Cassazione: il pagamento in nero al professionista non esclude la responsabilità
Con la sentenza n. 22281 depositata il 6 giugno 2011 la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della condanna penale a carico del cliente che, convenuto nel giudizio civile dal proprio avvocato, dichiarava sotto giuramento di aver saldato «in nero» il debito che aveva col professionista.
La Cassazione fonda il ragionamento sulla circostanza che il pagamento effettuato senza che vi sia neanche un minimo riscontro probatorio, ovvero di cui non via sia dimostrazione sulla base di qualche altro elemento utile allo scopo non ha valore o, meglio, viene considerato come non effettuato.
Questi i fatti: una donna era stata accusata di aver giurato il falso nella causa civile nella quale era stata convenuta in giudizio dal suo avvocato per il pagamento di prestazioni professionali per il patrocinio in una causa penale, e segnatamente dichiarava di aver interamente saldato ogni spettanza al legale. Il giudice di primo grado aveva ritenuto non provato, oltre ogni ragionevole dubbio, che il debito fosse stato saldato dall’imputata. I giudici di appello affermavano la penale responsabilità dell’imputata sulla base della denuncia effettuata dall’avvocato, la cui veridicità risultava pienamente confermata da altri elementi di prova: mancavano, invece, elementi di prova a sostegno della tesi difensiva del pagamento effettuato «in nero».
L’imputata, proponendo ricorso dinanzi alla Corte di legittimità, assumeva, con riferimento alla deposizione della segretaria dello studio, che non era sufficiente, a radicare la propria responsabilità in ordine al mancato pagamento, il fatto che costei avesse dichiarato di non essere stata a conoscenza diretta di pagamenti effettuati dall’imputata; sosteneva, altresì, dall’altro, la necessità di considerare il rapporto fiduciario esistente tra lei stessa (l’imputata) il professionista, che da solo giustificherebbe un pagamento «in nero».
La Corte rigettando il ricorso dell’imputata ha quindi ribadito che è legittima la condanna dell’imputata-cliente, convenuta nel giudizio civile dall’avvocato anche se dichiara di aver saldato «in nero» ogni spettanza al legale in assenza di qualsivoglia, anche minimo, riscontro probatorio
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