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ALTALEX NEWS


venerdì 6 novembre 2009

Pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni

Pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni
Circolare Ministero Economia e finanze 08.10.2009 n° 29 , G.U. 22.10.2009


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MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, CIRCOLARE 8 ottobre 2009, n. 29
Decreto 18 gennaio 2008, n. 40, concernente «Modalita' di attuazione dell'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni in materia di pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni» - Nuovi chiarimenti. (09A12404)
(GU n. 246 del 22-10-2009)
Agli uffici centrali del bilancio presso le amministrazioni centrali dello Stato All'Ufficio centrale di ragioneria presso l'Amministrazione dei monopoli di Stato Alle ragionerie territoriali dello Stato Ai revisori dei conti in rappresentanza del Ministero dell'economia e delle finanze presso enti ed organismi pubblici
e p.c.:
Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Segretariato generale Alle amministrazioni centrali dello Stato - Gabinetto All'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato Al Consiglio di Stato Alla Corte dei conti All'Avvocatura generale dello Stato
Premessa e quadro normativo.Nel quadro generale della normativa inerente ai pagamenti disposti da parte delle pubbliche amministrazioni, sicuramente ha assunto una notevole rilevanza, soprattutto per l'ampia sfera di applicazione, la disciplina recata dall'art. 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, disposizione introdotta dall'art. 2, comma 9, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, successivamente modificata dall'art. 19 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, nonche' dall'art. 2, comma 17, della legge 15 luglio 2009, n. 94.Il citato art. 48-bis, nella sua attuale formulazione, prevede che le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le societa' a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, verifichino se il beneficiario e' inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o piu' cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a detto importo e, in caso affermativo, non procedano al pagamento, segnalando la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio, al fine dell'esercizio dell'attivita' di riscossione delle somme iscritte a ruolo.Il comma 2-bis del medesimo art. 48-bis, inoltre, stabilisce che la predetta soglia di diecimila euro possa essere aumentata, in misura comunque non superiore al doppio, ovvero diminuita, con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze.La normativa in discorso, a seguito dell'emanazione del regolamento di attuazione adottato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 40/2008, e' divenuta operativa e concretamente applicabile a far data dal 29 marzo 2008, limitatamente pero' alle sole amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001, ed alle societa' a totale partecipazione pubblica, in quanto il medesimo decreto n. 40/2008 rinvia ad un successivo regolamento la disciplina per la relativa attuazione nei confronti delle societa' a prevalente partecipazione pubblica.La disposizione di cui all'art. 48-bis, viceversa, dal 30 luglio 2009 - data di entrata in vigore delle modifiche introdotte dal richiamato art. 2, comma 17, della legge n. 94/2009 - non e' applicabile alle aziende ne' alle societa' per le quali sia stato disposto il sequestro o la confisca ai sensi dell'art. 12-sexies, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, concernente ipotesi particolari di confisca, ovvero ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso.E' d'obbligo ricordare, poi, che non e' stata mutata la soglia di diecimila euro individuata dall'art. 48-bis idonea a far scattare l'obbligo della verifica.Appare anche opportuno segnalare che in data 9 luglio 2009 e' stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 157 il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 maggio 2009 recante «Disciplina delle modalita' di attuazione dell'art. 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, concernente la certificazione dei crediti, da parte delle regioni e degli enti locali debitori, relativi alla somministrazione di forniture o di servizi». Infatti, seppure limitatamente all'anno 2009, tale decreto prevede che, al fine di permettere agli enti pubblici territoriali di rilasciare la predetta certificazione finalizzata alla cessione del credito, venga attivata una verifica afferente all'art. 48-bis secondo le modalita' del decreto ministeriale n. 40/2008, senza dar luogo, nel caso di riscontrato inadempimento, all'attivazione automatica delle procedure di riscossione coattiva da parte dell'agente della riscossione.Sotto il versante ermeneutico, invece, occorre nominare la circolare 29 luglio 2008, n. 22, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 186 del 9 agosto 2008, con la quale e' stata fornita una lettura interpretativa in merito ad alcune delle problematiche apparse di maggiore importanza e di piu' generale interesse.A circa un anno dalla diffusione della menzionata circolare, della quale si confermano interamente l'impianto argomentativo e le considerazioni esposte, si e' ritenuto opportuno e doveroso, stante pure le sollecitazioni e le richieste pervenute, offrire un contributo integrativo alla tematica in questione, fornendo cosi' nuovi chiarimenti.Pagamento concomitante di piu' fatture.E' stata rappresentata, da varie amministrazioni, la problematica concernente l'esatta individuazione dell'importo da sottoporre alla verifica prevista dall'art. 48-bis nel caso di pagamento di una pluralita' di fatture, anche di importo inferiore a diecimila euro, emesse dal medesimo fornitore e relative a diversi contratti, ma di importo superiore a detta soglia se complessivamente considerate.Tale situazione, in particolare, assume rilevanza nel caso in cui la stessa amministrazione procede alla liquidazione delle somme spettanti al fornitore attraverso l'emissione di un unico mandato di pagamento, per evidenti ragioni di economicita' procedimentale e speditezza dell'azione amministrativa.Al riguardo, preliminarmente, appare utile ricordare che nella richiamata circolare n. 22/2008, in ordine al tema del divieto di artificiosi frazionamenti dei pagamenti, e' stato esplicitato che il pagamento - identificato nella sua accezione privatistica e non come fase della spesa nel suo significato giuscontabile - e' l'adempimento di un'obbligazione pecuniaria derivante, per lo piu', da un rapporto contrattuale.Pertanto, nel caso di specie, e' verosimile ritenere che, di norma, le diverse fatture identifichino distinti pagamenti intesi nell'accezione poc'anzi indicata.La circostanza, poi, che l'amministrazione nel procedere alla liquidazione di quanto dovuto ad un medesimo beneficiario provveda al pagamento - per esigenze di semplificazione o, talvolta, per momentanea carenza di liquidita' e conseguente necessitata liquidazione congiunta di piu' somme dovute - emettendo un unico mandato relativo a varie fatture, si ritiene non implichi la necessita' di dover effettuare la prevista verifica nel caso in cui sia stata superata la soglia dei diecimila euro solo con riguardo all'importo complessivamente indicato nel mandato di pagamento emesso.A ben vedere, infatti, una diversa interpretazione che porti a riferire la soglia di operativita' della verifica prevista dal citato art. 48-bis alla somma degli importi indicati nello stesso mandato di pagamento, appare suscettibile di generare disparita' applicative da parte delle diverse amministrazioni, specie tra quelle che procedono alla liquidazione dei debiti con una certa correntezza e quelle che, per vari motivi, si trovano a liquidare, anche a distanza di tempo, una pluralita' di fatture ricevute da uno stesso fornitore.La medesima soluzione, si ritiene debba essere estesa anche al caso in cui le diverse fatture, pur riferendosi ad un identico contratto, vengono emesse, nell'ipotesi di appalto di lavori, in coincidenza con i diversi stati di avanzamento lavori (SAL) e con il saldo finale, ovvero, nell'ipotesi di fornitura di beni o servizi (in virtu' di piu' contratti di somministrazione o comunque ad esecuzione periodica), in base alla concomitante periodicita' prevista dai contratti stessi o dagli usi.Chiarimenti integrativi in materia di raggruppamenti temporanei di imprese.Nella circolare n. 22/2008 e' stato chiarito che, nell'ipotesi di associazione temporanea di imprese e, ora, di raggruppamento temporaneo di imprese (art. 37 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), la verifica prevista dall'art. 48-bis va effettuata sia in capo all'impresa mandataria che nei riguardi dell'impresa mandante, poiche', di regola, le imprese raggruppate, nell'esecuzione del contratto, non perdono l'autonomia gestionale nei complessi rapporti giuridici posti in essere all'interno del raggruppamento stesso e nei confronti dei terzi, e pertanto, relativamente ad ognuna di esse, permane, per i lavori di competenza, l'obbligo di fatturazione delle operazioni direttamente alla stazione appaltante.In particolare, la verifica prevista dall'art. 48-bis va effettuata sugli importi di pertinenza di ogni singola impresa sulla base dei lavori eseguiti da ciascuna, pure laddove cio' sia avvenuto non in conformita' alla quota di partecipazione.Al riguardo va precisato che tale soluzione e' valida sia nel caso in cui il mandato di pagamento e' intestato alla mandataria che riscuote in nome e per conto della mandante, sia, ovviamente, nel caso in cui e' la stessa impresa mandante a curare direttamente la riscossione del proprio credito.Infatti, anche quando il pagamento e' eseguito a favore dell'impresa mandataria, il mandato conferito da parte della mandante, al fine di provvedere alla sola riscossione del credito vantato nei confronti della pubblica amministrazione, non produce il trasferimento della titolarita' del diritto di credito che permane in capo all'impresa mandante, nei confronti della quale dovra', quindi, essere espletata la verifica ex art. 48-bis per l'intero importo dalla stessa fatturato.Leasing.Con riferimento ai pagamenti connessi all'ammortamento dei mutui concessi da societa' bancarie e dalla Cassa depositi e prestiti S.p.a. nonche' ad altre operazioni di indebitamento della pubblica amministrazione, nella piu' volte richiamata circolare n. 22/2008 e' stato espresso l'avviso che non debba essere attivata la procedura di verifica prevista dall'art. 48-bis, attesa l'esistenza, tra l'altro, di specifiche disposizioni di legge per la tutela di tali crediti.Considerazioni non dissimili, stante le forti assonanze e finalita', possono essere svolte nei confronti di altre operazioni di indebitamento, tra le quali il leasing o contratto di locazione finanziaria.In estrema sintesi ed in termini assolutamente generali, senza scendere nel dettaglio e nell'analisi delle varie tipologie di leasing, si rileva che attraverso tale contratto la pubblica amministrazione puo' ottenere - a fronte del pagamento di un canone periodico e con possibilita', normalmente, di riscatto alla scadenza - il godimento di un bene la cui utilita' concorre, in via diretta o strumentale, a soddisfare un interesse pubblico.Al riguardo, e' indubbio che anche il leasing, permettendo di ripartire su un determinato arco temporale, spesso di lungo periodo, l'onere finanziario derivante dall'acquisizione della disponibilita' di un bene, costituisce per la pubblica amministrazione una forma di indebitamento, sicuramente assimilabile all'accensione di un mutuo.Per altro verso, similmente ai mutui, i crediti derivanti da canoni relativi a contratti di locazione finanziaria ricevono, da diverse disposizioni di legge, una particolare tutela (ad esempio l'art. 67, terzo comma, della legge 16 marzo 1942, n. 267, esclude l'azione revocatoria per i pagamenti effettuati).Cio' posto, si ritiene che anche i pagamenti dei canoni connessi ad operazioni di leasing, al pari delle rate di ammortamento del mutuo, debbano ritenersi esclusi dall'applicazione della verifica prevista dall'art. 48-bis.Rapporto tra l'art. 48-bis e l'art. 72-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973.Alcune amministrazioni hanno sollevato talune perplessita' in ordine al rapporto esistente tra l'art. 48-bis e l'art. 72-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973.Nello specifico, e' stato rappresentato che le disposizioni contenute nell'art. 3 del decreto ministeriale n. 40/2008, volte a disciplinare gli effetti della verifica in caso di inadempimento da parte del beneficiario, sembrerebbero riguardare solo i crediti per i quali l'agente della riscossione competente per territorio possa procedere alla notifica dell'ordine di versamento di cui all'art. 72-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973.Infatti, da una prima lettura della citata disposizione regolamentare, potrebbe trarsi il convincimento di una applicazione dell'art. 48-bis esclusivamente propedeutica e finalizzata all'attivazione dell'art. 72-bis.Tale conclusione troverebbe notevoli riflessi pratici con riguardo, in particolare, ai crediti pensionistici, per i quali, stante l'inapplicabilita' agli stessi della procedura di pignoramento delineata dal citato art. 72-bis, si e' giunti a prefigurarne sin anche un'esclusione dalla verifica.Per fornire una soddisfacente soluzione alla cennata problematica, preliminarmente, appare utile richiamare il parere n. 2834/2007 - espresso nell'adunanza del 22 ottobre 2007, in merito allo schema di regolamento successivamente adottato con il menzionato decreto ministeriale n. 40/2008 - con il quale il Consiglio di Stato ha ritenuto, in via generale, che le somme su cui puo' esercitarsi la sospensione sono quelle sulle quali, ai termini e nei limiti previsti dalla legge, e' esperibile l'azione di recupero coattivo ad opera dell'agente della riscossione.Segnatamente sul pignoramento dei crediti pensionistici e' pure d'obbligo sottolineare che la Corte costituzionale, enucleando principi e criteri aventi portata generale, si e' pronunciata per «l'illegittimita' costituzionale degli articoli 1 e 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180 (Testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni), nella parte in cui escludono la pignorabilita' per ogni credito dell'intero ammontare delle pensioni, indennita' che ne tengono luogo ed altri assegni di quiescenza erogati ai dipendenti dai soggetti individuati dall'art. 1, anziche' prevedere l'impignorabilita', con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati, della sola parte delle pensioni, indennita' o altri assegni di quiescenza necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilita' nei limiti del quinto della residua parte» (sentenza n. 506 del 4 dicembre 2002 e, gia' sulla medesima linea, sentenza n. 468 del 22 novembre 2002).In buona sostanza, da quanto sopra esposto, quindi, per il Consiglio di Stato sono, in genere, soggetti alla verifica di cui all'art. 48-bis i pagamenti di somme sulle quali l'agente della riscossione e' legittimato ad intraprendere l'azione di recupero coattivo, mentre, per la Corte costituzionale, sarebbe incostituzionale una previsione di legge volta ad escludere completamente la pignorabilita' dei trattamenti pensionistici.Cio' considerato, dal quadro giuridico delineato si deduce chiaramente che non sussistono solide ragioni per escludere i crediti pensionistici dall'ambito di applicazione dell'art. 48-bis.Pertanto, nonostante il citato decreto ministeriale n. 40/2008, all'art. 3, comma 3, relativamente agli effetti della verifica, contenga soltanto il riferimento all'art. 72-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 - che prevede, salvo il caso della riscossione coattiva dei crediti pensionistici, la possibilita' per l'agente della riscossione di procedere al pignoramento presso terzi mediante la notifica di un atto semplificato rispetto a quello ordinario previsto dall'art. 543 del codice di procedura civile - si e' dell'avviso che non possa escludersi, per tale tipologia di crediti, l'attivazione della verifica ex art. 48-bis, laddove l'importo da pagare superi i diecimila euro, in quanto l'agente della riscossione potra', nell'ipotesi di rilevata inadempienza, sempre attivare l'ordinaria procedura di riscossione coattiva.D'altra parte, neppure puo' essere tralasciata la considerazione che la disciplina recata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 non contiene alcun riferimento che possa indurre a far ritenere che l'art. 48-bis si atteggi a presupposto necessario per l'applicazione dell'art. 72-bis.In proposito, si consideri anche che, mentre l'art. 72-bis, seppure con una portata piu' limitata, e' stato introdotto dall'art. 3, comma 40, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, l'art. 48-bis, come gia' detto, e' stato introdotto in epoca successiva ad opera del decreto-legge n. 262/2006.Per cui, in ultima analisi, non puo' che riconoscersi una sostanziale autonomia precettiva e applicativa dei due articoli in argomento. Non esistono motivi ostativi, ad esempio, perche' l'agente della riscossione possa avvalersi dell'art. 72-bis a prescindere dall'avvenuta attivazione della verifica di cui all'art. 48-bis.Chiarimenti integrativi in materia di cessione del credito.Con l'obiettivo di dirimere talune difficolta' interpretative sorte in occasione dell'emanazione del decreto ministeriale n. 40/2008, nella circolare n. 22/2008 e' stato precisato che, in caso di cessione del credito - effettuata ai sensi degli articoli 1260 e seguenti del codice civile e della legge 21 febbraio 1991, n. 52, per la cessione dei crediti d'impresa - la verifica prevista dall'art. 48-bis deve essere eseguita nei confronti del creditore originario (cedente) nel presupposto che l'amministrazione rimanga estranea al rapporto tra cedente e cessionario finalizzato al trasferimento della titolarita' del credito.Cio' nonostante, ferma restando la validita' complessiva delle enunciazioni esposte nella menzionata circolare, considerazioni relative alla situazione economica generale del Paese nonche' alle crescenti difficolta' di piccole e medie imprese ad accedere a finanziamenti attraverso la cessione dei propri crediti impongono, pero', un maggiore approfondimento della tematica in discorso, specialmente con riguardo al momento in cui effettuare la prescritta verifica presso Equitalia Servizi S.p.a.A tal fine, appare quindi opportuno, in linea con lo spirito della piu' recente normativa in materia di facilitazioni all'accesso al credito delle imprese (basti considerare, in proposito, le disposizioni recate dal decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2) ed in sintonia con il precipuo interesse alla riscossione dei crediti erariali, esaminare gli effetti che produce nei confronti della pubblica amministrazione la notificazione o l'accettazione della cessione del credito (art. 1264, comma primo, del codice civile).Nell'ambito dello scenario della disciplina codicistica, qualora la cessione del credito sia avvenuta senza il consenso del soggetto pubblico debitore (ceduto) - indipendentemente da una eventuale conoscenza o semplice notificazione della cessione - la verifica prevista dall'art. 48-bis, come gia' indicato nella cennata circolare n. 22/2008, deve essere effettuata esclusivamente nei confronti del creditore originario (cedente).In assenza del consenso del debitore - non necessario ai sensi dell'art. 1260 del codice civile, purche' il credito non abbia carattere strettamente personale - la pubblica amministrazione puo', infatti, opporre al cessionario tutte le eccezioni che poteva far valere nei confronti del creditore originario.Invero, con la cessione del credito - subentrando il cessionario nel diritto di credito del cedente e sostituendosi ad esso nella medesima posizione - non puo' determinarsi una modifica peggiorativa della posizione originaria del debitore ceduto a causa della cessione del credito in cui, tra l'altro, non ha avuto direttamente parte.Cio' nondimeno, si ritiene che il meccanismo della verifica delineato dall'art. 48-bis possa essere soddisfatto anche altrimenti, ricorrendo specifiche circostanze e in presenza di determinate condizioni, rispetto a quanto gia' esposto nella circolare n. 22/2008.Infatti, allorche' la pubblica amministrazione (ceduto) sia stata adeguatamente resa partecipe dell'avvenuta cessione del credito a mezzo notifica della stessa, si e' dell'avviso che, sussistendo determinati presupposti, la ratio della norma recata dall'art. 48-bis possa ritenersi egualmente soddisfatta attraverso l'effettuazione di una prima verifica volta ad accertare la posizione del beneficiario (cedente) all'atto della predetta notifica, seguita da una successiva verifica nei confronti del cessionario da effettuare al momento del pagamento.Al riguardo, non si puo' prescindere dal considerare che il credito ceduto puo' giungere a maturazione anche dopo molti anni dalla cessione, esponendo il cessionario al rischio di possibili comportamenti fiscali e amministrativi, in senso lato, poco virtuosi del cedente - eventualmente posti in essere in tempi susseguenti, anche lontani - e che tale incertezza possa, in qualche modo, ripercuotersi sul costo di cessione, incidendo, infine, anche sul corrispettivo contrattuale o, comunque, sulle somme dovute, con la potenziale insorgenza di maggiori oneri per la pubblica amministrazione.Per altro verso, evidenti ragioni anti-elusive, escludono che la verifica de qua possa essere effettuata solamente nei confronti del cessionario.Pertanto, si ritiene che - anche al fine di liberare il cessionario da eventuali futuri rischi connessi a possibili azioni di recupero coattivo poste in essere dall'agente della riscossione per effetto di una sopraggiunta situazione di inadempienza del cedente stesso, rilevabile ex art. 48-bis - dovra' essere richiesta all'amministrazione debitrice, in occasione della notifica della cessione, l'espressa accettazione della cessione del credito con esplicito riferimento all'insussistenza di situazioni di inadempienza.La suddetta richiesta, allo scopo, dovra' essere opportunamente accompagnata dall'esplicito consenso al trattamento dei dati personali da parte del soggetto cedente - come previsto dall'art. 23 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il codice in materia di protezione dei dati personali - affinche' l'amministrazione debitrice possa procedere ad una verifica in capo al soggetto cedente, per assolvere alle finalita' indicate dall'art. 48-bis.Tale consenso - che potra' essere formulato secondo il fac-simile unito alla presente circolare (Allegato A) - si ritiene vada fornito, in quanto, a ben vedere, la verifica e' effettuata in un momento temporalmente anche molto distante dal correlato pagamento, per cui, a rigore, la situazione non e' esattamente inquadrabile nella fattispecie delineata dall'art. 48-bis.Peraltro, la suddetta verifica, in caso di riscontrata inadempienza, non produrra' l'attivazione da parte dell'agente della riscossione delle procedure previste per il recupero coattivo delle somme iscritte a ruolo, ma permettera' all'amministrazione debitrice di non rendere il proprio esplicito consenso alla cessione del credito notificata.Diversamente, qualora il cedente sia risultato «non inadempiente'», l'amministrazione debitrice comunichera' al cedente ed al cessionario l'espressa accettazione della cessione del credito, con l'effetto di liberare il cessionario dalla possibilita' di vedersi sollevare, in occasione del pagamento, eccezioni connesse alla situazione del cedente.Si reputa, poi, opportuno soggiungere che, al fine di produrre gli effetti sopra indicati, il meccanismo teste' delineato dovra' essere necessariamente attivato affinche' l'amministrazione presti il consenso alla cessione del credito derivante da contratti ancora in corso (art. 9 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, Allegato E) ovvero da contratti di somministrazione e fornitura (art. 70, terzo comma, del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440).Una considerazione a parte merita, inoltre, il caso di cessioni di crediti derivanti da contratti di servizi, forniture e lavori di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici).Orbene, l'art. 117, commi 2 e 3, del codice dei contratti pubblici prevede che le cessioni di crediti da corrispettivo di appalto, concessione e concorso di progettazione devono essere notificate alle amministrazioni debitrici e sono efficaci ed opponibili a queste ultime qualora non le rifiutino con comunicazione da notificarsi al cedente e al cessionario entro quarantacinque giorni dalla notifica della cessione.E' indubbio, quindi, che in tal caso l'amministrazione all'atto della notificazione della cessione del credito dovra' necessariamente effettuare la verifica ai sensi dell'art. 48-bis in capo al soggetto cedente - che, a tal fine, fornira' esplicito consenso ai sensi dell'art. 23 del decreto legislativo n. 196/2003 - allo scopo, nel caso di riscontrata situazione di «inadempienza», di rifiutare la cessione del credito.Va da se' che l'omesso consenso del cedente alla verifica in discorso - e la conseguente sostanziale impossibilita' per l'amministrazione di effettuare immediatamente la stessa - ovvero la rilevazione di una situazione di «inadempienza», implicano l'effettuazione della verifica nei confronti del cedente all'atto del successivo pagamento.Appare, poi, chiaro che, nel caso in cui l'amministrazione debitrice abbia manifestato il proprio consenso alla cessione del credito - in quanto il cedente e' risultato «non inadempiente» - il controllo ex art. 48-bis andra' effettuato nei confronti del solo cessionario.In definitiva, va sottolineato, comunque, come soltanto l'avvenuta rilevazione della assenza di inadempimenti a carico del cedente, ancorche' effettuata al momento della notifica della cessione, legittima l'esclusione dello stesso cedente dalla sottoposizione ad una nuova verifica al momento del pagamento.Errata attivazione dell'art. 48-bis.Talune amministrazioni hanno segnalato che, prima di effettuare un pagamento, potrebbe avvenire che sia stata erroneamente attivata la verifica prevista dall'art. 48-bis anche per casi in cui, alla luce degli indirizzi interpretativi forniti con la circolare n. 22/2008 oppure per altre ragioni, l'obbligo di verifica doveva ritenersi escluso (ad esempio: il beneficiario ha la natura di pubblica amministrazione; il pagamento e' fondato su ragioni di preminente interesse pubblico; eccetera).Nello specifico, e' stato piu' volte posto il problema di quale condotta l'amministrazione debba adottare, laddove il beneficiario del pagamento sia risultato inadempiente a seguito della verifica inopinatamente effettuata.Nell'ipotesi delineata, si ritiene che l'amministrazione, al fine di non recare un indebito nocumento al beneficiario, possa comunque dare seguito al pagamento senza attendere il termine di trenta giorni di cui all'art. 3, comma 4, del decreto ministeriale n. 40/2008.Naturalmente, anche allo scopo di non pregiudicare l'attivita' di riscossione, l'amministrazione comunichera' formalmente a Equitalia servizi S.p.a. - e, nel caso sia gia' stato notificato l'atto di pignoramento ai sensi dell'art. 72-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, anche al competente agente della riscossione - di aver proceduto o di essere in procinto di procedere al pagamento a favore del beneficiario, affinche' possa essere evitata l'attivazione della prevista procedura esecutiva.La suddetta comunicazione dovra' risultare adeguatamente motivata, soprattutto allo scopo di consentire gli opportuni riscontri in sede di controllo.Dal canto suo, l'agente della riscossione, preso atto della comunicazione ricevuta, disporra' l'estinzione della procedura gia' avviata, provvedendo nel contempo ad avviare le opportune iniziative parimenti dirette alla riscossione dei crediti indicati nelle cartelle di pagamento inesitate.Trattamento di fine rapporto.Sono state pure sollevate perplessita' in ordine al caso in cui il trattamento di fine rapporto, a causa del decesso del lavoratore, venga pagato ad un soggetto diverso.Al riguardo, appare utile premettere che, in caso di morte del prestatore di lavoro, le indennita' di mancato preavviso e di fine rapporto (articoli 2118 e 2120 del codice civile), che sarebbero spettate al lavoratore se il rapporto di lavoro si fosse sciolto prima del decesso, spettano nella stessa misura ai superstiti indicati al primo comma dell'art. 2122 del codice civile.In tale ipotesi, gli aventi diritto acquisiscono, di conseguenza, il diritto a percepire le suddette indennita' iure proprio e non per successione.Le indennita' di fine rapporto e di mancato preavviso, infatti, a differenza di quanto avviene per altre spettanze comunque connesse al rapporto di lavoro (come, ad esempio, gli emolumenti arretrati, lo straordinario, le ferie non godute, eccetera), non vengono ripartite in base alla disciplina in materia di successione mortis causa.Cio' posto, si ritiene che la verifica prevista dall'art. 48-bis debba essere effettuata solamente in capo al soggetto (o ai soggetti)cui, in base all'art. 2122 del codice civile, spettano le indennita' in discorso (o quota parte di esse), mentre, in mancanza delle persone indicate nel primo comma del citato art. 2122 del codice civile, si applicano le regole ordinarie, giusta pronunciamento della Corte costituzionale con sentenza n. 8 del 19 gennaio 1972.Analoghe considerazioni valgono, ovviamente, anche per il trattamento di fine servizio.Validita' della liberatoria.Appare utile, infine, fornire alcune precisazioni in merito alla validita' temporale della verifica effettuata secondo le modalita' indicate dal decreto ministeriale n. 40/2008.Puo' infatti accadere che l'amministrazione, per svariati motivi, eroghi le somme relative ad un determinato pagamento anche a distanza di tempo dall'effettuazione della predetta verifica.Nel precisare che, ai fini in discorso, assume comunque primaria importanza il momento di emissione del mandato di pagamento - in quanto, non infrequentemente, l'effettiva erogazione delle somme dovute, sotto il profilo temporale, puo' essere influenzata da circostanze indipendenti dalla volonta' del debitore - si e' dell'avviso che, salvo casi eccezionali e contingenti da motivare adeguatamente, la verifica di cui all'art. 48-bis vada effettuata a ridosso del mandato di pagamento stesso.Infine, e' opportuno precisare che, nel caso di una pluralita' di pagamenti nei confronti del medesimo beneficiario - salva l'ipotesi di pagamenti contestuali, nel qual caso, per evidenti ragioni di economia procedimentale, potra' ritenersi sufficiente la stessa liberatoria per tutti i pagamenti in questione - un'unica liberatoria non e' idonea a soddisfare le prescrizioni di cui all'art. 48-bis. La predetta verifica, infatti, dovra' essere espletata con riguardo a ciascuno dei pagamenti da effettuare.Roma, 8 ottobre 2009
Il Ragioniere generale dello Stato: Canzio
Il direttore generale delle finanze: Lapecorella
Allegato A
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