http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/responsabilita-sicurezza/news/articolo/lstp/110252/
Accertamenti più rigorosi per provare la responsabilità penale degli amministratori “teste di legno”: per rispondere dei reati fatti dagli altri vertici aziendali non basta dimostrare che non hanno vigilato correttamente e che avrebbero potuto impedire l’affare illecito. O meglio, quest’aspetto esaurisce solo il profilo oggettivo della sua responsabilità perché il richiamo agli articoli 40 cpv. del Codice penale e 2392 di quello civile riguarda soltanto il rapporto di causalità tra l’omissione dell’amministratore di diritto e i fatti di bancarotta commessi dall’amministrazione di fatto. Resta, poi, da risolvere il problema dell’elemento soggettivo della responsabilità del prestanome. Ebbene, su questo punto, la Cassazione ha affermato che ad integrare il dolo dell’amministratore di diritto è sufficiente la sua generica consapevolezza che l’amministratore effettivo abbia distratto, occultato etc., senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi nei quali l’azione del vero amministratore si è estrinsecata. Però, ed è questo il nodo centrale del problema, «tale consapevolezza non può essere semplicemente desunta dal fatto che il soggetto abbia acconsentito a ricoprire formalmente la carica di amministratore». Insomma, il profilo soggettivo della responsabilità del prestanome va accertato caso per caso, valutando il significato probatorio dell’intero contesto della sua azione.
Così la Cassazione con la sentenza 31142/09 ha confermato un verdetto di condanna per fatti di bancarotta nei confronti di un prestanome, sottolineando come correttamente i giudici del merito avevano desunto la prova della consapevolezza e volontarietà del contributo dell’amministratore fittizio alle condotte distrattive del padre, ritenuto il vero dominus della società, dal suo concreto prestarsi a fungere da «cinghia di trasmissione» della volontà del genitore, attraverso comportamenti ben ponderati e attuati. In altre parole, sull’elemento soggettivo il verdetto impugnato aveva esattamente motivato.
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