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ALTALEX NEWS


venerdì 7 settembre 2012

La diagnosi sulla salute dell'embrione: quando il potere esecutivo cerca di sostituirsi al medico


La diagnosi sulla salute dell'embrione: quando il potere esecutivo cerca di sostituirsi al medico
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La diagnosi sulla salute dell’embrione, da impiantare nell’utero della donna aspirante madre, si può effettuare essenzialmente in due maniere.
 
    1. Su base osservazionale, cioè osservando al microscopio se l’embrione da impiantare appaia visibilmente idoneo all’impianto.
    2. Oppure su base genetica, con la cosiddetta diagnosi genetica preimpianto: si esamina l’embrione sul piano genetico al fine di rilevare se risulti esente da una serie di malattie, e dunque potenzialmente sano.
    •  
    Mentre la prima procedura diagnostica, quella osservazionale, la comunità scientifica ha riscontrato essere sostanzialmente inefficace: non dà pressoché garanzie sul fatto che un certo embrione sia adatto all’impianto in utero ed esente da una serie di grave patologie; la seconda procedura diagnostica, ladiagnosi genetica, dà perlomeno la garanzia che un certo embrione sia esente da una serie di gravi malattie (quali per esempio la fibrosi cistica e la beta-talassemia) e potenzialmente adatto all’impianto in utero, potenzialmente idoneo a divenire un neonato sano.

    Nel 2004, con l’entrata in vigore della legge n. 40 sulla procreazione medicalmente assistita, dall’interpretazione di alcune sue disposizioni, secondo la maggioranza dei giuristi, si è inteso che implicitamente il legislatore avesse vietato l’uso della diagnosi genetica. Poi, sempre nel 2004, con l’emanazione delle prime linee guida all’applicazione della legge 40, il Ministero della Salute, dando, non una mera indicazione tecnico-attuativa di quanto già stabilito dalla legge – come dovrebbe essere secondo diritto – bensì un’interpretazione ufficiale della legge, stabilisce esplicitamente la proibizione di effettuare la diagnosi genetica dell’embrione, o degli embrioni, da impiantare, e per di più prescrive che ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni dovrà essere di tipo osservazionale. Quindi, il Ministero, il potere esecutivo, andando ben oltre quel che gli compete, proibisce una modalità diagnostico-terapeutica, la diagnosi genetica, per prescriverne un’altra, la diagnosi osservazionale, comportandosi quasi fosse un medico dall’atteggiamento paternalista ed autoritario.

    Così, la normativa riguardante la procreazione assistita, la legge 40 e le sue linee guida del 2004, fin dal primo periodo della loro entrata in vigore, portano ad un susseguirsi di contenziosi giudiziali tesi principalmente ad affermare la libertà di cura per la paziente-donna che si sottoponga alle tecniche di procreazione assistita, e la libertà di terapia per il medico, con la possibilità di effettuare la diagnosi genetica sugli embrioni da impiantare e un’efficace selezione dei medesimi embrioni.

    In questi contenziosi dapprima i giudici, rifacendosi essenzialmente ai principi del consenso informato al trattamento sanitario ed all’autonomia procreativa, affermano la possibilità di sottoporre l’embrione a diagnosi genetica, qualora richiesta dagli aspiranti genitori (si vedano principalmente: Trib. di Cagliari, sent. del 22-9-2007; Trib. di Firenze, ord. del 17-12-2007; dell’11-7-2008; del 26-8-2008); inoltre, sul piano della giurisdizione amministrativa, i magistrati dichiarano illegittima la disposizione delle linee guida del 2004, dove si statuisce che ogni indagine relativa allo stato di  salute degli embrioni dovrà essere di tipo osservazionale (TAR del Lazio, 398/2008). La Corte costituzionale poi, l’1-4-2009, stabilisce che la disposizione della legge 40 (l’art. 14, c. 2) nella parte in cui si prescrive di impiantare gli embrioni prodotti nel massimo di tre in un’unica soluzione (senza dare la possibilità alla donna di decidere se procedere o meno all’impianto; espresso l’assenso da parte di questa a sottoporsi alle tecniche di procreazione assistita) sia illegittima.
     
    Di qui, la sostanziale unanimità dei giuristi, ritiene che la Consulta abbia determinato con questa sentenza la legittimità dell’uso della diagnosi genetica dell’embrione. A questo punto, allora, la legittimazione della pratica della diagnosi preimpianto dovrebbe essere riconosciuta anche dal Ministero della Salute, se non mediante la persuasione, mediante l’obbligatorietà giuridica.

    Ebbene, il Ministero con le linee guida alla legge 40 emanate nel 2008, si attiene al giudizio del TAR, la sent. n. 398 del 2008, e toglie dalle linee guida la disposizione per cui ogni indagine relativa alla salute dell’embrione dovrà essere osservazionale. Tuttavia, la Commissione di studio sugli embrioni crioconservati (organo consultivo del Ministero della Salute, nominato con decreto dal medesimo Ministero il 25 giugno 2009) nella relazione conclusiva dei suoi lavori, stabilisce che qualsiasi indagine sugli embrioni debba essere esclusivamente osservazionale, considerata la situazione attuale delle conoscenze scientifiche (si veda il sitohttp://www.salute.gov.it); con ciò contraddicendo proprio la situazione attuale delle conoscenze scientifiche che unanimemente non attribuiscono alla diagnosi osservazionale pressoché alcuna valenza di efficacia diagnostica, mentre attribuiscono valenza di efficacia diagnostica solo alla diagnosi genetica! (si veda, fra gli altri, C.E. DEDIE-SMULDERS et al., Best practise guidelines for clinical preimplantation genetic diagnosis (PDG) and preimplantation genetic screening (PGS), in Human Reproduction, 1, 2005, pp. 35-48).
     
    E ancora, le nuove linee guida alla legge 40, a tutt’oggi ancora non emanate (seppur la loro emanazione è richiesta da mesi da vari soggetti istituzionali) riproporrebbero (il condizionale è d’obbligo, non avendo a disposizione un testo ufficialmente pubblicato) il divieto di effettuare la diagnosi genetica sugli embrioni, avallando dunque quale unica possibilità di diagnosi sull’embrione quella osservazionale. Ora, se così stanno le cose, ma pare non ci possano essere grossi dubbi, considerati i resoconti dei vari organi d’informazione e le dichiarazioni di vari soggetti istituzionali, ci troviamo di fronte ad un potere esecutivo che disattende l’operato della magistratura e in particolare l’operato della Corte costituzionale, il giudice delle leggi, per avallare significati normativi presunti e/o illegittimi; un potere esecutivo che tende, addirittura, ad assumere il ruolo del medico, prescrivendo certe analisi diagnostiche e negandone altre, pur di affermare un determinato modo di intendere la procreazione medicalmente assistita.

    Avv. Germano Rossini
    Dottore di ricerca in bioetica
    germanorossini@inwind.it 


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