quali, ad esempio, una classe professionale o sociale.B. Definizione adottata dall’UNHCR10. Considerati i diversi approcci e le insufficienze di protezione che ne possono derivare,l’UNHCR ritiene che i due approcci vadano combinati.11. L’approccio delle caratteristiche protette andrebbe inteso in modo tale da individuare uncerto numero di gruppi di base per l’analisi della percezione sociale. Di conseguenza, ènecessario adottare un unico criterio che incorpori entrambi gli approcci dominanti:è da considerarsi come un determinato gruppo sociale un gruppo di persone checondividono una caratteristica comune diversa dal rischio di essere perseguitati, o che sonopercepite come un gruppo dalla società. Frequentemente la caratteristica in questione saràuna caratteristica innata, immutabile, o altrimenti d’importanza fondamentale per l’identità,la coscienza o l’esercizio dei diritti umani di una persona.12. Questa definizione comprende sia caratteristiche storiche, che pertanto non possono esserecambiate, sia altre caratteristiche che, anche se non sono immutabili, sono talmentestrettamente legate all’identità della persona o sono espressione di diritti umani fondamentaliche non dovrebbe essere richiesto il requisito di immutabilità. Ne discende pertanto che ilgenere può essere propriamente considerato come una categoria che individua un grupposociale, essendo le donne un chiaro esempio di un sottoinsieme sociale definito dacaratteristiche innate ed immutabili, e venendo spesso trattate in modo diverso dagli uomini.13. Se un richiedente rivendica di appartenere ad un gruppo sociale che si fonda su di unacaratteristica che non risulta essere né inalterabile né fondamentale, dovrebbe essereeffettuata un’analisi più approfondita per stabilire se il gruppo è comunque percepito comeun gruppo riconoscibile all’interno della società in questione. Quindi, per esempio, anche sefosse dimostrato che essere proprietari di un negozio o avere un certo impiego in unaspecifica società non costituisce un aspetto né immutabile né fondamentale per l’identitàumana, un gestore di un negozio o coloro che esercitano una particolare professionepotrebbero comunque costituire un determinato gruppo sociale qualora in quella societàfossero riconosciuti come un gruppo distinto.Il ruolo della persecuzione14. Come precedentemente osservato, un determinato gruppo sociale non può essere definitotale solamente sulla base della persecuzione che i membri di quel gruppo subiscono o sulla
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- 6 -base di un comune timore di essere perseguitati. Tuttavia, azioni persecutorie nei confrontidei gruppo potrebbero rappresentare un fattore rilevante per determinare la visibilità di ungruppo in una particolare società. Per portare l’esempio di una sentenza ampiamente citata,“[S]e da un lato il fatto di essere oggetto di persecuzione non può definire il gruppo sociale,dall’altro lato le azioni dei persecutori potrebbero identificare o persino creare undeterminato gruppo sociale all’interno della società. Le persone mancine non costituisconoun determinato gruppo sociale. Tuttavia, se fossero perseguitati in quanto mancini, senzadubbio diventerebbero rapidamente riconoscibili all’interno della loro società come undeterminato gruppo sociale. La persecuzione attuata nei loro confronti per il fatto che sonomancini creerebbe la percezione pubblica che i mancini rappresentano un determinatogruppo sociale. Tuttavia, sarebbe l’attributo di essere mancini e non gli atti persecutori chepermetterebbe di identificarli come un determinato gruppo sociale.”Assenza del requisito di coesione15. Nella prassi statale è ampiamente accettato che un richiedente non sia tenuto a dimostrareche i membri di un determinato gruppo si conoscono o si frequentano tra di loro in quantogruppo. Non esiste alcun requisito in base al quale il gruppo debba essere “coeso”. Laquestione fondamentale riguarda la presenza o meno di un elemento comune condiviso daimembri del gruppo. Ciò è paragonabile all’analisi adottata per gli altri motivi dipersecuzione indicati nella Convenzione, secondo la quale non è necessario che i adepti diuna religione o coloro che esprimono una determinata opinione politica si frequentino oappartengano ad un gruppo “coeso”. Pertanto in certe circostanze le donne possonorappresentare un determinato gruppo sociale sulla base della comune caratteristica del sesso,indipendentemente dal fatto che esse si frequentino o meno tra di loro sulla base di quellacaratteristica condivisa.16. Di norma, inoltre, la mera appartenenza ad un determinato gruppo sociale non è di per sésufficiente per dimostrare la fondatezza di una richiesta dello status di rifugiato. Potrebbero,tuttavia, presentarsi delle circostanze speciali per le quali la mera appartenenza ad un gruppopuò rappresentare un motivo sufficiente per temere una persecuzione. Non tutti i membri del gruppo devono essere a rischio di persecuzione17. Per provare l’esistenza di un determinato gruppo sociale, un richiedente non è tenuto adimostrare che tutti i membri di un determinato gruppo sociale sono a rischio dipersecuzione. Così come per gli altri motivi di persecuzione, non è necessario dimostrare chetutte le persone di quel partito politico o di quel gruppo etnico abbiano subito persecuzione.Alcuni membri del gruppo potrebbero non essere a rischio nei casi in cui, per esempio,nascondano la loro caratteristica condivisa, non siano noti ai persecutori o collaborino con ipersecutori.Rilevanza della dimensione18. La dimensione del presunto gruppo sociale non è un criterio rilevante per stabilirel’esistenza di un determinato gruppo sociale ai sensi dell’art. 1A(2). Ciò è altrettanto veroper i casi sollevati sulla base degli altri motivi espressi dalla Convenzione. Per esempio, gliStati potrebbero cercare di eliminare delle ideologie religiose o politiche che sonoampiamente diffuse all’interno di una determinata società – alle quali potrebbe aderireaddirittura la maggioranza della popolazione; il fatto che un elevato numero di persone sia arischio di persecuzione non può costituire un motivo per rifiutare di garantire la protezioneinternazionale laddove invece è necessario.19. Casi in diverse giurisdizioni hanno riconosciuto le “donne” come un determinato grupposociale. Ciò non significa che tutte le donne nella società in questione possono qualificarsiper lo status di rifugiato. Una richiedente deve ancora dimostrare di avere un fondato timoredi persecuzione basato sulla sua appartenenza a quel determinato gruppo sociale, di nonricadere nelle clausole di esclusione e di soddisfare gli altri criteri fondamentali.
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- 7 -Attori non statali ed il nesso causale (“in ragione di”)20. I casi per i quali lo status di rifugiato viene rivendicato sulla base dell’appartenenza ad undeterminato gruppo sociale riguardano frequentemente richiedenti che corrono il rischio disubire offesa da parte di attori non statali. Alcuni di questi casi hanno richiesto l’analisi delnesso causale. Per esempio, gli omosessuali possono essere oggetto di violenza da parte digruppi privati; le donne possono rischiare abusi da parte dei loro mariti o partner. Secondoquanto sancito dalla Convenzione, una persona deve avere un fondato timore di persecuzionee quel timore di persecuzione deve essere basato su uno (o più di uno) dei motivi elencatinella Convenzione. Non è necessario che il persecutore sia un attore statale. Qualora gravidiscriminazioni o altri tipi di soprusi fossero commessi dalla popolazione locale, questipossono essere considerati persecuzione se sono consapevolmente tollerati dalle autorità o sele autorità si rifiutano, o si dimostrano incapaci, di garantire una protezione efficace.21. Di norma un richiedente dichiara che la persona che gli ha inflitto un’offesa o ha minacciatodi offenderlo agiva sulla base di una delle ragioni indicate nella Convenzione. Quindi, se unattore non statale perseguita o minaccia di perseguitare il richiedente sulla base dei motiviespressi dalla Convenzione e lo Stato non vuole o non è in grado di proteggerlo, allora puòessere stabilito il nesso causale. Ciò significa che l’offesa è stata recata alla vittima per unodei motivi elencati nella Convenzione.22. Possono anche presentarsi delle situazioni in cui un richiedente non è in grado di dimostrareche l’offesa inflitta o preannunciata da parte dell’attore non statale è riconducibile ad uno deicinque motivi elencati nella Convenzione. Per esempio, nel caso di abusi domestici, unamoglie non è sempre in grado di dimostrare che suo marito sta abusando di lei sulla basedella sua appartenenza ad un determinato gruppo sociale, delle sue opinioni politiche o pergli altri motivi espressi dalla Convenzione. Ciononostante, se lo Stato non vuole garantire lasua protezione sulla base di uno dei cinque motivi elencati, allora la donna può portare unavalida ragione per richiedere lo status di rifugiata: l’offesa commessa su di lei dal marito sifonda sulla non volontà dello Stato di proteggerla sulla base dei motivi indicati dallaConvenzione.23. Questo ragionamento può essere riassunto nel modo seguente. Il nesso causale vienesoddisfatto: (1) quando c’è un rischio reale di persecuzione per mano di un attore non stataleper ragioni legate ad uno dei motivi elencati nella Convenzione, indipendentemente dal fattoche la mancata protezione da parte dello Stato nei confronti del richiedente sia legata allaConvenzione; oppure (2) quando il rischio di persecuzione per mano di un attore non statalenon è legato ad uno dei motivi elencati nella Convenzione, ma l’incapacità o la mancanza divolontà da parte dello Stato di offrire protezione sono riconducibili ad uno dei motivi indicatidalla Convenzione.
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- 8 -Distr.GENERALHCR/GIP/03/054 September 2003Original: ENGLISHGUIDELINES ON INTERNATIONAL PROTECTION:Application of the Exclusion Clauses: Article 1F of the 1951 Convention relating tothe Status of RefugeesUNHCR issues these Guidelines pursuant to its mandate, as contained in the 1950Statute of the Office of the United Nations High Commissioner for Refugees, in conjunctionwith Article 35 of the 1951 Convention relating to the Status of Refugees and Article II of its1967 Protocol. These Guidelines complement the UNHCR Handbook on Procedures andCriteria for Determining Refugee Status under the 1951 Convention and the 1967 Protocolrelating to the Status of Refugees (Reedited, Geneva, January 1992). These Guidelinessummarise the Background Note on the Application of the Exclusion Clauses: Article 1F of the1951 Convention relating to the Status of Refugees (4 September 2003) which forms an integralpart of UNHCR’s position on this issue. They supersede The Exclusion Clauses: Guidelines ontheir Application (UNHCR, Geneva, 1 December 1996) and Note on the Exclusion Clauses(UNHCR, Geneva, 30 May 1997), and result, inter alia, from the Second Track of the GlobalConsultations on International Protection process which examined this subject at its expertmeeting in Lisbon, Portugal, in May 2001. An update of these Guidelines was also deemednecessary in light of contemporary developments in international law.These Guidelines are intended to provide interpretative legal guidance for governments, legalpractitioners, decision-makers and the judiciary, as well as UNHCR staff carrying out refugeestatus determination in the field.Application of the Exclusion Clauses: Article 1F of the 1951 Convention relating to theStatus of RefugeesI. INTRODUCTIONA. Background1. Paragraph 7(d) of the 1950 UNHCR Statute, Article 1F of the 1951 Convention relating tothe Status of Refugees (hereinafter “1951 Convention”) and Article I(5) of the 1969Organisation of African Unity (OAU) Convention Governing the Specific Aspects of RefugeeProblems in Africa (hereinafter “OAU Convention”) all oblige States and UNHCR to deny thebenefits of refugee status to certain persons who would otherwise qualify as refugees. Theseprovisions are commonly referred to as “the exclusion clauses”. These Guidelines provide asummary of the key issues relating to these provisions – further guidance can be found inUNHCR’s Background Note on the Application of the Exclusion Clauses: Article 1F of the1951 Convention relating to the Status of Refugees (hereinafter “the Background Note”), whichforms an integral part of these Guidelines.2. The rationale for the exclusion clauses, which should be borne in mind when consideringtheir application, is that certain acts are so grave as to render their perpetrators undeserving ofinternational protection as refugees. Their primary purpose is to deprive those guilty of heinousacts, and serious common crimes, of international refugee protection and to ensure that suchpersons do not abuse the institution of asylum in order to avoid being held legally accountablefor their acts. The exclusion clauses must be applied “scrupulously” to protect the integrity ofthe institution of asylum, as is recognised by UNHCR’s Executive Committee in ConclusionNo. 82 (XLVIII), 1997. At the same time, given the possible serious consequences of exclusion,it is important to apply them with great caution and only after a full assessment of the individual
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- 9 -circumstances of the case. The exclusion clauses should, therefore, always be interpreted in arestrictive manner.3. The exclusion clauses in the 1951 Convention are exhaustive. This should be kept in mindwhen interpreting Article I(5) of the OAU Convention which contains almost identicallanguage. Article 1F of the 1951 Convention states that the provisions of that Convention “shallnot apply to any person with respect to whom there are serious reasons for considering” that:(a) he [or she] has committed a crime against peace, a war crime, or a crime against humanity,as defined in the international instruments drawn up to make provision in respect of suchcrimes;(b) he [or she] has committed a serious non-political crime outside the country of refuge prior tohis [or her] admission to that country as a refugee; or(c) he [or she] has been guilty of acts contrary to the purposes and principles of the UnitedNations.B. Relationship with other provisions of the 1951 Convention4. Article 1F of the 1951 Convention should be distinguished from Article 1D which applies toa specific category of persons receiving protection or assistance from organs and agencies of theUnited Nations other than UNHCR.11 Article 1F should also be distinguished from Article 1Ewhich deals with persons not in need (as opposed to undeserving) of international protection.Moreover the exclusion clauses are not to be confused with Articles 32 and 33(2) of theConvention which deal respectively with the expulsion of, and the withdrawal of protectionfrom refoulement from, recognised refugees who pose a danger to the host State (for example,because of serious crimes they have committed there). Article 33(2) concerns the future risk thata recognised refugee may pose to the host State.C. Temporal scope5. Articles 1F(a) and 1F(c) are concerned with crimes whenever and wherever they arecommitted. By contrast, the scope of Article 1F(b) is explicitly limited to crimes committedoutside the country of refuge prior to admission to that country as a refugee.D. Cancellation or revocation on the basis of exclusion6. Where facts which would have led to exclusion only come to light after the grant of refugeestatus, this would justify cancellation of refugee status on the grounds of exclusion. The reverseis that information casting doubt on the basis on which an individual has been excluded shouldlead to reconsideration of eligibility for refugee status. Where a refugee engages in conductfalling within Article 1F(a) or 1F(c), this would trigger the application of the exclusion clausesand the revocation of refugee status, provided all the criteria for the application of these clausesare met.E. Responsibility for determination of exclusion7. States parties to the 1951 Convention/1967 Protocol and/or OAU Convention and UNHCRneed to consider whether the exclusion clauses apply in the context of the determination ofrefugee status. Paragraph 7(d) of UNHCR’s Statute covers similar grounds to Article 1F of the1951 Convention, although UNHCR officials should be guided by the language of Article 1F, asit represents the later and more specific formulation.F. Consequences of exclusion1 See, UNHCR, “Note on the Applicability of Article 1D of the 1951 Convention relating to the Status of Refugees toPalestinian Refugees”, October 2002
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- 10 -8. Although a State is precluded from granting refugee status pursuant to the 1951 Conventionor the OAU Convention to an individual it has excluded, it is not otherwise obliged to take anyparticular course of action. The State concerned can choose to grant the excluded individual stayon other grounds, but obligations under international law may require that the person concernedbe criminally prosecuted or extradited. A decision by UNHCR to exclude someone fromrefugee status means that that individual can no longer receive protection or assistance from theOffice.9. An excluded individual may still be protected against return to a country where he or she is atrisk of ill-treatment by virtue of other international instruments. For example, the 1984Convention Against Torture and Other Cruel, Inhuman or Degrading Treatment or Punishmentabsolutely prohibits the return of an individual to a country where there is a risk that he or shewill be subjected to torture. Other international and regional human rights instruments containsimilar provisions2.II. SUBSTANTIVE ANALYSISA. Article 1F(a): Crimes against peace, war crimes and crimes against humanity10. Amongst the various international instruments which offer guidance on the scope of theseinternational crimes are the 1948 Convention on the Prevention and Punishment of the Crime ofGenocide, the four 1949 Geneva Conventions for the Protection of Victims of War and the two1977 Additional Protocols, the Statutes of the International Criminal Tribunals for the formerYugoslavia and Rwanda, the 1945 Charter of the International Military Tribunal (the LondonCharter), and most recently the 1998 Statute of the International Criminal Court which enteredinto force on 1 July 2002.11. According to the London Charter a crime against peace involves the “planning, preparation,initiation or waging of a war of aggression, or a war in violation of international treaties,agreements, or assurances, or participation in a common plan or conspiracy for theaccomplishment of any of the foregoing”. Given the nature of this crime, it can only becommitted by those in a high position of authority representing a State or a State-like entity. Inpractice, this provision has rarely been invoked.12. Certain breaches of international humanitarian law constitute war crimes3. Although suchcrimes can be committed in both international and non-international armed conflicts, the contentof the crimes depends on the nature of the conflict. War crimes cover such acts as wilful killingand torture of civilians, launching indiscriminate attacks on civilians, and wilfully depriving acivilian or a prisoner of war of the rights of fair and regular trial.13. The distinguishing feature of crimes against humanity4, which cover acts such as genocide,murder, rape and torture, is that they must be carried out as part of a widespread or systematicattack directed against the civilian population. An isolated act can, however, constitute a crimeagainst humanity if it is part of a coherent system or a series of systematic and repeated acts.Since such crimes can take place in peacetime as well as armed conflict, this is the broadestcategory under Article 1F(a).B. Article 1F(b): Serious non-political crimes14. This category does not cover minor crimes nor prohibitions on the legitimate exercise ofhuman rights. In determining whether a particular offence is sufficiently serious, internationalrather than local standards are relevant. The following factors should be taken into account: thenature of the act, the actual harm inflicted, the form of procedure used to prosecute the crime,the nature of the penalty, and whether most jurisdictions would consider it a serious crime.Thus, for example, murder, rape and armed robbery would undoubtedly qualify as seriousoffences, whereas petty theft would obviously not.2 For further details, see Annex A of the Background Note accompanying these Guidelines.3 For instruments defining war crimes, see Annex B of the Background Note.4 For instruments defining crimes against humanity, see Annex C of the Background Note.
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- 11 -15. A serious crime should be considered non-political when other motives (such as personalreasons or gain) are the predominant feature of the specific crime committed. Where no clearlink exists between the crime and its alleged political objective or when the act in question isdisproportionate to the alleged political objective, nonpolitical motives are predominant5. Themotivation, context, methods and proportionality of a crime to its objectives are importantfactors in evaluating its political nature. The fact that a particular crime is designated as non-political in an extradition treaty is of significance, but not conclusive in itself. Egregious acts ofviolence, such as acts those commonly considered to be of a “terrorist” nature, will almostcertainly fail the predominance test, being wholly disproportionate to any political objective.Furthermore, for a crime to be regarded as political in nature, the political objectives should beconsistent with human rights principles.16. Article 1F(b) also requires the crime to have been committed “outside the country of refugeprior to [the individual’s] admission to that country as a refugee”. Individuals who commit“serious non-political crimes” within the country of refuge are subject to that country’s criminallaw process and, in the case of particularly grave crimes, to Articles 32 and 33(2) of the 1951Convention.C. Article 1F(c): Acts contrary to the purposes and principles of the United Nations17. Given the broad, general terms of the purposes and principles of the United Nations, thescope of this category is rather unclear and should therefore be read narrowly. Indeed, it israrely applied and, in many cases, Article 1F(a) or 1F(b) are anyway likely to apply. Article1F(c) is only triggered in extreme circumstances by activity which attacks the very basis of theinternational community’s coexistence. Such activity must have an international dimension.Crimes capable of affecting international peace, security and peaceful relations between States,as well as serious and sustained violations of human rights, would fall under this category.Given that Articles 1 and 2 of the United Nations Charter essentially set out the fundamentalprinciples States must uphold in their mutual relations, it would appear that in principle onlypersons who have been in positions of power in a State or State-like entity would appearcapable of committing such acts. In cases involving a terrorist act, a correct application ofArticle 1F(c) involves an assessment as to the extent to which the act impinges on theinternational plane – in terms of its gravity, international impact, and implications forinternational peace and security.D. Individual responsibility18. For exclusion to be justified, individual responsibility must be established in relation to acrime covered by Article 1F. Specific considerations in relation to crimes against peace and actsagainst the purposes and principles of the UN have been discussed above. In general, individualresponsibility flows from the person having committed, or made a substantial contribution to thecommission of the criminal act, in the knowledge that his or her act or omission would facilitatethe criminal conduct. The individual need not physically have committed the criminal act inquestion. Instigating, aiding and abetting and participating in a joint criminal enterprise cansuffice.19. The fact that a person was at some point a senior member of a repressive government or amember of an organisation involved in unlawful violence does not in itself entail individualliability for excludable acts. A presumption of responsibility may, however, arise where theindividual has remained a member of a government clearly engaged in activities that fall withinthe scope of Article 1F. Moreover, the purposes, activities and methods of some groups are of aparticularly violent nature, with the result that voluntary membership thereof may also raise apresumption of individual responsibility. Caution must be exercised when such a presumptionof responsibility arises, to consider issues including the actual activities of the group, itsorganisational structure, the individual’s position in it, and his or her ability to influence5 See paragraph 152 of the UNHCR Handbook on Procedures and Criteria for Determining RefugeeStatus, Geneva, reedited 1992.
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- 12 -significantly its activities, as well as the possible fragmentation of the group. Moreover, suchpresumptions in the context of asylum proceedings are rebuttable.20. As for ex-combatants, they should not necessarily be considered excludable, unless ofcourse serious violations of international human rights law and international humanitarian laware reported and indicated in the individual case.E. Grounds for rejecting individual responsibility21. Criminal responsibility can normally only arise where the individual concerned committedthe material elements of the offence with knowledge and intent. Where the mental element isnot satisfied, for example, because of ignorance of a key fact, individual criminal responsibilityis not established. In some cases, the individual may not have the mental capacity to be heldresponsible a crime, for example, because of insanity, mental handicap, involuntary intoxicationor, in the case of children, immaturity.22. Factors generally considered to constitute defences to criminal responsibility should beconsidered. For example, the defence of superior orders will only apply where the individualwas legally obliged to obey the order, was unaware of its unlawfulness and the order itself wasnot manifestly unlawful. As for duress, this applies where the act in question results from theperson concerned necessarily and reasonably avoiding a threat of imminent death, or ofcontinuing or imminent serious bodily harm to him- or herself or another person, and the persondoes not intend to cause greater harm than the one sought to be avoided. Action in self-defenceor in defence of others or of property must be both reasonable and proportionate in relation tothe threat.23. Where expiation of the crime is considered to have taken place, application of the exclusionclauses may no longer be justified. This may be the case where the individual has served a penalsentence for the crime in question, or perhaps where a significant period of time has elapsedsince commission of the offence. Relevant factors would include the seriousness of the offence,the passage of time, and any expression of regret shown by the individual concerned. Inconsidering the effect of any pardon or amnesty, consideration should be given to whether itreflects the democratic will of the relevant country and whether the individual has been heldaccountable in any other way. Some crimes are, however, so grave and heinous that theapplication of Article 1F is still considered justified despite the existence of a pardon oramnesty.F. Proportionality considerations24. The incorporation of a proportionality test when considering exclusion and its consequencesprovides a useful analytical tool to ensure that the exclusion clauses are applied in a mannerconsistent with the overriding humanitarian object and purpose of the 1951 Convention. Theconcept has evolved in particular in relation to Article 1F(b) and represents a fundamentalprinciple of many fields of international law. As with any exception to a human rightsguarantee, the exclusion clauses must therefore be applied in a manner proportionate to theirobjective, so that the gravity of the offence in question is weighed against the consequences ofexclusion. Such a proportionality analysis would, however, not normally be required in the caseof crimes against peace, crimes against humanity, and acts falling under Article 1F(c), as theacts covered are so heinous. It remains relevant, however, to Article 1F(b) crimes and lessserious war crimes under Article 1F(a).G. Particular acts and special cases25. Despite the lack of an internationally agreed definition of terrorism,6 acts commonlyconsidered to be terrorist in nature are likely to fall within the exclusion clauses even thoughArticle 1F is not to be equated with a simple anti-terrorism provision. Consideration of theexclusion clauses is, however, often unnecessary as suspected terrorists may not be eligible for6 For instruments pertaining to terrorism, see Annex D of the Background Note.
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- 13 -refugee status in the first place, their fear being of legitimate prosecution as opposed topersecution for Convention reasons.26. Of all the exclusion clauses, Article 1F(b) may be particularly relevant as acts of terroristviolence are likely to be disproportionate to any avowed political objective. Each case willrequire individual consideration. The fact that an individual is designated on a national orinternational list of terrorist suspects (or associated with a designated terrorist organisation)should trigger consideration of the exclusion clauses but will not in itself generally constitutesufficient evidence to justify exclusion. Exclusion should not be based on membership of aparticular organisation alone, although a presumption of individual responsibility may arisewhere the organisation is commonly known as notoriously violent and membership is voluntary.In such cases, it is necessary to examine the individual’s role and position in the organisation,his or her own activities, as well as related issues as outlined in paragraph 19 above.27. As acts of hijacking will almost certainly qualify as a “serious crime” under Article 1F(b),only the most compelling of circumstances can justify non-exclusion. Acts of torture areprohibited under international law. Depending on the context, they will generally lead toexclusion under Article 1F.28. The exclusion clauses apply in principle to minors, but only if they have reached the age ofcriminal responsibility and possess the mental capacity to be held responsible for the crime inquestion. Given the vulnerability of children, great care should be exercised in consideringexclusion with respect to a minor and defences such as duress should in particular be examinedcarefully. Where UNHCR conducts refugee status determination under its mandate, all suchcases should be referred to Headquarters before a final decision is made.29. Where the main applicant is excluded from refugee status, the dependants will need toestablish their own grounds for refugee status. If the latter are recognised as refugees, theexcluded individual is not able to rely on the right to family unity in order to secure protectionor assistance as a refugee.30. The exclusion clauses can also apply in situations of mass influx, although in practice theindividual screening required may cause operational and practical difficulties. Nevertheless,until such screening can take place, all persons should receive protection and assistance, subjectof course to the separation of armed elements from the civilian refugee population.III. PROCEDURAL ISSUES31. Given the grave consequences of exclusion, it is essential that rigorous proceduralsafeguards are built into the exclusion determination procedure. Exclusion decisions should inprinciple be dealt with in the context of the regular refugee status determination procedure andnot in either admissibility or accelerated procedures, so that a full factual and legal assessmentof the case can be made. The exceptional nature of Article 1F suggests that inclusion shouldgenerally be considered before exclusion, but there is no rigid formula. Exclusion mayexceptionally be considered without particular reference to inclusion issues (i) where there is anindictment by an international criminal tribunal; (ii) in cases where there is apparent and readilyavailable evidence pointing strongly towards the applicant’s involvement in particularly seriouscrimes, notably in prominent Article 1F(c) cases, and (iii) at the appeal stage in cases whereexclusion is the question at issue. 32. Specialised exclusion units within the institution responsible for refugee statusdetermination could be set up to handle exclusion cases to ensure that they are dealt with in anexpeditious manner. It may be prudent to defer decisions on exclusion until completion of anydomestic criminal proceedings, as the latter may have significant implications for the asylumclaim. In general, however, the refugee claim must be determined in a final decision beforeexecution of any extradition order.33. At all times the confidentiality of the asylum application should be respected. In exceptionalcircumstances, contact with the country of origin may be justified on national security grounds,but even then the existence of the asylum application should not be disclosed.34. The burden of proof with regard to exclusion rests with the State (or UNHCR) and, as in allrefugee status determination proceedings, the applicant should be given the benefit of the doubt.
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- 14 -Where, however, the individual has been indicted by an international criminal tribunal, or whereindividual responsibility for actions which give rise to exclusion is presumed, as indicated inparagraph 19 of these Guidelines, the burden of proof is reversed, creating a rebuttablepresumption of excludability.35. In order to satisfy the standard of proof under Article 1F, clear and credible evidence isrequired. It is not necessary for an applicant to have been convicted of the criminal offence, nordoes the criminal standard of proof need to be met. Confessions and testimony of witnesses, forexample, may suffice if they are reliable. Lack of cooperation by the applicant does not in itselfestablish guilt for the excludable act in the absence of clear and convincing evidence.Consideration of exclusion may, however, be irrelevant if non-cooperation means that the basicsof an asylum claim cannot be established.36. Exclusion should not be based on sensitive evidence that cannot be challenged by theindividual concerned. Exceptionally, anonymous evidence (where the source is concealed) maybe relied upon but only where this is absolutely necessary to protect the safety of witnesses andthe asylum-seeker’s ability to challenge the substance of the evidence is not substantiallyprejudiced. Secret evidence or evidence considered in camera (where the substance is alsoconcealed) should not be relied upon to exclude. Where national security interests are at stake,these may be protected by introducing procedural safeguards which also respect the asylum-seeker’s due process rights.
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- 15 -La ricerca di informazioni sui paesi di origine dei rifugiatiOttobre 2005Nota: Per la realizzazione della presente scheda sono state consultate le seguenti fonti:UNHCR, ‘Country of Origin Information: Towards Enhanced International Cooperation’,febbraio 2004; UNHCR, ‘Manuale sulle procedure e sui criteri per la determinazione dellostatus di rifugiato’, settembre 1979; Austrian Red Cross – ACCORD (Austrian Centre forCountry of Origin and Asylum Research and Documentation), ‘Training Handbook on Countryof Origin Information’, 2005.Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i RifugiatiRoma, ottobre 20051. Funzione1.1 In generaleLa raccolta di informazioni precise ed attendibili sulle condizioni dei paesi di provenienzaconsente di affrontare in modo corretto le problematiche concernenti i rifugiati e le personebisognose di protezione internazionale in diversi contesti, quali:- la determinazione dello status di rifugiato e la qualificazione di chi abbia diritto a formecomplementari di protezione;-la determinazione della cessazione o della revoca dello status di rifugiato;-la pianificazione delle possibili soluzioni alla questione dei rifugiati, compresi i programmi dirimpatrio volontario;- lo sviluppo di un approccio preventivo volto alla eliminazione o riduzione delle causeall’origine dei flussi di rifugiati;- le attività di ricerca accademica.1.2 La determinazione dello status di rifugiatoNella procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato, le informazioni sui paesi diorigine costituiscono uno degli elementi utili a stabilire la fondatezza del timore dipersecuzione. In particolare, esse possono essere utilizzate per:a) favorire il corretto ed efficace svolgimento delle audizioni con i richiedenti asilo daparte delle autorità decisionali (preparazione);
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- 16 -b) verificare le dichiarazioni del richiedente, valutarne la credibilita’ e stabilire laverosimiglianza di quanto affermato circa la situazione prima della fuga(corroborazione);c) stabilire se il richiedente potrebbe essere sottoposto a persecuzione, tortura, trattamentiinumani e degradanti in caso di ritorno nel paese di origine (esame prognostico).1.2.1 Come valutare i risultati della ricerca nella determinazione dello status di rifugiato?Al momento dell’utilizzo dei risultati della ricerca, e’ importante che si tengano presenti alcuneconsiderazioni:- le informazioni sui paesi di origine possono solo integrare, non sostituire, le dichiarazionidel richiedente in merito ai fatti ed agli elementi a supporto della propria richiesta;Nel Manuale UNHCR si legge (par.42): “Per quanto attiene all’elemento oggettivo, ènecessario valutare le dichiarazioni rese dal ricorrente. [...] Tuttavia, le dichiarazioni delrichiedente non possono essere considerate in astratto, ma devono essere prese in esame nelcontesto della retrostante situazione concreta. La conoscenza delle condizioni esistenti nelpaese di origine del richiedente, pur non interessando per sé stessa, è tuttavia un importanteelemento di valutazione della credibilità del richiedente medesimo. [...]”- l’utilizzo delle informazioni reperite a seguito della ricerca non implica un giudizio di valorenei confronti del paese in questione;Il Manuale UNHCR ricorda che (par.42): “[...] Le autorità chiamate a determinare lo status dirifugiato non sono tenute ad emettere un giudizio sulle condizioni esistenti nel paese di originedel richiedente [...]”.nella valutazione della credibilita’ del richiedente, la testimonianza del richiedente e glielementi di prova circa il rischio di persecuzione in caso di ritorno nel paese di originedovrebbero poter soddisfare il criterio del “ragionevolmente possibile” o plausibile, in lineacon quanto affermato dall’UNHCR, con l’interpretazione fornita dalla dottrina, dallagiurisprudenza e dalla prassi dei singoli Stati, nonche’ con la piu’ recente normativa europea.L’UNHCR precisa che la Convenzione di Ginevra non richiede che l’interessato “provi” ogniaspetto relativo al proprio caso; egli deve piuttosto essere credibile. Una volta accertata lacredibilità generale del richiedente, l’esaminatore concede il beneficio del dubbiorelativamente agli elementi probatori mancanti (Manuale UNHCR, par.203, 204).L’UNHCR precisa inoltre che (Nota sull’onere e gli standard della prova nelle richieste diasilo, 16 dicembre 1998) “Nel valutare la credibilità generale del richiedente, l’esaminatoredovrebbe considerare fattori quali la ragionevolezza dei fatti citati, la consistenza generale e lacoerenza della storia del richiedente, gli elementi corroborativi addotti dal richiedente asupporto delle sue dichiarazioni, la coerenza rispetto alla comune conoscenza o a fatti notori, ela situazione conosciuta relativamente al paese di origine. La credibilità viene stabilitaallorquando il richiedente abbia presentato una domanda coerente e plausibile, che noncontraddica fatti notori e che dunque sia, in modo bilanciato, suscettibile di essere creduta”.Nella Direttiva europea sulla qualifica di rifugiato del 29 aprile 2004, l’art.4 (Esame dei fatti edelle circostanze) stabilisce che:“[…]3. L’esame della domanda di protezione internazionale deve essere effettuato su baseindividuale e prevede la valutazione:a) di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese di origine al momento dell’adozione delladecisione in merito alla domanda, comprese le disposizioni legislative e regolamentari delpaese di origine e relative modalità di applicazione;
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- 17 -[…]5. Quando gli Stati membri applicano il principio in base al quale il richiedente è tenuto amotivare la sua domanda di protezione internazionale e qualora taluni aspetti delledichiarazioni del richiedente non siano suffragati da prove documentali o di altro tipo, la loroconferma non è comunque necessaria se sono soddisfatte le seguenti condizioni:[…]c) le dichiarazioni del richiedente sono ritenute coerenti e plausibili e non sono incontraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso di cui si dispone;[…]e) è accertato che il richiedente in generale è attendibile.”2. Oggetto della ricerca2.1 I temi di ricerca rilevanti Nell’analisi della situazione di provenienza del richiedente asilo, e’ importante che l’autorita’decisionale abbia una visione chiara del quadro generale di riferimento e che disponga diinformazioni in merito alle politiche e pratiche adottate dagli agenti di persecuzione, inparticolare verso le persone che si trovano in una situazione simile a quella del richiedente.I settori piu’ rilevanti per questo tipo di ricerca sono:a) la geografia dell’area di provenienza;Siti utili:-EKI – Institute of the Estonian Language – Place Names Database KNAB http://www.eki.ee/knab/knab/htm (fornisce il nome e le varie pronunce utilizzate per i nomidelle località; non fornisce mappe)- Expedia www.expedia.com (utilizzando la voce Maps nella barrasuperiore di navigazione) http://www.un.org/Depts/Cartographic/english/index.htm- HumanitarianInformationCentresandPartners http://humanitarianinfo.org (v. ad esempio sul Darfurhttp://humanitarianinfo.org/darfur/mapcentre/index.asp)- Interactive World Atlas www.multimap.com- National Geographic maps http://nationalgeographic.com/maps/- PCLPerry-CastañedaLibraryMapCollectionhttp://www.lib.utexas.edu/maps/index.html- ReliefWebMapcentrehttp://reliefweb.int/w/map.nsf/Home%3fOpenForm- Reliefweb Map Centre http://www.reliefweb.int/w/map.nsf/home- The Global Gazetteer’s Worldwide Durectory of Cities or Townshttp://calle.com/world (contiene una lista alfabetica di località per paese,tenendo in considerazione le specificità di pronuncia delle lingue nonlatine; non fornisce la mappa dell’area in cui si trova la località)- UNHCR Geographic Information an Mapping Unit www.unhcr.ch(Publications – Maps by country and by region)- UNHCR Refworld – UNHCR Maps www.unhcr.org/refworld/- WorldwideDirectoryofCitiesandTownshttp://www.fallingrain.com/world/ b) le caratteristiche della popolazione (lingue, etnie, religioni);Siti utili:- Consortium of Minority Resources – Database http://lgi.osi.hu/comir/db/index.htm- Ethnologue http://ethnologue.com/
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- 18 -- Freedom House – The Cenetr for Religious Freedom http://www.freedomhouse.org/religion/- International Coalition for Religious Freedom http://www.religiousfreedom.com/- Languages of the world 123world http://www.123world.com/languages- Linguasphere Observatory http://linguasphere.org- Minority Rights Group International http://www.minorityrights.org- Minority-at-Risk http://www.cidcm.umd.edu/inscr/mar/- The French National Institute for Oriental Languages and Civilisation (INALCO)http://www.inalco.fr/c) il contesto politico e amministrativo;Siti utili:- CIA – The World Factbook http://odci.gov/cia/publications/factbook/index.html- Electionworld.org /Elections around the world http://wwwelectionworld.org/index.html-InternationalBusinessandLawFactbook–CountryProfileshttp://www.ibl.com/worldinfo/indexfld.html#intro- Law and Government Resources http://www.hg.org/1table.html- Library of Congress – Country Studies http://memory.loc.gov/frd/cs/cshome.html- Parliaments http://www.gksoft.com/govt/en/parliaments.html- Political Parties http://www.gksoft.com/govt/en/parties.html-Reliefweb–BackgroundbyCountryhttp://www.reliefweb.int/w/rwb,nsf/vBkC?OpenView&Start=117- US State Department – Background Notes http://www.state.gov/r/pa/ei/bgn/- World Government http://www.govspot.com/categoriws/worldgovernment.htm- Yahoo – Country Profiles http://dir.yahoo.com/regional/Countries/d) le condizioni sociali, umanitarie e la situazione economica;Siti utili:- Country Profiles Health http://ippfnet.org/pub/IPPF_regions/IPPF_CountryProfileList.ASP- Economy.com – Country Briefings http://www.economist.com/countries/- Eden-Webster Library – International/Country Studies http:library.webster.edu/country.html- Eldis (the gateway to development information) – Country Profiles http://www.eldis.org/country/- International Committee of the Red Cross http://www.icrc.org- Medecines Sans Frintieres http://www.msf.org/countries/index.cfm- World Health Organisation http://www.who.int/en/e) l’adesione alle principali convenzioni internazionali in materia di diritti umani;Siti utili:- ECHR European Court of Human Rights http:www.echr.coe.int/Default.htm- Finding Foreign Law Online When Going Global http://www.lib.unchicago.edu/~llou/global.html- Nazioni Unite www.un.org- World Legal Information Institute http://worldlii.orgf) l’attuazione dei diritti umani;Siti utili:- Amnesty International – Annual Reports Index http://www.amnesty.org/ailib/aireport/index.html- Coalition to Stop the Use of Child Soldiers http://www.child-soldiers.org- Council of Europe – European Committee for the Prevention of Torture (CPT) http://www.cpt.coe.int/en/- Council of Europe – Parliamentary Assembly of the Council of Europe (PACE) http://assembly.coe.int/- Fédération Internationale des Ligues des Droits de l’Homme (FIDH) http://www.fidh.org/
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- 19 -- Freedom House http://wwwfreedomhouse.org- Human Rights Watch – Documents by Country http://www.hrw.org/countries.html- Human Rights Watch – reports by Country http://www.hrw.org/reports/world/- International Helsinki Foundation (IHF) http://www.ihf-hr.org- Norwegian Refugee Council Global IDP Project http://www.idpproject.org- OMCT World Organisation Against Torture http://www.omct.org- UK Home Office www.ind.homeoffice.gov.uk/ind/en/- UN Human Rights Reports – Archive by Country http://www.unhchr.ch/huridocda/huridocda.nsf/Documents?OpenFrameset-UNHumanRightsReports–CountryMandateshttp://www.unhchr.ch/html/menu2/7/a/cm.htm- UN Secretary-General’s Reports to the Security Council http://www.un.org/documents/repsc.htm- UN Security Council Documents http://www.un.org/Docs/sc/ - US State Department – Human Rights Reports http://www.state.gov/g/drl/hc/c1470.htm- US State Department – Religious Freedom Reports http://www.state.gov//g/drl/rls/irf/-USCR–USCommitteeforRefugeesCountryReportshttp://refugees.org/world/countryrpt/alphaindex.htmg) la legislazione interna e la sua concreta applicazione;Siti utili:- Bureau of Justice Statistics The World Factbook of Criminal Justice Systems http://www.ojp.usdoj.gov/bjs/abstract/wfcj.htm- Cornell University – Law from around the Globe http://www.law.cornell.edu/world/index.html- FindLaw – Law, Lawyers and Legal resources http://www.findlaw.com/- Foreign and International Law http:www.washlaw.edu/forint/forintmain.html- Global Legal Information Network http://www.loc.gov/law/glin(GLINv1/- Governments o the www: Law Courts http://www.gksoft.com/govt/en/courts.html- Institute for Legal Documentation/CNR-Home Page http://www.idg.fi.cnr.it/homeeng.htm3. Metodologia3.1 Criteri proceduraliGli esperti in materia di informazioni sui paesi di origine dei rifugiati hanno individuato alcuniaccorgimenti che sarebbe utile utilizzare nella ricerca1:a) Parità di accesso (“Equality of arms”)Il principio dell’ “equality of arms” e’ comunemente concepito come un corollario del piu’generale principio dell’“equo processo” e mira a garantire che i soggetti coinvolti in unprocedimento giurisdizionale o amministrativo siano posti sullo stesso piano per quantoriguarda la possibilita’ di sostenere, difendere, sostanziare le rispettive posizioni. NellaConvenzione europea dei diritti dell’uomo questo principio si trova espresso all’art.6.Per cio’ che concerne la materia oggetto della presente scheda, in attuazione di detto principiosarebbe auspicabile che tutti gli attori coinvolti nella determinazione dello status di rifugiato (leautorità decisionali, i diretti interessati, i legali rappresentanti del richiedente, gli organismi ditutela, ecc.) siano allo stesso modo in grado di reperire le informazioni rilevanti sui paesi diorigine dei rifugiati. b) Utilizzo di materiale di pubblico dominioIl sistema migliore per assicurare una reale parità di accesso alle informazioni consiste nelladiffusione e nell’utilizzo di informazioni di pubblico dominio.I governi che restringono l’accesso ad alcune informazioni adducono spesso motivazioni dicarattere diplomatico, ma il recente dibattito sui rapporti prodotti dal UK Home Office Country1 Vedi Austrian Red Cross – ACCORD (Austrian Centre for Country of Origin and Asylum Research andDocumentation), ‘Training Handbook on Country of Origin Information’, 2005.
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- 20 -Information and Policy Unit2 dimostra che il pubblico accesso è un prerequisito importante perpromuovere standard di qualità e facilitare la verifica delle fonti (“accountability”). Alcuni Stati(ad es. Irlanda, Canada) non utilizzano informazioni contenute in rapporti che non siano dipubblico dominio, tranne quando è a rischio la sicurezza del richiedente.c) Imparzialità e neutralità della ricercaPer ciascun caso, dovrebbero poter essere utilizzate tutte le informazioni reperite a seguito dellaricerca, che siano favorevoli o meno rispetto all’esito dell’esame di una richiesta diriconoscimento dello status di rifugiato. Le informazioni non dovrebbero inoltre essere orientate politicamente.d) Protezione dei dati personali del richiedenteI ricercatori e gli utilizzatori delle informazioni sui paesi di origine dovrebbero prestare cautelanei casi in cui una particolare ricerca di informazioni potrebbe mettere a rischio una persona oun’organizzazione di contatto nel paese di origine (non menzionare nominativi o dati personali,evitare contatto con i rappresentanti dello Stato in esame).3.2 Criteri sostanziali Per poter essere efficacemente utilizzate, le informazioni sui paesi di origine dovrebberoinoltre avere le seguenti caratteristiche: a) RilevanzaLe informazioni dovrebbero essere rilevanti, nel senso che dovrebbero poter rispondere ai criteriper la determinazione dello status di rifugiato stabiliti nella Convenzione di Ginevra ed alleulteriori indicazioni fornite in questa materia dai documenti/raccomandazioni/note UNHCR,dalle recenti direttive UE, dalle Convenzioni internazionali rilevanti in materia di diritti umani. b) Attendibilità ed equilibrioL’attendibilità delle informazioni richiama la questione della conoscenza e della valutazionedelle fonti. Ogni fonte dovrebbe subire un processo di valutazione prima di essere utilizzata al fine distabilire: - chi ha prodotto l’informazione e per quali ragioni;- se colui che ha prodotto l’informazione è imparziale e indipendente (ades. indagando sulle fonti di finanziamento); - qual’è il target dei destinatari della fonte; - se colui che ha prodotto l’informazione ha una conoscenza diretta; - se l’informazione è presentata in modo obiettivo; - se è stata applicata una metodologia scientifica e se il processo è statotrasparente.Le ricerche sui paesi di origine dovrebbero basarsi su una molteplicità di fonti, istituzionali, nongovernative, derivanti da esperienze sul campo, giornalistiche, accademiche, ecc., in modo dafornire un quadro il più possibile completo ed obiettivo. c) Accuratezza e validitàLe informazioni sui paesi di origine dei rifugiati dovrebbero essere rese in modo che risultinochiare le fonti originali nel caso in cui l’informazione non sia di prima mano. L’accuratezzadell’informazione puo’ inoltre misurarsi considerando la metodologia utilizzata per ilreperimento (missioni in loco, interviste, monitoraggio continuo sul territorio, ricerca in fontisecondarie), l’elaborazione (verificando ad esempio la competenza della fonte nel merito della2 Vedi sul punto: Amnesty International, ‘Get it right: How Home Office decision making fails refugees?’, inhttp://www.amnesty.org.uk/images/ul/_/_Settings_user_My_Documents_Amnesty_Work_AIUK_Asylum_report_2004.pdf, Feb. 2004.
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- 21 -problematica affrontata) e la presentazione dell’informazione stessa (chiarezza, correttezza dellinguaggio). d) Trasparenza e verificabilitàLe informazioni utilizzate dovrebbero essere sempre verificabili e quando non possano essereverificate sarebbe auspicabile l’uso di un sistema di confronto e contrasto. Anche le contraddizioni dovrebbero essere sempre menzionate.3.3 Abilita’ tecniche nell’uso di motori di ricerca3.3.1 Conoscenza e selezione dei motori di ricercaMotori di ricerca utili:- Google http://www.google.com- All The Web.com http://www.alltheweb.com- Amazon A9 http://www.a9.comMotori di ricerca specializzati in diritti umani:- Hurisearch http://www.hurisearch.orgArchivi Internet / Biblioteche digitali- Internet Archive http://www.archive.org- The Alexandria Digital Library Project (University of California)http://www.alexandria.ucsb.edu/- University of Berkeley Library http://sunsite.berkely.ed/Libweb/- US Congress Library http://loc.gov./- Catalog of books and e-books http://digital.library.upenn.edu/books/- ACM Digital Library http://www.portal.acm.org3.3.2 Identificazione corretta dei termini da ricercarePer una corretta formulazione dei quesiti, possono essere seguite alcune indicazioni pratiche:- essere il piu’ possibile specifici (ad es. se si cercano informazioni sulla tortura, megliodigitare la parola “tortura” rispetto a “diritti umani”);- provare ad utilizzare diverse combinazioni delle parole da ricercare (ad es. invertire l’ordinedelle parole, usare sinonimi);- non formulare domande (ad es. la formulazione “tortura iaq prigione” condurra’ a risultatipiu’ utili rispetto a “e’ praticata la tortura nelle carceri in iraq?”);- scegliere termini che rientrano nel lessico usato dai documenti che trattano la materia(familiarizzare con la terminologia, lo stile e le espressioni frequenti utilizzate dai rapporti suidiritti umani e dai media piu’ autorevoli).Una volta individuata la fonte da consultare, la ricerca di singole parole chiave o di intereespressioni all’interno del testo potra’ facilmente avvenire digitando contemporaneamente i tastiCTRL e F (nei documenti PDF e HTML).3.3.3 Conoscenza e corretto utilizzo degli “operatori” di ricercaI motori di ricerca prevedono diversi modi per la definizione della ricerca; alcuni di essiforniscono uno specifico sistema di menu per questo tipo di opzioni. Altri richiedono l’utilizzodi speciali comandi (“operatori”) come parte del quesito:- Trovare almeno una delle parole (OR)
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- 22 -Questo comando è utilizzato quando si intendono consultare le pagine Internet che contengonoalmeno un termine indicato nel quesito. Nella richiesta si dovranno indicare i vari terminiseparati dalla parola OR.Alcuni motori di ricerca prevedono invece la possibilità di utilizzare uno specifico menu postoin prossimità dello spazio in cui si digitano i termini da cercare.All’esito della ricerca, la maggior parte dei motori di ricerca elencano automaticamente perprime le pagine che riportano tutti i termini, successivamente quelle che ne contengono soloalcuni.- Trovare tutte le parole (AND)Per questo tipo di ricerca, con cui si intende consultare le pagine Internet in cui siano compaianotutte le parole che compongono il quesito, viene comunemente usato il simbolo “+”, che èriconosciuto in tutti i principali motori di ricerca.- Escludere una o più parole (NOT)Questo comando offre la possibilità di escludere dalla ricerca i documenti che contenganodeterminate parole e quindi di restringere la ricerca. In tal senso può essere efficacementeutilizzato il simbolo “-” in quasi tutti i motori di ricerca.- Parole tronche (*)In una ricerca si utilizza una parola tronca per poter includere tra i risultati il singolare, il pluraledi quella parola nonché le variazioni della parte finale della parola stessa. Tale tipo di espedienteè particolarmente utile quando non si conosce l’esatto spelling di una parola. Il simbolo “*” èutilizzato per questa funzione dalla maggior parte dei motori di ricerca.Es. Inserendo il termine ‘Kosov* ‘, si troveranno le parole ‘Kosovo’, ‘kosovaro’, kosovari’.- Wildcards (* oppure ~)Questi simboli sono utilizzati per le parole con variazioni di spelling, soprattutto per i nomipropri trascritti da linguaggi che usano caratteri diversi da quelli latini, come ad esempio l’araboo il russo.Si tratta di una opzione che può essere usata solo per un ristretto numero di motori di ricerca.Es. Inserendo il termine ‘*rbil’, si troveranno le parole ‘Arbil’, ‘Erbil’ e ‘Irbil’.- Ricerca del tipo di documentoNel motore di ricerca Google, è possibile, al momento della formulazione del quesito nellospazio dedicato alla ricerca, includere la specificazione di quale tipo di documento si stiacercando (HTML, PDF o Word Doc.). A tal fine, si dovrà introdurre il comando “inurl”,seguito dalla sigla relativa al formato che si intende consultare.Es. Inserendo i termini ‘farc colombia inurl:pdf’, avremo un elenco di tutti i documenti PDF incui compaiono le parole ‘farc e colombia’.3.3.4 Strategie di ricercaPrima ancora che all’uso corretto delle funzioni sopra riportate, il ricercatore di informazioni suipaesi di origine dei rifugiati che intenda condurre una ricerca efficace dovrà ricorrere ad unapproccio di tipo strategico e creativo nella formulazione dei quesiti, secondo le seguenti lineegenerali:- familiarizzare con la terminologia tecnica utilizzata per l’argomento nel quale si inseriscel’informazione da ricercare ovvero, nel caso in cui si consultino fonti non specialistiche,immaginare come l’informazione potrebbe essere riportata nel linguaggio adottatocomunemente da quella fonte;- utilizzare per primi i termini tecnici per poter restringere da subito la ricerca ai documentirilevanti (ad es. “persecuzione”) e successivamente completare la ricerca con l’uso di terminiche specifichino quale sia l’informazione specifica che si sta cercando (ad es. quale tipo ditrattamento: tortura, abuso, estorsione, sequestro, ecc.);- prendere nota dei termini già utilizzati nonché dei database già consultati;
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- 23 -- focalizzare le informazioni e le circostanze pertinenti e logicamente connesse con l’obiettivodella propria ricerca (ad es. se non si conosce per certo l’esistenza di rapporti su unadeterminata manifestazione, si cerchino informazioni su quel determinato luogo nel periodo incui la manifestazione ha avuto luogo).3.4 valutazione dei risultati della ricercaE’ importante assicurare una continua valutazione della propria ricerca, mettendo a confronto iquesiti con i risultati via via ottenuti.Al termine della ricerca, si dovrebbe verificare l’effettivo ricorso a fonti diversificate, perconstatare che l’informazione sia stata cercata nelle diverse categorie di fonti, come sottomenzionate. 4. Fonti4.1 Differenza tra fonti e databaseMentre le fonti presentano informazioni di prima mano, raccolte e scritte dall’ente che lepubblica (missioni sul campo o visite; le informazioni sono presentate nella forma di rapporti), idatabase si configurano come liste di link con i rapporti originali e spesso riportano estratti ecitazioni.4.2 Lista delle principali fonti (“Core Sources”)ONU• Integrated Regional Information Network (IRIN – OCHA) http://www.irinnews.org• Inter-AgencyInternalDisplacement Division (IDD–OCHA)http://www.reliefweb.int/idp/• UNHCR http://www.unhcr.ch• UNHCHR http://www.unhchr.ch• UN Secretary General http://www.un.org• UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (UN OCHA)www.ochaonline.un.org• Reliewfweb (OCHA) http://www.reliefweb.intAltri organismi internazionali• ICRC International Committee of the Red Cross http://www.icrc.org• Consiglio d’Europa (COE) http://www.coe.intRapporti del Segretariato Generale Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE) Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (CPT)Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza(ECRI)Corte Europea per i Diritti dell’Uomo• European Roma Right Center (ERRC) http://www.errc.org• Organization for Security and Cooperation in Europe (OSCE) http://www.osce.org• World Organization Against Torture (OMCT) http://www.hrw.org• Forum on Early Warning and Early Response (FEWER) http://www.fewer.orgEnti governativi• UK Home Office http://www.ind.homeoffice.gov.uk/ind/en/home/0/country_information/country_reports.html• US Department of State http://www.state.gov/www/global/ human_rights/hrp_reports_mainhp.html• US Bureau of Citizenship and Immigration Service Resource Information Centrehttp://uscis.gov/graphics/services/asylum/ric/
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- 24 -• Danish Immigration Service http://www.udlst.dk/english/default.htm• Federal Foreign Office, Germania http://www.auswaertiges-amt.de/www/en/laenderinfos/index_html• Federal Office for Refugees, Svizzera• Immigration and Refugee Board, Canada http://www.irb-cisr.gc.ca/• Ministry of Foreign Affairs, Olanda http://www.minbuza.nl/default.asp?CMS_ITEM=MBZ419296Organizzazioni non governative• Federazione Internazionale per I Diritti Umani (FIDH) http://www.fidh.org• Freedom House http://www.freedomhouse.org• Human Rights Watch (HRW) http://www.hrw.org• International Helsinki Federation (IHF) http://www.ihr-hr.org• Norwegian Refugee Council: Global IDP Project http://www.idpproject.org/• International Crisis Group (ICG) http://www.crisisweb.org• Swiss Refugee Council http://www.osar.ch/country-of-origin• Amnesty International (AI) http://www.amnesty.org• Institute for Women’ s Policy Research (IWPR) http://www.iwpr.org• US Committee for Refugees (USCR) http://www.refugees.orgMedia• AllAfrica http://www.allafrica.com• BBC http://www.bbc.co.uk• RFE/RL http://www.rferl.org/• Warnews http://www.warnews.itDatabase specializzati• Amnesty International http://www.amnesty.org• ARIF Agenzia Rifugiati http://www.arifonline.it• Derechos Human Rights http://www.derechos.org• Ecoi.Net http://www.ecoi.net• Forced Migration Online http://www.forcedmigration.org• INCORE - Centre for the Study and Resolution of Ethinic, Political and ReligiousConflicts http://www.incore.ulst.ac.uk/Siti in lingua italiana:- ADNKronos International http://www.adnki.com- Ansa - Speciale Balcani http://www.ansa.it/balcani/index.html- Amnesty International - Sezione italiana http://www.amnesty.it- ARIF Agenzia Rifugiati http://www.arifonline.it- Equilibri.net http://www.equilibri.net-Internazionale(Rivistasettimanale)http:www.internazionale.it- MISNA (Missionary International Service News Agency) http://www.misna.it- Notizie Est-Balcani http://www.notizie-est.com- Osservatorio sui Balcani http:www.osservatoriobalcani.org- Redattore Sociale http://www.redattoresociale.it- UNHCR - Sezione italiana http://www.unhcr.it- Unimondo http://www.unimondo.org- Warnews http://www.warnews.it
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- 25 -LINEE GUIDA DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE:L’applicazione dell’articolo 1A(2) della Convenzione del 1951e/o del Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati alle vittime di tratta e alle persone a rischio di trattaAprile 2006L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) emette il presentedocumento di linee guida in conformità con il proprio mandato, così come contenuto nelloStatuto dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati del 1950, incombinazione con l’articolo 35 della Convenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951 el’articolo II del suo Protocollo del 1967. Queste linee guida intendono porsi a completamentodel Manuale sulle procedure e i criteri per la determinazione dello status dei rifugiati in basealla Convenzione del 1951 e al Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati (1979,riedito, Ginevra, gennaio 1992). Esse devono inoltre essere lette congiuntamente alle Lineeguida dell’UNHCR sulla protezione internazionale in materia di persecuzione legata al generenel contesto dell’articolo 1A(2) della Convenzione del 1951 e/o del Protocollo del 1967 relativiallo status dei rifugiati (HCR/GIP/02/01) e in tema di “appartenenza a un particolare grupposociale” nel contesto dell’articolo 1A(2) della Convenzione del 1951 e/o del Protocollo del 1967relativi allo status dei rifugiati (HCR/GIP/02/02), entrambi del 7 maggio 2002. Il presente documento si propone di fornire una guida interpretativa giuridica a governi,professionisti legali, persone con ruoli decisionali e impegnate nella magistratura, così come alpersonale dell’UNHCR che svolge l’attività di determinazione dello status di rifugiato. L’applicazione dell’articolo 1A(2) della Convenzione del 1951e/o del Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiatialle vittime di tratta e alle persone a rischio di trattaI. INTRODUZIONE1. La tratta di persone, il cui principale obiettivo è quello di trarre profitto dallo sfruttamentodi esseri umani, è una pratica proibita dal diritto internazionale e punita penalmente dallalegislazione di un sempre crescente numero di Stati. La quantità e la varietà delle azioni cherientrano nella definizione di tratta variano a seconda delle giurisdizioni nazionali, ma spettacomunque agli Stati la responsabilità di contrastare il fenomeno della tratta e di proteggere eassistere le vittime della tratta. 2. Negli ultimi anni la questione della tratta ha ricevuto notevole attenzione, ma non è unfenomeno moderno. Numerosi strumenti giuridici a partire dalla fine del XIX secolo hannocercato di trattare le varie forme e manifestazioni di tratta1. Tali strumenti sono tuttora in vigoree sono rilevanti per comprendere il fenomeno così come si presenta attualmente e per cercare dicontrastarlo in maniera più efficace. Il Protocollo del 2000 per prevenire, reprimere e punire latratta di persone, in particolare di donne e minori (d’ora in avanti denominato “Protocollo sullatratta”)2 a integrazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata1 È stato calcolato che tra il 1815 e il 1957 sono stati adottati ben 300 accordi internazionali mirati a sopprimere laschiavitù nelle sue varie forme. Tra questi si annoverano ad esempio la Convenzione internazionale per lasoppressione della tratta degli schiavi bianchi del 1910, la Dichiarazione relativa all’abolizione universale della trattadegli schiavi del 1915, la Convenzione sulla schiavitù del 1926, la Convenzione per la soppressione della tratta diesseri umani e dello sfruttamento della prostituzione altrui del 1949 e la Convenzione supplementare sull’abolizionedella schiavitù, del commercio di schiavi e di istituzioni e pratiche simili alla schiavitù del 1956. 2 Entrata in vigore il 25 dicembre 2003.
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- 26 -transnazionale del 2000 (d’ora in avanti “Convenzione contro la criminalità transnazionale”)3fornisce una definizione internazionale di tratta. Esso costituisce un punto fondamentalenell’ambito dell’impegno mirato a contrastare la tratta e ad assicurare il pieno rispetto dei dirittidegli individui vittime di tratta. 3. La tratta che si svolge nel contesto del commercio sessuale è ben documentata e colpisceprincipalmente donne e minori, che vengono forzatamente avviati alla prostituzione e ad altreforme di sfruttamento sessuale4. La tratta, comunque, non è limitata al commercio del sesso oalle donne. Il fenomeno comprende anche, nella sua accezione minima, lavoro o servizi forzati,schiavitù o pratiche simili alla schiavitù, asservimento o prelievo di organi5. In base allecircostanze la tratta può anche costituire un crimine contro l’umanità e, nell’ambito di unconflitto armato, un crimine di guerra6. Una caratteristica comune di tutte le forme di tratta è chele vittime sono trattate come merce, di proprietà dei loro sfruttatori, che hanno scarsaconsiderazione dei loro diritti umani e della loro dignità. 4. In certi aspetti la tratta di persone può assomigliare al traffico di migranti, che è materia diun altro Protocollo alla Convenzione sulla criminalità transnazionale7. Come per la tratta, iltraffico di migranti spesso ha luogo in condizioni di pericolo e/o di degrado in cui si verificanoabusi dei diritti umani. Tuttavia si tratta di un’azione, in ultima analisi, volontaria, che implica ilpagamento di una tariffa al trafficante in cambio di un servizio specifico. La relazione tra ilmigrante e il trafficante generalmente cessa con l’arrivo del migrante a destinazione o conl’abbandono dell’individuo nel corso del viaggio. Le vittime di tratta invece si distinguono daimigranti che sono ricorsi ai trafficanti per la natura protratta dello sfruttamento che devonosopportare, che comprende gravi e continui abusi dei loro diritti umani da parte dei lorosfruttatori. Tuttavia i fenomeni del traffico e della tratta sono spesso strettamente correlati,poiché entrambi approfittano della vulnerabilità di persone in cerca di protezione internazionaleo di accesso al mercato del lavoro all’estero. I migranti irregolari che ricorrono ai servizi deitrafficanti - volontariamente ingaggiati - potrebbero anche diventare vittime di tratta, se i serviziche essi hanno originariamente chiesto si sono tramutati in situazioni di tratta basati su abuso esfruttamento. 5. Il coinvolgimento dell’UNHCR nella questione della tratta è essenzialmente legato a dueaspetti. In primo luogo, l’Agenzia ha la responsabilità di garantire che rifugiati, richiedenti asilo,sfollati interni, apolidi e altre persone che rientrano nella sua competenza non cadano vittimedella tratta. In secondo luogo, l’Agenzia ha la responsabilità di assicurare che gli individui chesono stati vittime di tratta e che temono di subire persecuzione al loro ritorno nel paesed’origine, o gli individui che temono di essere vittime di tratta, la cui domanda di protezioneinternazionale rientra nella definizione di rifugiato contenuta nella Convenzione del 1951 e/onel suo Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati (d’ora in avanti “Convenzione del1951”), siano riconosciuti rifugiati e ricevano la protezione internazionale cui hanno titolo. 6. Non tutte le vittime o potenziali vittime di tratta rientrano nell’ambito della definizione dirifugiato. Per essere riconosciuti rifugiati devono essere soddisfatti tutti gli elementi contenutinella definizione di rifugiato. Il presente documento intende fornire indicazionisull’applicazione dell’articolo 1A(2) della Convenzione del 1951 alle vittime, o alle potenzialivittime, della tratta. Esso copre inoltre le questioni relative alle vittime di tratta che sorgono nelcontesto della Convenzione del 1954 sullo status delle persone apolidi e della Convenzione del1954 sulla riduzione dell’apolidia del 1961. La protezione delle vittime o delle potenziali3 Entrata in vigore il 29 settembre 2003.4 In considerazione della prevalenza di donne e ragazze tra le vittime di tratta, il genere costituisce un fattore rilevantenella valutazione delle domande di status di rifugiato da loro inoltrate. Si veda inoltre “Linee guida dell’UNHCRsulla protezione internazionale in materia di persecuzione legata al genere nel contesto dell’articolo 1A(2) dellaConvenzione del 1951 e/o del Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati” (d’ora in avanti “Linee guidadell’UNHCR sulla persecuzione di genere”), HCR/GIP/02/01, 7 maggio 2002, par. 2.5 Si veda art. 3(a) del Protocollo sulla tratta citato in seguito nel par. 8. 6 Si vedano ad esempio gli articoli 7(1)(c), 7(1)(g), 7(2)(c) e 8(2)(xxii) dello Statuto della Corte penale internazionaledel 1998, A/CONF.183/9, che fa esplicito riferimento a “riduzione in schiavitù”, “schiavitù sessuale” e “prostituzioneforzata” come crimini contro l’umanità e crimini di guerra. 7 Il Protocollo contro il traffico di migranti via terra, via mare e via aria (entrato in vigore il 28 gennaio 2004).
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- 27 -vittime di tratta, così come delineata in queste linee guida, si aggiunge e si distingue dallaprotezione contemplata nella Parte II del Protocollo sulla tratta8. II. ANALISI SOSTANZIALE a) Questioni di definizione 7. La funzione principale della Convenzione contro la criminalità transnazionale e dei suoiProtocolli supplementari contro la tratta e il traffico è il controllo della criminalità. Questistrumenti tentano di definire le attività criminali e guidare gli Stati su come meglio contrastarle.Nel far ciò, esse forniscono anche utili indicazioni su alcuni aspetti relativi alla protezione dellevittime e pertanto costituiscono un utile punto di partenza per ogni analisi sulle necessità diprotezione internazionale che emergono come conseguenza della tratta. 8. L’articolo 3 del Protocollo sulla tratta recita: “Ai fini del presente Protocollo:(a) ‘tratta di persone’ indica il reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare oaccogliere persone, tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre formedi coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione divulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di denaro o vantaggi per ottenere ilconsenso di una persona che ha autorità su un’altra a scopo di sfruttamento. Losfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altreforme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, schiavitù o praticheanaloghe, l’asservimento o il prelievo di organi; (b) il consenso di una vittima della tratta di persone allo sfruttamento di cui alla lettera (a)del presente articolo è irrilevante nei casi in cui qualsivoglia dei mezzi usati di cui allalettera (a) è stato utilizzato; (c) il reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere un minore ai fini disfruttamento sono considerati ‘tratta di persone’ anche se non comportano l’utilizzo dinessuno dei mezzi di cui alla lettera (a) del presente articolo; (d) ‘minore’ indica qualsiasi persona di età inferiore ai 18 anni.” 9. Il Protocollo sulla tratta definisce pertanto la tratta attraverso tre elementi essenziali einterrelati: L’azione: il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’ospitare o accogliere persone; I mezzi: l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione,rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità, il dare o riceveresomme di denaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità sullavittima; Il fine: lo sfruttamento della vittima, tra cui, come minimo, lo sfruttamento della prostituzionealtrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, schiavitù opratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi9. 8 La Parte II del Protocollo sulla tratta riguarda la protezione delle vittime di tratta. Essa affronta questioni quali lagaranzia della protezione della privacy e dell’identità delle vittime; l’informazione delle vittime sui procedimentipenali e amministrativi rilevanti, così come la fornitura di assistenza che le metta nelle condizioni di esporre le loroopinioni e preoccupazioni nelle fasi appropriate dei procedimenti penali contro i perpetratori; il sostegno alle vittimeper il recupero fisico, psicologico e sociale; il permesso delle vittime di rimanere temporaneamente opermanentemente sul territorio; il rimpatrio delle vittime con la dovuta considerazione alla loro sicurezza; e questionirelative ad altre misure. 9 Ai fini del presente documento, la definizione contenuta nel Protocollo sulla tratta viene utilizzata poiché essacostituisce un punto di consenso a livello internazionale sul significato di tratta. Per comprendere appieno il
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- 28 -10. Un aspetto importante di questa definizione è la concezione della tratta come di unprocesso che comprende una serie di azioni interconnesse tra loro, piuttosto che di una singolaazione che si verifica in un dato momento. Una volta assicurato il controllo iniziale sullevittime, queste vengono generalmente trasferite in un posto dove esiste un mercato per i loroservizi. Spesso esse non hanno le conoscenze linguistiche, né altre conoscenze di base checonsentirebbero loro di chiedere aiuto. Tali azioni possono avere luogo tutte all’interno deiconfini dello stesso paese10, ma possono anche verificarsi attraverso le frontiere di più Statiquando il reclutamento avviene in un paese e le azioni di ricevere la vittima e lo sfruttamento inun altro. Che un confine internazionale sia stato attraversato o meno, ciò che sta alla basedell’intero processo è l’intenzione di sfruttare l’individuo in questione. 11. L’articolo 3 del Protocollo sulla tratta stabilisce che qualora venga utilizzato uno qualsiasidei mezzi elencati nella definizione, il consenso della vittima nei confronti dello sfruttamento èirrilevante11. Nel caso in cui la vittima sia un minore12, la questione del consenso è del tuttoirrilevante poiché qualsiasi forma di reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare oaccogliere minori a fini di sfruttamento costituisce una forma di tratta indipendentemente dalmezzo utilizzato. 12. Alcune vittime, o potenziali vittime, della tratta possono rientrare nella definizione dirifugiato contenuta nell’articolo 1A(2) della Convenzione del 1951 e potrebbero pertanto averetitolo alla protezione internazionale che spetta ai rifugiati. Una simile possibilità non è menoimplicita nella clausola di salvaguardia contenuta nell’articolo 14 del Protocollo sulla tratta cherecita: “(1) Nessuna disposizione del presente Protocollo pregiudica i diritti, gli obblighi e leresponsabilità degli Stati e individui ai sensi del diritto internazionale, compreso il dirittointernazionale umanitario e il diritto internazionale dei diritti umani e, in particolare,laddove applicabile, la Convenzione del 1951 e il Protocollo del 1967 relativi allo statusdei rifugiati e il principio di non-refoulement così come in essi contenuti13.significato giuridico dei termini impiegati nella definizione del Protocollo, è tuttavia necessario far riferimento anchead altri strumenti giuridici, tra i quali ad esempio una serie di convenzioni dell’Organizzazione Internazionale delLavoro (OIL/ILO), tra cui la Convenzione n. 29 del 1930 sul lavoro forzato e obbligatorio, la Convenzione n. 105 del1957 sull’abolizione del lavoro forzato, la Convenzione n. 143 del 1975 sui lavoratori migranti (disposizionicomplementari) e la Convenzione n. 182 del 1999 sulle forme peggiori di lavoro minorile. A tali documenti sirimanda nel primo rapporto del Relatore speciale sulla tratta di persone, in particolare donne e minori, Ms. SigmaHuda, E/CN.4/2005/71 del 22 dicembre 2004, par. 22. Il suo secondo rapporto intitolato “Integrazione dei dirittiumani delle donne e prospettiva di genere”, E/CN.4/2006/62 del 20 febbraio 2006, approfondisce la questione inmaniera ancora più dettagliata nei paragrafi 31-45. Il Relatore speciale è stato nominato nel 2004 a seguito del nuovomandato creato dalla 60ma Sessione della Commissione diritti umani (Risoluzione 2004/110). 10 La Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta degli esseri umani, aperta alla firma nel maggio2005, affronta direttamente la questione della tratta all’interno dei confini nazionali. 11 Articolo 3(b) del Protocollo sulla tratta. Si veda inoltre il secondo rapporto del Relatore speciale sul traffico dipersone, citato in precedenza nella nota 9, par. 37-43 sull’“irrilevanza del consenso”. 12 L’articolo 3(c) del Protocollo sulla tratta fa seguito alla Convenzione sui diritti dell’infanzia del 1989 nel definireminore come “ogni essere umano avente un’età inferiore a diciott’anni”.13 L’Agenda per la protezione, A/AC.96/965/Add.1, 2002, goal 2, obiettivo 2, esorta gli Stati a garantire che i lorosistemi d’asilo siano aperti a ricevere domande da individui vittime di tratta. Questa interpretazione della clausola disalvaguardia contenuta nell’articolo 14, in base alla quale gli Stati hanno l’obbligo di considerare le necessità diprotezione internazionale delle vittime di tratta, è rafforzata dal par. 377 del Rapporto esplicativo che accompagna laConvenzione del Consiglio d’Europa. In relazione all’articolo 40 di tale Convenzione, in esso si stabilisce che: Il fatto di essere vittima di tratta di esseri umani non può precludere il diritto di chiedere e ottenere asilo e leParti dovranno garantire che le vittime di tratta abbiano adeguato accesso a eque ed efficienti procedured’asilo. Le Parti dovranno inoltre intraprendere tutte le misure necessarie ad assicurare il pieno rispetto delprincipio di non-refoulement. Inoltre l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR), nei “Principi e linee guida raccomandati suidiritti umani e sul traffico di esseri umani” presentati al Consiglio economico e sociale come allegato al rapportodell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, E/2002/68/Add.1 del 20 maggio 2002, disponibile suinternet alla pagina www.ohchr.org/english/about/publications/docs/trafficking.doc, tratta nelle Linee guida 2.7l’importanza di garantire che siano in atto le procedure e i processi necessari per la valutazione delle domande d’asilopresentate da persone vittime di tratta (così come di richiedenti asilo ricorsi ai trafficanti) e che il principio di non-refoulement sia sempre rispettato e sostenuto.
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- 29 -(2) Le misure di cui al presente Protocollo sono interpretate e applicate in modo nondiscriminatorio alle persone sulla base del fatto che sono vittime della tratta di persone.L’interpretazione e l’applicazione di tali misure è coerente con i principiinternazionalmente riconosciuti della non discriminazione.” 13. Una domanda di protezione internazionale presentata da una vittima o potenziale vittimadi tratta può avere origine in circostanze diverse. La persona potrebbe essere stata vittima ditratta all’estero, potrebbe essere fuggita dai suoi sfruttatori e potrebbe aver chiesto protezioneallo Stato nel quale ella o egli si trova in quel momento. La vittima potrebbe essere stata vittimadi tratta all’interno dei confini del territorio nazionale, potrebbe essere fuggita dai suoisfruttatori ed essere fuggita all’estero in cerca di protezione internazionale. L’individuointeressato potrebbe non essere stato vittima di tratta ma potrebbe temere di diventarlo epotrebbe essere fuggito all’estero in cerca di protezione internazionale. In tutti questi casi,perché l’individuo possa essere riconosciuto come rifugiato, deve sussistere un “fondato timoredi persecuzione” legato ad almeno una delle fattispecie contemplate dalla Convenzione. b) Fondato timore di persecuzione 14. Ciò che costituisce fondato timore di persecuzione dipende dalle particolari circostanze diogni caso individuale14. Possono essere considerate persecuzione azioni che coinvolgono graviviolazioni dei diritti umani, come una minaccia alla vita o alla libertà, o altri tipi di gravi danni osituazioni intollerabili, così come accertato alla luce delle opinioni, dei sentimenti e dellecaratteristiche psicologiche del richiedente asilo. 15. In questo contesto, l’evoluzione del diritto internazionale nell’abito della penalizzazionedella tratta può essere d’aiuto per le persone incaricate di determinare la natura persecutoriadelle varie azioni associate alla tratta. Le domande d’asilo presentate dalle vittime o potenzialivittime di tratta dovrebbero pertanto essere esaminate nel dettaglio per stabilire se il dannotemuto come risultato dell’esperienza di tratta, o come risultato della sua aspettativa, costituiscapersecuzione in quel determinato caso individuale. Inerenti all’esperienza di tratta sono forme digrave sfruttamento come il rapimento, la detenzione, lo stupro, la riduzione in schiavitùsessuale, la prostituzione forzata, il lavoro forzato, il prelievo di organi, le percosse, la riduzionealla fame, la negazione di cure mediche. Si tratta di gravi violazioni dei diritti umani chegeneralmente costituiscono persecuzione. 16. Anche nei casi in cui viene determinato che l’esperienza di tratta del richiedente asilo èun’esperienza episodica, ormai conclusa e che probabilmente non si ripeterà, potrebbe essereappropriato riconoscere l’individuo in questione come rifugiato se vi sono convincenti ragioniche derivano dalla precedente persecuzione, a condizione che gli altri elementi della definizionedi rifugiato siano soddisfatti. Ciò riguarda situazioni in cui la persecuzione subita durantel’esperienza di tratta, anche se passata, è stata particolarmente atroce e l’individuo sta ancorasoffrendo protratti effetti psicologici traumatici che renderebbero intollerabile il suo ritorno nelproprio paese d’origine. In altre parole, la precedente persecuzione sta ancora dispiegando le sueconseguenze sull’individuo. La natura del danno sofferto in passato avrà avuto anche un impattosu opinioni, sentimenti e caratteristiche psicologiche del richiedente asilo e ciò influenzerà ladecisione al momento di valutare se un eventuale futuro danno o una situazione temutacostituirebbe persecuzione per quel particolare caso. 17. Oltre alla persecuzione vissuta dagli individui nel corso della loro esperienza di tratta, essipotrebbero essere oggetto di ritorsioni e/o di possibili nuove esperienze di tratta se fosserorinviati nel territorio dal quale sono fuggiti o nel quale sono stati vittime di tratta15. Ad esempio,14 UNHCR, Manuale sulle procedure e sui criteri per la determinazione dello status di rifugiato, 1979, riedito 1992,paragrafo 51 (d’ora in avanti “Manuale dell’UNHCR”). 15 Si veda “Rapporto del Gruppo di lavoro sulle forme contemporanee di schiavitù nella sua 29ma sessione”,E/CN.4/Sub.2/2004/36, 20 luglio 2004, Sezione VII Raccomandazioni adottate nella 29ma sessione, pag. 16, par. 29.Il documento “[e]sorta gli Stati a garantire che la protezione e il sostegno alle vittime siano al centro di ogni politicadi contrasto alla tratta, e specificamente a garantire che: (a) Nessuna vittima della tratta sia trasferita dal paese
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- 30 -la collaborazione delle vittime con le autorità del paese d’asilo o del paese d’origine nel corsodelle indagini potrebbe far sorgere un rischio di danno ad opera degli sfruttatori al loro ritorno,in particolare se la tratta è stata perpetrata da reti internazionali di trafficanti. Le ritorsioni daparte degli sfruttatori possono costituire persecuzione se le azioni temute comportano graviviolazioni dei diritti umani o situazioni intollerabili e dopo una valutazione del loro impattosull’individuo coinvolto. I trafficanti potrebbero inoltre infliggere ritorsioni a membri dellafamiglia della vittima e ciò potrebbe rendere fondato il timore di persecuzione da parte dellavittima, anche se quest’ultima non è direttamente oggetto di tale vendetta. In vista delle graviviolazioni dei diritti umani che spesso essa comporta, come descritto in precedenza nelparagrafo 15, una nuova esperienza di tratta generalmente costituisce persecuzione. 18. La vittima inoltre potrebbe temere di subire, al suo ritorno, emarginazione,discriminazione o una punizione da parte della propria famiglia e/o della comunità diappartenenza o, in alcuni casi, da parte delle autorità. Tale trattamento è particolarmenterilevante nei casi di quelle persone che cadono vittime della tratta per fini di sfruttamento dellaprostituzione. Nel singolo caso individuale, grave emarginazione, discriminazione o punizionepossono assurgere al livello di persecuzione, specialmente se aggravate dal trauma soffertodurante, e come conseguenza, dell’esperienza di tratta. Se l’individuo teme tale trattamento, ilsuo timore di persecuzione è distinto, ma non meno valido del timore di persecuzione che derivadalla continua esposizione alla violenza nell’ambito della situazione di tratta. Anche sel’emarginazione o la punizione attuata da membri della famiglia o della comunità diprovenienza non assurgono al livello di persecuzione, di fatto tale respingimento e isolamentoda parte delle reti di sostegno sociale possono accrescere il rischio di subire una nuovaesperienza di tratta o di essere esposti a vendetta, dando quindi luogo a un fondato timore dipersecuzione. c) Donne e minori vittime di tratta19. Il reclutamento forzato o ingannevole di donne e minori per fini di prostituzione forzata osfruttamento sessuale è una forma di violenza legata al genere, che può costituirepersecuzione16. Le donne e i minori vittime di tratta possono essere particolarmente suscettibilidi gravi ritorsioni da parte degli sfruttatori dopo la loro fuga e/o al loro ritorno, così come a unareale possibilità di cadere nuovamente vittime di tratta o di essere soggetti a graviemarginazione e/o discriminazione da parte della famiglia o della comunità di provenienza. 20. In determinati contesti, i minori non accompagnati o separati17 sono particolarmentevulnerabili alla tratta18. Essi possono diventare vittime di tratta anche per fini di adozioneirregolare. Ciò può avvenire con o senza la conoscenza e il consenso da parte dei genitori. Id’accoglienza se vi è una ragionevole probabilità che ella possa subire una nuova esperienza di tratta o altre forme digrave danno, a prescindere dal fatto che ella decida o meno di collaborare nell’ambito del procedimento legale”. 16 Si vedano le Linee guida dell’UNHCR sulla persecuzione di genere, nota 4, par. 18. La Commissione sui dirittiumani ha inoltre riconosciuto che tale violenza può costituire persecuzione ai fini della definizione di rifugiato,quando esorta gli Stati “a rendere prioritaria la prospettiva di genere all’interno di tutte le politiche e i programmi, trai quali le politiche, i regolamenti e le pratiche nazionali in materia di immigrazione e asilo, così come appropriato, alfine di promuovere e tutelare i diritti delle donne e delle ragazze, prendendo anche in considerazione l’adozione dimisure mirate a riconoscere la persecuzione e la violenza legate al genere nell’ambito della valutazione dellefattispecie per garantire lo status di rifugiato e l’asilo”. Si veda la Risoluzione 2005/41, Eliminazione della violenzacontro le donne, 57mo meeting, 19 aprile 2005, paragrafo operativo 22. 17 Come indicato nei Principi giuda inter-agenzie sui minori non accompagnati e separati, 2004, “i minori separatisono quelli separati da entrambi i genitori, o dai loro precedenti principali tutori legali o consuetudinari, ma nonnecessariamente da altri parenti”, mentre i minori non accompagnati sono “minori che sono stati separati da entrambii genitori e da altri parenti e non c’è alcun adulto - che sia per legge o per consuetudine responsabile di loro - che siprenda cura di loro”. 18 Esiste una serie di strumenti internazionali che offrono indicazioni specifiche sulle necessità e i diritti dei minori.Nell’ambito della valutazione delle domande inoltrate da minori vittime, a essi dovrebbe essere assegnata la dovutaconsiderazione. Si vedano, ad esempio, la Convenzione sui diritti dell’infanzia del 1989, il suo Protocollo opzionaledel 2000, sulla vendita, prostituzione e pornografia di minori, la Convenzione dell’Aja n. 28 sugli Aspetti civili delrapimento internazionale di minori del 1980, il Protocollo sulla tratta del 2000 e la Convenzione dell’ILO n. 182 sullaProibizione delle forme peggiori di lavoro minorile. Si veda inoltre, Comitato sui diritti dei minori, “Commentariogenerale n. 6 (2005) Trattamento di minori non accompagnati e separati fuori del loro paese d’origine”,CRC/CG/2005/6 del 1 settembre 2005.
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- 31 -trafficanti potrebbero inoltre scegliere di mirare a orfani. Nel valutare le necessità di protezioneinternazionale da parte dei minori che hanno subito tratta, è essenziale applicarescrupolosamente il principio del superiore interesse19. Tutti i casi che coinvolgono minorivittime di tratta richiedono un attento esame del possibile coinvolgimento dei membri dellafamiglia o dei tutori nelle azioni che danno vita all’esperienza di tratta. d) Agenti di persecuzione21. La definizione di rifugiato ha una portata tale da contemplare agenti di persecuzione siastatuali che non statuali. Se è vero che la persecuzione è spesso perpetrata dalle autorità di unpaese, essa può essere attuata anche da individui se le azioni persecutorie sono“consapevolmente tollerate dalle autorità o se le autorità si rifiutano o si dimostrano non ingrado di offrire un’efficace protezione”20. Nella maggior parte delle situazioni che coinvolgonovittime o potenziali vittime di tratta, le azioni persecutorie emanano da individui, cioè,trafficanti od organizzazioni criminali o, in alcune situazioni, da membri della famiglia o dellacomunità di provenienza. In tali circostanze, è inoltre necessario valutare se le autorità del paesed’origine sono in grado e hanno la volontà di proteggere la vittima o potenziale vittima al suoritorno. 22. Se le autorità nel paese d’origine sono in grado o meno di proteggere le vittime opotenziali vittime di tratta dipende dal fatto che siano stati messi in atto o meno i meccanismilegislativi e amministrativi per prevenire e contrastare la tratta, così come per proteggere eassistere le vittime e che, nella pratica, tali meccanismi siano implementati in manieraefficace21. La Parte II del Protocollo sulla tratta richiede agli Stati di adottare determinate misureriguardo alla protezione delle vittime di tratta, che possono fungere da criteri di valutazionedell’adeguatezza della protezione e dell’assistenza fornite. Le misure hanno a che fare non solocon la protezione della privacy e dell’identità delle vittime di tratta, ma anche con il lororecupero fisico, psicologico e sociale22. L’articolo 8 del Protocollo sulla tratta richiede inoltreagli Stati Parte che stanno facilitando il ritorno di loro cittadini o residenti permanenti che sonostati vittime di tratta di assegnare la dovuta considerazione alla sicurezza degli individuiinteressati al momento di riceverli. Le misure di protezione indicate nella Parte II del Protocollosulla tratta non sono esaustive e dovrebbero essere lette alla luce degli strumenti e linee guidasui diritti umani rilevanti, vincolanti e non vincolanti23. 23. Molti Stati non hanno adottato o implementato a sufficienza misure rigorose per punirepenalmente e prevenire la tratta o per far fronte alle necessità delle vittime. Quando uno Statomanca di prendere misure così ragionevoli, come sarebbe nella sua competenza di prevenire latratta e fornire efficace protezione e assistenza alle vittime, è probabile che il timore dipersecuzione dell’individuo sia fondato. La mera esistenza di una legge che proibisce la tratta dipersone non è di per sé sufficiente a escludere la possibilità di persecuzione. Se la legge esistema non è implementata in maniera efficace o se sono in atto meccanismi amministrativi perfornire protezione e assistenza alle vittime, ma l’individuo interessato non è in grado di19 Si veda, Linee guida dell’UNHCR sulla determinazione formale del superiore interesse del minore, edizioneprovvisoria dell’aprile 2006; UNICEF, “Linee guida per la protezione dei diritti dei minori vittime di tratta”, maggio2003 in corso di aggiornamento. 20 Si veda Manuale dell’UNHCR, nota 14, par. 65; UNHCR “Interpretazione dell’articolo 1 della Convenzione del1951 relativa allo status dei rifugiati” (d’ora in avanti “Interpretazione dell’articolo 1”), aprile 2001, par. 19; Lineeguida dell’UNHCR sulla persecuzione di genere, nota 4, par. 19. 21 Si veda la Parte II del Protocollo sulla tratta di cui alla nota 8. 22 Ibid. 23 Si veda Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, “Principi e linee guida raccomandati sui dirittiumani e sul traffico di esseri umani”, nota 13, che enuncia nel Principio n. 2: “Gli Stati hanno la responsabilità inbase al diritto internazionale di agire con la dovuta diligenza per prevenire la tratta, di indagare e perseguire itrafficanti e di assistere e proteggere le persone vittime di tratta”. Numerosi strumenti di natura vincolante e nonvincolante evidenziano l’obbligo degli Stati di sostenere i diritti umani delle vittime di tratta. Si veda, ad esempio, laConvenzione del Consiglio d’Europa citata nella nota 10, la Convenzione dell’Associazione dell’Asia meridionaleper la cooperazione regionale (SAARC) del 2002 sulla prevenzione e il contrasto della tratta di donne e minori perfini di prostituzione e il Piano d’azione dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) percontrastare la tratta di esseri umani.
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- 32 -accedervi, lo Stato potrebbe essere ritenuto non in grado di garantire protezione alle vittime,reali o potenziali, della tratta. 24. Potrebbero inoltre esistere situazioni in cui le attività dei trafficanti siano di fatto tollerateo condonate da parte delle autorità, o perfino attivamente facilitate da funzionari dello Statocorrotti. In simili circostanze, l’agente di persecuzione potrebbe essere lo stesso Stato, chediventa responsabile, direttamente o come risultato di inazione, della mancata protezione dicoloro che rientrano nella sua giurisdizione. Se questa situazione si verifica, dipende dal ruolosvolto dai funzionali interessati e se essi stanno agendo nella loro personale competenza al difuori del quadro dell’autorità governativa o nell’ambito della posizione di autorità che occupanoall’interno delle strutture governative che sostengono o tollerano la tratta. In quest’ultimo casole azioni persecutorie potrebbero essere ritenute emanare dallo stesso Stato. e) Luogo della persecuzione 25. Per rientrare nell’ambito dell’articolo 1A(2) della Convenzione del 1951, il richiedentedeve trovarsi fuori del proprio paese d’origine e, a causa di un fondato timore di persecuzione,essere impossibilitato o non volere avvalersi della protezione di quel paese. Il requisito ditrovarsi fuori del proprio paese, comunque, non significa che l’individuo debba esserenecessariamente partito a causa di un fondato timore di persecuzione24. Quando tale timoresorge dopo che egli o ella ha lasciato il paese d’origine, egli o ella è un rifugiato sur place, acondizione che gli altri elementi contemplati dalla definizione di rifugiati siano soddisfatti.Pertanto, vittime di tratta potrebbero non aver lasciato il proprio paese a causa di un fondatotimore di persecuzione, mentre tale timore potrebbe essere sorto dopo che esse hanno lasciato ilproprio paese d’origine. In tali casi, è su queste basi che deve essere esaminata la domanda distatus di rifugiato. 26. Per valutare se il timore di persecuzione sia sorto prima di lasciare il paese d’origine odopo, il luogo nel quale la persecuzione si verifica costituisce un aspetto cruciale nell’ambito diun corretto esame delle domande d’asilo inoltrate da individui che sono stati vittime di tratta. LaConvenzione del 1951 richiede che il rifugiato dimostri un fondato timore di persecuzione conriferimento al proprio paese di nazionalità o residenza abituale. Nei casi in cui qualcuno è statovittima di tratta all’interno del proprio paese o teme di diventare vittima di tratta e fugge in unaltro paese in cerca di protezione internazionale, il nesso tra il timore di persecuzione, lamotivazione della fuga e il non voler tornare è evidente e ogni necessità di protezioneinternazionale va determinata in base alla minaccia posta all’individuo nel caso in cui egli o ellafossero obbligati a ritornare nel paese di nazionalità o residenza abituale. Se non viene stabilital’esistenza di alcun fondato timore in relazione al paese d’origine, allora lo Stato al quale è statorichiesto asilo può appropriatamente respingere la domanda di status di rifugiato. 27. Le circostanze nel paese d’origine o residenza abituale del richiedente costituiscono ilprincipale punto di riferimento in base al quale determinare l’esistenza di un fondato timore dipersecuzione. Tuttavia, anche quando lo sfruttamento subito da una vittima di tratta si verificaprincipalmente fuori del paese d’origine, ciò non preclude l’esistenza di un fondato timore dipersecuzione nel paese dell’individuo. La tratta di persone attraverso frontiere internazionali dàvita a una situazione complessa che richiede un’analisi ad ampio raggio che tenga conto dellevarie forme di danno occorse nei diversi punti lungo la rotta della tratta. Alla natura continuativae interconnessa delle azioni persecutorie coinvolte nel contesto della tratta transnazionaledovrebbe essere assegnata la dovuta considerazione. La tratta inoltre coinvolge una catena diattori, a partire da coloro che sono responsabili del reclutamento nel paese d’origine, passandoattraverso coloro che organizzano e facilitano il trasporto, il trasferimento e/o la vendita dellevittime, fino all’“acquirente” finale. Ognuno di questi attori ha un forte interesse nell’impresa-tratta e potrebbe porre una reale minaccia sulla vittima. In base al grado di sofisticazione dellereti coinvolte nella tratta, i richiedenti potrebbero quindi aver subito, e continuare a temere,danni in una serie di luoghi, compresi i paesi attraverso i quali sono transitati, lo Stato nel qualeviene presentata la domanda d’asilo e il paese d’origine. In simili circostanze l’esistenza di un24 Si veda Manuale dell’UNHCR, nota 14, par. 94.
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- 33 -fondato timore di persecuzione deve essere valutato in relazione al paese d’origine delrichiedente. 28. Una vittima di tratta che viene riconosciuta rifugiato potrebbe temere ulteriori ritorsioni,punizioni o di cadere nuovamente vittima di tratta nel paese d’asilo. Se un rifugiato è a rischionel paese in cui si è rifugiato o ha necessità specifiche che nel paese d’asilo non possono esseresoddisfatte, per lui o lei potrebbe essere considerata la possibilità di un reinsediamento in unpaese terzo25. f) Il nesso causale (“per ragioni di”)29. Per avere titolo allo status di rifugiato, il fondato timore di un individuo deve esserelegato a una o più delle fattispecie previste dalla Convenzione, e cioè, deve avvenire “perragioni di” razza, religione, nazionalità, appartenenza a un particolare gruppo sociale odopinione politica. È sufficiente che la fattispecie enunciata dalla Convenzione sia un fattore checontribuisce in maniera rilevante alla persecuzione; non è necessario che sia l’unico né che sitratti della causa predominante. In molte giurisdizioni, il nesso causale (“per ragioni di”) deveessere stabilito in maniera esplicita, mentre in altri Stati la causalità non viene trattata come unaquestione separata di analisi ma viene desunta attraverso un’analisi olistica della definizione dirifugiato26. In relazione alle domande d’asilo che coinvolgono la tratta, è probabile che laquestione più complessa per la persona incaricata di prendere la decisione sia quella relativa alnesso tra il timore di persecuzione e una delle fattispecie contemplate dalla Convenzione.Quando il persecutore attribuisce o imputa una fattispecie della Convenzione al richiedente,questo è sufficiente per soddisfare il nesso causale27. 30. Nei casi in cui vi è un rischio di essere perseguitati ad opera di un attore non statuale perragioni legate a una delle fattispecie della Convenzione, il nesso causale è stabilito, chel’assenza della protezione da parte dello Stato sia legata alla Convenzione o meno. Inalternativa, quando il rischio di persecuzione da parte di un attore non statuale non è collegato auna fattispecie della Convenzione, ma l’incapacità o la non volontà dello Stato di fornireprotezione si ha per ragioni legate a una delle fattispecie previste dalla Convenzione, anche inquesto caso il nesso causale è stabilito. 31. La tratta di persone è un’impresa commerciale, la principale motivazione della quale ègeneralmente il profitto piuttosto che la persecuzione sulla base di una delle fattispecie previstedalla Convenzione. In altre parole, è probabile che le vittime siano fatte oggetto di trattasoprattutto a causa del loro percepito o potenziale valore commerciale da parte degli sfruttatori.Tale preminente motivazione economica, comunque, non esclude la possibilità di fattispecielegate alla Convenzione nel prendere di mira e selezionare le vittime della tratta. I contesti neiquali può svilupparsi il fenomeno della tratta spesso coincidono con situazioni in cui lepotenziali vittime potrebbero essere vulnerabili nei confronti dei trafficanti proprio comerisultato di caratteristiche contenute nella definizione di rifugiato della Convenzione del 1951.Ad esempio, gli Stati nei quali esistono significative tensioni sociali e/o è in atto una transizioneeconomica o Stati che sono stati coinvolti in conflitti armati risultanti in un collasso dellalegalità e dell’ordine pubblico sono esposti a un aumento della povertà, delle privazioni espostamenti della popolazione civile. Per la criminalità organizzata aumentano le opportunità disfruttare l’incapacità o la non volontà delle agenzie preposte al rispetto della legge di mantenerelegge e ordine, in particolare il fallimento di garantire adeguata sicurezza a specifici gruppi dipopolazione particolarmente vulnerabili. 32. Le persone appartenenti a una determinata razza o gruppo etnico in un determinato paesepotrebbero essere particolarmente vulnerabili ai trafficanti e/o essere protetti in maniera menoefficace dalle autorità del paese d’origine. Le vittime potrebbero essere prese di mira per la loroappartenenza etnica, nazionale, per le loro opinioni religiose o politiche in un contesto nel quale25 UNHCR, Manuale per il reinsediamento, edizione novembre 2004, cap. 4.1. 26 Si vedano le Linee guida dell’UNHCR sulla persecuzione di genere, nota 4, par. 20. 27 Si veda UNHCR “Interpretazione dell’articolo 1”, nota 20, par. 25.
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- 34 -individui con profili specifici sono già più vulnerabili allo sfruttamento e all’abuso nelle lorovarie forme. Individui possono inoltre essere presi di mira in ragione della loro appartenenza aun particolare gruppo sociale. Ad esempio, tra i minori o le donne in generale in una particolaresocietà, alcune categorie specifiche di minori o di donne potrebbero risultare particolarmentevulnerabili alla tratta e potrebbero costituire un gruppo sociale ai sensi della definizione dirifugiato. Pertanto, anche se un individuo non è vittima di tratta unicamente ed esclusivamenteper una delle ragioni enunciate dalla Convenzione, una o più di queste fattispecie dellaConvenzione potrebbero essere rilevanti per la scelta di quella particolare vittima da parte deltrafficante. g) Fattispecie contemplate dalla Convenzione 33. Il nesso causale può essere stabilito per ogni singola fattispecie prevista dallaConvenzione o per una combinazione di esse. Sebbene una domanda di status di rifugiato conesito positivo debba stabilire un nesso causale con una sola delle fattispecie, una piena analisidei casi di tratta può spesso rivelare una serie di fattispecie interconnesse e cumulative. Razza 34. Ai fini della definizione di rifugiato, la razza viene definita come ciò che include “tutti itipi di gruppi etnici ai quali comunemente ci si riferisce come ‘razze’”28. In situazioni diconflitto armato dove è in atto una deliberata politica di sfruttamento o ostilità nei confronti dideterminati gruppi razziali o etnici, la persecuzione può manifestarsi attraverso la stessa attivitàdi tratta di membri di quel gruppo. Questa modalità di selezione delle vittime può avvenire incombinazione con una motivazione e economica attraverso la quale si persegue soprattutto ilprofitto. In assenza di un conflitto armato, i membri di un gruppo razziale possono essereparticolarmente oggetto di tratta per vari fini, se lo Stato non è in grado o non vuole proteggerele persone appartenenti a quel gruppo. Quando la tratta avviene per fini di commercio del sesso,donne e ragazze possono essere particolarmente prese di mira come risultato della domanda daparte del mercato di una particolare razza (o nazionalità). Come ha rilevato il Relatore specialesulla tratta, tale domanda “è spesso fondata sulla disparità di potere sociale dovuta alledifferenze di razza, nazionalità e colore”29. Religione 35. Così come avviene per la razza, individui possono essere oggetto delle attenzioni deitrafficanti a causa dell’appartenenza a una particolare comunità religiosa. Essi potrebbero quindiessere presi di mira perché la loro fede o credenza li identifica come appartenenti a un gruppovulnerabile nelle particolari circostanze in cui, ad esempio, le autorità sono riconosciute nonfornire adeguata protezione a certi gruppi religiosi. Anche in questo caso quello del profitto puòessere il fattore preminente, ma ciò non sminuisce la rilevanza della religione come criterio perindividuare e selezionare le vittime. La tratta può essere anche il metodo scelto per perseguitaremembri di una determinata fede30. Nazionalità 36. Il concetto di nazionalità ha un significato più ampio rispetto a quello di cittadinanza.Essa può riferirsi all’appartenenza a un gruppo etnico o linguistico e può sovrapporsi al termine“razza”31. La tratta può essere il metodo scelto per perseguitare persone appartenenti a undeterminato gruppo nazionale in un contesto in cui è in atto un conflitto interetnico all’interno diuno Stato e certi gruppi godono di minori garanzie di protezione. Ancora una volta, anche28 UNHCR, Manuale, par. 68. 29 Si veda Rapporto del Relatore speciale “Integrazione dei diritti umani delle donne e prospettiva di genere”, nota 9,par. 48 e 66. 30 Si veda UNHCR, “Linee guida di protezione internazionale: domande di status di rifugiato basate sull’elementodella religione in base all’articolo 1A(2) della Convenzione del 1951 e/o del Protocollo del 1967 relativi allo status dirifugiati”, HCR/GIP/04/06, 28 aprile 2004. 31 UNHCR, Manuale, par. 74.
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- 35 -quando la motivazione primaria del trafficante è il profitto economico, la nazionalità diqualcuno può far sì che questi sia più vulnerabile alla tratta. Appartenenza a un particolare gruppo sociale3237. Le vittime e le potenziali vittime di tratta possono qualificarsi come rifugiati quando puòessere dimostrato che essi temono di essere perseguitati per ragioni legate alla loro appartenenzaa un particolare gruppo sociale. Nello stabilire questa fattispecie non è necessario che i membridi un particolare gruppo si conoscano tra loro o siano associati con gli altri in forma di gruppo33.È comunque necessario che essi condividano una caratteristica comune diversa dal loro rischiodi essere perseguitati o che siano percepiti come gruppo da parte della società. La caratteristicacondivisa sarà spesso innata, immutabile o in altra maniera fondante della loro identità,coscienza o esercizio dei loro diritti umani34. L’azione persecutoria nei confronti di un gruppopuò essere rilevante nell’accrescere la visibilità di un gruppo senza esserne la caratteristica chelo definisce35. Come per le altre fattispecie previste dalla Convenzione, le dimensione delgruppo sociale non costituisce un criterio rilevante nel determinare se un gruppo sociale esistaall’interno del significato dell’articolo 1A(2)36. Mentre un richiedente deve dimostrare unfondato timore di essere perseguitato in base alla sua appartenenza al particolare gruppo sociale,egli o ella non ha bisogno di dimostrare che tutti i membri del gruppo sono a rischio dipersecuzione al fine di stabilire l’esistenza del gruppo37. 38. Le donne costituiscono un esempio di un sottoinsieme sociale di individui che sonodefiniti da caratteristiche innate e immutabili e sono spesso trattate in modo diverso rispetto agliuomini. In questo senso esse possono essere considerate un particolare gruppo sociale38. I fattoriche possono distinguere le donne come obiettivi dei trafficanti sono generalmente connessi allaloro vulnerabilità in determinati contesti sociali; pertanto alcuni sottoinsiemi di donne possonoanche costituire particolari gruppi sociali. Anche uomini o minori in determinati contesti socialipossono essere considerati particolari gruppi sociali. Esempi di sottoinsiemi sociali di donne ominori potrebbero, in base al contesto, essere le donne single, le vedove, le donne divorziate, ledonne analfabete, i minori separati o non accompagnati, gli orfani o i bambini di strada. Il fattodi appartenere a un simile gruppo sociale potrebbe essere uno dei fattori che contribuisce altimore dell’individuo di essere oggetto di persecuzione, ad esempio di sfruttamento sessuale,come conseguenza dell’essere, o del timore di diventare, vittima di tratta. 39. Coloro che sono stati vittima di tratta in passato potrebbero anche essere considerati comeun gruppo sociale basato sulla caratteristica immutabile, comune e storica dell’essere stativittime di tratta. Una società potrebbe inoltre, in base al contesto, considerare le persone chesono state vittime di tratta come un gruppo riconoscibile all’interno di quella società. Particolarigruppi sociali possono tuttavia non essere definiti esclusivamente dalla persecuzione che imembri del gruppo soffrono o da un comune timore di persecuzione39. Dovrebbe pertanto esserenotato come è la passata esperienza di tratta che costituisce uno degli elementi che definisce ilgruppo in simili casi, piuttosto che la futura persecuzione attualmente temuta nella forma diemarginazione, punizione, ritorsione o nuova esperienza di tratta. In tali situazioni, il gruppopertanto non sarebbe definito unicamente dal suo timore di una futura persecuzione. Opinione politica 40. Individui potrebbero essere oggetto di tratta perché hanno una determinata opinionepolitica o sono percepiti come tali. A tale fattispecie si applicano considerazioni simili a quelle32 Si veda UNHCR “Linee guida di protezione internazionale: appartenenza a un particolare gruppo sociale nelcontesto dell’articolo 1A(2) della Convenzione del 1951 e/o del Protocollo del 1967 relativi allo status di rifugiati”,HCR/GIP/02/02, 7 maggio 2002.33 Ibid., par. 15.34 Ibid., par. 11.35 Ibid., par. 14.36 Ibid., par. 18.37 Ibid., par. 17.38 Ibid., par. 12. Si vedano inoltre le Linee guida UNHCR sulla persecuzione di genere, nota 4, par. 30. 39 Si vedano le Linee guida UNHCR sull’appartenenza a un particolare gruppo sociale, nota 32, par. 14.
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- 36 -delle altre elencate nella Convenzione, e cioè che gli individui possono, in base alle circostanze,essere presi di mira a causa delle loro reali o percepite opinioni politiche che li rendonovulnerabili e meno soggetti a godere di un’efficace protezione da parte dello Stato. III. APOLIDIA E TRATTA41. La Convenzione del 1954 relativa allo status delle persone apolidi e la Convenzione del1961 sulla riduzione dell’apolidia definiscono un quadro legale evidenziando i diritti dellepersone apolidi, gli obblighi degli Stati Parte per evitare azioni che avrebbero comeconseguenza l’apolidia e le misure da intraprendere per far fronte all’apolidia. La Convenzionedel 1954 si applica a chiunque “non sia considerato cittadino da alcuno Stato nell’ambitodell’applicabilità della sua legge”40, si applica cioè a beneficio di coloro ai quali viene negata lacittadinanza in base alla legge di ogni Stato. La Convenzione del 1961 richiede agli Stati dievitare azioni che avrebbero come conseguenza l’apolidia41. Ciò impone una proibizione suazioni che causerebbero apolidia, così come un obbligo a evitare situazioni dalle quali potrebbesorgere apolidia automaticamente o per negligenza. La sola eccezione a tale proibizione si haquando la nazionalità è stata acquisita in maniera fraudolenta42. 42. Al momento di valutare e far fronte alla situazione di qualcuno che è stato vittima ditratta, è importante riconoscerne le potenziali implicazioni rispetto all’apolidia. Il mero fatto diessere vittima di tratta non rende di per sé qualcuno apolide. Vittime di tratta continuano apossedere la cittadinanza che avevano quando sono caduti sotto il controllo dei loro sfruttatori.Se, comunque, questi trafficanti hanno confiscato loro i documenti d’identità, come avvienecomunemente in quanto modalità per stabilire ed esercitare controllo sulle vittime, questepotrebbero non essere in grado di dimostrare la loro cittadinanza. La mancanza didocumentazione e la temporanea impossibilità di stabilire l’identità non riguardanecessariamente soltanto le vittime di tratta. Dovrebbe quindi essere - e in molti casi lo è -facilmente superata con l’assistenza delle autorità dello Stato d’origine43. 43. Ognuno ha il diritto di ritornare nel proprio paese d’origine44. Gli Stati dovrebberoestendere la loro protezione diplomatica ai cittadini che si trovano all’estero. Ciò include lafacilitazione del loro rientro nel paese, compreso il caso di vittime di tratta che si trovanoall’estero. Se comunque lo Stato nega tale assistenza e manca di fornire documentazione per farsì che l’individuo possa ritornare, una conseguenza pratica può essere quella di renderel’individuo effettivamente apolide45. Anche se gli individui non erano considerati apolidi inprecedenza dal loro Stato di nazionalità, essi potrebbero trovarsi di fatto trattati come setentassero di avvalersi della protezione di quello Stato46. Il mandato dell’UNHCR in materia diapolidia può tradursi nella necessità di intraprendere un’azione per assistere individui che sitrovano in circostanze simili47. 40 Si veda l’articolo 1(1) della Convenzione del 1954. 41 Si veda l’articolo 8(1) della Convenzione del 1961.42 Oltre alle Convenzioni del 1954 e del 1961 sull’apolidia, altri strumenti internazionali o regionali definisconoprincipi simili. Si veda, ad esempio, la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale del1965, il Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme didiscriminazione nei confronti delle donne del 1979, la Convenzione europea sulla nazionalità del 1997, laConvenzione americana sui diritti umani del 1969 e la Carta africana sui diritti e il benessere del minore del 1990. 43 In simili circostanze è necessario rispettare il principio della riservatezza. Ciò richiede, tra l’altro, che in ognicontatto con il paese d’origine non dovrebbe emergere che l’individuo in questione ha chiesto asilo né che sia statovittima di tratta. 44 Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, articolo 13(2). Si veda inoltre l’articolo 12(4) del Pattointernazionale sui diritti civili e politici, che recita: “Nessuno può essere arbitrariamente privato del diritto di entrarenel proprio paese”. 45 Si veda Conclusione del Comitato esecutivo n. 90 (LII), 2001, par. (s), nella quale il Comitato Esecutivodell’UNHCR esprime la preoccupazione che molte vittime di tratta siano state rese di fatto apolidi a causadell’impossibilità di stabilire la loro identità e il loro status di nazionalità. 46 È così, nonostante i rilevanti obblighi per gli Stati contenuti nella Convenzione del 1961 sulla riduzionedell’apolidia, oltre all’articolo 8 del Protocollo sulla tratta. 47 Quando la Convenzione del 1961 sulla riduzione dell’apolidia è entrata in vigore, l’Assemblea Generale delleNazioni Unite ha designato l’UNHCR come l’organismo ONU incaricato di agire in favore delle persone apolidi. Dal1975, le Risoluzioni dell’Assemblea Generale hanno descritto in maniera ancora più dettagliata le responsabilitàdell’UNHCR riguardo alla prevenzione dell’apolidia e la protezione delle persone apolidi.
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- 37 -44. Possono esservi anche situazioni in cui individui apolidi sono vittime di tratta fuori delloro paese di residenza abituale. La mancanza di documentazione combinata con la mancanza dicittadinanza può rendere impossibile un ritorno sicuro nel loro paese di residenza abituale. Ciònon è sufficiente per fare di qualcuno un rifugiato, ma l’individuo in questione può avere titoloallo status di rifugiato se il rifiuto da parte del paese di residenza abituale a consentire il rientroè connesso a una delle fattispecie contenute nella Convenzione e l’impossibilità a rientrare nelpaese comporta un grave danno o una grave violazione, o violazioni, dei diritti umani checostituiscono persecuzione. IV. ASPETTI PROCEDURALI 45. Dato l’ampio raggio di situazioni nei quali vengono alla luce casi di tratta e possonoessere identificate vittime di tratta, è importante che a livello nazionale siano messi in attomeccanismi atti a garantire recupero fisico, psicologico e sociale alle vittime di tratta. Ciòinclude la fornitura di alloggio, consulenza e informazione legali, assistenza medica, psicologicae materiale, così come opportunità di impiego, istruzione e formazione che tengano conto di età,genere e necessità specifiche delle vittime di tratta48. È inoltre necessario garantire che le vittimedella tratta abbiano accesso a eque ed efficienti procedure d’asilo49 e a un’adeguata consulenzalegale, se essi hanno i requisiti per presentare efficacemente una domanda d’asilo. In vista dellecomplessità delle domande d’asilo inoltrate da vittime o potenziali vittime di tratta, esserichiedono di norma un esame di merito secondo le procedure regolari. 46. Nell’accogliere richiedenti che denunciano di essere stati vittima di tratta enell’intervistare tali individui, è estremamente importante creare un ambiente solidale, in modoche essi possano sentirsi rassicurati sulla riservatezza della loro domanda. Mettere adisposizione interpreti dello stesso sesso del richiedente può essere particolarmente importantein questo contesto. Gli intervistatori dovrebbero inoltre considerare che le vittime che sonofuggite dai loro sfruttatori potrebbero essere timorose di rivelare la reale portata dellapersecuzione che hanno dovuto subire. Alcuni potrebbero essere traumatizzati e bisognosi diassistenza medica e/o psicosociale, così come di consulenza da parte di esperti. 47. Tale assistenza dovrebbe essere fornita alle vittime in maniera sensibile all’età e algenere. Molti casi di tratta, in particolare quelli per fini di sfruttamento della prostituzione altruio di altre forme di sfruttamento sessuale, dispiegheranno probabilmente effetti enormementegravi su donne e minori. Tali individui dovrebbero di diritto essere considerati come vittime dipersecuzione legata al genere. In molti, se non nella maggioranza, dei casi essi sono statioggetto di gravi violazioni dei loro diritti umani, compresi trattamenti inumani o degradanti e, inalcuni casi, di tortura. 48. Le donne in particolare potrebbero provare vergogna per ciò che è accaduto loro opotrebbero soffrire per traumi causati dall’abuso e dalla violenza sessuale, così come per lecircostanze in cui è avvenuta la loro fuga dai trafficanti. In simili situazioni il timore neiconfronti dei trafficanti sarà molto concreto. Inoltre esse potrebbero temere di essere respintee/o di subire ritorsioni da parte della loro famiglia e/o comunità, timore che dovrebbe esserepreso in considerazione al momento di valutare le loro domande. Alla luce di tali esperienze e alfine di garantire che le domande inoltrate da donne vittime di tratta siano considerate in manieraappropriata nel corso del processo di determinazione dello status di rifugiato, è necessario tenerepresenti una serie di misure. Tali misure sono elencate nella Parte III delle Linee guidadell’UNHCR sulla protezione internazionale sulla persecuzione di genere e sono ugualmenteapplicabili nel contesto delle domande legate alla tratta50. 48 Si veda l’articolo 6 nella Parte II del Protocollo sulla tratta. 49 Si veda Agenda per la protezione, goal 2, obiettivo 2, e i “Principi e linee guida raccomandati in materia di dirittiumani e traffico di esseri umani” dell’OHCHR, nota 13, Linea guida 2.7, e Convenzione del Consiglio d’Europa,Rapporto esplicativo, par. 377. 50 Si vedano le Linee guida dell’UNHCR sulla persecuzione di genere, nota 4. Informazioni complementari possonoessere trovate in Organizzazione Mondiale della Sanità, London School di igiene e medicina tropicale e ProgrammaDaphne della Commissione Europea, WHO Ethical and Safety Recommendations for Interviewing Trafficked Women,2003,disponibileallapaginainternethttp://www.who.int/gender/documents/en/final%20recommendations%2023%20oct.pdf.
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- 38 -49. Anche i minori richiedono un’attenzione particolare in termini di cura e di assistenza dafornire al momento della presentazione delle domande d’asilo. In tale contesto, devono esserestabilite procedure per la rapida identificazione dei minori vittime di tratta, come avviene inprogrammi e politiche specifiche per la protezione e il sostegno di minori vittime, ancheattraverso la nomina di un tutore, la messa a disposizione di consulenza che tenga conto dell’etàe un impegno per rintracciare i membri della famiglia, che rispettino le necessità di riservatezzae creino un ambiente solidale. Ulteriori informazioni sulle appropriate modalità di gestione delledomande inoltrate da minori vittime di tratta possono essere trovate nelle Linee guidadell’UNICEF per la protezione dei diritti dei minori vittime di tratta51, nei “Principi e lineeguida raccomandati sui diritti umani e la tratta di esseri umani” dell’Ufficio dell’AltoCommissario per i Diritti Umani52 e nel Commentario generale n. 6 del Comitato per i diritti deiminori53. 50. Un’ulteriore considerazione specifica riguarda l’importanza di evitare qualsiasi nesso, siaesplicito che implicito, tra la valutazione nel merito di una domanda d’asilo e la volontà dellavittima di fornire testimonianza nell’ambito del procedimento legale contro i suoi sfruttatori.Testimoniare per contribuire a identificare e perseguire i trafficanti può sollevare specifichepreoccupazioni di protezione che devono essere affrontate attraverso programmi di protezioneappositamente designati. Il fatto che un individuo abbia accettato di fornire una similetestimonianza, tuttavia, non necessariamente lo renderà un rifugiato, a meno che le ripercussionitemute al ritorno nel paese d’origine assurgano al livello di persecuzione e possano esserecollegate a una o più delle fattispecie elencate dalla Convenzione. Di contro il fatto che unavittima di tratta rifiuti di fornire testimonianza non dovrebbe condurre ad alcuna conclusionenegativa riguardo alla sua domanda d’asilo. 51 Si veda la nota 19. 52 Si veda la nota 13. La linea guida 8 tratta le misure specifiche per la protezione e il sostegno dei minori vittime ditratta. 53 Si veda la nota 18, in particolare i par. 64-78.
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- 39 -Tribunale di VeneziaSentenza 30 gennaio 2006 n. 270Nella causa civile promossa con atto di citazione da [...] contro la Presidenza del Consiglio deiMinistri [...]. Svolgimento del processoCon atto di citazione notificato in data 23.5.2003 [...], cittadino turco di nazionalità curda,conveniva, avanti l'intestato tribunale, il Ministero dell'interno e la Presidenza del Consiglio deiMinistri chiedendo il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione diGinevra del 1951, previo annullamento del provvedimento della Commissione centrale per ilriconoscimento dello status di rifugiato, in quanto perseguitato dalle autorità turche inconseguenza dell'attività di supporto svolte dallo stesso attore in favore dei movimentiindipendentisti curdi. [...]Motivi della decisioneLa domanda è fondata. Dalla prova per testi è emerso che l'attore, pur non avendo fatto parte delPKK, fu denunciato alle autorità turche per aver solamente fornito cibo e vestiario ai membridello stesso PKK, e subì minacce e violenze gratuite da parte delle stesse autorità turche(ammanettato, bendato, schiaffeggiato, percosso con calci di fucile, trascinato sulle pietre,incatenato e tenuto per giorni senza cibo, né acqua). Il teste ha poi soggiunto che anche ifamiliari dell'attore, dopo l'arresto di quest'ultimo, subirono controlli, perquisizioni periodiche evarie vessazioni.Dalla documentazione versata in causa si evince che in Turchia, in alcune zone, e in particolarein quella di provenienza dell'attore, vi è una situazione di pregiudizio per i diritti umani dellaminoranza curda alla quale appartiene l'attore.A fronte di tale situazione, si debbono ritenere sussistenti fondati motivi per affermare chequalora l'attore venisse rimpatriato egli potrebbe incorrere in gravi conseguenze per la propriaincolumità, a causa dell'appartenenza all'etnia curda e per le vicende che lo hanno vistocoinvolto e narrate dal teste assunto.Pertanto, annullato il provvedimento impugnato, va accertato lo status di rifugiato in capoall'attore. Le spese seguono la soccombenza dei convenuti.P.Q.M.il tribunale di Venezia [...] respinta ogni altra domanda, così provvede: 1) accoglie la domandadell'attore e, annullato il provvedimento della Commissione centrale per il riconoscimento dellostatus di rifugiato in questione, riconosce in capo all'attore lo status di rifugiato ai sensi dellaConvenzione di Ginevra del 1951; 2) condanna le parti convenute alla rifusione, in favoredell'attore, delle spese di lite, liquidate in euro [...].
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- 40 -Tribunale di VeneziaSentenza 12 ottobre 2007 n. 2250Nella causa iscritta al ruolo generale n. 1449/2005 R.G. promossa con atto di citazionenotificato il giorno 16.2.2005 [...] da [...] contro il Ministero dell'interno e la Presidenza delConsiglio dei Ministri e con l'intervento della Procura della Repubblica presso il tribunale diVenezia. [...].Svolgimento del processoCon atto di citazione ritualmente notificato l'attore [...], cittadino nigeriano, conveniva ingiudizio avanti all'intestato tribunale la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministerodell'interno al fine di sentire accertati i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato o,in subordine, del diritto di asilo politico.A sostegno della sua domanda esponeva di essere cristiano cattolico appartenente al gruppoetnico degli Yorubas e già studente del quarto anno della facoltà di lingue dell'universitàAhmudi Bello nello Stato di Kaduna. Aggiungeva che in occasione delle celebrazioni per ilvenerdì santo del 2.4.1999 nella città di Kaduna scoppiarono violenti disordini di natura etnico-religiosa tra la maggioranza musulmana e la minoranza cattolica e suo padre, suo fratello e lafidanzata riportarono gravi ferite a seguito delle quali morirono. A causa del suo ruolo di leaderstudentesco e incaricato alle relazioni pubbliche dell'associazione degli studenti cristianidell'università egli, con altri settanta studenti, fu arrestato il 22.3.2000 e la reclusione siprotrasse per più di un anno in un luogo rimasto sconosciuto. La scarcerazione avvenne il25.8.2001 su ordine del Ministro della giustizia, assassinato nel dicembre dello stesso anno. Nelfebbraio 2002 durante alcuni scontri all'università egli venne ferito da una pugnalata al fianco edurante la degenza ospedaliera veniva ricercato a casa dalla polizia per l'arresto, evitato solograzie alla fuga prima in Costa d'Avorio e successivamente in Italia. Gli estremisti islamici,appresa la notizia del fatto che egli era ricercato per gli scontri, diedero alle fiamme la casa, ilnegozio ed il magazzino della famiglia. La madre fu nel frattempo arrestata in quanto sospettatadi favoreggiamento nei suoi confronti.La sua richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato era stata respinta dalla Commissionecentrale che aveva ritenuto che non ci fosse una persecuzione specifica nei suoi confronti.Benché ritualmente notificati, i convenuti non si costituivano. [...].Motivi della decisione[...]. Pacifica è oramai la giurisdizione del giudice ordinario nella materia in questione, comeaffermato dall'uniforme orientamento anche di merito successivo alla sentenza Cass. S.U.17.12.1999 n. 907 secondo la quale "la qualifica di rifugiato politico ai sensi della Convenzionedi Ginevra del 29.7.1951 costituisce, come quella dell'avente diritto all'asilo (dalla quale sidistingue perché richiede quale fattore determinante un fondato timore di essere perseguitato,cioè un requisito non richiesto dall'art. 10, co. 3, Cost.), una figura giuridica riconducibile allacategoria degli status e dei diritti soggettivi, con la conseguenza che tutti i provvedimentiassunti da competenti organi in materia hanno natura meramente dichiarativa e non costitutiva, ele controversie riguardanti il riconoscimento della posizione di rifugiato (così come quelle sulriconoscimento del diritto di asilo) rientrano nella giurisdizione della autorità giudiziariaordinaria, una volta espressamente abrogato dall'art. 46, l. n. 40 del 1998, l'art. 5, D.L. n. 416 del1989, conv. con modificazioni dalla l. n. 39 del 1990 (abrogazione confermata dall'art. 47 deltesto unico d.lgs. n. 286 del 1998), che attribuiva al giudice amministrativo la competenza perl'impugnazione del provvedimento di diniego dello status di rifugiato". [...].
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- 41 -Poiché la domanda è diretta all'accertamento di uno "status" in senso proprio, ossiaall'accertamento dei presupposti per riconoscere in capo all'attore una specifica situazionegiuridica soggettiva che riceve protezione dall'ordinamento ed esprime la posizione del soggettonell'ambito della collettività organizzata, va decisa al tribunale in composizione collegiale e conla partecipazione necessaria del P.M., ritualmente intervenuto in giudizio. [...].Nel merito, l'attore deduce, a fondamento della domanda principale, di essere stato vittima,insieme ai familiari, di gravi comportamenti persecutori da parte delle autorità di polizia delloStato della Nigeria e degli estremisti islamici, in quanto cristiano attivo nelle organizzazionistudentesche ed in particolare nelle iniziative finalizzate alla promozione dei diritti umani. Ladettagliatissima narrazione delle persecuzioni subite, verosimile, in relazione alla situazionepresente nel paese d'origine e ben descritta nelle relazioni delle organizzazioni umanitariedimesse, trova riscontri documentali: a) nei certificati di morte del padre, del fratello e delladonna indicata come fidanzata nei giorni successivi al 2.4.1999, quando ci furono le repressioniper ragioni religiose (docc. 25, 26, 27); b) nella relazione redatta dal legale di uno studionigeriano che fu incaricato della difesa relativa alla incriminazione che portò alla detenzione(docc. 20 e 21), nonché la dichiarazione sotto giuramento di altro legale dello stesso studio (doc.22), che conferma la narrazione attorea; c) il referto medico ospedaliero che certifica la ferita dacoltello nel febbraio 2002.Reputa il Collegio che i plurimi e concordanti mezzi di prova documentali offerti dall'attoresiano sufficienti a dimostrare il pericolo di una persecuzione personale specificamente diretta alsoggetto in caso di rientro in patria. Considerando le inevitabili difficoltà di prova incontratedall'attore, esigere l'indicazione di mezzi istruttori tipici (per esempio, testimoniali),significherebbe, di fatto, impedire o rendere eccessivamente onerosa la tutela giudiziaria deldiritto.La domanda diretta al riconoscimento dello status di rifugiato deve pertanto essere accolta, conconseguente assorbimento della domanda subordinata. Per la natura e l'oggetto della causa enella contumacia dei convenuti, si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione dellespese di lite.P.Q.M.il tribunale ordinario di Venezia, sez. III civ., definitivamente pronunciando, così decide: 1)dichiara la contumacia dei convenuti; 2) accoglie la domanda diretta all'accertamento dellostatus di rifugiato proposta dall'attore [...]; 3) dispone la compensazione delle spese di lite.
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- 42 -Cassazione civile , sez. un., 27 marzo 2008 , n. 7933LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONESEZIONI UNITE CIVILIComposta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:Dott. CARBONE Vincenzo - Primo Presidente -Dott. PRESTIPINO Giovanni - Presidente di sezione -Dott. PREDEN Roberto - Presidente di sezione -Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - rel. Consigliere -Dott. MERONE Antonio - Consigliere -Dott. PICONE Pasquale - Consigliere -Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere -Dott. BUCCIANTE Ettore - Consigliere -Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere –ha pronunciato la seguente:ordinanzasul ricorso proposto da:L.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CHISIMAIO 42, presso lo studio legaleFERRARA-GUARDATA-INTORCIA, rappresentata e difesa dall'avvocato FERRARASILVIO, giusta delega in atti;- ricorrente -controQUESTORE DI ROMA, MINISTERO DELL'INTERNO, COMMISSIONE NAZIONALEPER IL DIRITTO D'ASILO, TAR LAZIO;- intimati -per regolamento preventivo di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 394/06 delTribunale amministrativo regionale di ROMA; udita la relazione della causa svolta nellaCamera di consiglio il 19/02/08 dal Consigliere Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI; lette leconclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo GAMBARDELLA, ilquale chiede che le Sezioni unite della Corte, in Camera di consiglio, vogliano dichiarare lagiurisdizione del giudice ordinario, con i provvedimenti consequenziali.Inizio documentoFattoLa cittadina russa L.I . impugnava dinanzi al Tribunale Amministrativo per il Lazio ilprovvedimento del questore di Roma emesso il 21 ottobre 2005, ai sensi del D.P.R. 31 agosto1999, n. 394 , art. 12 , comma 2 , con il quale le era stato intimato di lasciare entro quindicigiorni il territorio dello Stato, nonchè ogni provvedimento presupposto, consequenziale oconnesso, ed in particolare la decisione della Commissione centrale per il riconoscimento dellostatus di rifugiato che non le aveva riconosciuto detto status. Deduceva la ricorrente di esserestata oggetto nel suo Paese di particolari attenzioni da parte della polizia, in quanto il proprioconiuge, cittadino ceceno, combatteva come partigiano nelle file dei ribelli ceceni: in particolareesponeva che durante la sua permanenza in Russia la polizia si era recata periodicamente pressola sua abitazione per estorcerle con minacce ed ingiurie informazioni sul marito, ed anche lacomunità locale la aveva sottoposta a continue umiliazioni ed offese ed aveva compiuto atti
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- 43 -vandalici nella sua abitazione, che in data 7 novembre 2002 ella era stata vittima di unaaggressione in strada, sfociata in atti di violenza sessuale. Riferiva altresì che in epocasuccessiva, dopo essersi trasferita in altra località, aveva subito l'arresto e la detenzione peralcuni giorni con l'accusa di partecipazione all'organizzazione terroristica cecena e che erainfine fuggita in Italia ed aveva presentato in data 19 giugno 2003 istanza di asilo per ilriconoscimento dello status di rifugiato, ai sensi della Convenzione di Ginevra del 18 luglio1951 , ratificata con legge 24 luglio 1954, n. 722.Esponeva inoltre che la Commissione centrale aveva respinto la sua richiesta non ravvisandoelementi di prova a sostegno della stessa, che il questore aveva emesso il proprio provvedimentosenza alcuna istruttoria e senza verificare la sussistenza di quelle esigenze di carattereumanitario che ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma6, e art. 19, comma 1, impediscono l'adozione di provvedimenti di espulsione e/o diallontanamento dal territorio dello Stato con contestuale rilascio del permesso di soggiorno, cosìviolando non solo la normativa interna, ma anche gli obblighi di carattere internazionale assuntidal nostro Stato con la firma e la ratifica della Convenzione di Ginevra e della ConvenzioneEuropea dei diritti dell'uomo.Prospettava altresì l'illegittimità del provvedimento per eccesso di potere e violazione del D.P.R.n. 445 del 2000 , art. 18 e del D.Lgs. n. 286 del 1998 , art. 13 e della L. n. 241 del 1990, artt. 3 e7.In pendenza di detto giudizio la L. proponeva ricorso per regolamento preventivo digiurisdizione, chiedendo dichiararsi la giurisdizione del giudice amministrativo. Le partiintimate non svolgevano attività difensiva. Il pubblico ministero nelle sue conclusioni scrittechiedeva dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario. La ricorrente depositava infinememoria.DirittoCome risulta dalla esposizione in fatto che precede, la ricorrente ha proposto ricorso perregolamento preventivo di giurisdizione in relazione al ricorso proposto dinanzi al TAR per ilLazio, diretto a far valere vizi di violazione di legge e di eccesso di potere del decreto delquestore, emesso a seguito della decisione della Commissione centrale per il riconoscimentodello status di rifugiato politico che non aveva riconosciuto il suo status di rifugiata: con dettoprovvedimento il questore, preso atto della decisione di detta Commissione e rilevato che lastraniera non aveva i requisiti richiesti, facendo applicazione dell'art. 12 del regolamento di cuial D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 aveva decretato il rifiuto del permesso di soggiorno per asilopolitico e la aveva invitata a lasciare il territorio nazionale entro quindici giorni dalla data dellanotifica, così caducando il precedente provvedimento con il quale la medesima ricorrente, inattesa della decisione della Commissione centrale, aveva ottenuto in via temporanea disoggiornare nel territorio nazionale.La questione di giurisdizione proposta con il ricorso in esame non investe pertanto la decisionedi esclusione dello status di rifugiata, in ordine alla quale la stessa ricorrente ha dichiarato diaver proposto specifica impugnazione dinanzi al Tribunale di Roma, tuttora pendente in primogrado, ma attiene al provvedimento del questore con il quale, nella implicita esclusione dellaricorrenza di motivi umanitari, è stato ordinato l’allontanamento della L. dal territorio delloStato.Il quadro normativo di riferimento, in relazione al dispiegarsi nel tempo della vicenda in esame,è delineato dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, il quale, nel disporre che il rifiutoo la revoca del permesso di soggiorno possono essere (altresì) adottati sulla base di convenzionio accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni disoggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, fa salva l'ipotesi che ricorrano seri motivi, inparticolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali delloStato italiano; dall' art. 6, comma 10, dello citato d.lgs., ai sensi del quale contro iprovvedimenti di cui all'art. 5 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionalecompetente; dall'art. 19 , comma 1, del citato d.lgs., che pone il divieto di espulsione e direspingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione permotivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di
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- 44 -condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere r inviato verso un altro Stato nelquale non sia protetto dalla persecuzione; dall'art. 28 del regolamento di cui al D.P.R. 31 agosto1999 , n. 394 , il quale prevede che, quando la legge dispone il divieto di espulsione, il questorerilascia il permesso di soggiorno, tra l'altro e per quanto rileva in questa sede, ... d) per motiviumanitari, negli altri casi, salvo che possa disporsi l'allontanamento verso uno Stato cheprovvede ad accordare una protezione analoga contro le persecuzioni di cui all'art. 19 ,comma 1,del testo unico.Erroneamente peraltro la ricorrente ha richiamato nella memoria illustrativa la L. 30 luglio2002, n. 189 , contenente nuove disposizioni in materia di asilo, ed il regolamento attuativo dicui al D.P.R. 16 settembre 2004 , n. 303 , per sostenere che, a fronte dell'unica richiesta di asilo,la Commissione aveva il potere di riconoscere lo status di rifugiato, ovvero negarlo, ovveroancora richiedere al questore l'applicazione della protezione di carattere umanitario di cui all'art.5, comma 6, del testo unico: ed invero la normativa invocata non è applicabile rationaetemporis, atteso che ai sensi dell'art . 34, comma 3, di detta legge le disposizioni di cui agli artt.31 e 32 si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del predetto regolamento; fino atale data si applica la disciplina anteriormente vigente. E poichè il regolamento è entrato invigore il 20 aprile 2005, mentre nel caso in esame la richiesta di asilo era intervenuta in dataanteriore, la fattispecie resta chiaramente regolata dalla normativa preesistente.Dal sopra delineato quadro normativo emerge con chiarezza che il provvedimento diallontanamento emesso dal questore, nel caso di negazione da parte della competenteCommissione dello status di rifugiato, non costituisce un atto meramente consequenziale edindefettibile, tale da essere ricondotto alla giurisdizione del giudice cui spetta la cognizionesull'accertamento o la negazione del predetto status, ma postula il preventivo accertamento -sulla base dell'unica originaria domanda di protezione - della insussistenza delle condizioniostative alla negazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari.La giurisprudenza di questa Suprema Corte è del tutto consolidata nel ritenere, in puntualeapplicazione del richiamato del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 6, comma 10, che spetta al giudiceamministrativo la giurisdizione sul diniego da parte del questore di rilascio del permesso disoggiorno disciplinato dall'art. 5 (a differenza di quello per motivi familiari contemplato dall'art.30, che deve essere rilasciato in presenza delle specifiche situazioni ivi tassativamente previste),mentre il giudice ordinario è chiamato a verificare la legittimità dell'atto espulsivo, secondo ildisposto dell'art. 13 dello stesso d.lgs.(v. tra le altre, più di recente, Cass. 2007 n. 22367; 2007 n.19447; Cass. S.U. 2006 n. 22217; Cass. 2006 n. 15752). Tale giurisdizione va coerentementeravvisata in relazione al provvedimento del questore di rifiuto del permesso di soggiorno permotivi umanitari, dovendosi escludere l'immediata operatività del divieto di espulsione di cuiall'art. 19, comma 1, del d.lgs. in esame in difetto della valutazione politico- amministrativadella sussistenza delle ragioni di protezione: ed invero, come questa Suprema Corte ha avutooccasione di osservare in alcune non remote decisioni, la richiamata disposizione vainterpretata, in relazione alle esigenze umanitarie che possano emergere in occasione di conflittio di disastri naturali o di altri eventi di particolare gravita verificatisi in Paesi non appartenentiall'Unione Europea, in correlazione con il successivo art. 20 del citato d.lgs., il quale prevede,come limite all'apprezzamento del giudice di eventuali persecuzioni nei confronti dello stranierosoggetto ad espulsione, l'avvenuta adozione con decreto del Presidente del Consiglio deiMinistri, d'intesa con i Ministri degli affari esteri, dell'interno, per la solidarietà sociale e con glialtri Ministri eventualmente interessati, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo, di misuretemporanee da adottarsi, anche in deroga alla disciplina generale sull'immigrazione, per rilevantiesigenze umanitarie (così Cass. 2005 n. 28775; 2004 n. 3732). (v. altresì sul punto Cons. Stato2006 n. 2868). Ciò vale a dire che in ipotesi siffatte il divieto di espulsione postula la preventivavalutazione politico- amministrativa della sussistenza delle ragioni di protezione, in strettarelazione con il tasso di discrezionalità politico- amministrativa che segna l'accertamento dellecondizioni per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari e sulla base dellavalutazione della situazione politica esistente nel paese di origine.La giurisdizione del giudice amministrativo va parimenti ravvisata in relazione al decreto diallontanamento emesso ai sensi del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 12, comma 2, come quello inesame, che postula il diniego del permesso di soggiorno per motivi umanitari e ne integracomunque l'esecuzione, e che non è confondibile con il provvedimento di espulsione, il qualepotrebbe anche, in ipotesi, non venire mai adottato.
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- 45 -Deve essere in conclusione dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.Non vi è luogo a pronuncia sulle spese di questo giudizio di cassazione, non avendo svolto leparti intimate attività difensiva.P.Q.M.La Corte di Cassazione, a sezioni unite, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo.Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 19 febbraio 2008.Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2008.
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- 46 -Tribunale di TriesteSentenza 2 maggio 2008 n. 10Nel procedimento camerale iscritto al n. 963/08 promosso con ricorso depositato in data20.3.2008 da [...] con l'intervento del Ministero dell'interno [...]. In punto: impugnazione delladecisione negativa della Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiatodi Gorizia e riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria.Svolgimento del processoCon ricorso al tribunale ordinario di Trieste, depositalo il 20.3.2008, proposto contro ilMinistero dell'interno, [...] esponeva di essere nato il 30.6.1972 in Togo, paese africano retto dauna delle dittature più lunghe della storia moderna; in tale paese, infatti, dal 1967 al 2005, ilpotere era stato detenuto da Eyadema Gnassingbè, capo di un governo distintosi perl'autoritarismo, la sistematica violazione dei diritti umani e la ferocia nei confronti di ogniopposizione. Tra i movimenti di opposizione al citato regime vi era l'UFC (Union des forces dechangement), del quale il ricorrente era membro attivo sin dal 2002.Deceduto improvvisamente nel febbraio 2005 il citato dittatore, un primo colpo di stato cheaveva portato al potere il figlio dello stesso, Faure Gnassingbé, era poi fallito, anche a causadelle pressioni internazionali ed erano state indette per il 24.4.2005 le elezioni, in vista dellequali l'attività dell'UFC era stata molto intensa, nella speranza che le consultazioni potesseroportare ad un regime democratico. Il ricorrente si era impegnato in prima persona a favore delcandidato dell'UFC Bob Akitani, criticando ampiamente l'efferatezza del precedente regime.Durante le elezioni le milizie di Gnassingbé e del suo partito, RPT, avevano occupato con armi iseggi, tra i quali quello del ricorrente, che era stato ferito con un coltello e quindi tratto inarresto, brutalmente percosso e torturato con sigarette accese: di tali violenze il ricorrenteportava ancora i segni sul suo corpo. Il ricorrente, era riuscito a fuggire nel Ghana e da quiaveva continuato la sua attività politica, mantenendo i contatti con i compagni del suo partito erinnovando la tessera. Nel 2007, quando Agboybo era stato nominato primo ministro, ilricorrente tornato nel Togo, verificando però che nulla era cambiato, posto che continuava larepressione contro gli oppositori ed, in particolare, contro i protagonisti delle rivolte nel corsodelle elezioni del 2005, come confermato dal rapporto 2007 di Amnesty International: nellanotte del 15.5.2007 degli uomini armati, dell'etnia cui apparteneva il presidente Gnassingbé,avevano fatto irruzione nella casa della sua famiglia e dal momento che sua madre avevarifiutato di dire dove egli si trovasse, era stata selvaggiamente picchiata, come evidenziato dallefotografie e dai certificati medici prodotti.A seguito di tale episodio era fuggito e, transitando per il Ghana, era giunto in Italia il 7.8.2007ed aveva appreso che suo fratello gemello, che credeva morto, viveva a Vicenza, dove gli erastato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari. La sua domanda diriconoscimento dello status di rifugiato era stata respinta, sul presupposto che le motivazioni daegli addotte non fossero più attuali. Il ricorrente lamentava l'assoluta genericità econseguentemente l'indeterminatezza della motivazione della decisione della Commissioneterritoriale e sottolineava come le circostanze da egli allegate e documentate comprovassero lasussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o, quanto meno, perl'attribuzione della protezione sussidiaria o, in via di ulteriore subordine, per il riconoscimentodel diritto d'asilo. Ciò premesso, il ricorrente rassegnava le conclusioni [...], instando anche perl'ammissione di prova testimoniale.Il ricorso ed il decreto di fissazione d'udienza venivano notificati all'interessato e comunicati alP.M. ed alla Commissione territoriale.Si costituiva il Ministero dell'interno, eccependo preliminarmente la tardività del ricorso,proposto oltre il termine perentorio di quindici giorni di cui all'art. 1 ter del D.L. n. 416/1989,convertito nella l. n. 39/1989, come modificato dalla l. n. 189/2002. Nel merito, il Ministeroosservava che la denunciata carenza di motivazione appariva irrilevante; richiamata ladefinizione dello status di rifugiato rinvenibile nella Convenzione di Ginevra del 28.7.1951, ilMinistero rilevava come non potessero essere ricondotte a tale definizione la situazione dipersone costrette ad abbandonare il loro paese per disordini interni, conflitti internazionali,calamità naturali, miseria. Sia dalla documentazione prodotta dal ricorrente che dalle sue stessedichiarazioni non erano emersi elementi oggettivi da cui inferire un timore di persecuzione ai
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- 47 -sensi dell'art. 1 della Convenzione di Ginevra. Il Ministero chiedeva pertanto la reiezione delricorso, in quanto inammissibile ed infondato, con vittoria di spese. [...].Motivi della decisionePreliminarmente deve essere disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso per tardivitàdello stesso, sollevata dal Ministero resistente.Il ricorso è stato infatti proposto ai sensi dell'art. 35 del d.lgs. 28.1.2005 n. 25 (Attuazione dellaDirettiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri aifini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato). L'art. 40 di tale d.lgs. haespressamente abrogato l'art. 1 ter del D.L. 30.12.1989 n. 416, convertito, con modificazionidalla l. 28.2.1990 n. 39, sul quale è fondata l'eccezione del Ministero; tale norma prevedeva untermine di quindici giorni per il ricorso al tribunale avverso le decisioni della Commissioneterritoriale.L'art. 35 del d.lgs. n. 25/2008 ha disciplinato le procedure di impugnazione, prevedendo cheavverso la decisione della citata Commissione sia esperibile ricorso al tribunale che ha sede nelcapoluogo del distretto di Corte d'appello in cui ha sede la Commissione che ha pronunciato ilprovvedimento, ricorso da proporsi, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dallacomunicazione del provvedimento, mentre il termine di quindici giorni, sempre dalla citatacomunicazione, deve essere osservato nel caso il ricorrente si trovi trattenuto in forza diprovvedimento del questore nei Centri di cui all'art. 14 del d.lgs. 25.7.1998 n. 286. Nonconstando che nei confronti del ricorrente sia stato disposto il trattenimento, nel caso di specie ilricorso deve ritenersi tempestivamente depositato in data 20.3.2008, nel trentesimo ed ultimogiorno utile, essendo avvenuta il 19.2.2008 la comunicazione della decisione dellaCommissione al ricorrente.Il ricorrente ha indicato quale propria controparte processuale il Ministero dell'interno, ma, allaluce del tenore dell'art. 35 del d.lgs. n. 25/2008, ed in particolare del co. 11, che prevede che lasentenza del tribunale in composizione monocratica possa essere reclamata unicamente dalricorrente e dal P.M., deve ritenersi che al Ministero dell'interno non possa riconoscersi lalegittimazione passiva in relazione al presente procedimento. Tale conclusione, fondata sultenore letterale della nuova disciplina, risulta ulteriormente confermata dalla considerazioneche, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, la qualifica di rifugiato costituisce unostatus e forma oggetto di un diritto soggettivo e tutti i provvedimenti assunti dagli organiamministrativi competenti in materia hanno natura meramente dichiarativa e non costitutiva (inquesto senso, decidendo in sede di regolamento di giurisdizione, Cass., S.U. civ., 17.12.1999, n.907; Cass., S.U. civ., 26.5.1997, n. 4674). Resta peraltro ferma la possibilità per il Ministero dell'interno di intervenire volontariamente nelprocedimento, come accaduto nel caso di specie, a tutela dell'interesse pubblico in materiaperseguito. L'art. 35 d.lgs. n. 25/2008 ha altresì disposto che il ricorso e il decreto di fissazioned'udienza debbano essere comunicati al P.M., per consentirne l'intervento e la successivaimpugnazione, con previsioni che sembrano ricollegarsi agli artt. 71 e 72 del c.p.c.Nel merito il ricorso è fondato.Ai sensi dell'art. 2 del d.lgs. 19.11.2007 n. 251, che dispone conformemente alla Convenzionesullo status dei rifugiati firmata a Ginevra il 28.7.1951 e ratificata con l. 24.7.1954 n. 722,rifugiato è il cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motividi razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinionepolitica, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza e non può o non vuole avvalersi dellaprotezione di tale paese. Il successivo art. 3 dispone che, ai fini del riconoscimento dello statusdi rifugiato o della attribuzione della protezione sussidiaria, il richiedente debba presentare tuttigli elementi e la documentazione necessari a motivare la relativa domanda. Ai sensi degli artt. 5e 7 del medesimo d.lgs., ai fini della valutazione della domanda di protezione internazionale gliatti di persecuzione paventati debbono essere sufficientemente gravi, per natura o frequenza, darappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali, potendo assumere, tra lealtre, la forma di atti di violenza fisica o psichica, di provvedimenti legislativi, amministrativi egiudiziari discriminatori; responsabili della persecuzione o del danno grave debbono essere loStato, partiti od organizzazioni che controllano lo Stato od una parte consistente del suo
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- 48 -territorio, soggetti non statuali, se i soggetti sopra citati, comprese le organizzazioniinternazionali, non possono o non vogliono fornire protezione.Il ricorrente ha prodotto in primo luogo un articolo pubblicato sul periodico "30 giorni nellachiesa e nel mondo, mensile internazionale diretto da Giulio Andreotti", dal titolo "L'ordineregna a Lomé". In tale articolo si legge che il Togo ha conosciuto uno dei regimi più lunghidella storia, quello definito autoritario e feroce di Eyadéma Gnassinngbé, che si attirò ripetutecritiche di Amnesty International e sanzioni internazionali; alla morte del dittatore, nel febbraiodel 2005, un colpo di Stato dei militari portò al potere il figlio Faure Gnassingbé, determinandotuttavia la applicazione di sanzioni da parte dell'Unione africana e dell'Unione europea, sanzioniche costrinsero il figlio del dittatore a rassegnare le dimissioni ed ad indire le elezioni. Leconsultazioni elettorali, svoltesi il 24.4.2005 in un clima di intimidazione e caratterizzate dagravi falsificazioni, portarono all'apparente vittoria dello RPT, partito del dittatore. L'autoredell'articolo ha evidenziato che l'opposizione contestò duramente l'esito delle elezioni,provocando la reazione violenta dello RPT, che giunse all'uccisione di ottocento persone,soprattutto giovani; squadre di militari si introducevano nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro,facendo sparire le persone. Nell'articolo si cita un documento dell'Alto Commissariato delleNazioni Unite per i rifugiati, nel quale si indicava che nel maggio 2005 i profughi togolesi eranopiù di 30.000.Il ricorrente ha prodotto altresì un rapporto di Amnesty International sulla situazione del Togonell'anno 2007, nel quale si legge che nello Stato, del quale è capo Faure Gnassingbé,nonostante le pressioni della Comunità internazionale e di quella nazionale, persistonol'impunità per gli autori delle violenze commesse successivamente alle elezioni del 2005 e ladetenzione dei sostenitori dell'opposizione in assenza di processo; il rapporto menzionanumerose segnalazioni di torture e di trattamenti cagionanti lesioni sui detenuti in stato dicustodia cautelare. Nel rapporto si citano come partiti di opposizione in Togo il CAR (Comitèd'action pour le renoveau) e l'UFC (Union des forces del changement); a quest'ultimo ilricorrente ha documentalmente provato di essere iscritto, mediante produzione di fotocopia dellatessera, validata sino al 2007.Il ricorrente ha dichiarato avanti alla Commissione di Gorizia di essere stato arrestato daimilitari nel seggio elettorale a causa dell'attività di propaganda per il partito di opposizione, diessere stato portato in un campo militare e di essere riuscito a fuggire il 25.4.2005, giornosuccessivo alle elezioni nel Ghana, dove era rimasto per quasi due anni, di aver deciso nelmarzo 2007 di far ritorno in Togo quando aveva appreso la notizia della nomina di Agboyborcome primo ministro. Il ricorrente ha ancora dichiarato che il 15.5.2007, durante la notte,mentre lui si trovava a casa della fidanzata, quattro persone armate di etnia Kabye, quella alpotere, erano entrate nell'abitazione della madre per cercarlo e, non avendolo trovato, posto chela madre non aveva inteso riferire dove fosse, i quattro armati avevano minacciato e picchiato ladonna. Al ricorso è stato allegato un certificato medico, rilasciato il 15.5.2007 a [...], madre delricorrente (il rapporto di filiazione è attestato dal certificato di cittadinanza doc. 7), dal qualerisulta che la donna aveva riportato una lussazione alla spalla sinistra, lesioni all'emifacciasinistra, una contusione alla caviglia destra. Alla Commissione il ricorrente ha ancora dichiaratodi aver lasciato il Togo lo stesso 15.5.2007 per tornare nel Ghana, paese nel quale tuttavia imiliziani togolesi in più occasioni si erano introdotti per uccidere loro connazionali, ragione percui il 6 agosto aveva lasciato il Ghana per l'Italia, dove era stato aiutato da un sacerdote atrovare suo fratello, giunto nel nostro paese nel 2002, al quale è stato riconosciuto lo status dirifugiato.Ancora, il ricorrente ha prodotto un certificato rilasciato il 5.3.2008 da un medico di Vicenza,nel quale si attesta che il ricorrente presenta segni di bruciature probabilmente di sigarettaall'avambraccio destro, di una cicatrice all'arcata sopracciliare destra, dei tagli alla manosinistra, delle cicatrici all'arto inferiore sinistro.Sentito da questo giudice, il ricorrente ha dichiarato che nell'ottobre del 2007 si sono svolte inTogo nuove elezioni legislative, in una situazione di completa anarchia e nell'impossibilità disvolgere qualsiasi controllo; in occasione delle consultazioni si sono verificati numerosi arrestidi esponenti del partito politico cui egli appartiene, l'UFC; nonostante l'invio di osservatoridell'ONU ed il sollecito da parte degli stessi alla punizione delle violenze, nessuna sanzione erastata adottata nei confronti dei responsabili.
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- 49 -È stato altresì sentito il fratello del ricorrente, il quale ha riferito di essere fuggito dal Togo perraggiungere l'Italia nel 2002, di aver ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato nel2004, di essere in contatto con connazionali i quali gli hanno confermato che nel Togo lademocrazia a tutt'oggi non funziona; egli ha altresì confermato che la madre è stata vittima diun'aggressione da parte dei militari.La Commissione territoriale ha ritenuto di rigettare la richiesta del ricorrente di protezioneinternazionale con la seguente motivazione: "in quanto le motivazioni addotte sono attinenti alprecedente ritorno in Togo e non sono più attuali". La motivazione in questione è senza dubbioinadeguata ed insufficiente; si osserva tuttavia che il presente giudizio non ha certo naturaimpugnatoria, avendo invece ad oggetto, come già sopra ricordato, lo status di rifugiato,riconducibile alla categoria degli status e dei diritti soggettivi, rispetto al quale tutti iprovvedimenti assunti dagli organi competenti hanno natura meramente dichiarativa e noncostitutiva, di talché l'eventuale illegittimità della decisione della Commissione non esime certoil richiedente la protezione dall'assolvere agli oneri assertivi e probatori che si vanno ad esporre,né il giudice dal valutare nel merito la sussistenza dei presupposti l'accoglimento dell'istanzadello straniero.Ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato è necessaria una precisa correlazione tra lasituazione specifica del richiedente e le condizioni politiche, sociali e normative del paese diprovenienza, senza che sia possibile far ricorso al notorio od inferire la situazione individuale daquella generale di un paese (Cass., sez, I civ. 20.12.2007 n. 26822). L'art. 3 del d.lgs.19.11.2007 n. 251, nel ribadire che l'esame della domanda di protezione internazionale deveessere effettuato su base individuale, dispone che "il fatto che il richiedente abbia già subitopersecuzioni o danni gravi o minacce dirette di persecuzioni o danni costituisce un serio indiziodella fondatezza del timore del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subiredanni gravi, salvo che si individuino elementi o motivi per ritenere che le persecuzioni o i dannigravi non si ripeteranno". La medesima norma, tenendo conto delle gravi difficoltà che possono sussistere, proprioladdove la persecuzione è più forte, nell'assolvere all'onere probatorio dispone che "qualorataluni elementi o aspetti delle dichiarazioni del richiedente la protezione internazionale nonsiano suffragati da prove, essi sono considerati veritieri se l'autorità competente a decidere sulladomanda ritiene che: a) il richiedente ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare ladomanda; b) tutti gli elementi in suo possesso sono stati prodotti ed è stata fornita una idoneamotivazione dell'eventuale mancanza di altri elementi significativi; c) le dichiarazioni delrichiedente sono ritenute coerenti e plausibili e non sono in contraddizione con le informazionigenerali e specifiche pertinenti al suo caso, di cui si dispone [...]".Nel caso di specie, le pubblicazioni prodotte dal ricorrente hanno fornito informazioni preciseed univoche sulla situazione socio-politica nel Togo, prima e dopo le elezioni dell'aprile 2005,sui gravi atti di violenza fisica, sulle uccisioni, sulle detenzioni arbitrarie degli appartenenti aipartiti politici di opposizione, tra il quali l'UFC, nel quale milita il ricorrente; tali atti persecutorisono riconducibili al partito di governo e sono determinati da motivi politici, rappresentati dallavolontà di contrastare l'evoluzione in senso democratico del governo del paese, perseguitadall'UFC e da altri partiti di opposizione. La documentazione acquisita ha altresì confermato leallegazioni del ricorrente circa il perdurare della persecuzione nei confronti dei militanti deipartiti di opposizione ed in specie di coloro che presero parte alle contestazioni dei risultatielettorali dell'aprile 2005. Positivi elementi di riscontro ha rinvenuto la correlazione tra lasituazione socio-politica generale appena descritta e quella specifica del ricorrente; egli hainfatti provato, come già rilevato, di militare nell'UFC, di portare sul suo corpo i segni diviolenze subite, che sua madre, una donna di sessantasei anni, nel maggio del 2007 ha subito attidi violenza fisica da parte dei militari. Tenuto conto del già citato art. 3 co. 5 del d.lgs. n.251/2007, correlativamente anche nel giudizio avente ad oggetto lo status di rifugiato l'onereprobatorio deve ritenersi attenuato in considerazione del ridotto grado di disponibilità obiettivadelle prove da parte del ricorrente; quest'ultimo nel caso di specie ha circostanziato in modomolto preciso le sue dichiarazioni, sia nel procedimento amministrativo che nel presentegiudizio, ha fornito i documenti dei quali poteva avere la disponibilità, ha addotto elementirelativi alla sua condizione specifica che sono del tutto coerenti con le informazioni disponibilisulla situazione del paese di provenienza e sul suo caso.
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- 50 -Sulla scorta di tali considerazioni questo giudice ritiene che al ricorrente possa esserericonosciuto lo status di rifugiato, potendo considerarsi provato il concreto ed attuale rischiodella sua sottoposizione nel paese di origine, ad opera del partito di governo, a misuresanzionatorie incidenti sulla sua integrità fisica o sulla sua libertà personale in ragione delle sueconvinzioni politiche.Tenuto conto della complessità e controvertibilità della valutazione in ordine ai presupposti peril riconoscimento dello status di rifugiato, le spese processuali possono essere integralmentecompensate.P.Q.M.ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando, riconosceal ricorrente [...], lo status di rifugiato, ai sensi della Convenzione di Ginevra relativa allo statusdei rifugiati e del d.lgs. 19.11.2007 n. 251; compensa integralmente te spese processuali.
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- 51 -Tribunale di TriesteSentenza del 17 luglio 2008 – est. PicciottoNella causa iscritta al R.G. 1536/08, tra [...] contro il Ministero dell'interno [...].Svolgimento del processoCon ricorso depositato il 15.5.2008 [...] proponeva opposizione avverso il provvedimento didiniego di riconoscimento dello status di protezione internazionale addotto dalla Commissioneterritoriale di Gorizia in data 27.3.2008. Esponeva di essere cittadina ivoriana, di etnia diouala e di religione musulmana, confrequentazione della moschea del suo quartiere. A partire dal 2002, la sua vita in Costa d'Avorioera stata esposta a notevoli rischi e pericoli e, con lo scoppio della guerra civile, lo Statoafricano veniva di fatto diviso in due: il nord, occupato dalle forze dei ribelli, il sud controllatodal governo centrale del presidente Gbagbo. Le forze governative, che si riconoscevano nellareligione cristiana, venivano appoggiate, tra gli altri, dal partito del "Giovani patrioti",organizzazione nazionalista, criticata dagli osservatori internazionali per le dichiarate posizioni"antislamiche". Con la connivenza del governo, esponeva la ricorrente, queste organizzazionicontrastavano nel modo più assoluto ogni possibile forma di opposizione al potere, facendosiautori di una politica sanguinaria nei confronti della popolazione musulmana e di etnia diouala,ritenuta connivente con le forze ribelli del nord.Per tali ragioni la ricorrente e la sua comunità rappresentavano un bersaglio privilegiato deiGiovani patrioti, che già nel 2001 avevano aggredito la sig.ra [...] e la madre, mentre sitrovavano al mercato, costringendo la ragazza a chiedere l'intervento di un medico, come dacertificazione già prodotta in sede amministrativa. Il fatto più grave si verificava il 15.10.2004,quando ella si trovava presso la moschea per la preghiera del venerdì, ed i Giovani patriotisarebbero irrotti, provocando i fedeli, per poi scagliarsi contro i presenti, picchiandoliviolentemente. La [...] veniva colpita alla testa, al viso, al capo, alle mani, alla spalla esoprattutto al ventre. Fuggita verso la sua casa, la trovava completamente distrutta esaccheggiata, avendola i Giovani patrioti identificata come luogo di congiure e tradimenti, cometutti gli edifici che si affacciavano sulla corte comune dove praticavano le loro credenze e riti.Qualche giorno dopo si rivolgeva al Centro ospedaliero universitario di Yopougon, dove levenivano riscontrate gravi lesioni al polso, al pollice, alla spalla, un trauma cranico ed unvistoso ematoma, nonché lesioni all'arco dentario, con applicazione di una rudimentale strutturametallica, come da certificazione agli atti. Costretta a fuggire in Ghana, in quel paeseemergevano le conseguenze più gravi dell'aggressione subita nell'ottobre 2004. Nei primi mesidel 2005, infatti, avvertiva un forte dolore alla pancia e, sottoposta con urgenza ad un interventochirurgico, subiva la totale asportazione dell'utero e delle ovaie: secondo il giudizio tecnico delmedico italiano che la aveva visitata al suo arrivo in Italia, "un intervento così demolitivo nonpuò essere che la conseguenza di un gravissimo traumatismo che ha provocato la rottura di taliorgani".In Italia veniva accolta presso l'Associazione "Il Mondo nella città" di Schio (VI), e presentavaquindi per il tramite della questura di Vicenza la sua domanda di protezione internazionale.Sentita dalla Commissione territoriale di Gorizia, innanzi alla quale raccontava la sua storia,depositando ampia documentazione medica nonché i rapporti di Amnesty International sullasituazione del suo paese, esponeva con memoria che le violenze nei confronti della popolazionemusulmana e di etnia diouala erano ancora all'ordine del giorno in Costa d'Avorio, comedenunciato dalle stesse organizzazioni internazionali. Ciò nonostante il 16.4.2008 si vedevanotificare la decisione con cui la Commissione rigettava la sua richiesta, con una motivazionesecondo cui "le dichiarazioni rese" sarebbero "credibili solo in parte, ma il quadro emerso nonmeritevole di tutela anche a causa del migliorato quadro politico nel paese". Di tale provvedimento chiedeva l'annullamento per violazione di legge per evidente carenzadella motivazione ed omessa valutazione degli elementi agli atti, nonché violazione di legge conriferimento agli artt. 1 Convenzione di Ginevra, 2, 3, 5, 7 d.lgs. 251/2007, Direttiva2005/83/CE, e per eccesso di potere per difetto di istruttoria ed ulteriore carenza di motivazione.L'amministrazione aveva l'onere di evidenziare in modo chiaro e dettagliato l'iter logico seguito,in modo ancor più stringente qualora, come nella specie, fosse in gioco la tutela dei dirittiumani. Per contro era stata omessa l'indicazione degli elementi per i quali il racconto della
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- 52 -ricorrente fosse "credibile solo in parte": il tutto a fronte dell'esistenza di evidenti segni dipersecuzione e di un quadro nazionale univoco, nel quale l'odio razziale e religioso denunciatodalla ricorrente sarebbe tutto fuorché assopito. La protezione era stata richiesta dalla ricorrente acausa di una circostanziata persecuzione per motivi etnici e religiosi, con inevitabile colorazioneanche politica, e persecuzioni del genere erano del tutto attuali, come confermato dagliosservatori internazionali. A fronte di ciò la Commissione aveva omesso di motivare sul punto,e di riferirsi ad elementi probatori concreti, idonei a superare o contrastare il quadropreoccupante denunciato da organizzazioni umanitarie.Sussistendo tutti i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato, ai sensi del combinatodisposto degli artt. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951, ratificata dall'Italia con legge14.2.1970 n. 95, dell'art. 2, co. 1 lett. e) d.lgs. 251/2007 di recepimento della Direttiva2005/83/CE, al cittadino straniero che "temendo a ragione di essere perseguitato per motivi dirazza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sueopinioni politiche, si trova fuori del paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa diquesto timore, avvalersi della protezione di questo paese", esso doveva essere riconosciuto allaricorrente.In via subordinata eccepiva la violazione di legge con riferimento agli att. 2, co. 1 lett. g) e 14d.lgs. 251/2007, art. 3 legge 241/90, ricorrendo tutti gli elementi per il riconoscimento di una"protezione sussidiaria" ai sensi del combinato disposto degli artt. 2, co. 1 lett. g) e 14 d.lgs.251/2007, in quanto in caso di rimpatrio in Costa d'Avorio la [...] poteva correre un rischioeffettivo di subire un grave danno a causa della sua origine etnica e della sua fede religiosa.Inoltre, essendo una donna di etnia diouala, sarebbe facilmente, esposta al rischio di violenzesessuali: gli osservatori internazionali avrebbero al riguardo sottolineato come, sia le forzegovernative che le New Forces del nord, si esibirebbero quotidianamente in veri e proprisfruttamenti sessuali nei confronti delle donne diouala, da loro considerate come esseri inferiori,veri e propri strumenti per lo sfruttamento di ogni bisogno maschile.Tutto ciò premesso, concludeva come in ricorso.Si costituiva il Ministero dell'interno chiedendo il rigetto del ricorso per non avere la ricorrentedimostrato l'esistenza di elementi oggettivi da cui inferire un timore di persecuzione rilevante aifini della vigente normativa. Le generiche ostilità asseritamente subite dalla ricorrente, erapportate a presunte persecuzioni politiche, sarebbero insufficienti in quanto il clima politicoera nel frattempo mutato, e le condizioni per l'accoglimento della domanda dovevano sussistereal momento della decisione.Sentita la ricorrente all'udienza, la causa era riservata in decisione.Motivi della decisioneSi osserva preliminarmente come la legittimazione della Commissione territoriale a partecipareal procedimento sia ormai pacifica, in forza della espressa previsione di cui agli artt. 35, co. 5 e9, d.lgs. 25/08 che prevedono la comunicazione del ricorso e l'intervento all'udienza dellaCommissione stessa. Tuttavia la Commissione non appare essere parte del procedimento stanteche non è indicata tra i soggetti legittimati ad impugnare la (presente) decisione (art. cit., co.11). In ogni caso la presenza della avvocatura distrettuale dello Stato per il Ministerodell'interno viene a sanare qualsiasi problematica interpretativa, potendosi forse ritenere che conla sua partecipazione al giudizio il Ministero dell'interno si atteggi ad interveniente volontarionella sua qualità di organo sovraordinato della Commissione e pertanto portatore di un interesseal giudizio.Va premesso che in ordine al diritto costituzionale di asilo di cui all'art. 10, co. 3 Cost., che èallo stato privo di attuazione normativa secondaria, devesi ritenere che l'immediata precettivitàdella norma costituzionale trovi riscontro nella prevista obbligatorietà di concessione delpermesso di soggiorno spettante a tutti coloro i quali propongano domanda per i1riconoscimento dello status di rifugiato (art. 26, co. 4, ultima proposizione, d.lgs. 25/08, ma giàcontemplato dall'art. 1, co. 5, del D.L. 30.12.1989, n. 416, convertito con modificazioni dallalegge 28.2.1990, n. 39). La tutela dei diritti umani e della personalità viene invece affidataproprio al riconoscimento dello status di rifugiato, sotto le condizioni di cui al d.lgs. 251/07,come peraltro espressamente stabilito già fin dal d.lgs. 140/05 (art. 1 - finalità - "Il presente
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- 53 -decreto ha lo scopo di stabilire le norme relative all'accoglienza degli stranieri richiedenti ilriconoscimento dello status di rifugiato nel territorio nazionale").Nel merito si osserva che sussiste una apprezzabile prova dell'esistenza di una violazione didiritti umani nei riguardi della ricorrente. Ai sensi del d.lgs. n. 285 del 2007 "rifugiato" è ilcittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza,religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, sitrova fuori dal territorio del paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore,non vuole avvalersi della protezione di tale paese. L'esame della domanda di protezioneinternazionale, come prescritto dall'art. 3, deve essere effettuato su base individuale, convalutazione "di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d'origine al momento dell'adozionedella decisione in merito alla domanda"; "della dichiarazione e della documentazione pertinentipresentate dal richiedente, che deve anche rendere noto se ha già subito o rischia di subirepersecuzioni o danni gravi"; "della situazione individuale e delle circostanze personali delrichiedente, in particolare la condizione sociale, il sesso e l'età, al fine di valutare se, in base allecircostanze personali del richiedente, gli atti a cui è stato o potrebbe essere esposto siconfigurino come persecuzione o danno grave". Inoltre, l'art. 4 stabilisce che, "Il fatto che ilrichiedente abbia già subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette di persecuzioni o dannicostituisce un serio indizio della fondatezza del timore del richiedente di subire persecuzioni odel rischio effettivo di subire danni gravi, salvo che si individuino elementi o motivi per ritenereche le persecuzioni o i danni gravi non si ripeteranno e purché non sussistono gravi motiviumanitari che impediscono il ritorno nel paese di origine".Gran parte di tutto ciò non è stato tenuto presente dalla Commissione, il cui provvedimentodeve essere anullato per carenza di motivazione e di attività istruttoria.Si premette che la tutela internazionale delle donne vittime di violenza può essere esercitata,come si legge nello stesso sito internet del Ministero degli interni, anche a mezzo dellaconcessione dello status di rifugiato, in quanto la "persecuzione relativa al genere è una formadistinta di persecuzione che può rientrare all'interno della definizione di rifugiato fornita dallaConvenzione di Ginevra"; l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha definito la violenzacontro le donne - si legge sempre nel sito - "una forma di persecuzione legata al generefemminile e che si manifesta attraverso azioni violente di tipo fisico, psicologico o sessuale o inqualunque modo dirette a provocare sofferenza nella donna, includendo tra tali azioni anche leminacce, la coercizione e la privazione della libertà, sia nella sfera privata sia in quellapubblica". Continua il sito: "nel 1996 la normativa sulle garanzie supplementari del Consigliodell'Unione europea ha stabilito che gli Stati membri devono prevedere, nelle procedure dirichiesta di asilo da parte delle donne, la presenza di funzionari qualificati e interpreti di sessofemminile, soprattutto nei casi in cui, per gli eventi vissuti o l'origine culturale, le richiedentiincontrino difficoltà a esporre esaurientemente le loro motivazioni". Neanche di ciò ha tenutoconto la Commissione, che almeno gerarchicamente dovrebbe seguire le indicazioni delMinistero.Posto che ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato è necessaria una precisacorrelazione tra la situazione specifica del richiedente e le condizioni politiche, sociali enormative del paese di provenienza, senza che sia possibile far ricorso al notorio od inferire lasituazione individuale da quella generale di un paese (Cass., sez. I. civ., 20.12.2007 n. 26822), siosserva che sussistono precisi riscontri oggettivi alle documentate dichiarazioni rese dallaricorrente.Da quanto risulta dal rapporto di Amnesty International del 2008, in Costa d'Avorio nel marzo,il presidente Laurent Gbagbo e Guillaume Soro, segretario generale delle Forze nuove (Forcesnouvelles), e la coalizione di gruppi armati che controlla il nord dal settembre 2002, hannofirmato un accordo a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso. Obiettivo dell'accordo era lariunificazione del paese e la stesura di condizioni per le elezioni presidenziali rinviate dal 2005.Sono stati fissati i tempi per il disarmo e la creazione di un esercito integrato. Guillaume Soro èstato nominato primo ministro di un governo di transizione a marzo. A settembre la zonacuscinetto che separava le truppe governative ed elementi armati delle Forze nuove, econtrollata dai contingenti francese e delle Nazioni Unite, è stata smantellata e brigate misteformate da soldati governativi e delle Forze nuove hanno iniziato a pattugliare la zona. Asettembre, è stato lanciato un processo di registrazione elettorale e a novembre i due partiti
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- 54 -hanno concordato di tenere le elezioni presidenziali entro giugno 2008. A dicembre i due partitisi sono impegnati ad avviare il lungamente atteso processo di disarmo quale passo verso laformazione di un nuovo esercito nazionale. Tuttavia si dà chiaro, evidente e circostanziato attoche "sono proseguite le notizie di violenza sessuale contro donne e ragazze mentre diversipresunti responsabili sono stati rilasciati senza essere processati. Questo tipo di impunità èdipesa in special modo dal fatto che il codice penale ivoriano non dà una definizione di stupro".[...].Poiché la ricorrente ha circostanziato in modo molto preciso le sue dichiarazioni, sia nelprocedimento amministrativo che nel presente giudizio, ha fornito i documenti dei quali potevaavere la disponibilità, ha addotto elementi relativi alla sua condizione specifica che sono deltutto coerenti con le informazioni disponibili sulla situazione del paese, sulla scorta di taliconsiderazioni questo giudice ritiene (come già fatto da altro giudice del tribunale di Trieste consentenza dd. 30.4.2008, giudice Barzazi) che alla ricorrente possa essere riconosciuto lo statusdi rifugiata, potendo considerarsi provato il concreto ed attuale rischio della sua sottoposizionenel paese di origine, ad opera di soggetti non controllati ed anzi conniventi con il partito digoverno, a violenza fisica per ragioni di sesso e religione.Spese compensate sussistendo complessità della materia, sia interna che internazionale; le speserelative all'interprete devono essere poste a carico del convenuto.P.Q.M.ogni altra istanza, deduzione ed eccezione disattesa, definitivamente pronunziando, il tribunaledi Trieste così provvede: riconosce alla ricorrente [...], nata a [...] (Costa d'Avorio) il [...], lostatus di rifugiata, ai sensi della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati e deld.lgs. 19.11.2007 n. 251; compensa le spese, [...].
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- 55 -Cassazione civile, S.U., sentenza del 17 novembre 2008, n. 27310
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- 79 -NOTA DELL’UNHCR CONTENENTE INDICAZIONI SULLE DOMANDE DISTATUS DI RIFUGIATO NELL’AMBITO DELLA CONVENZIONE DEL 1951RELATIVE A ORIENTAMENTO SESSUALE E IDENTITÀ DI GENEREAlto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR)Sezione per le politiche di protezione e per la consulenza legaleDivisione dei servizi di protezione internazionaleGinevraNovembre 2008NotaL’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) emette Note suquestioni giuridiche tematiche in conformità con il proprio mandato, così come così comecontenuto nello Statuto dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiatidel 1950, in combinazione con l’articolo 35 della Convenzione relativa allo status dei rifugiatidel 1951 e l’articolo II del suo Protocollo del 1967. Attraverso l’analisi dei principi giuridici, della giurisprudenza e di altri materiali rilevanti alivello internazionale, la presente Nota si propone di chiarire il diritto e gli standard giuridiciapplicabili allo scopo di fornire indicazioni nella particolare area tematica in questione. Lafinalità ultima è quella di migliorare la protezione fornita a rifugiati e richiedenti asilo attraversoil rispetto degli standard internazionali in materia di protezione dei rifugiati. Quando riguardano la determinazione dello status di rifugiato, le Note di indicazione vanno aintegrare le linee guida di protezione internazionale rilevanti, con le quali dovrebbero esserelette in combinazione. Le Note di indicazione sono elaborate al fine di rispondere alle necessitàoperative e alle questioni legali emergenti e non necessariamente seguono lo stesso processo distesura delle Linee guida di protezione internazionale. Le Note e linee-guida dell’UNHCR sono accessibili dal pubblico e sono disponibili su Refworldall’indirizzo internet http://www.refworld.org. Per qualsiasi questione relativa ad aspettispecifici della presente è possibile rivolgersi alla Sezione per le politiche di protezione econsulenza legale (PPLAS) della Divisione dei servizi di protezione internazionaledell’UNHCR, Ginevra.
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- 80 -IndiceI. INTRODUZIONEII. ANALISI SOSTANZIALEA. BACKGROUNDB. FONDATO TIMORE DI PERSECUZIONEi. Leggi che considerano reato la condotta omosessuale ii. Timore di futura persecuzioneiii. Evitare la persecuzione iv. Agenti di persecuzionev. Il nesso causale (“per ragioni di”)C. FATTISPECIE PREVISTE DALLA CONVENZIONE D. ALTERNATIVA DI FUGA/TRASFERIMENTO INTERNIE. ONERE DELLA PROVA E CREDIBILITÀ (VALUTAZIONE) F.SUR PLACEIII. CONCLUSIONI
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I. INTRODUZIONE 1.La presente Nota fornisce indicazioni riguardo alle domande di status di rifugiatorelative all’orientamento sessuale e all’identità di genere. La persecuzione di persone a causa delloro orientamento sessuale e della loro identità di genere non costituisce un fenomeno recente. Èsolo negli ultimi anni tuttavia che un numero crescente di domande d’asilo viene inoltrato dapersone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (“LGBT”). Ciò rende necessaria una maggioreconsapevolezza riguardo alle esperienze specifiche dei richiedenti asilo LGBT tra coloro chesono incaricati di prendere decisioni in merito e una più approfondita analisi delle questionigiuridiche coinvolte. 2.Negli ultimi decenni, nella letteratura accademica come nelle decisioni giudiziarienazionali sono stati compiuti importanti progressi nell’analisi e nell’interpretazione dei concettidi orientamento sessuale e identità di genere nel contesto del diritto dei rifugiati. Tali sviluppisono avvenuti in parallelo e hanno dato vita a una crescente giurisprudenza e a sviluppigiuridici a livello internazionale (ad esempio attraverso gli organismi dell’ONU per ilmonitoraggio dei diritti umani) e regionale1. Questa costituisce un’area in continua evoluzioneall’interno del diritto dei rifugiati e la presente Nota si concentra, tra l’altro, sugli sviluppilegislativi, esamina la giurisprudenza internazionale nel contesto dei rifugiati, analizza lapersecuzione e le pratiche persecutorie, come pure illustra alcune delle pratiche positivesviluppate dagli Stati nelle loro decisioni in materia d’asilo. La Nota va a integrare le Lineeguida dell’UNHCR sulla persecuzione basata sul genere nel contesto dell’articolo 1A(2) dellaConvenzione del 1951 e/o del suo Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati2, con lequali dovrebbe essere letta in combinazione e che continuano a essere applicabili alle domanded’asilo presentate da persone LGBT, sia uomini che donne. 3.Gli individui LGBT possono essere soggetti ad abuso e discriminazione di natura fisica,sessuale e verbale da parte delle autorità dello Stato e delle loro famiglie o comunità a causa dichi essi sono o di chi sono percepiti essere. Ciò può avvenire a causa delle norme sociali eculturali prevalenti, che risultano in intolleranza e pregiudizi, o a causa di leggi nazionali cheriflettono tali atteggiamenti. Quando queste azioni di abuso e discriminazione restano impunitee/o quando l’orientamento LGBT è perseguito penalmente3, tali individui possono, se essichiedono asilo su queste basi giuridiche, rientrare nella definizione di rifugiato così comecontemplata dalla Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati (“Convenzione del1951”). 4.Un elemento comune nell’esperienza di molti richiedenti asilo LGBT è quello di dovertenere segreti aspetti, se non gran parte, della propria vita. Questo può avvenire in risposta a unapressione sociale, a un’esplicita o implicita ostilità o a discriminazione e/o sanzioni criminali.Da ciò consegue che essi hanno spesso poche prove a dimostrazione della loro identità di LGBTo possono non essere in grado di dimostrare una passata persecuzione, in particolare quando ilrichiedente non viveva apertamente la sua condizione di LGBT nel paese d’origine. 1 Per una panoramica su giurisprudenza e dottrina relativa ai diritti delle persone LGBT, tra cui violazioni dei dirittiumani sulla base dell’orientamento sessuale, cfr. Commissione Internazionale dei Giuristi, Orientamento sessuale eidentità di genere nei diritti umani: riferimenti a giurisprudenza e dottrina del sistema dei diritti umani delle NazioniUnite, terza edizione aggiornata, 2007 (disponibile alla pagina internet http://www.icj.org/IMG/UN_References.pdf);e Commissione Internazionale dei Giuristi, Orientamento sessuale e identità di genere nei diritti umani: riferimenti agiurisprudenza e dottrina del sistema interamericano, luglio 2007 (http://www.icj.org/IMG/Inter-American_References.pdf). 2 UNHCR, Linee guida di protezione internazionale n. 1: persecuzione basata sul genere nel contesto dell’articolo1A(2) della Convenzione del 1951 e/o del suo Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati, HCR/GIP/02/01, 7maggio 2002 (http://www.unhcr.org/refworld/docid/3d36f1c64.html) (d’ora in avanti “Linee guida dell’UNHCRsulla persecuzione di genere”). 3 Oltre 80 Stati hanno leggi che proibiscono o regolano gli atti sessuali compiuti da adulti consenzienti dello stessosesso, alle quali spesso ci si riferisce come “leggi sulla sodomia”. Alcune bandiscono specifici atti sessualiindipendentemente orientamento sessuale e identità di genere, mentre altre vietano una serie di attività sessuali trapersone dello stesso sesso. Almeno sette Stati mantengono la pena di morte per simili azioni. Per ulterioriinformazioni sulle “leggi sulla sodomia”, cfr. Commissione internazionale sui diritti umani di gay e lesbiche(http://www.iglhrc.org/site/iglhrc/) e Leggi sulla sodomia (http://www.sodomylaws.org/).
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- 82 -5.In base ai Principi di Yogyakarta sull’applicazione dei diritti umani internazionali inrelazione all’orientamento sessuale e all’identità di genere del 20074(“Principi diYogyakarta”), l’espressione “orientamento sessuale” si riferisce alla caratteristica di unapersona di provare profonda attrazione emotiva, affettiva e sessuale e di intrattenere relazioniintime e sessuali con individui di diverso genere, dello stesso genere o con più di un generesessuale. L’espressione “identità sessuale” si riferisce invece all’esperienza di genereprofondamente intima e individuale di ogni persona, che può corrispondere o meno con il sessoassegnatole alla nascita, che comprende il personale senso del corpo e altre espressioni digenere, tra cui il modo di vestire, di parlare e di comportarsi5. Tribunali di varie giurisdizionihanno analogamente affermato che l’orientamento sessuale non ha a che fare soltanto concomportamenti o con una serie di azioni sessuali, ma si riferisce anche all’identità di unapersona e alle modalità con cui cerca di esprimersi6. 6.Ai fini della presente Nota, l’espressione “LGBT” viene preferita al termine“omosessuali” poiché quest’ultimo tende a non assegnare la dovuta rilevanza alle persone lesbiche, bisessuali e transgender e potrebbe essere considerata offensiva da molti gay elesbiche. Sebbene le espressioni “gay” o “gay people” siano talvolta utilizzate per indicare siauomini che donne la cui duratura attrazione fisica, affettiva ed emotiva è rivolta verso personedello stesso sesso, in questa Nota è stato preferito utilizzare il termine “gay” in riferimento auomini, mentre “lesbica” si riferisce a donne. Il termine “bisessuale” è utilizzato per descrivereuna persona che è fisicamente, affettivamente ed emotivamente attratta da uomini e donne.Poiché non esiste una definizione universalmente accettata di “transgender”, in questa Nota iltermine viene riferito a uomini e donne la cui identità di genere non corrisponde al sessoassegnato loro. Il termine transgender non implica alcuna specifica forma di orientamentosessuale e può includere persone transessuali e travestiti (cross-dressers). Essi possonoidentificarsi come “da donna a uomo” o “da uomo a donna” e non necessariamente si sonosottoposti a chirurgia e/o terapia ormonale7. II.ANALISI SOSTANZIALE A.BACKGROUND 7.L’orientamento sessuale di un richiedente può essere rilevante nell’ambito di unadomanda di status di rifugiato quando egli/ella tema un danno persecutorio a causa del suo realeo percepito orientamento sessuale, che non lo rende - o non è visto come renderlo - conformealle norme politiche, culturali o sociali prevalenti8. La definizione di rifugiato si applica a tutte4 Principi di Yogyakarta sull’applicazione dei diritti umani internazionali in relazione all’orientamento sessuale eall’identità di genere, marzo 2007 (http://www.yogyakartaprinciples.org/principles_en.pdf) (“Principi diYogyakarta”). I Principi sono stati sviluppati dalla Commissione internazionale dei giuristi e dal Serviziointernazionale per i diritti umani e sono stati adottati all’unanimità durante un meeting di esperti tenutosi aYogyakarta, Indonesia, il 6-9 novembre 2006. 5 Si vedano Preambolo e articoli 4 e 5 dei Principi di Yogyakarta, nota 4. 6 Contro un individuo può essere perpetrata persecuzione sia per il fatto di essere lesbica, gay, bisessuale otransgender, sia per azioni associate a tale condizione. Se da quest’ultimo aspetto scaturisce una dura punizione, “èscarsamente probabile che le persone omosessuali siano trattate con dignità e rispetto in altri aspetti”; si veda RefugeeAppeal n. 74665, 7 luglio 2004 (Autorità neozelandese di appello per lo status di rifugiato), par. 27 e 129(http://www.unhcr.org/refworld/docid/42234ca54.html). Si veda inoltre Nasser Mustapha Karouni v. AlbertoGonzales, Attorney General, n. 02-72651, 399 F. 3d 1163 (2005), 7 marzo 2005 (Corte d’appello degli Stati Uniti peril Nono Circuito), III[6] (http://www.unhcr.org/ refworld/docid/4721b5c32.html); Appellant S395/2002 v Minister forImmigration and Multicultural affairs; Appellant S396/2002 v Minister for Immigration and Multicultural affairs[2003] HCA 71, 9 dicembre 2003 (Alta Corte australiana), par. 81 (http://www.unhcr.org/refworld/docid/3fd9eca84.html). 7 Per ulteriori definizioni cfr., ad esempio, GLAAD's (Gay & Lesbian Alliance Against Defamation) MediaReference Guide, settima edizione, maggio 2007 (http://www.glaad.org/media/guide/GLAAD_MediaRefGuide_7thEdition.pdf);eDizionarioonlineMerriam-Webster(http://www.merriam-webster.com/dictionary). 8 Cfr. Linee guide dell’UNHCR sulla persecuzione di genere, nota 2, par. 6-7. Si veda inoltre UNHCR, Parereconsultivo all’Associazione Tokyo Bar in materia di domande di status di rifugiato basate sull’orientamento sessuale,3 settembre 2004, par. 3 (http://www.unhcr.org/refworld/docid/ 4551c0d04.html) (“Parere consultivo dell’UNHCRall’Associazione Tokyo Bar”).
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- 83 -le persone, senza distinzioni di sesso, età, orientamento sessuale, identità di genere, stato civileo famigliare o qualsiasi altra condizione o caratteristica. Alcuni Stati hanno scelto di inserirespecifici riferimenti all’orientamento sessuale nella definizione di rifugiato presente nella lorolegislazione nazionale9. 8.L’orientamento sessuale costituisce una parte fondamentale dell’identità umana, al paridelle cinque caratteristiche dell’identità umana che costituiscono la base su cui si fonda ladefinizione di rifugiato: razza, religione, nazionalità, appartenenza a un particolare grupposociale e opinione politica10. Le domande relative all’orientamento sessuale e all’identità digenere sono riconosciute prevalentemente in base alla fattispecie prevista dalla Convenzione del1951 dell’appartenenza a un particolare gruppo sociale, ma in determinate circostanze possonoessere legate anche ad altre fattispecie, in particolare quelle dell’opinione politica e dellareligione. Ciò è stato affermato da corti e tribunali di varie giurisdizioni, tra le quali quelle diAustralia, Canada, Francia, Germania, Nuova Zelanda, Regno Unito, Svezia e Stati Uniti11. 9.Nonostante la libertà di orientamento sessuale non venga esplicitamente riconosciutacome un diritto umano internazionale, attualmente è ampiamente stabilito che le persone LGBThanno diritto ai diritti umani su basi uguali alle altre persone. Il Preambolo alla Convenzione del1951 reitera il principio in base al quale “gli esseri umani senza distinzione debbono usufruiredei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali”. Il principio di non discriminazione è sancitoanche dagli articoli 2(1) e 26 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (“ICCPR”), enell’articolo 2(2) del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali(“ICESCR”)12. I Principi di Yogyakarta riflettono gli standard giuridici internazionali vincolanticon riferimento all’orientamento sessuale che sono derivati dai principali strumenti di dirittiumani13. B.FONDATO TIMORE DI PERSECUZIONE 9 Si veda ad esempio, Svezia, Legge sugli stranieri (SFS 2005:716), Cap. 4, Sez. 1 (http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae6b50a1c.html). Si veda inoltre Migrationsverket (Consiglio svedese sulle migrazioni), Linee guidasu indagine e valutazione dei casi d’asilo nei quali la persecuzione basata su determinati orientamenti sessuali ècitata come base, 28 gennaio 2002 (http://www.unhcr.org/refworld/docid/ 3f8c1af44.html). 10 Come definito nell’articolo 1A(2) della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, 28 luglio 1951(http://www.unhcr.org/refworld/docid/3be01b964.html) (“Convenzione del 1951”). 11 Per una discussione più dettagliata sulla giurisprudenza nazionale, si veda più avanti in questa nota la sez. C.FATTISPECIE PREVISTE DALLA CONVENZIONE. 12 Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Patto internazionale sui diritti civili e politici, 16 dicembre 1966(http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae6b3aa0.html) e Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Pattointernazionalesuidirittieconomici,socialieculturali,16dicembre1966(http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae6b36c0.html). Le disposizioni relative alla non discriminazione a causa di“sesso” o “altro status” contenute nell’ ICCPR e nell’ICESCR, così come l’art. 2 della Convenzione sui dirittidell’infanzia (http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae6b38f0.html), devono essere considerate come includerel’orientamento sessuale, così come affermato dal Comitato diritti umani, dal Comitato sui diritti economici, sociali eculturali e dal Comitato sui diritti dell’infanzia. La stessa interpretazione è stata adottata dalla Corte europea deidiritti umani in relazione all’art. 14 (Proibizione di discriminazione) della Convenzione europea per la salvaguardiadei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“ECHR”) (http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae6b3b04.html).Si veda inoltre Canada (Attorney General) v. Ward, [1993] 2 S.C.R. 689, 30 giugno 1993 (Corte suprema delCanada), (http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae6b673c.html) che scaturisce dal Preambolo della Convenzione del1951; Islam (A.P.) v. Secretary of State for the Home Department; R v. Immigration Appeal Tribunal and Another ,Ex Parte Shah (A.P.) [1999] UKHL 20, 25 marzo 1999 (House of Lords del Regno Unito)(http://www.unhcr.org/refworld/docid/3dec8abe4.html). 13 Cfr. Principi di Yogyakarta, nota 4. Per strumenti regionali che trattano specificamente il tema dell’orientamentosessuale, cfr. Organizzazione degli stati americani, Diritti umani, orientamento sessuale e identità di genere, AG/Res.2435 (XXXVIII-O/08), 3 giugno 2008 (http://www.oas.org/dil/ AGRES_2435.doc); Parlamento europeo, Risoluzionedel Parlamento europeo del 26 aprile 2007 sull’omofobia in Europa, Risoluzione P6_TA(2007)0167, 26 aprile 2007(http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P6-TA-2007-0167+0+DOC+XML+V0//EN). Cfr. inoltre l’art. 7(g) del Consiglio d’Europa, Raccomandazione 1470 (2000), Situazione di gay elesbiche e dei loro partner nei confronti di asilo e immigrazione negli Stati membri del Consiglio d’Europa, 30giugno 2000 (http://www.unhcr.org/refworld/docid/3dde404c6.html), che esorta gli Stati Membri, tra l’altro, a“cooperare più strettamente con l’UNHCR e le organizzazioni non governative nazionali, promuovere ilcoordinamento delle loro attività e a monitorare in maniera sistematica l’osservanza dei diritti di gay e lesbiche inmateria di asilo e immigrazione”.
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- 84 -10.Il concetto di “persecuzione” comprende gravi violazioni dei diritti umani - comprese laminaccia alla vita o alla libertà - e altri tipi di gravi danni, così come accertati alla luce delleopinioni, dei sentimenti e delle caratteristiche psicologiche del richiedente asilo14. Gli sviluppinel diritto internazionale dei diritti umani possono pertanto essere d’aiuto alle persone incaricatedi determinare la natura persecutoria delle varie forme di danno che una persona può subire acausa del suo orientamento sessuale15. Uno schema di molestie e discriminazioni potrebbe, subase cumulativa, ammontare ad una persecuzione. Nelle domande presentate da persone LGBTl’elemento della persecuzione è spesso centrale, rivelando spesso anche esperienze di gravidanni fisici e in particolare di violenza sessuale. Ognuno degli episodi di danno deve esserevalutato con un approccio complessivo. Essi devono essere considerati alla luce della situazionee degli atteggiamenti prevalenti su orientamento sessuale e identità di genere nel paesed’origine. 11.La giurisprudenza internazionale e regionale e la dottrina giuridica affermano che ladiscriminazione a causa dell’orientamento sessuale di una persona è proibita16. Le misurediscriminatorie possono essere attuate attraverso la legge e/o pratiche sociali e possonodispiegare una serie di conseguenze dannose. La discriminazione costituisce persecuzionequando tali misure, singolarmente o cumulativamente, conducono a conseguenze di naturasostanzialmente pregiudiziale per la persona interessata. Questo può essere il caso, ad esempio,in cui a una persona LGBT venga sistematicamente negato accesso ai servizi normalmentedisponibili, sia nella sua vita privata che sul posto di lavoro, come ad esempio servizi pubbliciquali istruzione, assistenza sociale, sanità e tutela giudiziaria17. Come evidenziato nel Manualedell’UNHCR: “Quando le misure discriminatorie non sono, di per sé, di carattere grave, esse possonougualmente dare vita a un ragionevole timore di persecuzione, se producono nellamente della persona interessata, un sentimento di apprensione e insicurezza riguardoalla propria esistenza futura”18. 12.Essere obbligati a rinunciare o a nascondere il proprio orientamento sessuale o identitàdi genere, quando istigato o tollerato dallo Stato, può costituire persecuzione19. Le personeLGBT che vivono nel timore di essere pubblicamente identificate spesso, come risultato di ciò,nascondono il loro orientamento sessuale al fine di evitare le gravi conseguenze di taleesposizione, compreso il rischio di subire dure sanzioni penali, incursioni arbitrarie in casa,licenziamento dal lavoro e disapprovazione sociale. Simili azioni non solo possono essereconsiderate discriminatorie e in violazione del diritto alla privacy, ma possono anche violare ildiritto di libertà di opinione ed espressione, così come interpretato nei Principi di Yogyakarta: “Ognuno ha il diritto alla libertà di opinione ed espressione, indipendentemente dal suoorientamento sessuale e identità di genere. Ciò comprende l’espressione dell’identità odella personalità attraverso il modo di parlare, di vestire, le caratteristiche corporee, la14 Cfr. ad esempio, HS (Homosexuals: Minors, Risk on Return) Iran v. Secretary of State for the Home Department[2005] UKAIT 00120, 4 agosto 2005 (Tribunale del Regno Unito per l’immigrazione e l’asilo)(http://www.unhcr.org/refworld/docid/47fdfafe0.html), sull’impatto delle azioni persecutorie sull’individuo. 15 UNHCR, Manuale sulle procedure e criteri per determinare lo status dei rifugiati in base alla Convenzione del1951 e al Protocollo del 1967 relativo allo status dei rifugiati, 1979, riedito gennaio 1992(http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae6b3314.html) (“Manuale dell’UNHCR”), par. 42 e 60. Cfr. anche, adesempio, Refugee Appeal n. 76152, 8 gennaio 2008 (Autorità neozelandese di appello per lo status di rifugiato), par.34 (http://www.unhcr.org/refworld/docid/47bd93cf2.html); Refugee Appeal n. 74665, nota 6, par. 81-123. 16 Per una panoramica, si vedano le raccolte prodotte dalla Commissione internazionale dei giuristi, nota 1. Si vedainoltre Michael O’Flaherty e John Fisher, Orientamento sessuale, identità di genere e diritto internazionale dei dirittiumani: contestualizzare i Principi di Yogyakarta, Rivista del diritto dei diritti umani, vol. 8, n. 2 (2008), pag. 207-248(http://hrlr.oxfordjournals.org/cgi/reprint/8/2/207). 17 Si veda ad esempio, Decisione n. MA6-01580, 12 gennaio 2007 (Consiglio canadese per l’immigrazione e irifugiati) (http://www.unhcr.org/refworld/docid/482457202.html); HS (Homosexuals: Minors, Risk on Return) Iran,nota 14, par. 147. 18 Manuale dell’UNHCR, nota 15, par. 54-55. Si veda inoltre National Coalition for Gay and Lesbian Equality andAnother v Minister of Justice and Others , 1998 (12) BCLR 1517 (CC), 9 ottobre 1998 (Corte Costituzionale delSudafrica), par. 113 (http://www.unhcr.org/refworld/docid/48246cf72.html). 19 Si veda ad esempio, Caso RRT n. 071818233 [2008] RRTA 62, 15 febbraio 2008 (Tribunale australiano per ilriesame dei rifugiati) (http://www.unhcr.org/refworld/docid/484552e22.html).
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- 85 -scelta del nome o ogni altro mezzo, così come la libertà di cercare, ricevere etrasmettere informazioni e idee di tutti i tipi, anche riguardo ai diritti umani,all’orientamento sessuale e all’identità di genere, attraverso qualsiasi mezzo dicomunicazione e a prescindere dalle frontiere”2013.Le persone LGBT potrebbero non essere in grado di intrattenere relazioni significative,essere costrette a contrarre matrimoni combinati o a subire esperienze di estrema pressione persposarsi. Esse potrebbero temere che il fatto di non sposarsi le marchi definitivamente comeLGBT agli occhi dell’opinione pubblica. Restrizioni sociali culturali e di altro genere cherichiedono loro di sposare persone dell’altro sesso possono avere l’effetto di violare il diritto disposarsi con pieno e libero consenso e il diritto al rispetto della vita privata21. Una similepressione da parte della comunità potrebbe andare oltre le generiche aspettative sociali eassurgere al livello di persecuzione, in considerazione del fatto che le persone LGBT possonosubire tali pressioni in maniera differente rispetto alle persone eterosessuali22. 14.Le domande presentate da persone LGBT spesso rivelano esposizione a violenza fisicae sessuale, prolungati periodi di detenzione, abusi medici, minacce di esecuzioni e omicidid’onore. Si tratta di danni e maltrattamenti talmente gravi da raggiungere generalmente il livellodi persecuzione, nel significato enunciato nella Convenzione del 1951. Gravi forme di violenzada parte di famiglia e comunità, stupro e altre forme di aggressione sessuale, in particolare se incontesti di detenzione, possono rientrare nella definizione di tortura23. Simili azioni violano ildiritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona e il diritto a non essere soggetti atortura e trattamenti crudeli, inumani o degradanti, come contenuto in vari strumentiinternazionali di diritti umani. Le persone LGBT possono anche subire esperienze relativamentemeno gravi di danno fisico o psicologico, tra cui molestie, minacce di danno, denigrazione,intimidazione e violenza psicologica, che possono assurgere al livello di persecuzione, in basealle circostanze del caso specifico e dell’impatto sul particolare richiedente. 15.Se è vero che la violenza e gli abusi dei diritti umani affrontati dalle persone LGBThanno molti elementi comuni, è anche necessario fare alcune distinzioni. Le donne lesbichespesso subiscono danni come risultato della combinazione tra orientamento sessuale e genere,poiché all’interno della società le donne hanno generalmente meno potere rispetto agli uomini24.20 Principi di Yogyakarta, nota 4, diritto alla libertà di opinione ed espressione (Princ. 19). Richiedere a una personadi nascondere il suo orientamento o la sua identità sessuale violerebbe anche il diritto al godimento universale deidiritti umani (Princ. 1), il diritto all’eguaglianza e alla non discriminazione (Princ. 2), il diritto al riconoscimentodavanti alla legge (Princ. 3) e il diritto di partecipare alla vita pubblica (Princ. 25). Si veda inoltre Smith and Grady v.United Kingdom , domande n. 33985/96 e 33986/96, 27 settembre 1999 (Corte europea dei diritti umani)(http://www.unhcr.org/refworld/docid/47fd fac80.html), in cui la Corte affermava di “non escludere che il silenzioimposto sui richiedenti circa il loro orientamento sessuale, insieme alla conseguente e costante necessità di vigilanza,discrezione e segretezza nei confronti di colleghi, amici e conoscenti come risultato dell’agghiacciante effetto dellapolitica del Ministero della difesa, può costituire un’interferenza con la loro libertà di espressione” (par. 127).21 Si veda l’art. 23(3) dell’ICCPR, nota 12: “Il matrimonio non può essere celebrato senza il libero e pieno consensodei futuri coniugi”. Si veda inoltre Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Convenzione sull’eliminazione di tutte leforme di discriminazione contro le donne 18 dicembre 1979 (http://www.unhcr.org/refworld/docid/3b00f2244.html).L’art. 16 della Convenzione enuncia, tra l’altro, che gli Stati Parte devono garantire (b) “lo stesso diritto di scegliereliberamente il proprio congiunto e di contrarre matrimonio soltanto con libero e pieno consenso”. Si veda inoltre l’art.12 della ECHR, nota 12: “l’uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le legginazionali che regolano l’esercizio di tale diritto”.22 Si veda ad esempio, SZANS v Minister for Immigration [2004] FMCA 445, 13 agosto 2004 (Corte federaleaustraliana dei magistrati) (http://www.austlii.edu.au/au/cases/cth/FMCA/2004/445.html). 23 Si veda ad esempio, HS (Homosexuals: Minors, Risk on Return) Iran, nota 14, par. 57 e 134. Cfr. inoltre Consigliodell’ONU per i diritti umani, Promozione e protezione di tutti i diritti umani, civili, politici, economici, sociali eculturali, compreso il diritto allo sviluppo, Rapporto del Relatore speciale sulla tortura e altri trattamenti o punizionicrudeli,inumaniodegradanti,A/HRC/7/3,15gennaio2008,par.34-49(http://www.unhcr.org/refworld/docid/47c2c5452.html).24 Cfr. Amare v. Secretary of State for the Home Department [2005] EWCA Civ 1600, 20 dicembre 2005 (Corted’appello di Inghilterra e Galles), in cui la Corte ha evidenziato (nonostante abbia poi archiviato il caso su altre basi),che “la combinazione di discriminazione contro le donne e di discriminazione contro le persone omosessualicostituisce una miscela particolarmente velenosa che può dare vita al rischio di persecuzione”, par. 17(http://www.unhcr.org/refworld/docid/47fdfb5b0.html). Si veda inoltre Caso RRT n. 071862642 [2008] RRTA 40, 19febbraio2008(Tribunaleaustralianoperilriesamedeirifugiati)(http://www.unhcr.org/refworld/docid/4811a7192.html).
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- 86 -Le lesbiche probabilmente si sentono ancora più obbligate rispetto agli uomini gay aconformarsi esteriormente alle aspettative della famiglia e della società, ad esempio sposandoqualcuno di sesso opposto. In società in cui le donne sono considerate in primo luogo comemogli (di uomini) e madri, le lesbiche potrebbero essere isolate e diventare invisibili. Esse sonogeneralmente più a rischio di danno da parte di attori non statuali rispetto agli uomini gay, anchecome risultato di violenza per ritorsione da parte degli ex partner. Esse spesso hanno anche unaccesso più limitato ai sistemi di protezione informali, quali associazioni di sostegno nel paesed’origine. 16.Le persone transgender, in quanto parte di un gruppo ancora meno numeroso, spessoavranno diverse esperienze di persecuzione, ad esempio, in relazione all’accesso a cure medicheo a causa di un maggior rischio di esposizione a danno, se la loro identità di genere non èlegalmente riconosciuta (se ad esempio non possono cambiare nome e sesso nel registro civile).Tale vulnerabilità può manifestarsi quando ad esempio a una persona transgender viene chiestodalle autorità di produrre documenti di identità e il suo aspetto fisico non corrisponde al sessoindicato nei documenti. Qualcuno che sta cercando di cambiare sesso o ha cambiato sessopotrebbe essere percepito come particolarmente provocatorio rispetto alle concezioni prevalentisui ruoli di genere. i. Leggi che considerano reato la condotta omosessuale 17.Le leggi penali che proibiscono le relazioni consensuali tra adulti dello stesso sessosono state valutate come discriminatorie e violazioni del diritto alla privacy25. La sola stessaesistenza di tali leggi, indipendentemente dal fatto che esse siano applicate o meno e la severitàdelle pene che esse prevedono, può avere notevoli effetti sul godimento dei diritti fondamentalida parte delle persone LGBT26. Anche quando le pratiche omosessuali non sono penalmenteperseguite da specifiche disposizioni, altre norme dirette al sesso omosessuale, come quelle chevietano “atti carnali contro l’ordine naturale” e altri crimini, come la “minaccia alla pubblicamoralità” o la “gratificazione immorale dei desideri sessuali”, potrebbero diventare rilevanti aifini dell’esame delle domande27. 18.Una legge può essere considerata persecutoria di per sé, ad esempio, quando riflettenorme sociali e culturali che non sono conformi agli standard internazionali dei diritti umani. Ilrichiedente deve comunque dimostrare di avere un fondato timore di essere perseguitato comerisultato di tale legge. Un procedimento penale, ai sensi di una legge che di per sé non èdichiaratamente persecutoria, può costituire persecuzione in sé, quando ad esempio vieneapplicata solo a particolari gruppi, se arbitraria o applicata in maniera illegale28. 19.Quando vengono imposte dure punizioni non conformi agli standard internazionali didiritti umani, come la pena di morte o gravi punizioni corporali come la fustigazione, il lorocarattere persecutorio diviene particolarmente evidente29. Un importate organismo di25 Si veda Toonen v. Australia, CCPR/C/50/D/488/1992, 4 aprile 1994 (Comitato diritti umani), par. 8.6-8.7(http://www.unhcr.org/refworld/docid/48298b8d2.html). Riscontrando una violazione dell’art. 17 dell’ICCPR, ilComitato rilevava come mentre il richiedente non era ancora stato perseguito in base al Codice penale dellaTasmania, la “criminalizzazione dell’omosessualità in privato non gli ha permesso di esporre apertamente la propriasessualità e di rendere pubbliche le sue opinioni di riforma delle leggi rilevanti in materia di questioni relative alsesso”, e che le sezioni rilevanti del Codice penale interferivano con la privacy dell’autore, “anche se questedisposizioni non erano applicate da un decennio”. Si veda inoltre Dudgeon v. Regno Unito, Domanda n. 7525/76, 22ottobre 1981 (Corte europea dei diritti umani) (http://www.unhcr.org/refworld/docid/47fdfaf7d.html). 26 Cfr., inoltre, Caso Norris v. Ireland, Domanda n. 10581/83, 26 ottobre 1988 (Corte europea dei diritti umani), par.38(http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?item=4&portal=hbkm&action=html&highlight=10581/83&sessionid=12354864&skin=hudoc-en). 27 Cfr. ad esempio, Caso RRT n. 071862642, nota 24. Il richiedente è stato riconosciuto bisognoso di protezioneinternazionale anche in assenza di una specifica legge che perseguiva penalmente le azioni omosessuali nel paesed’origine. 28 Si veda Manuale dell’UNHCR, nota 15, par. 57 e 59. Linee guida dell’UNHCR sulla persecuzione di genere, nota2, par. 10; Parere consultivo dell’UNHCR all’Associazione Tokyo Bar, nota 8, par. 4 e 10. 29 Cfr. Linee guida dell’UNHCR sulla persecuzione di genere, nota 2, par. 12. Si veda inoltre Principi di Yogyakarta,nota 4, diritto alla vita (Princ. 4): “Ognuno ha il diritto alla vita. Nessuno deve essere arbitrariamente privato dellavita, anche in considerazione del suo orientamento sessuale e della sua identità di genere. La pena di morte non deveessere imposta ad alcuna persona a causa dell’attività consensuale tra persone che hanno superato l’età del consenso o
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- 87 -giurisprudenza internazionale e nazionale afferma che la condotta omosessuale consensuale nondeve essere considerata reato30. In talune circostanze, non si può escludere che anche penerelativamente indulgenti possono essere considerate sproporzionate e persecutorie.Un’attenzione troppo ristretta sulla severità della pena potrebbe nella pratica rafforzare lapercezione erronea che essere LGBT costituisca un reato31. 20.Un richiedente può essere eccezionalmente in grado di dimostrare un fondato timore dipersecuzione anche se una legge che considera reato l’essere LGBT non è più applicata, quandol’esistenza di tale legge ha l’effetto di creare un contesto intollerabile per lui/lei. Leggi simili,sebbene non più applicate in maniera sistematica, potrebbero essere utilizzate dalle autorità perfini di estorsione o essere applicate in maniera non ufficiale, dando luogo a persecuzioni nonaccertate, come ad esempio nel caso di violenza inflitta dalla polizia e di detenzioneextragiudiziaria32. 21.Ai fini della determinazione dello status di rifugiato è necessario chiarire se esiste unreale rischio di danno nel caso in cui il richiedente dovesse ritornare nel suo paese d’origine.Può essere riscontrata persecuzione anche quando non vi sono informazioni definitive cheevidenzino che nel paese siano realmente applicate leggi che considerano reato la condottaomosessuale. Questo può avvenire quando lo Stato cerca di mascherare la sua criminalizzazionedelle persone LGBT al mondo esterno, ad esempio perseguendole per presunti crimini di stupro,molestie di minori o per crimini legati al consumo di stupefacenti. Inoltre un elevato onere dellaprova rispetto ai crimini, tra i quali rigidi requisiti delle prove ammesse, non dovrebbe essereconsiderato come indicazione di una minore probabilità di applicazione, ma deve essere letto nelcontesto religioso e sociale. Un clima di pervasiva e/o generalizzata omofobia nel paesed’origine (se ad esempio il governo mostra la sua disapprovazione attraverso una dura retoricaanti-omosessuale, se le persone LGBT sono represse e sorvegliate dalle loro famiglie o daivicini o se i media usano stereotipi negativi per descriverli) può essere consideratoun’indicazione del fatto che le persone LGBT sono perseguitate33. 22.Dovrebbe inoltre essere evidenziato come le sanzioni penali previste per l’attivitàomosessuale impediscono anche l’accesso delle persone LGBT alla protezione da parte delloStato. Ad esempio una persona LGBT che è stata esposta a violenza potrebbe esitare a recarsipresso la polizia in cerca di protezione, nel timore di essere considerata colpevole piuttosto chevittima. Un richiedente potrebbe pertanto anche formulare una valida domanda nel caso in cuiuno Stato condoni o tolleri pratiche discriminatorie o danni perpetrati contro di lui/lei, o nelcaso in cui lo Stato non sia in grado di proteggerlo in maniera efficace contro simili danni34. Vainoltre evidenziato che se un individuo chiede asilo in un paese nel quale lo stesso tipo direlazioni sessuali viene perseguito penalmente, tali leggi possono impedire il suo accesso allesulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere”; (Princ. 4.A): “abrogare tutte le forme di crimine chehanno lo scopo o l’effetto di proibire l’attività sessuale consenziente tra persone dello stesso sesso che hanno superatol’età del consenso e, finché tali disposizioni non vengono abrogate, mai imporre la pena di morte su alcuna personacondannata ad essa”. 30 Si veda ad esempio, National Coalition for Gay and Lesbian Equality and Another v Minister of Justice andOthers, nota 18. La Corte ha riscontrato che il reato di sodomia fosse contrario alle disposizioni costituzionali cheproibiscono la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e notava che “la condotta deviante da alcunenorme stabilite pubblicamente è generalmente punita solo quando è violenta, disonesta, pericolosa o in qualche altromodo lesiva della pace pubblica, provocatoria o ingiuriosa. È repressa per il suo simbolismo piuttosto che a causa diun danno dimostrato” (par. 108). 31 Alcune giurisdizioni, se da un lato ammettono che “non esiste una formulazione facile”, ritengono che lacriminalizzazione della condotta omosessuale sia persecutoria solo se “accompagnata da severe sanzioni penalieffettivamente in vigore”. Si veda ad esempio Refugee Appeal n. 74665, nota 6, par. 103; Refugee Appeal n. 76152,nota 15, par. 34. 32Cfr. Decisione VA5-02751, 16 febbraio 2007 (Consiglio canadese per l’immigrazione e i rifugiati)(http://www.unhcr.org/refworld/docid/48245a5f2.html); Refugee Appeal n. 76152, nota 15, par. 50.33 Si veda ad esempio, Parlamento Europeo, Risoluzione del Parlamento Europeo del 13 marzo 2008 sul caso delcittadinoiranianoSayyedMehdiKazemi,PA_TA-PROV(2008)0107,13marzo2008(http://www.unhcr.org/refworld/docid/47da75002.html).34 Cfr. più avanti, sez. B, Agenti di persecuzione. Cfr. inoltre, Linee guida dell’UNHCR sulla persecuzione di genere,nota 2, par. 17. Cfr. inoltre, Décision M. OI, No. 543182, 31 maggio 2006 (Commissione francese per il ricorso deirifugiati), in cui la Commissione ha riscontrato che nonostante le leggi che considerato reato l’attività omosessualesiano state abrogate, le norme culturali continuano a condurre alla persecuzione.
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- 88 -procedure d’asilo o dissuaderlo dal inserire le sue esperienze di LGBT nella domanda d’asilo. Intali casi può essere necessario il coinvolgimento diretto dell’UNHCR. ii. Timore di futura persecuzione23.I richiedenti LGBT che nel paese d’origine hanno nascosto il loro orientamentosessuale, potrebbero in passato non aver subito un danno sufficiente da costituire persecuzione.È possibile che la loro condotta non sia stata il risultato di una scelta volontaria ma sia statamodificata proprio per evitare la minaccia di persecuzione. Come rilevato dall’Alta Corteaustraliana: “è la minaccia di grave danno con le sue implicazioni minatorie che costituisce unacondotta persecutoria. Determinare la reale possibilità senza determinare se il comportamentomodificato è stato influenzato dalla minaccia di danno vuol dire non considerare la questione inmaniera appropriata”35. Inoltre le persone LGBT che hanno lasciato il proprio paese d’origineper una ragione diversa dal loro orientamento sessuale e/o hanno dichiarato la propriacondizione36 dopo il loro arrivo nel paese d’asilo, possono aspirare allo status di rifugiato seriescono a dimostrare un fondato timore di futura persecuzione37. 24.Come accade per le domande basate sull’opinione politica, un richiedente che denunciaun timore di persecuzione a causa del suo orientamento sessuale non ha bisogno di dimostrareche le autorità erano informate di ciò prima che lui/lei lasciasse il suo paese d’origine. Lafondatezza del timore in questi casi si basa sulla valutazione delle conseguenze che unrichiedente con un determinato orientamento sessuale dovrebbe affrontare se tornasse nelproprio paese d’origine38. Inoltre il fatto che un richiedente LGBT non sia mai stato realmenteperseguito per la sua condotta omosessuale non gli impedisce di avere un fondato timore disubire una persecuzione39. iii.Evitare la persecuzione 25.Lo Stato può aspettarsi o richiedere a una persona di cambiare o celare la propriaidentità per evitare la persecuzione. Come affermato da numerose giurisdizioni, la persecuzionenon cessa di essere tale perché al perseguitato è consentito eliminare il danno attraversoun’azione evitativa40. Così come una domanda basata su un’opinione politica o sulla nazionalitànon sarebbe respinta perché il richiedente poteva evitare il danno previsto cambiando onascondendo le proprie opinioni o identità, allo stesso modo domande basate su orientamentosessuale e identità di genere non dovrebbero essere respinte meramente su queste basi41. Comerilevato dal Comitato canadese per l’immigrazione e i rifugiati: “Nell’equazione deve essere aggiunta la nuova libertà di espressione acquisita dalrichiedente in Canada e il suo desiderio di vivere apertamente in Sri Lanka come fa qui35 Appellant S395/2002 v. Minister for Immigration and Multicultural Affairs; Appellant S396/2002 v. Minister forImmigration and Multicultural Affairs, nota 6, par. 43. 36 Ai fini della presente Nota, l’espressione inglese “come out” - qui tradotta con “dichiarare la propria condizione” -si riferisce al processo nel quale un individuo riconosce e accetta la propria identità sessuale e di genere e si sente ingrado di informare gli altri circa la propria identità sessuale e di genere. 37 UNHCR Manuale, nota 15: “Il timore si riferisce non solo alle persone che sono state realmente perseguitate, maanche a coloro che vogliono evitare una situazione che comporta il rischio di persecuzione” (par. 45). 38 UNHCR Manuale, nota 15, par. 83. 39 Parere consultivo dell’UNHCR all’Associazione Tokyo Bar, nota 8, par. 12. 40 Cfr. ad esempio Appellant S395/2002 v. Minister for Immigration and Multicultural Affairs; Appellant S396/2002v. Minister for Immigration and Multicultural Affairs, nota 6, par. 34-60; Refugee Appeal n. 74665, nota 6, par. 114,126-127; Nasser Mustapha Karouni, Petitioner, v. Alberto Gonzales, Attorney General, nota 6; DW (HomosexualMen – Persecution – Sufficiency of Protection) Jamaica v. Secretary of State for the Home Department CG [2005]UKAIT 00168, 28 novembre 2005 (Tribunale del Regno Unito per l’asilo e l’immigrazione), par. 78(http://www.unhcr.org/refworld/docid/46836aa80.html). 41 Appellant S395/2002 v. Minister for Immigration and Multicultural Affairs; Appellant S396/2002 v. Minister forImmigration and Multicultural Affairs, nota 6, par. 41: “Minerebbe l’oggetto della Convenzione se i paesi firmataririchiedessero loro di modificare le loro credenze od opinioni o di nascondere la propria razza, nazionalità oappartenenza a un particolare gruppo sociale prima di fornire loro protezione ai sensi della Convenzione”. Cfr. anchecon riferimento al nascondere l’appartenenza a un gruppo etnico HYSI v. Secretary of State for the Home Department[2005] EWCA Civ 711, 15 giugno 2005 (Corte d’appello di Inghilterra e Galles), par. 32-34 e 37(http://www.unhcr.org/refworld/docid/ 43fc2eac24.html).
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- 89 -in Canada […]. Noi non diciamo ai richiedenti che essi hanno il diritto di loro religionesolo finché la nascondono. Un diritto nascosto non è un diritto”42. 26.La questione da considerare non è tanto se il richiedente abbia un fondato timore diessere perseguitato, quanto piuttosto se egli/ella poteva vivere nel paese d’origine senza essereoggetto di conseguenze avverse43. Ciò richiede un esame obiettivo delle modalità con cui ilrichiedente potrebbe essere trattato se fosse rimpatriato nel suo paese. Pertanto non è rilevantedeterminare se il comportamento del richiedente rispetto al suo orientamento sessuale sia vistocome ‘ragionevole’ o ‘necessario’. Non esiste nessun dovere di esser ‘discreti’ o di adottarecerte misure per evitare la persecuzione, come vivere una vita di isolamento o evitare diintrattenere relazioni intime. Una richiesta di discrezione implicherebbe ulteriormente chel’orientamento sessuale di una persona è confinato a un mero atto sessuale, trascurando così unaserie di comportamenti e attività quotidiane in altro modo influenzati dall’orientamento sessualedall’identità di genere di quella persona44. Sarebbe, di fatto come richiedere “lo stessocomportamento sottomesso e accondiscendente, la stessa negazione di un diritto umanofondamentale che l’agente di persecuzione cerca di perseguire attraverso la sua condottapersecutoria”45. Come affermato dall’Autorità neozelandese di appello per lo status di rifugiato: “Intendere la difficile situazione dell’“essere perseguitato” come una prolungata osistematica violazione dei diritti umani fondamentali, dimostrativa della mancanza dellaprotezione dello Stato, significa che bisogna avvicinarsi alla definizione di rifugiato nondalla prospettiva di ciò che il richiedente rifugiato può fare per evitare di essereperseguitato, ma guardando al diritto umano fondamentale messo a rischio e al dannoche ne risulta”46. iv.Agenti di persecuzione 27.La persecuzione può essere perpetrata sia da (i) agenti statuali, ad esempio attraverso lasanzione penale delle relazioni sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso, attraverso laviolenza sessuale o fisica o attraverso trattamenti degradanti inflitti da persone sotto il lorodiretto controllo, e sia da (ii) attori non statuali (privati). Una domanda di status di rifugiato puòpertanto essere formulata quando lo Stato non vuole o non è in grado di fornire protezionecontro le violazioni commesse da attori statuali o non statuali. I casi in cui l’inazione di unoStato può essere persecutoria comprendono la mancata risposta da parte della polizia a richiestedi assistenza e il rifiuto e da parte delle autorità di indagare, perseguire o sanzionare individuiche infliggono danni a persone LGBT. Attori non statuali, siano essi componenti della famiglia,vicini, estranei o colleghi di lavoro, possono o essere coinvolti in azioni persecutoriedirettamente, come nel caso di abusi fisici e matrimoni forzati, o indirettamente attraversol’esposizione dell’individuo interessato a danno, ad esempio, denunciando la sua condotta o isuo orientamento sessuale alle autorità. v.Il nesso causale (“per ragioni di”) 28.Come accade per gli altri tipi di domande di status di rifugiato, il fondato timore dipersecuzione deve essere legato ad almeno una delle cinque fattispecie elencate nelladefinizione di rifugiato contenuta nella Convenzione del 1951. La fattispecie della Convenzionedeve essere un fattore che fornisce un contributo rilevante, ma non è necessario dimostrare che42 Decisione VA5-02751, nota 32. Cfr. inoltre Decisione n. IV/IE06244/81, 26 aprile 1983 (Corte amministrativa diGermania (Verwaltungsgericht) Wiesbaden).43 Si veda ad esempio, MN (Findings on sexuality), Kenya v. Secretary of State for the Home Department [2005]UKAIT 00021, 28 gennaio 2005 (Tribunale d’appello del Regno Unito sull’immigrazione), par. 21-23 e 25(http://www.unhcr.org/refworld/docid/47a7081cd.html).44 Cfr. ad esempio Appellant S395/2002 v. Minister for Immigration and Multicultural Affairs; Appellant S396/2002v. Minister for Immigration and Multicultural Affairs, nota 6, par. 40-45; e Wang v. Minister for Immigration &Multicultural Affairs [2000] FCA 1599, 10 novembre 2000 (Corte Federale australiana), par. 91 e 99(http://www.unhcr.org/refworld/docid/47fdfb330.html).45 Cfr. National Coalition for Gay and Lesbian Equality and Another v Minister of Justice and Others, nota 18, par.130. 46 Refugee Appeal n. 74665, nota 6, par. 114.
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- 90 -si tratti della causa diretta o principale47. L’attenzione si concentra sulle ragioni della difficilesituazione del richiedente piuttosto che sull’atteggiamento mentale del perpetratore. Gli agentistatuali e non statuali di persecuzione potrebbero infliggere un danno a persone LGBT conl’intenzione di “curarle”, ad esempio attraverso abuso medico o matrimonio forzato. In questocontesto, “è importante ricordare che da nessun passaggio delle varie fasi di stesura dellaConvenzione del 1951 può trarsi l’indicazione che la motivazione o l’intenzione del persecutoresiano mai state considerate come fattori da verificare, né nella definizione né nelladeterminazione dello status di rifugiato”48. Pertanto se il richiedente vive l’esperienza di abusocome danno, non è necessario che la motivazione del persecutore sia di inimicizia, malignità odi avversione di altro genere nei confronti della vittima49. C.FATTISPECIE PREVISTE DALLA CONVENZIONE 29.Le fattispecie contenute nella definizione di rifugiato della Convenzione del 1951 non siescludono reciprocamente e possono sovrapporsi. Come tale, la trasgressione di norme sociali oreligiose, anche attraverso l’espressione del proprio orientamento o identità sessuale può essereanalizzata in termini di opinione politica, religione o appartenenza a un particolare grupposociale. Questa opinione, credenza o appartenenza può essere anche imputata o attribuita alrichiedente dall’agente statuale o non statuale di persecuzione50. 30.Ai fini della Convenzione del 1951, l’espressione “opinione politica” dovrebbe essereinterpretata in senso ampio, in modo da incorporare qualsiasi opinione o argomento in cuipossano essere coinvolte la struttura, la società o le politiche di uno Stato. Ciò può includereopinioni su orientamento sessuale e identità di genere, in particolare in paese dovel’orientamento sessuale (diverso dall’eterosessualità) è visto come contrario al nucleo centraledelle politiche del paese51. 31.Quella della religione può essere una fattispecie della Convenzione del 1951 rilevante,quando l’atteggiamento delle autorità religiose nei confronti delle persone LGBT è ostile odiscriminatorio o quando il fatto di essere LGBT è visto come un affronto alle credenzereligiose di una determinata società. Se qualcuno ha un fondato timore di persecuzione perché èvisto come non conformarsi all’interpretazione di una particolare credenza religiosa, con quellafattispecie può essere stabilito un legame. 32.Le domande basate sull’orientamento sessuale sono state spesso considerate all’internodella fattispecie “appartenenza a un particolare gruppo sociale”52. Molte giurisdizioni hannoriconosciuto che le persone omosessuali (gay e lesbiche) possono costituire un particolare47 Cfr. Linee guida dell’UNHCR sulla persecuzione di genere, nota 2, par. 20. Cfr. anche UNHCR, Linee guida diprotezione internazionale n. 2: “Appartenenza a un particolare gruppo sociale “nel contesto dell’articolo 1A(2)della Convenzione del 1951 e/o del suo Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati, HCR/GIP/02/02, 7maggio 2002, par. 20-23 (http://www.unhcr.org/refworld/docid/ 3d36f23f4.html) (“Linee guida dell’UNHCRsull’appartenenza a un particolare gruppo sociale”). Cfr. anche ad esempio Refugee Appeal n. 74665, nota 6, par.132. 48 Cfr. UNHCR, Nota dell’UNHCR sulle domande di status di rifugiato basate su leggi o politiche di pianificazionefamiliare coercitive, agosto 2005, par. 26 (http://www.unhcr.org/refworld/docid/ 4301a9184.html).49 Cfr. inoltre, RRT Case No. 061020474 [2007] RRTA 25, 7 febbraio 2007 (Tribunale australiano per il riesame deirifugiati) (http://www.unhcr.org/refworld/docid/47a707d82.html); Pitcherskaia v. Immigration and NaturalisationService, n. 95-70887, 24 giugno 1997 (Corte d’appello degli Stati Uniti per il Nono Circuito), par. 20(http://www.unhcr.org/refworld/docid/4152e0fb26.html). 50 Parere consultivo dell’UNHCR all’Associazione Tokyo Bar, nota 8, par. 5. Si veda inoltre Kwasi Amanfi v. JohnAshcroft, Attorney General of United States , A01-4477 e 02-1541, 328 F.3d 719, 16 maggio 2003 (Corte d’appellodegli Stati Uniti per il Terzo Circuito) (http://www.unhcr.org/refworld/ docid/47fdfb2c1a.html), dove la Corte hariconosciuto la persecuzione a causa della presunta appartenenza a un particolare gruppo sociale (ad esempio quellodelle persone omosessuali), anche se il richiedente non era omosessuale. Si veda inoltre DW (Homosexual Men –Persecution – Sufficiency of Protection) Jamaica, nota 40, par. 71. 51 Si veda inoltre Parere consultivo dell’UNHCR all’Associazione Tokyo Bar, nota 8, par. 6.52 Cfr. Unione Europea, Direttiva del Consiglio 2004/83/EC del 29 aprile 2004 sugli standard minimi per la qualificae lo status di cittadini di paesi terzi o persone apolidi come rifugiati o persone altrimenti bisognose di protezioneinternazionale e sul contenuto della protezione garantita, 19 maggio 2004, art. 10(1)(d)(http://www.unhcr.org/refworld/docid/4157e75e4.html).
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- 91 -gruppo sociale53. Sebbene le domande relative alle persone bisessuali e transgender siano menocomuni, anche tali gruppi possono costituire un particolare gruppo sociale54. È inoltreampiamente stabilito che l’orientamento sessuale può essere visto come una caratteristica innatae immutabile o come una caratteristica particolarmente fondamentale per la dignità umana cui lapersona non dovrebbe essere obbligata a rinunciare55. Richiedere a una persona di nascondere ilproprio orientamento sessuale e pertanto di rinunciare a quelle caratteristiche, contraddicel’essenza stessa della nozione di “particolare gruppo sociale” come una delle fattispecie allequali viene garantita protezione nella Convenzione del 195156. D.ALTERNATIVA DI FUGA/TRASFERIMENTO INTERNI33.Poiché l’omofobia, se espressa attraverso le leggi o gli atteggiamenti e i comportamentidelle persone, spesso tende a esistere su tutto il territorio nazionale piuttosto che essereconcentrata in alcune aree, l’alternativa di fuga interna non può essere di norma considerataapplicabile in domande legate a orientamento sessuale e identità di genere. Ogni luogo ditrasferimento suggerito dovrebbe essere valutato con attenzione e deve essere sia “rilevante” che“ragionevole”57. La fuga interna non è generalmente considerata rilevante quando l’agente dipersecuzione è lo Stato, a meno che l’autorità di tale Stato non sia limitata a determinate areedel paese. Una legge di applicazione generale - come un codice penale che considera reato lacondotta omosessuale - che è applicabile nel luogo di persecuzione, è di norma applicabileanche nella località di trasferimento proposta. 34.Quando il persecutore è un agente non statuale, può essere spesso assunto che se loStato non vuole o non è in grado di fornire protezione in una parte del paese, non vorrà o nonsarà in grado di farlo anche in altre aree58. Non dovrebbe essere chiesto ai richiedenti di53 Cfr. ad esempio, Matter of Toboso-Alfonso, 20 I& N. Dec 819, 12 marzo 1990 (Consiglio degli Stati Uniti per gliappelli in materia di immigrazione) (http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae6b6b84.html); Toboso è stato designato“precedente in tutti i procedimenti che coinvolgono lo stesso o le stesse questioni”, Ordine del Procuratore generale n.1895-94, 19 giugno 1994. Canada (Attorney General) v. Ward, nota 12; Re GJ, Refugee Appeal No. 1312/93, 30agosto1995(Autoritàneozelandesediappelloperlostatusdirifugiato)(http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae6b6938.html); Islam v. Secretary of State for the Home Department; R v.Immigration Appeal Tribunal and Another, Ex Parte Shah, nota 12; Singh v. Minister for Immigration andMulticultural Affairs[2001] FCA 1653, 27 novembre 2001 (Corte federale australiana)(http://www.unhcr.org/refworld/docid/47fdfb33d.html); HS (Homosexuals: Minors, Risk on Return) Iran, nota 14,par. 146. 54 Cfr. Decisione Ourbih n. 269875, 15 maggio 1998 (Francia: Commissione per i ricorsi del rifugiati), nella quale siriscontrava che le persone transessuali possono costituire un particolare gruppo sociale. Questa posizione è stataaffermata in Decisione M. MB, n. 496775, 15 febbraio 2004 (Francia: Commissione per i ricorsi del rifugiati). Cfr.anche Geovanni Hernandez-Montiel v. Immigration and Naturalization Service, 225 F.3d 1084 (9th Cir. 2000), 24agosto 2000 (Corte d’Appello USA per il Nono Circuito) (http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ba9c1119.html). LaCorte ha riconosciuto che quello degli “uomini omosessuali con identità sessuali femminili” costituisce un particolaregruppo sociale. 55 Cfr. Linee guida dell’UNHCR sull’appartenenza a un particolare gruppo sociale, nota 47, par. 6. Cfr. ancheGeovanni Hernandez-Montiel v. Immigration and Naturalization Service, nota 54, in cui la Corte ha evidenziato che“le identità sessuali [delle persone omosessuali] sono così fondamentali nella definizione della loro identità umanache ad essi non dovrebbe esser richiesto di cambiarle” (p. 10483). Cfr. inoltre Refugee Appeal n. 74665, nota 6.L’Autorità ha riconosciuto che vi è un “ampio consenso sul fatto che tutte le cinque fattispecie contemplate dallaConvenzione si riferiscano a caratteristiche che sono o oltre il potere dell’individuo di cambiarle o così fondamentaliper l’identità o coscienza individuale che ad essi non dovrebbe essere richiesto di cambiarle” (par. 81). 56 Cfr Refugee Appeal n. 74665, nota 6. L’Autorità ha riconosciuto che vi è un “ampio consenso sul fatto che tutte lecinque fattispecie contemplate dalla Convenzione si riferiscono a caratteristiche che esulano dal potere dell’individuodi cambiarle o così fondamentali per l’identità o coscienza individuale che ad essi non dovrebbe essere richiesto dicambiarle” (par. 81). Cfr. inoltre la sez. B (iii) del presente documento “Evitare la persecuzione”, par. 25-26. 57 Cfr. UNHCR, Linee guida di protezione internazionale n. 4: “Alternativa di fuga o trasferimento interni” nelcontesto dell’articolo 1A(2) della Convenzione del 1951 e/o del Protocollo del 1967 relativo allo status dei rifugiati,HCR/GIP/03/04, 23 luglio 2003, par. 7 (http://www.unhcr.org/refworld/ docid/3f2791a44.html) (“Linee guidadell’UNHCR sull’alternativa di fuga o trasferimento interni”). Cfr. ad esempio anche Caso RRT n. 061020474, nota49, che evidenzia che “è probabile che la situazione fuori della capitale sia effettivamente ancora meno favorevole alei”. 58Decisione VAO-01624 & VAO-01625, 8 marzo 2001 (Comitato canadese su immigrazione e asilo)(http://www.unhcr.org/refworld/docid/48246f092.html), che afferma: “L’ex marito della richiedente e i suoi agenti le[lei e la sua partner] troverebbero ovunque andassero perché egli non tollererebbe che la madre di suo figlio stiavivendo una relazione omosessuale in alcun luogo” (p. 6). Cfr. inoltre Linee guida dell’UNHCR sull’alternativa difuga o trasferimento interni, nota 57, par. 15.
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- 92 -sopprimere il loro orientamento sessuale o la loro identità di genere nell’area di fuga interna, odi restare nell’anonimato per evitare di essere raggiunti dall’agente di persecuzione. Se unagrande città o una capitale in alcuni casi possono garantire un ambiente più tollerante eanonimo, il luogo di trasferimento deve essere più che un “rifugio sicuro”. Il richiedente inoltredeve essere in grado di avere accesso a un livello minimo di diritti politici, civili esocioeconomici59. L’esistenza di organizzazioni non governative impegnate nella tutela epromozione dei diritti delle persone LGBT non è sufficiente di per sé a garantire protezionedalla persecuzione. E.ONERE DELLA PROVA E CREDIBILITÀ (VALUTAZIONE)6035.L’autoidentificazione come LGBT dovrebbe essere considerata come un’indicazionedell’orientamento sessuale dell’individuo. Se è vero che alcuni richiedenti saranno in grado difornire dimostrazione della loro condizione di LGBT, ad esempio attraverso dichiarazioni ditestimoni, fotografie o altre prove documentarie, non è necessario che essi documentinol’attività nel paese d’origine che indichi i loro differenti orientamento sessuale o identità digenere. Quando il richiedente non è in grado di fornire evidenza del suo orientamento sessualee/o vi è una mancanza di informazioni specifiche sul paese d’origine, la persona incaricata didecidere in merito dovrà fare affidamento solo sulla testimonianza di quella persona. Se ilresoconto del richiedente appare credibile, a egli/ella dovrebbe essere dato il beneficio deldubbio, a meno che non esistano buone ragioni per fare il contrario61. Il Tribunale del RegnoUnito per l’immigrazione e l’asilo ha affermato: “vi è il pieno, coerente dettaglio e la plausibileevidenza in piccoli aspetti, che è improbabile possano essere stati osservati o raccontati da unapersona che non ha avuto l’esperienza descritta”62. 36.Nella valutazione delle domande presentate da persone LGBT, devono essere evitateimmagini stereotipate tipiche delle persone LGBT, come aspettarsi un comportamentoparticolarmente “flamboyant” o effeminato da parte di uomini omosessuali o un aspetto “duro”o mascolino nelle donne lesbiche. Analogamente una persona non dovrebbe automaticamenteessere considerata eterosessuale soltanto perché egli/ella è stata sposata, ha figli o vesteconformemente ai codici sociali prevalenti. Le indagini relative alla realizzazione eall’esperienza dell’identità sessuale del richiedente possono contribuire molto più accuratamentea valutare correttamente la credibilità del richiedente, rispetto a una dettagliata serie di domandesulle attività sessuali. 37.È importante che i richiedenti LGBT siano intervistati da funzionari formati e beninformati dei problemi specifici che le persone LGBT devono affrontare. Lo stesso vale per gliinterpreti presenti all’intervista. Per accrescere la consapevolezza degli operatori è possibilericorrere a brevi sessioni di formazione mirate, rendere prioritarie le questioni relative aorientamento sessuale e identità di genere all’interno dei processi di formazione del personalenuovo e dello staff esistente, consultare siti internet con esperienza sulle tematiche LGBT esviluppare indicazioni sulle tecniche di indagine e intervista appropriate da utilizzare durante lediverse fasi della procedura d’asilo. 38.Il fatto che un richiedente non abbia avuto alcuna significativa relazione nel paesed’origine o nel paese d’asilo non significa necessariamente che egli o ella non sia LGBT.Potrebbe trattarsi piuttosto di un’indicazione del fatto che egli o ella ha cercato di evitare undanno, come illustrato in precedenza. Il richiedente non sempre sa che l’orientamento sessuale59 Linee guida dell’UNHCR sull’alternativa di fuga o trasferimento interni, nota 57, par. 19; cfr. anche DecisioneMA6-01580,12gennaio2007(Consigliocanadesesuimmigrazioneeasilo)(http://www.unhcr.org/refworld/docid/482457202.html), che afferma: “in questo caso il richiedente non viveva in unacittà di provincia ma a […], la città più tollerante città del paese secondo le prove documentarie […] l’omofobia èancora comune e sebbene esistano misure positive, esse sono […] inefficaci” (pag. 4-5). 60 Questa sezione dovrebbe essere letta in combinazione con le Linee guida dell’UNHCR sulla persecuzione digenere, nota 2, Sezione III: Aspetti procedurali. 61 UNHCR Manuale, nota 15, par. 196. Cfr. inoltre Nasser Mustapha Karouni, Petitioner, v. Alberto Gonzales,Attorney General, Respondent, nota 176, per. 7: “la testimonianza del richiedente, se credibile, può essere sufficientea sostenere il peso della prova senza corroborazione”. 62 HS (Homosexuals: Minors, Risk on Return) Iran, nota 14, par. 128.
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- 93 -può costituire una fattispecie rilevante ai fini dello status di rifugiato o può essere riluttante aparlare di argomenti così intimi, in particolare quando nel suo paese d’origine il suoorientamento sessuale sarebbe causa di vergogna o tabù. Di conseguenza egli/ella potrebbe in unprimo momento non fidarsi abbastanza di parlare liberamente o di fornire un resoconto accuratodel proprio caso. Anche quando l’iniziale presentazione della domanda d’asilo contienedichiarazioni false o la domanda non è ancora stata inoltrata dopo un certo periodo di tempodall’arrivo nel paese d’asilo, il richiedente può ancora essere in grado di formulare una richiestacredibile63. F.DOMANDE SUR PLACE39.Una domanda di status di rifugiato “sur place” può avere origine in conseguenza dieventi accaduti nel paese d’origine del richiedente dopo la sua partenza o come conseguenzadelle attività del richiedente dopo aver lasciato il suo paese d’origine64. Questo può essere ilcaso del richiedente che abbia dichiarato la propria condizione dopo l’arrivo nel paese d’asiloe/o la sua condizione di LGBT o le sue opinioni in materia di orientamento sessuale sono stateespresse pubblicamente, ad esempio prendendo parte a campagne di sensibilizzazione,dimostrazioni o altro tipo di attivismo per i diritti umani in favore delle persone LGBT65. 40.Anche quando l’esposizione pubblica della condizione di LGBT di un richiedente è ilrisultato di attività “privata”, egli/ella può tuttavia avere un fondato timore di persecuzione alsuo ritorno o può essere bisognoso di protezione internazionale per altre ragioni66. Pertantodovrebbe essere valutato se l’orientamento sessuale o l’identità di genere del richiedentepossano giungere all’attenzione delle autorità del paese d’origine e al conseguente rischio dipersecuzione67. È necessaria un’attenta valutazione di tutte le circostanze tra cui la portata finoalla quale le attività erano private, la natura del danno temuto e il grado di rischio68. III. CONCLUSIONI 41.Gli sviluppi a livello internazionale e nazionale nella giurisprudenza sull’orientamentosessuale mostrano chiaramente che le persone LGBT possono essere riconosciute come “unparticolare gruppo sociale” e, come tali, hanno titolo alla protezione ai sensi della Convenzionedel 1951. Questi sviluppi tuttavia indicano anche che il maltrattamento di persone a causa delloro orientamento sessuale e della loro identità di genere continua ad essere visto come unaforma di persecuzione altamente personale o nascosta. Di conseguenza talvolta, le personeincaricate di giudicare considerano che le persone LGBT avrebbero dovuto evitare lapersecuzione nascondendo il loro orientamento sessuale, mentre simili aspettative non siverificano in domande che riguardano l’opinione politica o credenze religiose. È pertantonecessario che le valutazioni delle domande basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di63 Cfr. UNHCR, Manuale, nota 15, par. 198. Cfr. Inoltre Refugee Appeal No. 74665, nota 6. “La storia dell’incidente[del richiedente] era un pretesto per mascherare ciò che lui riteneva di non poter rivelare, in particolare il suoorientamento sessuale […] La sua malconsigliata persistenza nel sostenere la falsa domanda originale non implicache non si tratti di un testimone credibile su altri aspetti” (par. 22). 64 Cfr. UNHCR Manuale, nota 15, par. 94-96. Cfr. anche Refugee Appeal n. 75576, 21 dicembre 2006 (Autoritàneozelandese di appello per lo status di rifugiato), par. 78 (http://www.unhcr.org/refworld/ docid/477cfbc8d.html),relative alla situazione degli omosessuali in Iran e al mutamento delle circostanze. 65 Cfr. anche Parere consultivo dell’UNHCR all’Associazione Tokyo Bar, nota 8, par. 12. 66 Cfr. per analogia, Linee guida dell’UNHCR di protezione internazionale n. 6: domande d’asilo basate sullareligione in base all’articolo 1A(2) della Convenzione del 1951 e/o del suo Protocollo del 1967 relativi allo statusdei rifugiati HCR/GIP/04/06, 28 aprile 2004, par 34-36 (http://www.unhcr.org/ refworld/docid/4090f9794.html);Refugee Appeal n. 75139, 18 novembre 2004 (Autorità neozelandese di appello per lo status di rifugiato), par. 8 e 35(http://www.unhcr.org/refworld/docid/ 467908082.html).67 Cfr. Regeringsbeslut 11:6, Documento n. 1926, 28 maggio 1998 (Governo svedese, Ministero per gli affari esteri(Regeringen, Utrikesdepartementet)), in cui è stato determinato che con l’ampia attenzione che il caso del richiedenteaveva ricevuto sia in Svezia che all’estero e il coinvolgimento di diverse organizzazioni, potrebbe non escludersi cheil richiedente sia a rischio di essere oggetto di particolare interesse da parte delle autorità iraniane. 68 Per ulteriore giurisprudenza sulle domande sur place, cfr. ad esempio, Danian v. Secretary of State for the HomeDepartment, CO/30274/97, 9 giugno 1998 (Tribunale d’appello del Regno Unito sull’immigrazione)(http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae6b6b92c.html); e Ghasemian v. Canada (Minister of Citizenship andImmigration) [2003] F.C.J. n. 1591; 2003 FC 1266, 30 ottobre 2003 (Corte federale canadese)(http://www.unhcr.org/refworld/docid/412f420b4.html).
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- 94 -genere siano svolte in maniera sensibile e appropriata da parte di decision-maker specificamenteformati su questi temi. Data la difficoltà di fornire prove nelle domande legate all’orientamentosessuale, la valutazione di tali domande spesso poggia sulla credibilità del richiedente. In talicircostanze le persone incaricate della decisione devono propendere verso l’assegnazione alrichiedente del beneficio del dubbio.
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- 110 -Cassazione civile, S.U., ordinanza del 19 maggio 2009, n. 11535
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- 118 -UNHCR Statement on Article 1F of the 1951 ConventionIssued in the context of the preliminary ruling referencesto the Court of Justice of the European Communitiesfrom the German Federal Administrative Court regarding theinterpretation of Articles 12(2)(b) and (c) of the Qualification Directive July 2009IntroductionOn 10 February 2009 and 13 March 2009, the German Federal Administrative Court1 lodgedtwo requests to the Court of Justice of the European Communities2 for a preliminary rulingconcerning the interpretation of Articles 12(2)(b) and (c) of Council Directive 2004/83/EC of 29April 2004 on Minimum Standards for the Qualification and Status of Third Country Nationalsor Stateless Persons as Refugees or as Persons Who Otherwise Need International Protectionand the Content of the Protection Granted.3 These provisions exclude a person from being arefugee where there are serious reasons for considering that she/he has committed certainheinous acts. Articles 12(2)(b) and (c) of the Qualification Directive are based on Articles 1F(b)and (c) of the 1951 Convention relating to the Status of Refugees.4The questions posed by the referring court5 concern the conditions under which exclusion fromrefugee status under Article 12(2)(b) and (c) of the Qualification Directive should be applied topersons being member of a terrorist organization or supporting the armed struggle of suchorganization. This is the fourth preliminary ruling reference regarding the interpretation of the QualificationDirective6 and the third case in which the ECJ is asked to clarify the application of a specificprovision of the 1951 Convention in the framework of the EU asylum acquis. UNHCR has adirect interest in this matter, as the agency entrusted by the United Nations General Assemblywith responsibility for providing international protection to refugees, and for seeking permanentsolutions for the problem of refugees.7 According to its Statute, UNHCR fulfils its mandateinter alia by “[p]romoting the conclusion and ratification of international conventions for theprotection of refugees, supervising their application and proposing amendments thereto”.8 Thissupervisory responsibility is confirmed by Article 35 of the 1951 Convention9 and Article II ofthe 1967 Protocol relating to the Status of Refugees10 and extends to all EU Member States, asthey are all States Parties to both instruments. UNHCR’s supervisory responsibility has been reflected in European Community law, includingby means of a general reference to the 1951 Convention in Article 63(1) of the Treatyestablishing the European Community,11 as well as in Declaration 17 to the Treaty ofAmsterdam, which provides that “consultations shall be established with the United NationsHigh Commissioner for Refugees (…) on matters relating to asylum policy”.12 EC secondarylegislation also emphasizes the role of UNHCR. For instance, Recital 15 of the QualificationDirective states that consultations with the UNHCR “may provide valuable guidance for
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- 119 -Member States when determining refugee status according to Article 1 of the GenevaConvention”. The supervisory responsibility of UNHCR is also specifically articulated inArticle 21 of Council Directive 2005/85/EC on Minimum Standards on Procedures in MemberStates for Granting and Withdrawing Refugee Status.13 It is also reflected in the recent proposalof the European Commission for a Regulation establishing a European Asylum SupportOffice,14 which recognizes UNHCR’s expertise in the field of asylum15 and foresees a non-voting seat for UNHCR on EASO’s Management Board.16Against this background, UNHCR in this Statement expresses its view on the issues arising inthe preliminary ruling references of 10 February and 13 March 2009. Part 1 of this Statementaddresses the need to interpret the Qualification Directive in accordance with the 1951Convention and in the light of UNHCR’s authoritative guidance. Part 2 provides UNHCR’sinterpretation of Article 1F(b) and (c) of the 1951 Convention. Part 3 provides a short overviewof German practice with regard to exclusion, which forms the background of the request. Thismay facilitate the understanding of Part 4 which sets out UNHCR’s views on the specificquestions submitted to the ECJ. 1. The Qualification Directive and the 1951 ConventionThe Treaty establishing the European Community clearly creates an obligation for ECsecondary legislation on asylum to conform to the 1951 Convention and its 1967 Protocol.17The primacy of the 1951 Convention is further recognized in European Council Conclusionsand related Commission policy documents, which affirm that the Common European AsylumSystem is based on the “full and inclusive application” of the 1951 Convention.18 It follows thatthe transposition of the Qualification Directive into national legislation of EU Member States,all of which are States Parties to the 1951 Convention and therefore bound by its obligations,must also be in line with the 1951 Convention.19The Qualification Directive recognizes the 1951 Convention as the “cornerstone of theinternational legal regime for the protection of refugees”20 and stipulates that the Directive’sminimum standards are aimed at ensuring “full respect for […] the right to asylum”21 as well asguiding Member States in the application of the 1951 Convention.22 Certain provisions of theDirective replicate the wording of the 1951 Convention almost exactly.23 One of the purposes ofthe Directive is thus not only to ensure compliance with the 1951 Convention, but to contributeto its full implementation. In general, the Conclusions of UNHCR’s Executive Committee,24 as well as the UNHCRHandbook on Procedures and Criteria for Determining Refugee Status25 and subsequentGuidelines on International Protection26 issued by UNHCR, should also be taken into account ininterpreting the provisions of the EU asylum acquis. These provide guidance for theinterpretation and application of the 1951 Convention, and influenced significantly the draftingof the Qualification Directive. The Explanatory Memorandum of the Commission’s proposal27quotes the UNHCR Handbook and Executive Committee Conclusions as sources, along with the1951 Convention itself.282. UNHCR’s interpretation of Article 1F2.1. General considerationsUNHCR’s interpretation of Article 1F of the 1951 Convention is set out in UNHCR’sHandbook,29 the Guidelines on the Application of the Exclusion Clauses30 and the BackgroundNote on the Application of the Exclusion Clauses31 the last of which forms an integral part ofthe UNHCR Guidelines on Article 1F. The present Statement clarifies and complements theseprevious positions issued by UNHCR.
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- 120 -In relation to Article 1F of the 1951 Convention, UNHCR is also guided by subsequent legaldevelopments in international human rights law,32 international humanitarian law, internationalcriminal law, international extradition law and as well as State practice. Article 1F reads as follows: The provisions of this Convention shall not apply to any person with respect to whomthere are serious reasons for considering that: (a) He has committed a crime against peace, a war crime, or a crime against humanity,as defined in the international instruments drawn up to make provision in respect ofsuch crimes; (b) He has committed a serious non-political crime outside the country of refuge prior tohis admission to that country as a refugee; (c) He has been guilty of acts contrary to the purposes and principles of the UnitedNations.33The purpose of Article 1F was recognized by the travaux préparatoires as being twofold:firstly, to deny the benefits of refugee status to certain persons who would otherwise qualify asrefugees but who are undeserving of such benefits as there are “serious reasons for considering”that they committed heinous acts or serious common crimes; and secondly, to ensure that suchpersons do not misuse the institution of asylum in order to avoid being held legally accountablefor their acts.34 This provision is therefore intended to protect the integrity of the institution ofasylum, and should be applied “scrupulously”, as repeatedly stated by the ExecutiveCommittee.35At the same time, the exclusion clauses are exhaustively enumerated in Article 1F, and whilethese clauses are subject to interpretation, they cannot be amended or modified in the absence ofan agreement by the contracting Parties.36 As with any exception to human rights guarantees,and given the possible serious consequences for the individual, the exclusion clausesenumerated in Article 1F should always be interpreted in a restrictive manner and applied withutmost caution,37 and in the light of the overriding humanitarian character of the 1951Convention.38When considering exclusion from international refugee protection in relation to acts ofterrorism,39 it should be noted that the application of Article 1F requires first, that the acts inquestion be assessed against the exclusion grounds, taking into account the nature of the acts, aswell as the context and all individual circumstances in which they occurred. Such an act will notlead to exclusion merely because of its qualification as “terrorist”, but only if such act fallswithin the scope of Article 1F. Secondly, it must be established, in each case, that the individualconcerned committed a crime which is covered by one of the sub-clauses of Article 1F, orparticipated in the commission of such a crime in a manner which gives rise to criminal liabilityin accordance with internationally applicable standards. Although acts commonly considered to be terrorist in nature are likely to fall within theexclusion clauses, Article 1F is not to be equated with a simple anti-terrorism provision. Thefact that an individual may be on a list of terrorist suspects or be a member of an organizationdesignated as terrorist should not suggest an automatic application of the exclusion clauses. Itmay nevertheless trigger consideration of the applicability of the exclusion clauses, and in someinstances, depending on the organization and circumstances, individual responsibility forexcludable acts may arise.40 However, it will not in itself constitute sufficient evidence to justifyexclusion. It should be recalled that an asylum application by a person having (or presumed to have) usedforce, or to have committed acts of violence of whatever nature and within whatever context,must in the first place – like any other application – be examined from the standpoint of theinclusion clauses in the 1951 Convention.41
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- 121 -Article 1F is to be distinguished from Article 33(2) of the 1951 Convention, which provides forthe exceptions to the principle of non-refoulement. These are distinct provisions servingdifferent purposes. Article 1F forms part of the refugee definition in the 1951 Convention, andexhaustively enumerates the grounds for exclusion from refugee status based on criminal actscommitted by the applicant. Unlike Article 1F, Article 33(2) does not form part of the refugeedefinition and does not constitute a ground for exclusion from refugee protection. While Article1F is aimed at preserving the integrity of the refugee protection regime, Article 33(2) concernsprotection of the national security of the host country. The application of Article 33(2) affectsthe treatment afforded to refugees, rather than their recognition as refugees under the 1951Convention. It permits, under exceptional circumstances, the withdrawal of protection fromrefoulement of those previously recognized as refugees who pose a danger to the host country.42A decision to exclude an applicant based on a finding that s/he constitutes a risk to the securityof the host country would be contrary to the object and purpose of Article 1F and the conceptualframework of the 1951 Convention.432.2 Requirements for the application of Article 1F of the 1951 Convention2.2.1 Seriousness of the acts covered by Article 1F All the types of criminal acts leading to exclusion under Article 1F of the 1951 Conventioninvolve a high degree of seriousness. This is obvious regarding Article 1F(a) and (c), whichaddress acts of the most egregious nature such as “war crimes” or “crimes against humanity” or“acts contrary to the purposes and principles of the United Nations”.44 In light of its context andthe object and purpose of the exclusion grounds highlighted above, a “serious non politicalcrime” covered by Article 1F(b) must also involve a high threshold of gravity.45 Consequently,the nature of an allegedly excludable act, the context in which it occurred and all relevantcircumstances of the case should be taken into account to assess whether the act is seriousenough to warrant exclusion within the meaning of Article 1F(b) and 1F(c). 2.2.2 Individual responsibility, due process and standard of proof For exclusion to be applied, individual responsibility must be established in relation to an actcovered by Article 1F. In general, individual responsibility arises where the individualcommitted or made a substantial contribution to the act in question, in the knowledge that his orher act or omission would facilitate the criminal conduct. This also derives from the wording ofArticle 1F which refers to a “person with respect to whom there are serious reasons forconsidering” that he has committed the acts under Article 1F(a) and (b), or “he has been guilty”of the acts under Article 1F(c). Accordingly the degree of personal, knowing and intentionalinvolvement46 of the person in the criminal act must be carefully assessed. This requirement for individual responsibility is critical in cases of alleged membership of anorganization which engages in excludable acts where, among other things, the specific role,personal involvement and the substantial contributions of the person concerned to the activitiesof the organization must be examined carefully to determine his or her individualresponsibility.47The 1951 Convention sets a high standard of proof for establishing that an individual hascommitted or participated in the commission of acts covered by Article 1F, requiring “seriousreasons for considering” that the individual has committed or participated in the commission ofsuch acts. Although the application of the exclusion clause does not require a “determination ofguilt” in the criminal justice sense, and therefore, the standard of proof required would be lessthan “proof of guilt beyond reasonable doubt”, it must be sufficiently high to ensure thatrefugees are not erroneously excluded. The words “serious reasons for considering”48 shouldthus be construed in line with their plain meaning, and require a high standard of proof, in lightof the serious consequences of exclusion and the need to preserve and adhere to the object andpurpose of Articles 1F of the 1951 Convention. Thus, in UNHCR’s view, reliable, credible and
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- 122 -convincing evidence, going beyond mere suspicion or allegation, is required to demonstrate thatthere are “serious reasons for considering” that individual responsibility exists. While due process and procedural fairness are essential in all refugee status determinationprocedures, rigorous procedural safeguards are particularly important in exclusion cases, giventhe exceptional nature and severe consequences of exclusion, and the overriding humanitariancharacter of the 1951 Convention.49Furthermore, there may be grounds for finding that individual responsibility does not apply,such as the absence of the requisite mental element (knowledge and intent) or the existence ofvalid defences to criminal liability. Any other mitigating factors would also need to be assessed.In cases where the person has a valid defence, exclusion will not be applicable.502.2.3 Proportionality In UNHCR’s view, consideration of proportionality is an important safeguard in the applicationof Article 1F, in view of the serious consequences of exclusion, which denies the benefit ofrefugee status to certain persons who otherwise qualify as refugees. While this principle is notexpressly stated in the 1951 Convention, it is derived from the nature and rationale of theexclusion clauses and the overriding humanitarian object and purpose of the 1951 Convention.51As an exception to a human rights guarantee, exclusion clauses should be applied in a mannerproportionate to their objective. This requires an assessment of the gravity of the offence inquestion, which should be weighed against the consequences of exclusion.52 This principle ofproportionality has been recognized under international human rights law and internationalhumanitarian law. More specifically, a balancing test was mentioned in relation to Article 1F(b)during the negotiation of the 1951 Convention,53 and has been developed in subsequent case lawand expert analysis.54The consequence of exclusion under Article 1F is the denial of the set of rights attached torefugee status, including protection from removal to a country where s/he could facepersecution. The proportionality test must therefore involve determining the degree andlikelihood of persecution feared, and measuring these against the seriousness of the actscommitted. If the applicant is likely to face severe persecution, the crime in question must bevery serious in order to exclude the applicant. This would be the case where the offence inquestion constitutes a grave crime, satisfying, for example, the definition of crimes againsthumanity.55In addition, the proportionality test should include an examination of whether other guaranteesunder human rights instruments will apply, most notably Article 3 of the 1984 Conventionagainst Torture, Articles 6 and 7 of the ICCPR and Article 3 of the ECHR. Where suchprotections entail protection against removal (refoulement) that would result in exposing theperson concerned to human rights violations such as those prohibited by those instruments, andwould be effective and accessible to the person concerned, proportionality would be satisfied, asit is not the exclusion decision per se which would lead to return. 2.3 Specific issues regarding Articles 1F(b) and 1F(c)In view of the questions raised by the referring court, further observations are provided belowregarding the application and interpretation of Articles 1F(b) and (c) of the 1951 Convention. 2.3.1 Article 1F(b): Serious non-political crimes committed outside the country of refuge andprior to his [or her] admission to that country as a refugee56As outlined above, excludable acts under Article 1F(b) should reach a certain threshold ofseriousness. The insertion of the term “serious” to qualify the word “crime” during the travauxpréparatoires,57 and the ordinary meaning given to this word, clearly support this interpretation.
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- 123 -In determining whether a particular crime is sufficiently serious, the following factors should betaken into account: the nature of the act, the actual harm inflicted, the form of procedure used toprosecute the crime, the nature of the penalty, and whether most jurisdictions would consider ita serious crime. Given the diversity of State practice, standards from international instrumentsrather than national or domestic laws or practice are most relevant in this regard. In UNHCR’s view, a serious crime should be considered non-political when other motives(such as personal reasons or gain) are the predominant feature of such crime. Where no clearlink exists between the crime and its alleged political objective, or when the act in question isdisproportionate to the alleged political objective, the crime should be considered non-political.58 The motivation, context, means applied and proportionality of a criminal act to itsobjectives are important factors in evaluating its political nature. The seriousness of the crimewill therefore affect the determination of its political or non-political nature. Accordingly,egregious acts of violence, such as acts commonly considered as being of a “terrorist” nature,will in most cases be deemed disproportionate to any political objective and thereforeconsidered non-political. In cases where the person is accused of membership in a group that engages in serious non-political crime, an assessment in particular of that person’s substantial contribution, personalinvolvement, position and responsibility in the organization is required. While membership insuch organizations does not per se constitute a crime under Article 1F(b), the specific roleplayed by the person concerned within the organization needs to be assessed to determinewhether he or she carries individual responsibility for an act which reaches the level ofseriousness required under Article 1 F(b). It must be shown that the requirement of “seriousreasons for considering” that the individual engaged in, and intended to commit the excludableact, or knowingly made a substantial contribution to it, is fulfilled. When assessing whether an act alleged to be an “act of terrorism” may fall within the scope ofArticle 1F(b), it must be established that the act in question meets the “serious and non-political” threshold required under this provision. The geographic and temporal criteria requiredunder Article 1F(b) must also be met (“committed outside the country of refuge prior toadmission to that country as a refugee”). The drafting history demonstrates that only crimescommitted before entry are at issue.59 Individuals who commit serious non-political crimeswithin the country of refuge are subject to that country’s criminal law process and, in the case ofparticularly grave crimes, to Articles 32 and 33(2) of the 1951 Convention.60 In addition,decision-makers need to examine the particularities of the specific crime, the act in question,and all of the surrounding circumstances. 2.3.2 Article 1F(c): acts contrary to the purposes and principles of the United Nations Article 1F(c) refers to “acts contrary to the purposes and principles of the United Nations”. Thepurposes and principles of the UN are contained in the Preamble and Articles 1 and 2 of the UNCharter.61 Their broad and general terms give little guidance as to the types of acts that woulddeprive a person of the benefits of refugee status under Article 1F(c) of the 1951 Convention.The travaux préparatoires of the 1951 Convention provide some clarification as to the intentionof the drafters, and indicate that this provision was intended to cover mainly violations ofhuman rights which, although falling short of crimes against humanity, were nevertheless of anexceptional nature. Delegates noted that Article 1F(c) was not meant to be applied to the “manin the street”.62 The travaux préparatoires also show that this provision was meant to be appliedonly in exceptional circumstances, stressing that “the discussion was an academic one, since theprovision in question would only be applied very rarely”.63Given the vagueness of its terms, the lack of coherent State practice and the danger of beingopen to abuse, it is particularly important that Article 1F(c) is interpreted restrictively, narrowlyand with caution, in light of the purposes and object of the Convention. During the travauxpréparatoires, some of the delegates already expressed concerns about the risks of thisprovision being open to misuse, as well as the need to preserve the protection afforded by the1951 Convention.64 As noted by one of the Delegates, “[…] he therefore felt it his duty to warn
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- 124 -the Council against a clause like that at present under discussion, by the provisions of which thestatus of refugee could be refused to a person, who had not been sentenced, or even tried, by anational or international court, simply on the presumption that he had done something as vagueas an act contrary to the purposes and principles of the United Nations”.65Given that the purposes and principles of the United Nations enshrined in Article 1 and 2 of theUN Charter set out the fundamental principles which States must uphold in their mutualrelations, excludable acts violating such principles must therefore have an internationaldimension. Exclusion from refugee protection based on the criteria of Article 1F(c) should thusbe reserved for situations where an act and the consequences thereof meet a very high threshold.This threshold should be defined in terms of the gravity of the act in question, the manner inwhich it is organized, its international impact and long-term objectives, and the implications forinternational peace and security.66 Thus, in UNHCR’s view, crimes which are capable ofaffecting international peace and security, and peaceful relations between States would fallwithin this clause, as would serious and sustained violations of human rights.67 This analysisalso applies where exclusion is considered with regard to acts considered to be of a terroristnature.68However, more recent developments in international law and in the practice of the UnitedNations Security Council,69 including the Resolutions which have designated terrorist acts asviolating the purposes and principles of the UN, suggest that acts contrary to the purposes andprinciples of the UN could also be committed by an individual who is a member of anorganization designated as “terrorist”, irrespective of his/her position in the organization, whichmay therefore lead to his/her exclusion under Article 1F(c) without limitations as to the natureand seriousness of the act. However, references to United Nations General Assembly70 and UNSC Resolutions pertaining to measures for combating terrorism which declare that acts ofterrorism are contrary to the purposes and principles of the UN should not suggest an automaticapplication of Article 1F(c).71 For the application of Article 1F(c), an individual assessment ineach case should be undertaken to determine whether the acts in question meet the thresholdrequired, in terms of their gravity, international impact, and implications for the maintenance ofinternational peace and security. In UNHCR’s view, mere membership of a “terrorist” organization will not suffice. Exclusionmay be applied in such cases only where the person’s individual responsibility is established,based on his or her position in the organization, his or her involvement, and/or knowing acts.72As previously stated, the application of Article 1F(c) requires an individual examination anddetermination, on the basis of reliable and credible evidence, that “there are serious reasons forconsidering” that the individual concerned has incurred individual responsibility for (i.e. is“guilty of”) acts of terrorism which are contrary to the purposes and principles of the UN, in fullobservance of due process safeguards.733. Comments on the interpretation and the application of Article 1 F of the 1951Convention as practiced in GermanyGermany introduced provisions on exclusion from refugee status with the Law on FightingTerrorism in 2002.74 Since then, these provisions have been applied in practice not only inrefugee status determination procedures, but also as a reason for revocation of decisionsgranting refugee status. The relevant provisions were amended most recently by theTransposition Act 2007,75 which transposed secondary EC law on migration and asylum intoGerman legislation on aliens. Three aspects, in particular, need to be explained in order to understand German practice onexclusion and the line of reasoning used by authorities and courts. One concerns the merging ofgrounds for exclusion from refugee protection with exceptions to the non-refoulement principle.The second aspect pertains to a practice in some cases of excluding aliens from refugee statusfor reasons of minor crimes, if committed by members of terrorist organizations. Finally, thereare divergent opinions on whether a continuing danger emanating from the applicant is a
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- 125 -condition for exclusion; the positive answer by most of the courts, inter alia, is based on theequation of exclusion with the exceptions to the non-refoulement principle in German law. 3.1 Merging of exclusion and exceptions from the non-refoulement principleGerman law provides that refugee status is recognized if the inclusion criteria are fulfilled,unless exclusion criteria apply76; or the person concerned poses a serious danger to the GermanState or German society.77 This does not correspond to the differentiation between exclusionfrom refugee status under Article 1F on the one hand, and the exceptions from non-refoulementas contained in Article 33 (2) of the 1951 Convention on the other. The two concepts, theirrelevant criteria and their legal consequences differ.78 Exclusion grounds are exhaustive and donot allow the addition of other situations, including those covered by Article 33(2) of the 1951Convention. Moreover, the different legal consequences of these provisions need to be takeninto account in order properly to review proportionality. 3.2 Exclusion for low-level support of terrorist organizationsGerman law allows for the application of the provision transposing Article 33(2) of the 1951Convention only if the person concerned has received a final sentence of at least three years ofimprisonment. German administrative authorities have nevertheless applied this provision insome cases for relatively low-level involvement in terrorist organizations. In such cases, thelevel of involvement was significantly lower than that which would attract a sentence of threeyears of imprisonment.79 This suggests that in the view of the administrative authorities, theGerman equivalent of the exclusion clauses of Article 12 (2)(c) of the QD and Article 1 F(c) ofthe 1951 Convention may be triggered by any form of membership in or support of a terroristorganization. In such cases, it would appear that the seriousness of the alleged act, as well as thedegree of individual responsibility, have not been considered by the administrative authorities tothe extent that UNHCR considers necessary to apply Article 1 F(c). In the practice of the administrative courts, the criteria are not uniformly interpreted. Severaladministrative courts require a specific level of support to a terrorist organization, in particularin the form of contributions to specific violent acts80 or carrying out executive functions in anorganization considered to be “terrorist”.81 However, other courts have stated that anymembership or involvement in the structures of a “terrorist” organization would be sufficient.82Other courts state that exclusion under Article 1 F(c) of the 1951 Convention only applies topersons holding a central position in a State, since the principles and purposes of the UnitedNations can only be violated by States.833.3 Divergent practice on the requirement for a continuing threatWhereas the administrative authorities do not review the question of whether a person who maybe excluded continues to pose a danger to German society, the majority of courts do.84 Thosecourts base their argument on the wording of the relevant provision in the German law whichuses the wording (“the same applies”)85 equating the exclusion clauses with the exceptions tothe non-refoulement principle. The latter, of course, includes a requirement of present danger.86Courts in favour of the continuing danger requirement also refer to the need for aproportionality test. These courts also quote UNHCR’s call for a restrictive interpretation of allexclusion clauses in order to support this approach.87 The opposite approach mainly relies on thewording of the exclusion clauses, which refer only to acts committed in the past.88 Moreover,the positive effect of exclusion in limiting membership in terrorist organizations is mentioned.Under this reasoning, exclusion from refugee status may have this positive effect if the personconcerned withdraws from membership subsequently.89
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- 126 -4. UNHCR’s responses to questions referred to the ECJ4.1 Question 1: Membership in and active support of armed combat of a terroristorganization listed on the EU list may trigger application of Articles 12 (2) (b) and (c)of the Qualification Directive1. Does the membership in and the active support of the armed combat of an organization listedas a terrorist organization on the EU list (Annex to the Common Position of 2002) constitute aserious non-political crime in the sense of Article 12 (2) (b) QD or an act contrary to thepurposes and principles of the UN in the sense of Article 12 (2)( c) QD?Membership in, combined with the provision of active support to the armed combat of aterrorist organization, may fall within the ambit of both Articles 12 (2) (b) and (c) QD.However, as stated above, membership or association with, or support to an organizationresponsible for unlawful violence or crimes, including terrorist acts, should not lead to anautomatic application of the exclusion clauses. For the application of Article 1F, it must firstlybe determined that the concerned act falls within the scope of the exclusion clauses; that is,whether the criteria of a “serious non-political crime” or of an “act contrary to the purposes andprinciples of the United Nations” are fulfilled and reach the seriousness and high threshold ofseriousness required under the relevant part of Article 1F.90 Secondly, it must be established that“there are serious reasons for considering” that the person can be held individually responsiblefor the excludable acts. The assessment must include a careful review of all specificcircumstances of the case. In other words, the activities of an individual in supporting anorganization designated to be a terrorist organization do not lead to exclusion merely because ofthe label “terrorism,” but only if the particular crimes in question constitute excludable actsfalling within the scope of Articles 12 (2) (b) or (c) QD, for which the person concerned carriesindividual responsibility. 4.1.1 Serious non-political crime in the sense of Article 12 (2) (b) QD The question of the German Federal Administrative Court regarding Article 12 (2) (b) QD isrestricted to whether membership in a terrorist organization and active support of its armedcombat qualify as a serious non-political crime. Other criteria which may be relevant in thereview of Article 12 (2) (b) QD and the related national provisions are not discussed here.91 Onthe other hand, since it is not exactly clear what activities are covered by “active support of thearmed combat” or the meaning of these terms, the scope of activities of relevance for exclusionunder this heading need to be analysed in detail. 4.1.1.1 Seriousness of the crimeAs outlined above regarding Article 1F(b),92 a high threshold applies regarding the seriousnessof the non-political crime under Article 12(2)(b) QD. This follows from the context of thisprovision as well the general object and purpose of the exclusion provisions, and is confirmedby the drafting history of the 1951 Convention and of the QD, UNHCR’s authoritative view andguidance, and doctrine. First of all, this results from a comparison with the other exclusion grounds contained in Article12 (2) QD. Those other clauses, Articles 12 (2) (a) and (c) QD, address acts of a most egregiousnature such as war crimes or crimes against humanity, or acts which violate most fundamentalvalues such as the purposes and principles of the United Nations.93Second, the object and purpose of the exclusion provisions also support the requirement of ahigh threshold for the seriousness of the crime, in view of the severe consequences of exclusion.The provisions serve, in particular, to exclude persons undeserving of refugee protection fromthe scope of the QD as well as from the 1951 Convention. Refugee protection should notpreclude serious criminals from facing justice, and exclusion aims to ensure that such personsdo not misuse the institution of asylum in order to avoid being held legally accountable for their
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- 127 -acts. Given the general aim of the QD and the 1951 Convention to provide international refugeeprotection to those in need, the exclusion clauses can only be of an exceptional character andrequire a restrictive application and interpretation, with utmost caution,94 in the light of theoverriding humanitarian character of the 1951 Convention. The requirement of a high threshold for the seriousness of the crime committed is alsoconfirmed by drafting history, as apparent in the travaux préparatoires. In particular, the Frenchdelegate drew a parallel to Article 14 of the Universal Declaration of Human Rights, exclusionfrom which he related to serious crimes.95 Based on this argument, he proposed inserting theterm “serious”.96 The Swiss97 and Belgian98 delegates also emphasised serious nature of thecrimes committed. Given the requirement to interpret an exclusion clause restrictively, the qualification “serious”in Article 1F(b) indicates that the crime has to be at least a “capital crime or a very gravepunishable act”.99 Minor offences punishable by moderate sentences are not grounds forexclusion under Article 1F(b), even if technically referred to as “crimes” in the penal law of thecountry concerned. For instance, murder, rape, arson, and armed robbery are considered to be“serious crimes”. Other offences may be regarded as “serious” if they are accompanied, forexample, by the use of deadly weapons, or involve serious injury to persons.100Many recognized commentators have also placed significant emphasis on the seriousness of thecrime.101 Some refer to a capital crime or particularly serious crime,102 while others to crimesagainst physical integrity, life, and liberty,103 or crimes which potentially attract long periods ofcustodial punishment.104This approach in applying a high threshold of seriousness is corroborated by State practice andjurisprudence. French Courts have accorded particular emphasis to the seriousness of a crime,having explicitly qualified as “serious non political crimes” pre-meditated murder (of civilians,members of armed forces or political opponents); direct participation in the preparation ofterrorist acts; supervision of a terrorist cell; theft of weapons to support an opposition armedgroup; rape and large-scale drug trafficking.105 In Spain, France, Slovak Republic and Hungary,“serious crimes" are considered to be those crimes for which domestic law imposes a minimumpenalty of five years’ imprisonment.106 Given the variances in domestic penal sanctions forparticular crimes, however, penalties alone should not be seen as decisive of the “seriousness”of a crime for the purposes of Article 12(2)(b). Rather, criminal penalties should be consideredas part of an assessment of all the circumstances of the crime including any aggravatingelements, the gravity of which should be judged against international standards rather than bydomestic laws.107The commission of acts commonly considered as terrorist acts, including those which involveatrocities such as killing, abductions, or torture, will generally constitute a serious crime.108 It isnot the “terrorist” label attached to such acts which prompts the application of the exclusionclauses, but the nature and seriousness of the crimes. Resolutions adopted by the UN Security Council indicate that the support of a terroristorganization may potentially constitute a serious crime, in the sense of Article 12 (2)(b) QD.This finding is further corroborated by EU practice and international criminal law. The relevantResolutions of the UN Security Council refer directly to “terrorist acts” and the planning of, thefacilitation of and participation in such acts,109 to “financing, planning, preparation of as well asany other form of support for acts of international terrorism”,110 or to “financing, planning andinciting terrorist acts”.111 Even though those resolutions are related to specific criminal acts,which are qualified as “terrorist”, Resolution 1377 is worded quite broadly when referring to“any other form of support”. This may also be understood to cover support of the organizationin general, without the support being related to a specific armed attack or atrocity.112 Thisapproach is also taken in the EU Council Common Position of 27 December 2001 on theapplication of specific measures to combat terrorism, which designates also the directing of aterrorist group and the participation in a terrorist group as “terrorist acts”.113 Moreover, thisapproach is also supported by the standards applied in international criminal law.
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- 128 -Even though membership in and support of a terrorist organization may constitute a crime inmany national jurisdictions and under international law, it is clear that not all forms ofmembership or of support would reach the seriousness threshold of Article 12 (2)(b) QD. Thefact that a person may be affiliated or associated with a group or organization responsible forunlawful violence or crimes, including terrorist acts, should not lead to an automatic applicationof the exclusion clauses.114In this connection, the question of whether the person concerned had a central role, such as thefounder or leader of a terrorist organization, or merely acted as a distributor of leaflets, mustmake a difference with a view to the seriousness of the crime. Moreover, the period of timeduring which support was provided, as well as the organization’s activities at the relevantmoment, are factors to be analysed thoroughly. Recital 28 QD further supports the idea that not all forms of membership or support will reachthe seriousness threshold required for Article 12 (2)(b) QD. This Recital refers to the concept of“national security and public order” based on which the QD permits Member States to reduce orlimit the entitlements accorded to refugees or subsidiary protection beneficiaries. However,reasons or considerations of “national security and public order” are not sufficient to constitutegrounds for exclusion under the criteria of Article 12(2) of the QD. Recital 28 states that “thenotion of national security and public order also covers cases in which a third country nationalbelongs to an association which supports international terrorism or supports such anassociation”. This indicates that such membership or support may be taken into account whenexamining the possibility of limiting the entitlements of refugees and subsidiary protectionbeneficiaries to travel documents, to residence permits after a period of three years, and toadditional rights for family members, under Chapter VII of the Qualification Directive – butdoes not affect their status.115 Given such considerations are named as material factors forlimiting the scope of rights attached to grants of protection, they cannot of themselves suffice tojustify exclusion from refugee status. 4.1.1.2 Non-political natureWhere there is no clear link between the crime and its allegedly political motive, or when the actin question is disproportionate to the alleged political objective, non-political motives arepredominant.116 In order to apply the predominance test, in every individual case in which apolitical aim may have motivated the person concerned, the means applied in committing thecriminal act in question and the allegedly political aims pursued must be examined. Egregiousacts of violence commonly associated with “terrorism” will in most cases fail the predominancetest, being wholly disproportionate to any political objective. Thus, holding membership in orproviding support to a terrorist organization, if the organization is involved in committingviolent crimes disproportionate to any political objective, would qualify as a “non-political”crime in the sense of Article 12(2)(b) QD and Article 1F(b) of the 1951 Convention. As statedabove, for the application of Article 1F(b), the seriousness test for acts falling within the scopeof Article 1F must also be applied. Art 12(2)(b) of the QD goes beyond the wording of Article 1F, in providing that “particularlycruel actions, even if committed with an allegedly political objective, may be classified asserious non-political crimes”. However, “particularly cruel actions” remains undefined in theQualification Directive, in other instruments of the acquis, or in international law. This provision on “particularly cruel actions” has not been transposed into national law in asignificant number of Member States including, for instance, Austria, Belgium, Czech Republic,France, Hungary, Ireland, Luxembourg, Netherlands, Poland, Romania, Slovenia, Sweden andUnited Kingdom. The few national laws providing a definition of “particularly cruel actions”,notably Bulgarian and Slovak law, have referred to acts of an exceptionally heinous naturewhich pose an extremely high degree of social danger. The Slovak legislation specificallydefines as “particularly inhuman actions” crimes including “endangering the peace, genocide,terrorism, torture and other inhuman and cruel treatment…”.117 German law provides that such
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- 129 -acts would involve in particular “attacks on the civilian population”.118 State law and practicethus reflects a cautious approach to the concept of “particularly cruel actions”, omitting it fromthe legislative criteria for exclusion, or confining its scope to exceptional and particularlyegregious crimes. 4.1.1.3 Individual responsibility and standard of proofExclusion from refugee protection based on the criteria under Article 1F of the 1951Convention requires a determination of individual responsibility, as it must be established, ineach case, that the individual concerned committed a crime which is covered by Article 1F, orparticipated in the commission of such a crime in the knowledge that his or her act or omissionwould facilitate the criminal conduct, and in a manner which gives rise to criminal liability inaccordance with internationally applicable standards. Thus, exclusion is only justified if theperson concerned can be held individually responsible for the serious non-political crime fallingwithin the scope of Article 1F(b). As the exclusion clauses contained in Article 1F of the 1951 Convention are based on criminalconduct, the requirement under fundamental principles of criminal law for an individualizedassessment to determine responsibility for criminal acts applies also in the context of exclusionproceedings. In this regard, a criminal law standard of participation applies. This is also recognised in Article12 (3) QD which refers to the excludability of persons who “instigate or otherwise participate inthe commission of crimes or acts mentioned”. Consequently, both objective and subjectivecriteria of participation in the commission of the relevant crime need to be fulfilled. As theSwiss Asylum Commission stated, “an application of Article 1 F of the 1951 Convention is onlyjustified if the person concerned exercised a decisive influence on the criminal acts in questionand therefore can be held individually responsible, irrespective of whether he has committed theacts himself or only supported or tolerated them”.119 Similarly, individual responsibility forexcludable acts arises where the perpetrator commits the crimes, or induces crimes committedby others (by planning, ordering or instigating them), or makes a substantial contribution thereto(through aiding, abetting, or participating in a joint criminal enterprise).120 The ICC Statuteprovides useful guidance on the issue of individual responsibility for people in command orsuperior positions. In particular, the Statute explicitly extends jurisdiction of the ICC tocontributions made “in any other way” (than aiding, abetting or otherwise assisting in thecommission of a specific crime), to the commission “of such a crime by a group of personsacting with a common purpose” if this is made with the “aim of furthering the criminal activityor criminal purpose of the group”.121While membership of “terrorist” organizations or groups should not automatically lead toexclusion clauses, it could nevertheless trigger consideration of the application of exclusionclauses. In some instances, depending on the organization and circumstances, individualresponsibility for excludable actions may arise if membership is voluntary, and when themembers of such groups can be reliably and reasonably considered to be individuallyresponsible for terrorist acts falling under the scope of Article 1F. In such cases, as with anyexclusion analysis, decision-makers need to examine each case on its own merits and take intoconsideration all the relevant facts. Due regard and caution should be given in particular to theactual activities of the organization, its structure (including potentially whether it operates in acentralized or fragmented way); the organization’s place and role in the society in which itoperates, and its purposes and methods. The individual’s role and involvement must also beexamined, including his or her position in it; his or her personal involvement or substantialcontribution to the criminal act in the knowledge that his or her act or omission would facilitatethe criminal conduct; his or her ability to influence significantly the activities of the group ororganization; and his or her rank and/or command responsibility.122In particular, when assessing the individual responsibility of persons who are suspected ofproviding funds or assistance to “terrorist groups or organizations”, the degree of involvementof the person concerned must be carefully assessed to determine whether the person committed,
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- 130 -or made a substantial contribution to a criminal act. In such cases, the particular features of thespecific crime, and factors such as the regularity and amount of contributions provided, shouldbe assessed, as well as the non-political nature of the crime. For instance, there is a differencebetween an isolated and small financial donation and the consistent and long term financialsupport on a substantial scale.123As part of the examination of individual responsibility in cases which could trigger theapplication of exclusion clauses, the applicant must be given the opportunity to put forward anyapplicable defence regarding non-involvement or dissociation from any excludable act.124 If thisis provided, in the absence of serious evidence to the contrary, the applicant should no longer beconsidered within the scope of the exclusion clauses. As a matter of principle, the fact that the alleged acts concern so-called “terrorist offences”should not be a determining factor, particularly in the absence of a universal definition of“terrorism”. It may constitute an aggravating factor or may be central to the crime concerned(for instance, the forming of or membership in a terrorist organization), but for Article 1F toapply, the requisite seriousness of the crime and individual responsibility must still beestablished in the individual circumstances of each case. A high standard of proof applies to the establishment of individual responsibility,125 requiring“serious reasons for considering” that the person concerned “has committed” or “has beenguilty” of the relevant excludable acts under Article 12(2) QD. In a number of EU MemberStates, including Poland, Netherlands and Sweden, the standard of proof required for exclusioncorresponds to those laid down for prosecution under international criminal law instruments.126In assessing individual responsibility based on due process standards, decision-makers mustalso examine any valid defences (e.g., that he or she was forced to participate in the commissionof a crime under duress or self-defence).1274.1.2 Acts contrary to the purposes and principles of the United Nations: Article 12 (2) (c) QD As outlined above,128 the purposes and principles of the United Nations are contained in thePreamble and in Articles 1 and 2 of the UN Charter. The Qualification Directive notes that theyare also, amongst other sources, embodied in United Nations Resolutions regarding terrorism.129Most relevant in the present context is the United Nations’ purpose of maintaining internationalpeace and security. This implies that an exclusion provision can only be triggered by acts whichhave impact on the international level. As stated above, exclusion from refugee protection basedon the criteria of Article 1F(c) should thus be reserved for situations where an act and theconsequences thereof reach a very high threshold, that is, where an act is serious or egregiousenough to be capable of being contrary to the purposes and principles of the United Nations. Anassessment of whether this threshold is reached should consider the gravity of the act inquestion, the manner in which the act is performed or organized, its international impact andlong-term objectives, and the implications for international peace and security. The wording of the Security Council Resolutions could be interpreted as providing scope formembership in a terrorist organization to be construed as violating the purposes and principlesof the United Nations. UN SC Resolution 1624 explicitly states that the “acts, methods, andpractices of terrorism” are contrary to the purposes and principles of the United Nations, andthereby links them to the exclusion grounds of the 1951 Convention.130 UN SC Resolution 1377points out that “any other form of support” for acts of terrorism is contrary to the purposes andprinciples of the United Nations.131 Moreover, participation in terrorist organizations isdesignated as a “terrorist act” in the EU Common Position of 2001.132 The UN GA and SC havealso stressed that the “financing, planning and preparation of as well as any other form ofsupport for acts of international terrorism are similarly contrary to the purposes and principlesof the Charter of the United Nations”.133Thus, where Article 1F(c) is said to apply to active involvement in the armed combat of aterrorist organization, the individual acts in question must be assessed for their impact on andrelevance to international peace. Regarding membership in a terrorist organization, it is
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- 131 -necessary to determine whether the activities of the organization reach the threshold required forthe application of Article 1F(c), namely whether their gravity and impact on the internationalplane are such that they impinge on the maintenance of international peace and security; orpeaceful relations between States; or constitute serious and sustained violations of human rightswhich would come within the scope of Article 1F(c) of the 1951 Convention. If theorganization’s acts are found to meet the threshold required for the application of Article 1F(c),an individual assessment in each case should nevertheless be undertaken to determine whetherthe person is individually responsible for those acts, including as a member of the terroristorganization.134When implementing obligations imposed by UN resolutions concerning threats to internationalpeace and security posed by acts of terrorism, and measures to combat terrorism, UN MemberStates are nevertheless obliged to act in accordance with the UN Charter and their obligationsunder international law, including international refugee law.135 This is confirmed by UN SCresolutions on the fight against terrorism, which refer to international refugee law as part of thelegal framework which needs to be respected in the fight against terrorism.136Ensuring compliance with international refugee law also requires the proper and diligentapplication of the exclusion clauses of Article 1F of the 1951 Convention. This means that therequirements and limitations imposed by the 1951 Convention must be taken into account ininterpreting and applying those Resolutions in light of the object and purposes of the 1951Convention.137 Therefore, references to UN GA and SC resolutions pertaining to measures forcombating terrorism which declare that acts of terrorism or support for acts of terrorism arecontrary to the purposes and principles of the UN should not suggest an automatic application ofArticle 1F(c). Since the purposes and principles of the United Nations are addressed to the UN Organizationand to its Member States, in principle it would seem that only high-ranking persons within UNMember States (i.e. Heads of State and persons in analogous positions) are capable of violatingthose purposes and principles in the exercise of their State leadership functions.138 This viewwould suggest that mere membership in a terrorist organization generally cannot bring anindividual within the scope of Article 12(2)(c) QD. The question of whether Article 1F(c) may extend beyond States and those acting in Statecapacities, to individuals acting as such, has been subject to divergent approaches in Statepractice and jurisprudence since the drafting of the 1951 Convention. The drafters of the 1951Convention expressed their intention to limit the personal scope of this provision. The delegateat the Conference of Plenipotentiaries who pressed for inclusion of this clause in the 1951Convention specified clearly that it was not aimed at the “man in the street”.139 Manycommentators have also supported a restrictive view, limiting the application of Article 1F(c) toheads of States and high officials, while reserving scope for its exceptional application toindividuals not necessarily connected with Governments, such as those responsible for seriousviolations of the human rights of others.140 Jurisprudence in different countries has revealed twodiffering approaches: one focused on State leaders and those in similar positions, while another- since the mid-1990s – has focused on extending individual responsibility to individuals notholding such positions and being party to human rights violations, either individually, or asmembers of organizations engaged in such activities.141The development of international law since World War II, in particular in relation to the practiceof the UN SC when acting under Chapter VII of the UN Charter to address threats tointernational peace and security, is also relevant in examining this question. The UN SC hasconcluded that threats to international peace and security may emanate from non-state entities,and that it has power to take enforcement action against such entities.142 More specificallyregarding terrorism, various Resolutions of the UN SC refer to acts of terrorism and supportthereof as being contrary to the purposes and principles of the UN,143 including acts emanatingfrom non-state actors.
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- 132 -Based on the above considerations and in light of today’s reality, the commission of crimeswhich, because of their nature and gravity, are capable of affecting international peace andsecurity, or the relations between States, or which constitute serious and sustained violations ofhuman rights, may not in all cases require the holding of a position of authority within a State orState-like entity. Thus, in addition to persons in positions of State authority, individuals actingin a personal capacity, including as leaders of a group responsible for “acts of terrorism” whichare contrary to the principles and purpose of the United Nations, could also be capable of fallingunder Article 1F(c), where they are found to possess individual responsibility based on therequisite tests.144Unlike high-ranking figures in a terrorist organization, persons having provided small-scalesupport for an organization will not automatically be excludable on the basis of Article 12 (2)(c)QD even if they are involved in the armed combat of the organization, since the degree ofindividual responsibility may not reach the level of responsibility which would be required fortriggering the application of the exclusion clause of Article 12(2)(c) QD.145Various Member States, namely Belgium,146 Czech Republic,147 Slovak Republic, Spain andSweden have limited the application of Article 1F(c) of the 1951 Convention to personsexercising a leadership role or holding a position of authority within a State. Moreover,prevalent Member State practice accords particular weight to the “individual responsibility”requirement, holding that mere membership in a terrorist organization is not enough to bring theperson concerned within the exclusion clauses. In the UK, by contrast, the asylum authoritiesand courts have concluded in a number of cases that a person who is not acting on behalf of aState can commit an act contrary to the purposes and principles of the United Nations, and thatArticle 1F(c) can apply.1484.1.3 Qualification as terrorist organization: EU list sufficient? Regarding designation as a “terrorist organization”, the question posed by the FederalAdministrative Court implies the additional question of whether the designation as such on anEU list is sufficient to warrant exclusion under refugee law. UNHCR has reiterated that in cases where an organization appears on an international list ofterrorist organizations, the association of an individual with such an organization shall not meanthat exclusion is automatically justified. However, a consideration of the applicability of theexclusion clauses can be triggered, and depending on the nature of the individual’s involvement,inclusion on the list may give rise to individual responsibility.149 Such responsibility may arise ifthe list has a credible basis; if the membership of such a group is voluntary; and the criteria forplacing a particular organization or individual on the list are such that all members or listedpersons or organizations can reliably be considered to be individually and heavily involved inexcludable acts. Individual responsibility must nevertheless be established for “acts ofterrorism” which fall within the scope of Article 1F for persons considered to be members oforganizations or entities listed on “terrorist lists” established by the international community ornational authorities.150It should be noted that lists established by the international community should not generally betreated as reversing the burden of proof, in view of the fact that the evidentiary threshold forinclusion in at least some cases may not meet the standard of proof required for exclusioncases.151The list mentioned by the Federal Administrative Court in its question is contained in an annexto the Council Common Position of 27 December 2001 on the application of specific measuresto combat terrorism (2001/931/CFSP). Given its status as a common position adopted under thethird pillar of the EU legal order, it does not have binding legal effect152 and cannot constitute aconclusive decision on the interpretation of a binding provision of Community legislation underthe first pillar. Regarding the list, a binding character also cannot be founded on the argumentthat it is simply implementing determinations made by the United Nations Security Council orthe so-called “Sanctions Committee”.153 Even though there is an obligation to review the entries
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- 133 -on the list at least every six months, concerns about the inclusion of a number of individuals andorganization in the list and its compliance with due process guarantees were recognized by theCourt of First Instance, which in 2006 ruled that a Council decision placing the People’sMojahedin Organization of Iran (PMOI) on the list was unlawful.154 The listing procedures weremodified following the PMOI decisions, to provide for a statement of reasons and right ofappeal to the European Council’s terrorist proscription working group. However, concerns havepersisted and the adequacy of procedural safeguards have been examined closely in subsequentlitigation, particularly in regard to people and organisations listed on the basis of decisions ofthe UN SC Sanctions Committee, including in the case of Kadi and Al-Barakaat, whichannulled the decision to include the applicants in the list based on the lack of proceduralsafeguards.155 In April 2009, the European Commission adopted a proposal which among otherthings, would require people or organisations listed by the Sanctions Committee to receive astatement of reasons and an opportunity to express views in response, prior to any decision toinclude them on the EU list.156 However, as the proposal is still under discussion in the Councilat the time of writing, and it is unclear whether or in what form it might be adopted orimplemented, concerns persist regarding the procedural fairness of the listing procedures. The Council of Europe has also expressed concerns about the procedural standards forcompiling lists at the international and regional level, and called for caution in their use.1574.2 Question 2: Requirement of continued danger?2. If yes, does the application of Articles. 12 (2) b and c QD require that the person concernedcontinues to pose a danger?The wording of the said provisions does not contain any indication that exclusion hinges on thequestion of whether the person concerned continues to pose a danger. Insofar as the Germanapproach relying on the criterion of a continued danger is grounded on the wording of theGerman transposition provisions, this does not find any parallel in the provisions of the 1951Convention or the Qualification Directive.158 The object and purpose of the exclusion clausesrather indicate that the continuing danger does not constitute a requirement for their application. As outlined above, the object and purpose of the exclusions clauses enshrined in Article 12 (2)(b) and (c) QD and Article 1F of the 1951 Convention are to ensure that refugee status is notgranted to persons undeserving of protection. By contrast, the exception to the non-refoulementprinciple as incorporated in Articles 33 (2) of the 1951 Convention and reflected in theQualification Directive in its Articles 14 (4) and (5) includes the element of dangers posed tothe host State and society by a person who has already been recognized as a refugee. Theconclusion that exclusion grounds do not require a continuing danger to emanate from theperson concerned is clear in relation to Articles 12 (2)(a) and (c) QD and it is based on thedistinct conceptual framework of Articles 1F and 33(2) respectively, since Article 33(2) doesnot constitute a ground for exclusion. As stated above, the exclusion clauses of Article 1Fconcern the integrity of the refugee protection regime, while Article 33(2) concerns protectingthe national security of the host country, allowing under exceptional circumstances thewithdrawal of protection against refoulement of those already recognized as refugees who posea danger to the host country. Article 12 (2)(b) QD also does not contain any indications to acriterion of this nature in its wording. Moreover, the central purpose of the provision is thepreservation of the purposes of the refugee system: it shall ensure that persons responsible forexcludable acts shall not find refuge from prosecution and – if they cannot be returned orextradited – escape prosecution and moreover enjoy refugee status in the host state. 4.3 Question 3: Proportionality test?3. If question 2 is answered negatively, do Articles 12 (2)(b) and (c) QD require an assessmentof proportionality of exclusion in every individual case?
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- 134 -In UNHCR’s view, the application of a proportionality test, when considering exclusion and itsconsequences for the individual, is required to ensure that Article 1F is applied in a mannerconsistent with the overriding humanitarian character of the 1951 Convention. The QD, whichacknowledges that the 1951 Convention and 1967 Protocol provide the “cornerstone” of theinternational legal regime for the protection of refugees and “seeks to ensure full respect for[…] the right to asylum” must also be construed in line with these protection objectives.159This proportionality principle is an important safeguard in the application of Article 1F, and ofArticle 12(2) QD, given the serious consequences of exclusion for the individual, as exclusiondenies the benefit of refugee status – and the rights which are associated with it, including toprotection from removal which could result in persecution – to certain persons who otherwisequalify as refugees.160 The proportionality test must involve, inter alia, determining the degreeand likelihood of persecution feared, and measuring this against the seriousness of the actscommitted. In UNHCR’s view, the proportionality test should also be applied in cases where otherguarantees, under human rights instruments or other regional or national mechanisms couldapply. These could include Article 3 of the 1984 Convention against Torture, Articles 6 and 7 ofthe ICCPR and Article 3 of the ECHR, which bind all EU Member States. Such protectionsshould be taken into account where they entail protection against refoulement, and are effectiveand are accessible to the person concerned. 4.4 Question 4: Scope of proportionality test?4. If question 3 is answered positively:a) Does the test of proportionality include considerations of protection under Article 3ECHR or national provisions against return?b) Can exclusion only be disproportionate in particularly exceptional situations?On a): A proportionality test must assess all the consequences of applying the exclusion clauses. Inreaching a decision on exclusion, it is therefore necessary to weigh the degree and the likelihoodof persecution feared against the seriousness of the acts committed. In this context, the fact thatthere is another effective and accessible form of protection against removal, without the rightsattached to refugee status, is a relevant consideration in the exclusion assessment. In otherwords, an exclusion assessment should include review of the accessibility and likely grant ofother human rights guarantees under human rights instruments, in particular the protectionagainst removal to torture or to other cruel, inhuman or degrading treatment or punishment. This may depend on the procedural safeguards and arrangements in the relevant State. Theavailability of alternative protection may be at issue if, for example, the decision on exclusionmust be taken in an asylum procedure, while the question of whether to grant protection againstremoval on human rights grounds comes only after the asylum procedure is concluded and theremoval process is underway. In such cases, it may not be possible in the exclusion assessmentto assess accurately the likelihood of protection against removal in case exclusion is applied. On b): In cases in which Article 12 (2)(b) QD is applied, all facts of the case should be weighed in thedetermination of whether exclusion is proportionate. Even if the crimes in question are serious,and individual responsibility for those crimes has been established, proportionalityconsiderations must be examined to determine if the consequences of exclusion – potentiallyincluding removal to face severe persecution – would be so grave as to outweigh the gravity ofthe crimes committed. If the applicant is likely to face severe persecution as a result of exclusion, the crime in questionmust be very serious in order to exclude the applicant. There are many excludable acts whichare so egregious, including crimes against peace, crimes against humanity and acts contrary to
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- 135 -the purposes and principles of the United Nations, that they will outweigh the degree ofpersecution feared, where they are proven. In such cases, exclusion will not be found to bedisproportionate. By contrast, “serious non-political crimes” and war crimes can involve a widerrange of misconduct. For acts with less significant consequences – for example, isolatedincidents of property damage by soldiers – exclusion may not be proportionate if itsconsequence would be removal of the person to torture or death in his or her country of origin.By contrast, a person guilty of deliberate infliction of serious harm to or killing of civiliansoutside the scope of combat would not benefit from proportionality considerations.1614.5 Question 5: More favourable provisions under national law despite exclusion under theQualification Directive?5. Is it reconcilable with Article 3 QD if the asylum seeker has a claim for asylum undernational constitutional law even though exclusion grounds under Article 12 (2) QD apply?Exclusion grounds are compulsory under the Directive (as they are under the 1951 Convention),and there is no scope for a more favourable approach under national law with a view to applyingrefugee status under the QD. Whereas Article 3 QD in principle allows for provisions innational law which are more favourable to the person seeking protection, this exception islimited to those situations which do not contravene the Directive, as well as internationalrefugee law.`162 Since the object and purpose of the exclusion provisions is not only to providefor a sanction against persons not deserving international protection, but also to preserve theintegrity of asylum against misuse, an exemption from the exclusion clauses cannot be justifiedbased on the minimum standards approach under Article 3 QD. If the status granted is identical or very similar, whether granted under national constitutionallaw or as refugee status in the sense of Article 13 QD, it would simply result in applying adifferent legal regime to the provision of the same form of protection. This could result ingranting refuge protection to those who are undeserving of it. The legal consequences of theobligation to apply the exclusion clauses in a manner consistent with the 1951 Convention maynot be circumvented simply by applying a different label to an identical or largely identicalstatus. In particular, this applies to the issuance of a Convention Travel Document in accordancewith Article 28 of the 1951 Convention which would allow the person concerned also to travelto other States. Being presented with such a document, the relevant State would assume that theholder of the travel document is a refugee in the sense of the 1951 Convention – or in the senseof the Qualification Directive – while this is in fact not the case, due to the application of theexclusion clauses under Article 12 of the QD. UNHCR July 2009 ____________________1 Hereafter the “referring court”. 2 The referring court lodged two references for a preliminary ruling to the Court of Justice of the EuropeanCommunities (hereafter “ECJ”) in the case C-57/09 Bundesrepublik Deutschland v B [OJ C 129/3, 06.06.2009] at:http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2009:129:0007 :0007:EN:PDF and the case C-101/09BundesrepublikDeutschlandvB[OJC129/7,06.06.2009]at:http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2009:129:0003:0003:EN:PDF. 3 Council of the European Union, Council Directive 2004/83/EC of 29 April 2004 on Minimum Standards for theQualification and Status of Third Country Nationals or Stateless Persons as Refugees or as Persons Who OtherwiseNeed International Protection and the Content of the Protection Granted [OJ L 304/12, 30.09.2004], at:http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32004 L0083:EN:HTML (hereafter: “QualificationDirective” or “QD”). 4 UN General Assembly, Convention Relating to the Status of Refugees, 28 July 1951, United Nations Treaty SeriesNo. 2545, vol. 189, p. 137, at: http://www.unhcr.org/refworld/docid/3be01b964.html (hereafter: “1951 Convention”). 5 The English translation of the questions is reproduced in Part 4 below. 6 Case C-465/07 Elgafaji, Judgment of 17 February 2009, Official Journal of the European Union [OJ C 90/3,18.04.2009], at: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2009:090:0004: 0004:EN:PDF; joinedcases: Case C-179/08 Dler Jamal; Case C-178/08 Ahmed Adem and Hamrin Mosa Rashi; Case C-177/08 KhoshnawAbdullah; Case C-176/08 Kamil Hasan; Case C-175/08 Aydin Salahadin Abdulla, [OJ C 197/3, 02.08.2008], at:
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- 136 -http://eur-lex.europa.eu/JOIndex.do?year=2008& serie=C&textfield2=197&Submit=Search&ihm lang=en; C-31/09Bolbol Nawras v Bevándorlási és Állampolgársági Hivatal, [OJ C 82/15, 04.04.2009], at: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUri Serv.do?uri=OJ:C:2009:082:0015:0015:en:pdf. 7 UN General Assembly, UNHCR, Statute of the Office of the United Nations High Commissioner for Refugees,A/RES/428(V),Annex,UNDoc.A/1775,para.1(14December1950),at:http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae6b3628.html. 8 Ibid., para. 8(a). 9 See above footnote 4. According to Article 35(1) of the 1951 Convention, UNHCR has the “duty of supervising theapplication of the provisions of this Convention”. 10 UN General Assembly, Protocol Relating to the Status of Refugees, 30 January 1967, United Nations TreatySeries No. 8791, vol. 606, p. 267, at: http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae6b3ae4.html. 11 Consolidated version of the Treaty on European Union and of the Treaty establishing the European Community[OJC321E/65,29.12.2006],at:http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2006:321E:0001:0331:en:pdf. 12 Treaty of Amsterdam amending the Treaty on European Union, the Treaties establishing the EuropeanCommunities, 2 September 1997, Declaration on Article 73k of the Treaty establishing the European Community [OJC340,10.11.1997],at:http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:11997D/AFI/DCL/17:EN:HTML. 13 Council of the European Union, Council Directive 2005/85/EC of 1 December 2005 on Minimum Standards onProcedures in Member States for Granting and Withdrawing Refugee Status [OJ L 326/13, 13.12.2005], at:http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2005:326:0013: 01:EN:HTML. Article 21(c) in particular obliges Member States to allow UNHCR “to present its views, in the exercise of itssupervisory responsibilities under Article 35 of the Geneva Convention, to any competent authorities regardingindividual applications for asylum at any stage of the procedure”. 14 European Commission, Proposal For a Regulation of the European Parliament and of the Council Establishing AEuropeanAsylumSupportOffice,COM(2009)66final,18.02.2009,at:http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2009:0066:FIN:EN:PDF (hereafter: “EASO”). 15 Recital 9 of the EASO Proposal indicates that “the Office should act in close cooperation with the Office of theUN High Commissioner for Refugees (UNHCR) in order to benefit from its expertise and support”. 16 Recital 14 of the EASO Proposal underlines that “given its expertise in the field of asylum, UNHCR should be anon-voting member of the Board so that it is fully involved in the work of the Office”. UNHCR’s membership onthe EASO Management Boards is governed by Article 23(4). 17 See above footnote 11. Article 63(1) provides that measures on asylum shall be “in accordance with the GenevaConvention of 28 July 1951 and the Protocol of 31 January 1967 relating to the Status of Refugees and other relevanttreaties”. The Treaty of Lisbon amending the Treaty on European Union and the Treaty establishing the EuropeanCommunity provides in its Article 63 that the common policy on asylum, subsidiary protection and temporaryprotection must be “in accordance with the Geneva Convention of 28 July 1951 and the Protocol of 31 January 1967relating to the status of refugees, and other relevant treaties”. 18 See para. 13 of the Presidency Conclusions of the Tampere European Council of 15-16.10.1999, at:http://www.europarl.europa.eu/summits/tam_en.htm; para. 6 of The Hague Programme: Strengthening Freedom,Security and Justice in the European Union, 13.12.2004, at: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2005:053:0001:0014:EN:PDF; para. 1 of the Green Paper of the Commissionon the Future Common European Asylum System COM(2007) 301 final, 06.06.2007, at:http://ec.europa.eu/justice_home/news/intro/doc/com_2007_301_en.pdf; part 1.1 of the European Commission’sPolicy Plan on Asylum: an integrated approach to protection across the EU, COM(2008) 360, 17.06. 2008, at:http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2008: 0360:FIN:EN:PDF. The Policy Plan recognizesthe fundamental role played by the 1951 Convention in the existing Treaty provisions and those resulting from theLisbon Treaty. See also p. 11 of the European Pact on Immigration and Asylum adopted on 16 October 2008, inwhich the European Council reiterates that “any persecuted foreigner is entitled to obtain aid and protection on theterritory of the European Union in application of the Geneva Convention [...]”, European Pact on Immigration andAsylum, 13440/08, 16.10.2008, p. 11, at: http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/08/st13/ st13440.en08.pdf. 19 For UNHCR’s remarks on the Qualification Directive, see: UNHCR, Annotated Comments on the EC CouncilDirective 2004/83/EC of 29.04.2004 on Minimum Standards for the Qualification and Status of Third CountryNationals or Stateless Persons as Refugees or as Persons Who Otherwise Need International Protection and theContent of the Protection granted (OJ L 304/12 of 30.9.2004), 28 January 2005, at:http://www.unhcr.org/refworld/docid/4200d8354.html. See also: Maria-Teresa Gil-Bazo, “Refugee Status andSubsidiary Protection under EC Law. The EC Qualification Directive and the Right to be Granted Asylum”, in: A.Baldaccini, E. Guild and H. Toner (eds), Whose freedom, security and justice? EU immigration and asylum law andpolicy, Hart (2007), pp. 229-264. 20 Recital 3 of the Qualification Directive. 21 Recital 10 of the Qualification Directive. 22 Recital 16 of the Qualification Directive. 23 For instance, Article 2(c) of the Qualification Directive replicates almost exactly Article 1A of the 1951Convention. 24 The Executive Committee of the High Commissioner’s Programme (“ExCom”) was established in 1958 andfunctions as a subsidiary organ of the United Nations General Assembly. It has both executive and advisoryfunctions. Its terms of reference are found in United Nations General Assembly Resolution 1166(XII) which statesinter alia that it is “to advise the High Commissioner, at his request, in the exercise of his functions under the Statuteof his Office”. This includes issuing Conclusions on International Protection (often referred to as “ExComConclusions”) which address issues in the field of refugee protection and serve as “international guidelines to bedrawn upon by States, UNHCR and others when developing or orienting their policies on refugee issues”; see:
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- 137 -UNHCR, General Conclusion on International Protection, ExCom Conclusion No. 55 (XL) – 1989, 13 October1989, para. (p), at: http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae68c43c.html. ExCom Conclusions are adopted byconsensus by the States which are Members of the Executive Committee and can therefore be considered as reflectingtheir understanding of legal standards regarding the protection of refugees; see: G. Goodwin-Gill, J. McAdam, TheRefugee in International Law, Oxford University Press, 2nd Edition, 2007, p. 128. At present, 78 States are Membersof the UNHCR Executive Committee. 25 UNHCR, Handbook on Procedures and Criteria for Determining Refugee Status under the 1951 Convention andthe 1967 Protocol relating to the Status of Refugees, 1 January 1992, at:http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae6b3314.html (hereafter: “UNHCR Handbook”). 26 UNHCR issues “Guidelines on International Protection” pursuant to its mandate, as contained in the Statute of theOffice of the United Nations High Commissioner for Refugees, in conjunction with Article 35 of the 1951Convention. The Guidelines complement the UNHCR Handbook (see above footnote 24) and are intended toprovide guidance for governments, legal practitioners, decision-makers and the judiciary, as well as UNHCRstaff. 27 European Commission, Proposal for a Council Directive on minimum standards for the Qualification and Statusof Third Country Nationals and Stateless Persons as Refugees or as Persons Who Otherwise Need InternationalProtection,COM(2001)510final,12.09.2001,at:http://eur-lex.europa.eu/LexUri Serv/LexUriServ.do?uri=COM:2001:0510:FIN:EN:PDF. 28 Ibid, part 3, p. 5. The 1996 Joint Position of the Council on the harmonized application of the definition of theterm “refugee”, which constituted the “starting point” of the Qualification Directive, recognized that theHandbook is a “valuable aid to Member States in determining refugee status”; see Joint Position of 4 March 1996defined by the Council on the basis of Article K.3 of the Treaty on European Union on the harmonizedapplication of the definition of the term “refugee” in Article 1 of the Geneva Convention of 28 July 1951 relatingtothestatusofrefugees[OJL63/2,13.3.1996],at:http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31996F0196:EN:HTML. 29 See UNHCR Handbook, above footnote 25, paras. 147-163. 30 UNHCR, Guidelines on International protection No. 5: Application of the Exclusion Clauses: Article 1F of the1951 Convention relating to the Status of Refugees, 4 September 2003, HCR/GIP/03/05, available at:http://www.unhcr.org/refworld/docid/3f5857684.html (hereafter: “UNHCR Guidelines on Article 1F”). 31 UNHCR, Background Note on the Application of the Exclusion Clauses: Article 1F of the 1951 ConventionrelatingtotheStatusofRefugees,4September2003,availableat:http://www.unhcr.org/refworld/docid/3f5857d24.html (hereafter: “Background Note on Exclusion”). 32 For a brief overview of these developments see Geoff Gilbert, “Current issues in the application of the exclusionclauses”, in E. Feller, V. Turk and F. Nicholson (eds), Refugee Protection in International Law, Cambridge(2003), pp. 429-432, at: http://www.unhcr.org/refworld/docid/470a33bc0.html33 See above footnote 4. 34 Conference of Plenipotentiaries on the Status of Refugees and Stateless Persons, Summary Record of the 24thMeeting, UN doc. A/CONF.2/SR.24, 27 Nov. 1951, statements of Herment (Belgium) and Hoare (UK); Gilbert,above footnote 32, pp. 427-428. 35 UNHCR, Conclusion on Safeguarding Asylum, ExCom Conclusion No. 82 (XLVIII), 17 October 1997, para. (v),at: http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae68c958.html; General Conclusion on International Protection, ExComConclusion No. 102 (LVI)2005, 7 October 2005, para. (i), at: http://www.unhcr.org/43575ce3e.html; Conclusion onthe Provision of International Protection Including Through Complementary Forms of Protection, ExComConclusion No. 103 (LVI), 7 October 2005, para. (d), at: http://www.unhcr.org/refworld/docid/43576e292.html. 36 See UNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31, at para. 7. As a general principle of internationallaw, a treaty can only be modified or revised by agreement between the contracting Parties. This principle is setforth in Article 39 of the 1969 Vienna Convention on the Law of Treaties, which stipulates that: “[…] a treatymay be amended by agreement between the Parties”. Similarly, no reservations to Article 1 of the 1951Convention are permitted by virtue of Article 42 of the 1951 Convention. For further guidance on the law oftreaties, see Ian Brownlie, “Principles of International Law”, sixth Edition, Oxford University Press, 2003, atpages 581-584. 37 See UNHCR Handbook, above footnote 25, para. 149. 38 See above footnote 4. See Articles 31 and 32 of the Vienna Convention on the Law of Treaties, which aregenerally accepted as being declaratory of international law. In particular, under Article 31, a treaty shall beinterpreted “in good faith in accordance with the ordinary meaning given to the terms […] in their context and inthe light of its object and purpose”. The object of the 1951 Convention, as stated in its Preamble, is to endeavourto ensure that refugees have the widest possible exercise of fundamental rights and freedoms. 39 The international community, under the auspices of the United Nations, has developed 16 universal internationallegal instruments relating to terrorism (13 instruments and 3 recent amendments). In addition, there are 14 regionallegal instruments which pertain to the subject of international terrorism. The universal Conventions set out States’obligations in relation to terrorism, indicate that certain specific acts are considered offences at the international level,and cover a wide range of acts commonly referred to as “terrorist in nature”. However, they do not provide acomprehensive definition of the term. Instead, these 16 legal instruments are “sectoral” in nature and address specificsubjects, such as air safety, maritime navigation and platforms, the protection of persons, the unlawful seizure ofaircraft and the taking of hostages, or the suppression of the means by which terrorists acts may be perpetrated orsupported. These instruments also require States to take specific measures to prevent the commission of terrorist actsand prohibit terrorist-related offences, including by obliging States Parties to criminalize specific conducts oroffences, establish certain jurisdictional criteria, and provide a legal basis for cooperation on extradition and legalassistance. See Report of the United Nations High Commissioner for Human Rights on the protection of human rightsand fundamental freedoms while countering terrorism, A/HRC/8/13, of 2 June 2008, at paras. 18-24, available at:http://www.unhcr.org/refworld/ docid/484d121a2.html (“Report of the High Commissioner for Human Rights 8/13
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- 138 -(2008)”). For the current status of international legal instruments related to the prevention and suppression ofinternational terrorism, see Report of the Secretary-General, Measures to Eliminate International Terrorism,A/63/173, 25 July 2008, at pages 18-27, available at: http://www.unhcr.org/refworld/docid/ 48db911f2.html. 40 See further below, part 4.1 of the Statement. 41 See UNHCR Handbook, above footnote 25, para. 176. 42 UNHCR, Note on Diplomatic Assurances and International Refugee Protection, 10 August 2006, paras. 11-12, at:http://www.unhcr.org/refworld/docid/44dc81164.html; On the “danger to the security” exception, see “Factum of theIntervenor, UNHCR, Suresh v. the Minister of Citizenship and Immigration; the Attorney General of Canada, SCCNo.27790”,in14:1InternationalJournalofRefugeeLaw(2002),at:http://www.unhcr.org/refworld/docid/3e71bbe24.html (hereafter: “UNHCR, Suresh Factum”). A detailed analysis ofthe scope of the principle of non-refoulement can be found in E. Lauterpacht and D. Bethlehem, “The scope andcontent of the principle of non-refoulement: Opinion”, in E. Feller, V. Türk and F. Nicholson (eds.), above footnote32, (hereafter: “E. Lauterpacht and D. Bethlehem”). See also UNHCR, Advisory Opinion on the ExtraterritorialApplication of Non-Refoulement Obligations under the 1951 Convention relating to the Status of Refugees and its1967 Protocol, 26 January 2007, at: http://www.unhcr.org/refworld/docid/45f17a1a4.html (hereafter: “UNHCR,Advisory Opinion on the Extraterritorial Application of Non-Refoulement Obligations”). 43 See UNHCR, Annotated Comments on the Qualification Directive, above footnote 19. UNHCR Comment onArticle 14(4)-(6). 44 For instance, the non-exhaustive list of acts amounting to war crimes in Article 8 of the ICC Statute clearlydemonstrates the exceptional gravity of such crimes. 45 This will be further demonstrated in para. 4.1.1.1 below. 46 As reflected in Article 30 of the ICC Statute, criminal responsibility can normally only arise where the individualconcerned committed the material elements of the offence with knowledge and intent. For a definition on theterms “intent” and “knowledge” and a detailed analysis on individual responsibility and exclusion, see UNHCRGuidelines on Article 1F, above footnote 30, at paragraphs 18-23, and UNHCR Background Note on Exclusion,above footnote 31, at paragraphs 50-75. See futher below section 1.1.1.3. of the Statement, and Articles 25 and 28of the ICC Statute, which provide useful guidance on the grounds for individual responsibility andsuperior/command responsibility respectively. 47 See above footnote 30, para. 59. Goodwin-Gill and Jane McAdam, above footnote 24, p. 169. See further belowUNHCR’s reply to Question 1, part 4.1 of the Statement. 48 See also Article 61(5) of the ICC Statute. 49 See UNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31, at paras. 98-113. See also Goodwin-Gill andMcAdam, above footnote 24, p. 179. 50 See UNHCR Handbook, above footnote 25, paras. 21-23; and ICC Statute, Articles 25-30, footnote 46 above. 51 See above footnotes 4 and 38. 52 It is also supported by the drafting history of the 1951 Convention, where in the travaux préparatoires, thePresident of the Conference emphasized that the country of refuge would have “to strike a balance between theoffences committed by that person and the extent to which his fear of persecution was well founded”.Takkenberg, Tabhaz, A/Conf.2/SR. 29, p. 23. 53 A/CONF.2/SR. 29, p. 23 and A/CONF.2/SR.24, 13. Proportionality will most frequently be relevant in casesrelating to the application of Article 1F(b). This is because the exceptional gravity of the acts covered by Articles1F(a) and (c), namely war crimes, crimes against peace, crimes against humanity and acts contrary to theprinciples and purposes of the UN, are likely in many cases, to outweigh the degree of persecution feared. SeeUNHCR, Background note on Exclusion, above footnote 31, paragraphs 78. 54 Under Article 1F(b), the terms “serious” and “non-political” warrant a proportionality test to determine if theseriousness and the non-political nature of the crime justify exclusion. Gilbert, above footnote 31, p. 453;UNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31, paras. 76-78. The Supreme Court of Canada alsotook this view in the case of Pushpanathan v Canada [1998] 1 SCR 982, stating at paragraph 62, “Article 1F(b)contains a balancing mechanism in so far as the specific adjectives “serious” and “non-political” must be satisfied[…]. This approach reflects the intention of the signatory states to create a humanitarian balance between theindividual fear of persecution on the one hand and the legitimate concern of states to sanction criminal activity onthe other …”, cited in Goodwin-Gill and McAdam, The Refugee in International Law, above footnote 24. 55 See UNHCR, Background note on Exclusion, above footnote 31, paragraphs 76-78. 56 For a more detailed discussion of the relevant criteria, see also UNHCR, Background Note on Exclusion, abovefootnote 31, at paras. 37–45, 81–82 and 85–86. 57 A/CONF.2/SR.29, 17-24. See also Convention relating to the Status of Refugees Its History, Contents andInterpretation, A Commentary by Nehemiah Robinson, Institute of Jewish Affairs, World Jewish Congress, 1955, re-printed by UNHCR in 1997, p. 57, at: http://www.unhcr.org/3d4ab67f4.html. 58 See UNHCR Handbook, above footnote 25, para. 152. 59 A/CONF.2/SR.29, 11-12. Goodwin-Gill and McAdam, above footnote 24, p. 173. 60 See UNHCR Guidelines on Article 1F, above footnote 30, para. 16. 61 The purposes of the United Nations are to maintain international peace and security; to develop friendly relationsamong nations based on respect for the principle of equal rights and self-determination of peoples; to achieveinternational cooperation in solving socio-economic and cultural problems, and in promoting and encouragingrespect for human rights and fundamental freedoms; and to serve as a centre for harmonizing the actions ofnations. The principles of the United Nations are: the sovereign equality of States; fulfilment in good faith ofobligations assumed under the Charter; the peaceful resolution of international disputes; and refraining from thethreat or use of force against the territorial integrity or political independence of another State, or in any othermanner inconsistent with the purpose of the United Nations; and assistance in promoting the work of the UnitedNations.
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- 139 -62 As expressed by the French Delegate: “The provision was not aimed at the man-in-the-street, but at personsoccupying government posts, such as heads of States, ministers and high officials” (E/AC.7/SR.160, 18 August1950, at page 18 and E/AC.7/SR.166, 22 August 1950, at page 6); Similar views were expressed by Canada:“[…] her delegation objected to the provision whereby the benefits of the Convention would not apply to anyperson who, in the opinion of the Contracting States, had committed any acts contrary to the purposes andprinciples of the Charter of the United Nations. That was an extremely vague and wide provision which mightobviously lay itself open to much abuse” (E/AC.7/SR.165; 19 August 1950, at page 23). 63 UNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31 at para. 46. See also Atle Grahl-Madsen, “The Statusof Refugees in International Law”, Vol. I, 282-3 (1972). He observes that “it appears from the records that thosewho pressed for the inclusion of the clause had only vague ideas as to the meaning of the phrase “acts contrary tothe purposes and principles of the United Nations” […] it is easily understandable that the Social Committee ofthe Economic and Social Council expressed genuine concern, feeling that the provision was so vague as to beopen to abuse. It seems that agreement was reached on the understanding that the phrase should be interpretedvery restrictively”. The Supreme Court of Canada held similar views in the case of Pushpanathan v Canada,above footnote 53. 64 See Summary Records, A/CONF.2/SR.24, at page 5; “ […] it was difficult to define what acts were contrary to thepurposes and principles of the United Nations, though he presumed that what was meant by such acts as warcrimes, genocide and the subversion or overthrow of democratic regime” (UK). Similarly, the delegate fromPakistan, concurring with the representative of Canada, said that “the words, ‘or any other act contrary to thepurposes and principles of the Charter of the United Nations’ were so vague as to be open to abuse bygovernments wishing to exclude refugees […] and to confer on Contracting States the decision as to whether suchacts should exclude those who had perpetrated them from the benefits of the Convention might be dangerous”(E/AC.7/SR/160, at page 16). Likewise, the delegate from Mexico indicated that: “ […] there had been instancesin which tyrants had imprisoned their political enemies on the pretext that they were enemies of democracy andof the United Nations, […] the Committee should avoid restrictive language, which would be open to abuse.”(E/AC.7/SR.160; 18 August 1950 at page 19).. See also Guy S. Goodwin-Gill and Jane McAdam, above footnote24, pages 184-185, where it refers that Article 1F(c) was not meant for “an ordinary individual”, and pages 191-197. 65 Delegate of Chile, E/AC.7/SR.165, 19 August 1950, at page 24. 66 UNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31, at para. 47. 67 Ibid., at para. 47. See Guy S. Goodwin-Gill and Jane McAdam, above footnote 24, at pages 188-189. 68 UNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31, at para. 49. 69 Hereafter “UN SC” 70 Hereafter “UN GA” 71 See sections 2.1 above and 4.1.2 and 4.1.3 below. See also UNHCR, Background Note on Exclusion, abovefootnote 31, at paras 79-84. 72 See above, section 2.2.2. 73 See UNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31, at paras. 98-100. See Guy S. Goodwin-Gill andJane McAdam, above footnote 24, at pages 191-197. 74 BGBl. 2002 I (Nr.3), p. 361. 75 BGBl. 2007 I (Nr.1), p. 2. 76 BGBl. 1993 I, Section 3 para. 2 Asylum Procedures Act p. 1361. According to the quoted provision, the personconcerned is not a refugee. 77 BGBl. 2004 I (Nr.41), Section 3 para. 4 Asylum Procedures Act, in connection with Section 60 para. 8 ResidenceAct, page 1950. According to the quoted provision, the person concerned is a refugee but is not granted refugeestatus. 78 UNHCR has criticized such merging of exclusion grounds and exceptions to the principle of non-refoulement alsowith regard to Articles 14 (4) and (5) QD. See UNHCR, Annotated Comments on the Qualification Directive,above footnote 19; and see also above section 2.1. 79 See examples in UNHCR, Asylum in the European Union – A Study of the Implementation of the QualificationDirective (2007), 94, 102, 103. The cases in this study were usually not subsumed under Article 1 F b) of the1951 Convention and concerned the activities of the person concerned after the admission to Germany. 80 See, for instance, Frankfurt Administrative Court, judgment of 18 July 2008, 7 K 325/08.F.A(V) (supporter of thePMOI who had stayed for several years – for most of the time against his will – in the Ashraf Camp in Iraqwithout having been involved in any armed acts; exclusion rejected); Bayreuth Administrative Court, judgment of25 February 2003, B 6 K 03.30079 (applicant had tolerated the hiding of weapons in his house by militants of theorganization; exclusion confirmed). 81 See, for instance, Düsseldorf Administrative Court, judgment of 1 December 2006, 9 K 2247/06.A; CologneAdministrative Court, judgment of 22 September 2005, 16 K 5591/03.A (person concerned had distributedleaflets and audio and video cassettes; exclusion rejected); Higher Administrative Court of Hesse, decision of 25January 2005, 3 UZ 234/05.A (high ranking position in an exile organization supposed to provide financialresources to a terrorist organization in the country of origin; exclusion confirmed). 82 See, for instance, Hanover Administrative Court, judgment of 14 March 2006, 11 A 3466/03 (authorship ofpolitical speeches and distribution of leaflets; exclusion rejected). 83 See, for instance, Higher Adminstrative Court of North Rhine Westphalia, judgment of 27 March 2007, 8 A4728/05.A (applicant had financially and publicly supported the armed wing of the communist party; applicant isseverely handicapped and does not constitute a danger; exclusion rejected); Gelsenkirchen Administrative Court,judgment of 4 March 2008, 14a K 3288/06.A (long term support of PKK as a semi-professional member,applicant does not constitute a danger after having distanced himself from the organization; exclusion rejected).In support of this argument, UNHCR’s Guidelines on international protection: Exclusion, para. 17 are quoted.
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- 140 -While the Guidelines indeed contain a statement to that end, the authorship of in cases of terrorism is not asrestricted. Rather, the emphasis is put on the impact of a terrorist act on the international level. 84 Higher Administrative Court of North Rhine Westphalia, judgment of 27 March 2007, 8 A 4728/05.A; judgmentof 29 July 2008, 15 A 620/07.A; Higher Administrative Court of Lower Saxony, decision of 2 May 2007, 11 LA367/05; Higher Administrative Court of Rhineland-Palatine, judgment of 1 December 2006, 10 A10887/06.OVG. 85 Section 60 (8) sentence 2 Residence Act. 86 Section 60 para. 8 sentence 1 Residence Act. 87 See for instance, Higher Administrative Court of North Rhine Westphalia, judgment of 27 March 2007, 8 A4728/05.A; judgment of 29 July 2008, 15 A 620/07.A. 88 Ansbach Administrative Court, judgment of 8 August 2007, AN 1 K 06.30018. 89 Hamburg Administrative Court, judgment of 22 January 2007, 15 A 1731/4. 90 See above, section 2.2.2 91 In particular, geographical limitation (outside the country of refuge) and temporary limitation (“prior to his or heradmission as a refugee; which means the time of issuing a residence permit based on the granting of refugeestatus”); this latter approach is critisized in UNHCR’s Annotaded Comments on the QD, above footnote 19,Comment on Article 12 (2) (b). 92 See above, section 2.2.2 93 Grahl-Madsen, The Status of Refugees in International Law (1966), p.294. 94 In the context of counter-terrorism, the need for a restrictive interpretation of the exclusion clauses has beenrecognized by the Special Rapporteur on the promotion and protection of human rights and fundamental freedomswhile countering terrorism, in his report of 15 August 2007, A/62/263 (“Report of the Special Rapporteur 2007”), atparagraph 71, available at: http://www.unhcr.org/refworld/docid/ 472850e92.html. 95 Takkenberg, Tabhaz, The collected Travaux Préparatoires of the 1951 Geneva Convention relating to the Statusof Refugees, Vol. III, A/Conf.2/SR.29, p.18. 96 Takkenberg, Tabhaz, above footnote 92, p. 20. 97 Takkenberg, Tabhaz, above footnote 92, p. 17. 98 Takkenberg, Tabhaz, above footnote 92, p. 24. 99 See UNHCR, Handbook, above footnote 25, at paragraph 155. 100 See UNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31, at para. 38-41. These are also crimesmentioned in the context of an exception to the non-refoulement principle in Article 33 (2) of the 1951Convention, see Lauterpacht, Bethlehem, The scope and content of the principle of non-refoulement: Opinion, in:Feller, Türk, Nicholson, above footnote 32, pp. 87-177 (139). 101 See, for instance, Goodwin-Gill/McAdam, above footnote 24, p. 175: “The primary emphasis is on ‘seriousness’,such was illustrated, but not limited, by crimes associated with extradition.” 102 Marx, Reinhard: “Unterstützung terroristischer Organisationen nach Art. 12 II Buchst. b) und c) QRL,”Zeitschrift für Ausländerrecht (ZAR), 2008, 343-350. 103 Goodwin-Gill/McAdam, above footnote 24, p 177. 104 Gilbert, Current issues in the application of the exclusion clauses, in: Feller, Türk, Nicholson, above footnote 32,pp. 425-485 (449). 105 CRR, 13 November 1989, 75353, Saglam (premeditated murder); CRR, 3 February 1994, 254153, Thurairasa(direct participation in terrorist act); CRR 3 November 1994, 265230, Serrat (theft of weapons). 106 UNHCR unpublished research. 107 See for instance, Goodwin-Gill and McAdam, above footnote 24, pp. 239 and 240 in the context of theexceptions to the principle of non-refoulement: “An approach in terms of the penalty alone would be likely to bearbitrary"; and “in the case of Article 1F(b), a priori determinations of seriousness by way of legislative labellingor other measures substituting executive determinations for judicial (or judicious) assessments are inconsistentwith the international standards which are to be applied, and with the humanitarian intent of the Convention”(emphasis added). 108 According to SC Resolution 1373, 2.e), terrorist acts must be “established as serious criminal offences indomestic laws and regulations and that the punishment duly reflects the seriousness of such terrorist acts”. See alsoUN SC Resolution 1566 (2004) where the UN SC called on all States to cooperate fully in the fight against terrorismand, in doing so, to prevent and punish criminal acts that have the following three characteristics, irrespective ofwhether they are motivated by considerations of a political, philosophical, ideological, racial, ethnic, religious orother similar nature: (a) Committed, including against civilians, with the intent to cause death or serious bodilyinjury, or taking of hostages; and (b) Committed with the purpose of provoking a state of terror in the general publicor in a group of persons or particular persons, intimidate a population or compel a government or an internationalorganization to do or to abstain from doing any act; and (c) Constitute offences within the scope of and as defined inthe international conventions and protocols relating to terrorism. In UNHCR’s view, these acts would normally reachthe gravity required for the application of Article 1F(b). See UN SC Resolution 1566 (2004) Threats to internationalpeace and security caused by terrorist acts, S/RES/1566 (2004) of 8 October 2004, available at:http://www.unhcr.org/refworld/docid/ 42c39b6d4.html. See also: Report of the Special Rapporteur on the Promotionand Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms while Countering Terrorism, Martin Scheinin, to theCommission on Human Rights, Sixty-second Session, E/CN/.4/2006/98, 28 December 2005, available at:http://www.unhcr.org/refworld/docid/441181f10.html (“Report of Special Rapporteur 2005”) at paragraphs 36, 38-42 and 50. See also reference to certain acts in the International Convention for the Suppression of the Financing ofTerrorism which is referred to in the SC Res. (more specific reference). 109 UN SC Res. 1373 (2001), OP 2 (d). 110 UN SC Res. 1377 (2001), PP 5. 111 UN SC Res. 1624 (2005), PP 8.
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- 141 -112 The literature on this reveals divided viewpoints. According to Goodwin-Gill/McAdam, at page 197, exclusionmay apply if the offence has been specifically identified by the international community as one which must beaddressed in the fight against terrorism. Marx, above footnote 102, at page 348, thinks that founding of andmembership in terrorist organizations was not covered by SC Council Resolutions whereas Zimmermann seessuch support covered under the term “facilitation of terrorist acts”. Gilbert, above footnote 32, p. 444 et seq.,draws on parallels to command responsibility and 28 of the ICC Statute with a view to addressing the exclusionof members of terrorist organizations. 113 2001/931/CFSP, Article 1 (3) lit. j) and k). 114 See UNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31, paragraphs 59-61, 82 and 105-106. Statepractice and jurisprudence have recognized that membership is not sufficient basis for the exclusion clauses to beapplied. In the UK, in T v. Secretary of State for the Home Department, [1996] 2All ER 865; [1996] 2 WRL 766,available at: http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae6b70f4.html, the House of Lords ruled that there was an errorby the Immigration Appeals Tribunal to exclude a person on the basis of mere connection with an organization. Seealso, New Zealand, Refugee Status Appeals Authority, Refugee Appeal No. 74540 (1 August 2003, available at:http://www.unhcr.org/ refworld/docid/48abd566d.html). The Refugee Status Appeals Authority concluded that withregards to the FIS, “it cannot be said an organization principally directed to a limited, brutal purpose, of which meremembership alone would be enough to bring the appellant within the exclusion provisions of Article 1F”. In France,decisions makers have emphasized individual responsibility rather than mere membership; See CRR, SR, 20 July1993, 231.390 Chahrour, in the case of a high-ranking member of the FIS in Algeria. Similarly, the Canadians courtshave also held that membership in an organization is generally not sufficient basis in which to exclude, see Ramirez v.Canada [1992] 2 F.C. 306. Under German criminal law, significant weight is accorded to the individual’s rolein/contribution to the organization: the founding / building of a terrorist organization as a rule would be seen toconstitute a serious crime on the part of the founders, members and, in particular, leaders of such organizations; thesupport of such an organization without membership is penalized with a shorter term of imprisonment; while in thecase of minor contributions, by contrast, the sanction may be reduced below the minimum sentence. 115 For instance, Qualification Directive, Articles 23(4), 24(1), 25(2). 116 UNHCR Handbook, above footnote 25, paragraph 152; UNHCR, Background note on Exclusion, above footnote31, at para 41. 117 Unofficial translation. Source for all references: UNHCR unpublished research. 118 Unofficial translation: Bundestag printed papers (BT-Drs) 16/5065; page 214 119 EMARK 2005 No. 18, decision of 16 June 2005 (unofficial translation). 120 See UNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31, at paragraphs 51-56. 121 Article 25 (3) d (i) ICC Statute, U.N. Doc. A/CONF.183/9, available at: http://www.unhcr.org/refworld/docid/3ae6b3a84.html. 122 Ibid., at paras. 59-62, 80, 82, 106 and 109. 123 See UNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31, at paragraphs 80-82. If the amounts concernedare small and given on a sporadic basis, the offence may not meet the required level of seriousness. On the otherhand, a regular contributor of large sums to a terrorist organization may well be guilty of a serious non-politicalcrime; for example, if the person concerned is in control of the funds of such an organization, with the knowledgethat it is dedicated to achieving its aims through terrorist acts; or if his or her monetary assistance hassubstantially contributed to the organization’s ability to continue functioning effectively in pursuance of itsviolent or terrorist aims. 124 See UNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31, at paras. 62, 80, 106, 109 and 110.125 See section 2.2.2 above 126 UNHCR unpublished research. 127 For more detailed guidance on determining individual responsibility in the context of an exclusion analysis,including circumstances which would negate individual responsibility. See UNHCR, Background Note onExclusion, above footnote 31, at paras. 50–75. 128 See section 2.3.2 above 129 Recital 22 QD 130 UN SC Res. 1624: “the Refugees Convention and its Protocol shall not extend to any person with respect towhom there are serious reasons for considering that he has been guilty of acts contrary to the purposes andprinciples of the United Nations”; “acts, methods, and practices of terrorism are contrary to the purposes andprinciples of the United Nations and that knowingly financing, planning and inciting terrorist acts are alsocontrary to the purposes and principles of the United Nations”. See General Assembly resolutions: Resolution49/60 (1994), at para. 2; Resolution 51/210 (1996), at para. 2; Resolution 60/158 (2006), at preamb. para. 12;Resolution 60/288 (2006), at preamb. para. 7. See also Security Council resolutions: Resolution 1377 (2001)Threats to international peace and security caused by terrorist acts, SC/RES/1377 (2001) of 12 November 2001,Annex, at para. 5; Resolution 1624 (2005, at preamb. para. 8. 131 UN SC Res. 1377. 132 EU Council Common Position 2001/931/CFSP, Art. 1 (3) j and k. 133 UN SC Resolution 1377 (2001) Threats to international peace and security caused by terrorist acts,SC/RES/1377 (2001) of 12 November 2001, Annex, at para. 5, available at: http:/www.unhcr.org/refworld/docid/3c4e9456e.html. See also UN SC Resolution 1624 (2005), above footnote 5, at preamb. para. 8;General Assembly resolutions: Resolution 49/60 (1994), at para. 2; Resolution 51/210 (1996), at para. 2; Resolution60/158 (2006), at preamb. para. 12; Resolution 60/288 (2006), at preamb. para. 7. 134 See above sections 2.2.2 and 4.1.1.3 on individual responsibility. 135 See Articles 24 and 25 of the UN Charter. Most recently, for instance, UN SC Rsolution 1624 (2005), PP 2:“States must ensure that any measures taken to combat terrorism comply with their obligations underinternational law, and should adopt such measures in accordance with international law, in particular internationalhuman rights law, refugee law, and humanitarian law”, and preamb.4: “Recognizing that international cooperation
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- 142 -and any measures undertaken by Member States to prevent and combat terrorism must fully comply with theirobligations under international law, including the Charter of the United Nations and relevant internationalconvention and protocols, in particular human rights law, refugee law and international humanitarian law”; Seealso SC Resolution 1373 (2001) para. 3(f) and 3(g); SC Resolution 1624 (2005), preamb. paras. 2 and 7 and op.paras 1 and 4: and SC Resolution 1269 (1999), para. 4(iv); See also, for example, General Assembly resolutions:GA Resolution 60/288 (2006); and most recently, The United Nations Global Counter-Terrorism Strategy,A/RES/62/272 of 15 September 2008; Protection of human rights and fundamental freedoms while counteringterrorism, A/RES/62/159 of 11 March 2008; Measures to eliminate international terrorism, A/RES/62/71 of 8January 2008, preamb. paras. 12 and 20; and 2005 World Summit Outcome, A/RES/60/1 of 24 October 2005, atpara. 85; The Human Rights Council has also reaffirmed these obligations in its Resolution on the Protection ofhuman rights and fundamental freedoms while countering terrorism, A/HCR/7/L.11 of 27 March 2008 andMarch 2009. See also further guidance in Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights,Human Rights, Terrorism and Counter-terrorism, Fact Sheet No. 32, 2008, July 2008. 136 For instance, UN SC Res. 1624 (2005), PP 2: States must ensure that any measures taken to combat terrorismcomply with their obligations under international law, and should adopt such measures in accordance withinternational law, “in particular international human rights law, refugee law, and humanitarian law”. 137 See section 2.2.2 UNHCR Guidelines on Article 1F, above footnote 30, Section D. See UNHCR, BackgroundNote on Exclusion, above footnote 31, at paras. 98-100. See Guy S. Goodwin-Gill and Jane McAdam, abovefootnote 24, at pp. 191-197. 138 See UNHCR, op cit, above footnote 31, paragraph 48ff. 139 See UNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31, at para. 48. 140 See Guy S. Goodwin-Gill and Jane McAdam, above footnote 24, at pages 151ff. 141 Ibid. See also Pushpanathan v Canada, where the Supreme Court of Canada held that Article 1F(c) was notlimited to State actors, above footnote 64. 142 For instance, UN SC Res. 1540 aims at the non-proliferation of weapons of mass destruction and explicitlyaddresses the threats emanating from “non-state actors” (pp. 8). 143 UN SC Res. 1373: “such acts, like any act of international terrorism, constitute a threat to international peace andsecurity”; UN SC Res. 1377: “acts of international terrorism are contrary to the purposes and principles of theCharter of the United Nations, and that the financing, planning and preparation of as well as any other form ofsupport for acts of international terrorism are similarly contrary to the purposes and principles of the Charter ofthe United Nations”. 144 See UNHCR, Background Note on Exclusion, para 49, which notes that “only the leaders of groups responsiblefor such atrocities would in principle be liable to exclusion under this provision”. For the requirements andstandard of proof for individual responsibility, see section 2.2.2, 2.3.2 and 4.1.1.3 above. 145 See above in section 4.1.1.1 on assessing the individual responsibility of persons suspected of providing funds orassistance to “terrorist groups or organizations or members of such groups”. 146 See the case of XXX v Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides, CCE, N. 24.173 (4 March 2009)where the Conseil du Contentieux des Etrangers required a leadership role in order to trigger the application ofthe exclusion clause of Article 1F(c). The court did not elaborate on the nature or seniority of the requiredleadership role. 147 Although there is no national practice on exclusion from refugee status under Article 12(2)(c ), a recent first-instance case on exclusion from subsidiary protection on the same grounds (under Article 17(1)(c) QD) held thatState agents are in a position to commit such acts. 148 KK (Article 1F(c) Turkey) v. Secretary of State for the Home Department [2004] UKIAT 00101 cites UNSCR1377 and refers to the UN Security Council’s “unequivocal condemnation of all acts, methods and practices ofterrorism as criminal and unjustifiable, regardless of their motivation, in all their forms and manifestations,wherever and by whomever committed”. This position has been approved recently by the Court of Appeal in Al-Sirri v Secretary of State for the Home Department [2009] EWCA Civ 222, which refers also to the SupremeCourt of Canada’s decision in Pushpanathan v Canada (see above footnote 53). 149 See UNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31, paragraph. 62, and further in paragraphs 80,106 and 109. 150 Individual responsibility must be examined carefully in such cases, in full compliance with due processguarantees, and detailed consideration given to the acts in question and all surrounding circumstances. See furtherUNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31, paras. 62, 80, 106, 109 and 110. 151 See UNHCR, Background Note on Exclusion, above footnote 31, paras. 80, 106, and 109. See also UNHCR,Guidelines on Exclusion (above footnote 30), which also refer to the need for high procedural standards: “36.Exclusion should not be based on sensitive evidence that cannot be challenged by the individual concerned.Exceptionally, anonymous evidence (where the source is concealed) may be relied upon, but only where this isabsolutely necessary to protect the safety of witnesses and the asylum-seeker’s ability to challenge the substanceof the evidence is not substantially prejudiced. Secret evidence or evidence considered in camera (where thesubstance is also concealed) should not be relied upon to exclude. Where national security interests are at stake,these may be protected by introducing procedural safeguards which also respect the asylum-seeker’s due processrights.” 152 As stated in Article 1 (4) of the EU Common Position of 27 December 2001, persons, groups and entitiesidentified by the Security Council of the United Nations as being related to terrorism and against whom it hasordered sanctions may be included in the list. 153 In the Kadi case, this aspect was considered as possibly excluding jurisdiction on acts adopted in the frameworkof Regulation (EC) 881/2002. Jurisdiction was accepted by the Court nonetheless with a view to reviewinghuman rights protection as guaranteed by the EC legal order. (ECJ judgment of 3 September 2008, Kadi andothers, C-402/05 P and C-415/05 P, 321 et seq. )
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- 143 -154 In its judgment of 12 December 2006, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran, T-228/2, the Courtfound that decisions on the list of organizations and persons whose assets are frozen based on the Regulation2580/2001, adopted in implementation of Common Position 2001/931/CFSP, lacked an adequate statement ofreasons, an opportunity for affected persons or bodies to raise defences or objections, and effective legalremedies. See also the Judgments of the EU Court of First Instance in the Cases, T-284/08 of 4 December 2008,T-256/07 of 23 October 2008, and T-228/02 of 12 December 2006 respectively, on the freezing of PMOI funds. 155 See the ECJ Judgement in Joined cases C-402/05 P and C-415/05 P, of 3 September 2008. The Court ruled thatin respect to the inclusion of Mr. Kadi and Al Barakaat in the list of persons and entities whose funds are to befrozen, the rights of the defence, in particular the right to be heard, and the right to effective judicial review were“not respected”. The Court found that “the Council Regulation at issue provided no procedures forcommunicating the evidence justifying the inclusion of the names of the persons concerned in the list, either atthe same time as, of after, that inclusion. That infringement of Mr. Kadi and Al Barakaat’s rights of defence alsogive rise to a breach of the right to a legal remedy, inasmuch as the appellants were also unable to defend theirrights in satisfactory conditions before Community courts”. The Court granted a period of three months for theEU Council to remedy the shortcomings of the listing mechanisms, or the EU Regulation implementing the UNlisting will become null and void. (Council Regulation (EC) No. 881/2002 of 27 May 2002 imposing certainspecific restrictive measures directed against certain persons and entities associated with Usama bin Laden, theAl-Qaeda network and the Taliban, and repealing Council Regulation (EC) No. 467/2001 (OJ 2002 L 139, p 9). 156 European Commission, Proposal for a Council Regulation amending Regulation (EC) No. 881/2002 imposingcertain specific restrictive measures directed against certain persons and entitles associated with Usama binLade, the Al-Qaida network and the Taliban, COM(2009)187 final, Brussels, 22.4.2009 157 Parliamentary Assembly of the Council of Europe (PACE), Res. 1597 (2008): United Nations Security Counciland European Union blacklists: “5.4. Equally important is the issue of remedy. The Council of the EuropeanUnion and the European Union (EU) member states must implement immediately the decisions of competentEuropean and national judicial institutions affecting the status of the listed persons or entities. 6. The Assemblyfinds that the procedural and substantive standards currently applied by the UNSC and by the Council of theEuropean Union, despite some recent improvements, in no way fulfil the minimum standards laid down aboveand violate the fundamental principles of human rights and the rule of law. 6.1. Concerning procedure, it must benoted and strongly deplored that even the members of the committee deciding on the blacklisting of an individualare not fully informed of the reasons for a request put forward by one member. The person or group concerned isusually neither informed of the request, nor given the possibility to be heard, nor even necessarily informed aboutthe decision taken – until he or she first attempts to cross a border or use a bank account. There are no proceduresfor an independent review of decisions taken or for compensation for infringements of rights. Such a procedure istotally arbitrary and has no credibility whatsoever.” See also Doc. 11454 Addendum (22 January 2008), UNSecurity Council and European Union blacklists: “Having analysed the most important cases, the PACEconcludes […] 17. Blacklists, as we said, can be acceptable, for a time, as a weapon to fight terrorism and itssupporters. Such a measure, which has severe consequences, must however be well targeted, following a seriousprocedure. This is not at all the case today. […]”. 158 As set out above, in Section 3.3, the continued danger requirement is also based on the consideration that thewording equates the exception to the non-refoulement principle with the exclusion clauses (“the same applies”). Itis assumed that the reference to the non-refoulement provision and its criteria of persent danger would have to betransferred to the exclusion clauses as well. 159 Qualification Directive, Recitals 3,10 160 See section 2.2.3 above. 161 UNHCR, Exclusion Guidelines, above footnote 31, para 78. 162 The QD should be interpreted in line with the 1951 Convention, which has been recognized as the foundation ofthe international regime for the protection of refugees. See QD, Recital 3; and UNHCR, Note on InternationalProtection, A/AC.96/951, 13 September 2001, available at: http://www.unhcr.org/refworld/docid/3bb1c6cc4.html
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