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ALTALEX NEWS


sabato 1 gennaio 2011

Provider e Responsabilità: il caso di Lasciate che i bimbi


Access provider: "soggetto che consente all'utente l'allacciamento alla rete telematica".
Service provider: "soggetto che, una volta avvenuto l'accesso in rete, consente all'utente di compiere determinate operazioni, quali la posta elettronica, la suddivisione e catalogazione delle informazioni, il loro invio a soggetti determinati, ecc".
Content provider: "operatore che mette a disposizione del pubblico informazioni ed opere di qualsiasi genere (riviste, fotografie, libri, banche dati, versioni telematiche di quotidiani e periodici, ecc.) caricandole sulle memorie dei computers server e collegando tali computers alla rete".
(Definizioni tratte dalla sentenza del Tribunale di Bologna n. 3331 del 14 giugno 2004)
Tribunale Civile di Bologna
Giudice Unico Dott.ssa Ferrigno
Sentenza 14 giugno 2001 n. 3331
Venendo al merito, la dott.ssa M. ha svolto le funzioni di P.M. nel procedimento penale promosso, davanti al Tribunale di Bologna, nei confronti di Marco D., di Piergiorgio B., e di altri adepti della setta satanica "I bambini di satana", imputati di reati gravissimi, tra cui il sequestro di persona e la violenza carnale in danno di minori.Il procedimento si è concluso con l'assoluzione di tutti gli imputati e la decisione è stata confermata in sede di gravame (v. sentenza Trib. Bologna n.210/97 prodotta da Roberto B.).La vicenda ha avuto ampio eco sulla stampa e, nel 1997, la Castelvecchi Editoria pubblicò il libro di Luther B. "Lasciate che i bimbi - Pedofilia. un pretesto per la caccia alle streghe", che nel capitolo di 32 pagg. dal titolo "Bambini di Satana: anatomia di una montatura!" affronta, con taglio critico, la vicenda giudiziaria di Marco D. e degli altri adepti alla setta. Allo stile asciutto della cronaca giornalistica si alterna quello personale dell'autore dello scritto volto alla critica dell'attività giudiziaria che portò alla formulazione dell'accusa a carico degli imputati.Ciò posto, si tratta di verificare se i passi del libro, indicati in citazione, rientrino nel legittimo esercizio de1 diritto di cronaca e di critica giudiziaria come sostenuto dalle società convenute e dal B., o, invece, costituiscano illecita violazione della reputazione, e dell'identità personale della dott.ssa M..E' principio ormai consolidato in giurisprudenza che la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell'onore, possa considerarsi lecita espressione del diritto di cronaca, e quindi non comportare responsabilità civile per violazione del diritto all'onore, qualora ricorrano tre condizioni: a) utilità sociale dell'informazione; b) verità oggettiva, o anche solo putativa, purché frutto di diligente lavoro di ricerca; c) forma civile dell'esposizione dei fatti e della loro valutazione, che non ecceda lo scopo informativo da conseguire e che sia improntata a leale chiarezza, evitando forme di offesa indiretta (requisito c.d. della continenza) (v. per tutte la nota sentenza della S.C. n.5259/84).
Meno ristretti sono i limiti del diritto di critica che costituisce un'ulteriore forma di estrinsecazione della libertà di pensiero, riconosciuta e protetta, quale diritto fondamentale, dall'art. 21 Cost..
La critica, a differenza della cronaca, che è esposizione obiettiva di fatti allo scopo di informare il lettore, consiste in una attività essenzialmente valutativa volta ad esprimere il proprio consenso o dissenso rispetto alle opinioni o alle condotte poste in essere da altri.
All'esercizio del diritto di critica può, dunque, essere naturalmente connessa anche una valenza aggressiva nei confronti del suo destinatario e ad esso mal si attaglia il requisito della verità, in quanto un'opinione difficilmente può essere accertata come vera o falsa.
Tuttavia, la critica, per essere legittima, deve trarre spunto da fatti veri, e non artatamente manipolati per sostenere la stessa tesi critica.
E' poi pacifico, sia in dottrina che in giurisprudenza, che anche il diritto di critica, che ben può riguardare l'attività giudiziaria, è soggetto al limite della continenza della forma espositiva e del perseguimento dell'interesse pubblico.
Sotto il primo profilo, il rispetto del limite si concretizza nella correttezza del linguaggio, nel mancato uso di espressioni contumeliose, nel divieto di accostamenti suggestivi. L'interesse del soggetto criticato alla tutela del proprio onore, comporta, infatti, che la critica al suo operato o alle opinioni da lui espresse debba essere misurata e quindi dotata della minor efficacia lesiva possibile, rispetto al legittimo risultato di valutazione o di censura che si intenda perseguire.
Occorre, quindi, analizzare, alla luce dei principi sopra esposti, i singoli passi del libro "Lasciate che i bimbi" denunciati dall'attrice come lesivi del suo onore e della sua immagine professionale, e che sono i seguenti:
a) il processo contro il gruppo bolognese dei Bambini di Satana rappresenterebbe "una delle più vaste campagne repressive e giustizialiste degli ultimi anni: una caccia alle streghe, come a Salem (Massachusset) 1692";b) Lucia M. occuperebbe "la prima fila dei fomentatori d'odio e degli strateghi della tensione" (pag.39);c) sarebbe "personaggio assetato di protagonismo e di luci della ribalta" (pag.24);d) "rilascia interviste e dichiarazioni allarmistiche un giorno sì e l'altro pure" (pag.39) per "dare l'idea di una Bologna sotto assedio alla mercé di satanismi in libertà pronti a sabotare la sua inchiesta. Questo affinché i media la rappresentino come una prode Giovanna d'Arco" (pag.42);e) come P.M. sarebbe stata pronta "ad incanalare e strumentalizzare" il rancore sentimentale dell'ex fidanzata di uno degli imputati per farle "vomitare un fiume in piena di particolari incredibili" (pag.30) ad indurre la stessa teste a simulare un malore durante il dibattimento per impedire alla difesa di interrogarla (pag. 50) a shockare e strumentalizzare un bambino per indurlo a dire di essere stato vittima di atti di libidine durante una messa nera (pag.48, 30, 31);f) essa attrice verrebbe calunniosamente definita "magistrato arrivista" (pag.30) "personaggio odioso ed insopportabile" (pag.43) "Torquemada" (pag.43) sino all'invettiva finale "via alla poubelle de l'histoire! M., odiosa e gracchiante viceprocuratora ha regalato al mondo uno dei più gravi atti di persecuzione giudiziaria e culturale della storia delle sottoculture giovanili. Voleva diventare la Di Pietro dell'intolleranza religiosa, ma non si è accorta che già tramontava l'epoca in cui le masse applaudivano adoranti le manie di protagonismo dei magistrati. Anche ella è destinata al suddetto luogo di trotzkiana memoria" (pag. 106 ? par. "il caso è chiuso").
Orbene, per quanto concerne il presupposto che le notizie e gli argomenti trattati nel libro rivestano interesse pubblico, nulla quaestio.
In merito agli altri presupposti, il B. e le società convenute contestano la valenza lesiva dei passi sopra riportati sul rilievo che l'attrice avrebbe artatamente collegato "parole , frasi" e "periodi" del testo, in maniera tale da farli erroneamente apparire come riferiti alla sua persona, mentre invece, gli stessi passi, se correttamente letti nel foro contesto, evidenzierebbero l'assenza di ogni intento denigratorio della sua immagine, umana e professionale.In ordine al passo sub a) assumono, in particolare, che la frase tra virgolette non farebbe riferimento al processo contro i Bambini di Satana ed alla dott.ssa M., bensì a tutti gli episodi riportati nel i libro. La frase rappresenterebbe, in sostanza, la presentazione della tesi dell'autore secondo cui la recente emersione, in molti paesi e non solo in Italia, dell'allarme sociale sul tema della pedofilia, avrebbe costituito il pretesto per scatenare alcune ingiustificate "cacce alle streghe" proiettando sul mostro (il presunto pedofilo) tutte le angosce collettive di una società insicura ed inquieta, e ciò indipendentemente dalla reale necessità di proteggere l'infanzia dai possibili abusi degli adulti.L'assunto non può essere condiviso.E' vero che nel passo in oggetto non viene fatto espresso riferimento alla dott.ssa M., ma tuttavia, costituendo il suo operato nell'ambito del processo penale in questione, il tema di uno dei capitoli del libro, non può porsi in dubbio che la predetta venga presa come esempio emblematico di quel teorema sulla "caccia alle streghe" delineato nell'introduzione dell'opera. E tale intento dell'autore è reso del tutto evidente nei passi riportati sub a), b), c), g), ed e) ove si legge, ed il riferimento è esplicito e testuale, che la dott.ssa M. occupa "la prima fila dei fomentatori d'odio e degli strateghi della tensione", è "personaggio assetato di protagonismo e di luci della ribalta", "magistrato arrivista" che unitamente a preti e pennivendoli avrebbe "incanalato e strumentalizzato" il rancore della teste chiave "Simonetta" ex fidanzata di uno degli imputati, "proprio come la caccia alle streghe di Salem" (che l'epiteto "magistrato arrivista" sia riferito, alla pag. 30 del libro, all'attrice non è da porsi in dubbio, riferendosi l'autore a coloro i quali hanno dato via all'inchiesta sui Bambini di Satana).Contrariamente a quanto sostenuto dalle convenute e dal B. i passi riportati, proprio se letti nel loro contesto, effettivamente descrivono la dott.ssa M. come facente parte di un asserito complotto tra la Curia di Bologna, gli organi di informazione e le autorità inquirenti, volto alla demonizzazione ed alla repressione di ogni devianza sociale o sessuale. E'pertanto chiaro l'intento dell'autore di fornire un'immagine dell'attrice come magistrato che ha esercitato l'azione penale non a tutela del pubblico interesse per perseguire fatti gravissimi, ma per fini repressivi e per motivi di personale tornaconto (per apparire quale prode "Giovanna d'Arco" - sub d -) estranei alla sua funzione. La dott.ssa M. viene, addirittura, definita come "odiosa e gracchiante viceprocuratora" e la si accusa dio aver regalato al mondo uno dei più gravi casi di persecuzione giudiziaria (…) e ciò perché voleva diventare la Di Pietro dell'intolleranza religiosa" (sub.G) tant'è che la sua persona viene persino accostata, in maniera suggestiva, a quella del grande inquisitore Torquemada (pag. 43).Cose che esulano sicuramente dai limiti di una corretta analisi critica dell'attività giudiziaria.Basti dire l'operato dell'attrice non viene giudicato erroneo o arbitrario sulla base di una ragionevole valutazione di fatti veri. Ed infatti la tesi dell'autore, secondo cui la dott.ssa Musi avrebbe perseguito scopi antitetici a quelli giurisdizionali per dare sfogo a manie di protagonismo, viene esposta senza il benché minimo supporto motivazionale, il che è sicuro indice di una volontà di mera aggressione libellistica.Per quanto riguarda, invece, il passo sub D), ove si legge che la dott.ssa M. "rilascia interviste e dichiarazioni allarmistiche un giorno si e l'altro pure", lo stesso non sembra travalicare i limiti del diritto di cronaca e di critica in quanto l'autore, sia pure in maniera colorita, riferisce un fatto non del tutto lontano dal vero. E'infatti documentato in causa che l'attrice ebbe molti contatti con la stampa in merito all'andamento delle indagini ed alla ritenuta fondatezza della sua ipotesi accusatoria.Parimenti non lesivi appaiono alcuni dei passi sub E). A pag. 31 si legge "Nei mesi successivi Simonetta (teste chiave dell'accusa) vomiterà un fiume di particolari sempre meno credibili, tra cui l'omicidio rituale di un immigrato africano, ucciso a coltellate e quello di un bimbo rom (…)". L'autore si riferisce, dunque, esclusivamente alla teste "Simonetta", a suo parere assolutamente inattendibile, ma non accusa l'attrice di avere indotto la predetta a fare quelle rivelazioni che portarono all'apertura dell'inchiesta. Come pure non risponde al vero che l'autore abbia sostenuto che la dott.ssa M. avrebbe indotto "Simonetta" a simulare un malore durante il dibattimento, ed avrebbe shockato il piccolo Federico di soli due anni per portarlo a riferire particolari agghiaccianti sulle presunte violenze subite.A pag. 50 l'autore si limita, infatti, a riferire dello svenimento, in aula, della teste con conseguente interruzione del suo controesame da parte della difesa, mentre a pag. 30 informa che, con il proseguire dell'inchiesta, nell'opinione pubblica iniziò ad insinuarsi il dubbio che il piccolo Federico non fosse credibile per essere "shockato e strumentalizzato".Quanto sopra esposto non vale, tuttavia, a ridurre l'efficacia lesiva del libro "Lasciate che i bimbi", ed, in particolare, del capitolo dedicato al processo in questione e del paragrafo "Il caso è chiuso", pagg. 105?107. Non è infatti contestabile che la lettura complessiva di quelle parti dell'opera, in considerazione dei toni, degli argomenti e delle espressioni ingiuriose adottate, offra un'immagine dell'attrice quale sorta di braccio secolare della nuova inquisizione, magistrato privo di equilibrio e professionalità, dedito al conseguimento della propria notorietà a scapito dei diritti di libertà e di giustizia delle persone inquisite. Il che supera chiaramente i limiti della serena ed obiettiva esposizione di fatti e della corretta valutazione dell'operato della dott.ssa M., concretizzando una indebita lesione della sua reputazione professionale e della sua identità personale. Privo di pregio è il riferimento del B. e delle società convenute al diritto di critica satirica.Per satira si intendono quelle forme di espressione volte alla critica di personaggi noti al pubblico o di episodi di significativo interesse collettivo, mediante una rappresentazione idonea a suscitare ilarità che renda palese il carattere dell'inverosimiglianza e dell'esagerazione. Il che non ricorre nel caso di specie ove si consideri che la rappresentazione dei fatti che emerge dall'opera in questione, esula dai confini di una interpretazione forzata, buffa o maliziosa di un accadimento reale per divenire, invece, allusione gratuita a circostanze prive del benché minimo riscontro oggettivo (legame tra l'attrice, e la nuova inquisizione).Il carattere offensivo del libro "Lasciate che i Bimbi" non poteva non essere palese al suo autore il che è sufficiente ad integrare l'elemento soggettivo del reato di diffamazione.Da ciò consegue la responsabilità civile dell'editore, società Castelvecchi, ai sensi degli artt. 2059 c.c., 185 c.p. e 11 L.n.47/48 per i danni cagionati all'attrice.La dott.ssa M. lamenta, altresì, la portata denigratoria di due testi brevi, rinvenibili sul sito internet gestito dalla società Cybercore s.a.s.: il primo intitolato "I Carlini di Satana", in cui si insisterebbe sul suo atteggiamento persecutorio nei confronti degli imputati ("Lucia M. e il Tribunale del riesame vogliono comunque gli imputati in galera"), ed il secondo intitolato "La verità è elettrica, e si diffonde, si diffonde, si diffonde" contenente le osservazioni "a caldo" di B. dopo la prima udienza del processo i Bambini di Satana, in cui verrebbero svolti gli argomenti e le tesi poi ampiamente esposti nel libro "Lasciate che i Bimbi".L'assunto può essere condiviso solo per quanto riguarda tale secondo scritto.
Le frasi di cui la dott.ssa M. si duole sono le seguenti "Cazzo, tutto questo è già successo, questo processo è la fotocopia di quelli svolti negli USA negli anni '80, stesse cazzate, stesse testimonianze, stessi errori da parte di psichiatri, preti ed assistenti sociali, stessa cecità di inquirenti e giornalisti. Ognuno di quei casi ebbe origine dalla mentalità disturbata di una Simonetta, e dal fraintendimento dei farfugliamenti pre verbali di un Federico trasformato dalla Lucia M. di turno in una crociata contro i fantasmi" ...."nelle ricostruzioni della vicenda si insinua il dubbio - e anche qualcosa di più - che Simonetta sia inattendibile, neurolabile e manovrata da Lucia M., che il piccolo Federico sia shockato e strumentalizzato" ... "Repubblica ha poi intervistato D. (che per una volta si è difeso bene e ha puntato l'indice contro il GRIS (Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sette ? n.d.r. da pag.24 "Lasciale che i bimbi"); la M. si è incazzata di brutto e dichiarato all'ANSA che D. non ha il diritto di rilasciare interviste! Segnale premonitore di un esaurimento nervoso?)".Evidente, anche in questo caso, è l'intento denigratorio dell'autore del testo, come è chiara la sua volontà di fare apparire l'attrice come simbolo dell'intolleranza religiosa e sociale, e di screditarne l'operato descrivendola come magistrato privo dì equilibrio, e persona tesa solo al perseguimento del proprio intento vessatorio nei confronti degli imputati.
Non altrettanto può dirsi del brano "I Carlini di Satana ovvero: un anno di canditi allo Zolfo".In questa occasione Luther B. ha illustrato, in chiave critica, le modalità con cui il quotidiano "Il Resto del Carlino" ha seguito lo sviluppo dell'inchiesta sui Bambini di Satana, ed il riferimento diretto all'attrice, laddove si legge "Ma Lucia M. e il Tribunale del riesame vogliono comunque gli imputati in galera (…)" non appare superare i limiti del diritto di cronaca in quanto l'autore, sia pure con toni aspri e con espressioni prive di rigore tecnico giuridico; ha riferito un fatto vero e cioè che il P.M. nel corso delle indagini chiese l'applicazione agli imputati della misura cautelare della custodia in carcere.Tanto premesso in fatto, si tratta ora di accertare se le società convenute siano o meno responsabili della diffusione telematica degli scritti lesivi dell'onore e della reputazione dell'attrice.
A tale proposito la società 2008 Comunicazione sostiene che quale service provider con accesso alla rete internet, essa si era limitata ad ospitare, in apposita diectory, il materiale immesso da Luther B., al quale aveva offerto gratuitamente lo spazio sul proprio sito "per affinità culturale e di area, trattandosi di una delle voci più originali ed indipendenti della scena italiana"; e che pertanto, non avendo il service províder alcun potere e dovere di controllo sul materiale ospitato e redatto da altri, andrebbe esclusa ogni sua responsabilità, per i fatti di causa, essendo la figura del service províder paragonabile a quella dell'edicolante o del libraio, rispetto ai quali non incombe alcun onere di valutazione e/o censura del materiale posto in vendita.Analoghe difese svolge la Cybercore, in merito anche alla non equiparabilità della posizione del service provider a quella dell'editore. La stessa ha inoltre eccepito l'assenza di qualunque profilo di colpa a proprio carico, essendosi limitata a riprodurre, in via telematica, articoli gia pubblicati sulla rivista "Zero in condotta" che; all'epoca, non erano stati oggetto di alcun provvedimento giudiziario di natura sanzionatoria o cautelare.Orbene, la responsabilità del provider (dall'inglese "fornitore") può essere esaminata sotto diversi profili, e cioè con riguardo alla violazione del diritto d'autore, del diritto alla riservatezza, alla diffamazione, o alla violazione delle norme in materia di concorrenza sleale ecc..La soluzione delle questioni di cui si discute non può prescindere dall'esame dei compiti e delle funzioni espletate dai c.d. operatori della rete internet.Tali soggetti possono così essere classíficati: "access provider" (fornitore di accesso) "service provider" (fornitore di servizi) e "content provider" (fornitore di contenuti).Il termine access provider individua il soggetto che consente all'utente l'allacciamento alla rete telematica. Il compito dell'access provider è per lo più quello di accertare l'identità dell'utente che richiede il servizio, di acquisirne i suoi dati anagrafici e, quindi, di trasmettere la richiesta all'Autorithy Italiana affinché provveda all'apertura del relativo sito Web. L'access provider può anche limitarsi a concedere al cliente uno spazio, da gestire autonomamente, sul disco fisso del proprio elaboratore.Service provider è invece quel soggetto che, una volta avvenuto l'accesso in rete, consente all'utente di compiere determinate operazioni, quali la posta elettronica, la suddivisione e catalogazione delle informazioni, il loro invio a soggetti determinati, ecc.Content provider è, infine, l'operatore che mette a disposizione del pubblico informazioni ed opere di qualsiasi genere (riviste, fotografie, libri, banche dati, versioni telematiche di quotidiani e periodici, ecc.) caricandole sulle memorie dei computers server e collegando tali computers alla rete.Content províder è anche chi si obbliga a gestire e ad organizzare le pagine "web" immesse in rete dal proprio cliente.Accertate, in via del tutto esemplificativa, le funzioni delle diverse figure di providers, funzioni che possono essere svolte anche da un unico soggetto, occorre stabilire se sia configurabile o meno la responsabilità di tali operatori per gli illeciti commessi in via telematica.Per quanto concerne la figura dell'access e del service provider, sia la dottrina che la giurisprudenza tendono ad escluderla, equiparando il provider ad un latore di informazioni, al quale non può addossarsi alcuna responsabilità per il fatto che il servizio da lui fornito (l'accesso alla rete internet), secondo l'impegno contrattualmente assunto, venga poi diretto dall'utente al perseguimento di scopi contrari alla legge o lesivi di diritti altrui (in tal senso: Trib. Cuneo 23.6.97, Milano Finanza Editori s.p.a./STS Servizi Telematici di Borsa, LRC).
Diversa è la posizione del content provider, il quale - generalmente viene invece riconosciuto responsabile per le violazioni di legge commesse mediante il materiale immesso in rete, e tale orientamento va condiviso.Ed invero, non può porsi in dubbio che il caricamento di un'opera nella memoria del computer collegato in rete costituisca riproduzione, e che la trasmissione da un computer ad un altro costituisca diffusione a distanza. La responsabilità del content provider, per il contenuto lesivo degli scritti resi conoscibili a terzi, trova, pertanto, la propria fonte nel divieto del neminen laedere sancito dall'art. 2043 c.c..Come è stato infatti osservato, il soggetto che produce o che gestisce l'informazione, a causa del ruolo che riveste, non può ritenersi esonerato dal dovere di controllo sulla legittimità delle informazioni immesse sul proprio sito, obbligo di controllo che rientra nel più ampio dovere di diligenza professionale che incombe su ogni operatore economico, quale componente del rischio d'impresa.Ma vi è di più. Il proprietario di un canale di comunicazione ed il gestore del sito internet recante messaggi "on line" sono stati correttamente equiparati agli organi di stampa in quanto, anch'essi, al pari degli organi di stampa, riproducono un'opera. o uno scritto rendendoli accessibili ad un pubblico di lettori (In tal senso si è espresso Trib. Napoli, ord. 8.8.97 est. Schisano, M. Cirino Pomicino s.p.a./ Geredil s.a.s. ed altri; sul tema anche Trib. Cuneo, ord. 23.6.97 già citata).
Da ciò consegue la possibilità di applicare, in via analogica, al content provider la norma dell'art.11 L. n.47/48 secondo la quale "per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l'editore".D'altro canto, diversamente argomentando, si otterrebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra la tutela di diritti violati on líne e quelli violati con altri mezzi di diffusione (off line) venendosi, inoltre, a riconoscere la possibilità di esercizio, senza alcun controllo, di un'attività che può essere fonte di danni di rilevante entità per il numero potenzialmente assai elevato dei destinatari dell'informazione telematica.Né può ritenersi, come sostenuto dalle società convenute, che la prospettata estensione dell'applicabilità del citato art. 11, si porrebbe in contrasto con il divieto di interpretazione analogica delle norme penali. L'opinione sopra esposta attiene esclusivamente ai riflessi civilistici del fatto reato e non porta ad estendere, in via analogica, al content provider la responsabilità penale che l'art. 596 bis c.p. pone in capo all'editore per il delitto di diffamazione a mezzo stampa. Va ora verificato il ruolo, in concreto, svolto dalle società convenute.
Come si è detto, la 2008 Comunicazione assume di aver assunto la veste di mero service provider, per essersi limitata a concedere; attraverso la creazione della relativa apposita directory, uno "spazio autogestito al suo interno al movimento Luther B.".Sennonché tale assunto difensivo è rimasto privo del benché minimo riscontro ove si consideri che la suddetta società non ha neppure indicato il soggetto con il quale avrebbe instaurato il rapporto posto a fondamento delle proprie difese, atteso che, come è pacifico, il nome Luther B. non identifica una persona fisica e neanche una persona giuridica. Né tanto meno ha provato il contenuto degli accordi asseritamente conclusi con l'utilizzatore della sua directory.Ciò che risulta è unicamente la diffusione del libro "Lasciate che i bimbi" tramite il sito gestito dalla 2008 Comunicazione s.a.s. il che, in mancanza di elementi in contrario, porta a ritenere provato il diretto contributo della detta società alla pubblicazione dell'opera via internet.L'opinione che la 2008 Comunicazione s.a.s. abbia promosso l'opera e non si sia limitata a concedere a terzi solo l'uso del proprio spazio sulla rete, trova conferma anche nel fatto, peraltro pacifico, che la stessa ebbe a pubblicizzare gli scritti di Luther B., ponendo in luce il rilevante numero di accessi alla directory in questione.Analoga è la posizione della società Cybercore non essendo contestato che detta società abbia dato diretta diffusione all'articolo diffamatorio "La verità è elettrica, e si diffonde, si diffonde, si diffonde" pubblicato a suo dire sulla rivista Zero in condotta, tant'è che allo stesso si accedeva, come è pacifico, attraverso una voce dell'indice della "home page" del suo sito, consultando la rubrica "Pedofilia: Sex on line prende posizione".Le esposte considerazioni portano, dunque, a ritenere non solo l'editore Castelvecchi ma anche le altre società convenute, responsabili del danno morale causato all'attrice con gli scritti di Luther B..
La risarcibilità dei danni lamentati non potrebbe, comunque, essere esclusa anche nel caso che si volesse in ipotesi negare la sussistenza del delitto di diffamazione ritenendosi configurabile solo una lesione dell'identità personale, risarcimento non solo dei danni in senso strettamente patrimoniali, ma di tutti i danni che, almeno potenzialmente, ostacolano le attività realizzatrici della persona umana, con la conseguenza che alla lesione di diritti di rilevanza costituzionale segue la sanzione risarcitoria per il fatto in sé della lesione, indipendentemente dagli eventuali effetti patrimoniali che la stessa possa comportare.In tal senso si è infatti pronunciata la più recente giurisprudenza sia di merito che di legittimità, che tende a dare ingresso alla tutela dei diritti fondamentali della persona nel sistema della responsabilità civile, ed al collegare il sorgere dell'obbligazione risarcitoria, al verificarsi di ogni comportamento lesivo dei beni giuridici tutelati in via primaria, sulla base di un concetto della patrimonialità del danno in senso ampio, comprensivo, cioè, non solo del valore d'uso delle energie umane ma anche delle singole qualità personali (sul tema: Cass. n.7713/00, n. 11103/98, n. 2576/96, n. 8286/96, Trib. Verona 26.2.96 est. D'Ascola). La quasi contemporaneità della diffusione delle esternazioni diffamatorie di Luther B., l'identità del soggetto danneggiato e dell'interesse leso, consente di individuare un danno unico non rilevando, in contrario, che le singole condotte illecite abbiano influito, nel senso, non solo di porsi come concause, ma anche di determinare un pregiudizio complessivamente maggiore di quello che la singola condotta avrebbe posto in essere, non escludendo siffatte caratteristiche la sostanziale unicità dell'evento lesivo (tra le tante: Cass.5944/97).
Venendo alla determinazione del quantum, il danno subito dall'attrice nelle sue diverse componenti, va liquidato equitativamente, all'attualità, nella somma di £.80.000.000, comprensiva di rivalutazione ed interessi: somma che appare adeguata alla situazione di grave sofferenza e disagio conseguente alla divulgazione degli scritti lesivi della sua reputazione professionale e della sua identità personale.Pur ricorrendo i presupposti di cui all'art. 2055 c.c., la suddetta somma non può essere posta a carico delle società convenute, in via tra loro solidale, mancando una espressa richiesta di parte attrice in tal senso.Considerata la portata lesiva delle diverse condotte appare equo porre l'importo come sopra liquidato a carico della Società Castelvecchi Editore e della 2008 Comunicazione s.a.s. nella misura di £.30.000.000 ciascuna, ponendo a carico della Cybercore solo la restante parte di £ 20.000.000, oltre agli interessi legali dalla data della presente decisione al saldo.Va invece respinta la richiesta di liquidazione della riparazione pecuniaria ai sensi dell'art. 12 L. n.47/49 aderendo, questo Giudice, all'indirizzo giurisprudenziale secondo cui la menzionata norma, avendo funzione sostanzialmente sanzionatoria, è applicabile solo dal Giudice penale (Cass.pen. V, 20.11.90, Andreolli).La società Castelvecchi va condannata al ritiro dal commercio ed alla distruzione delle copie dell'Opera "Lasciate che i bimbi" attualmente presenti presso le librerie del territorio nazionale e presso la propria sede.La società Castelvecchi potrà continuare la pubblicazione dell'opera solo previa eliminazione del capitolo "Bambini di Satana: anatomia di una montatura" e del paragrafo "il caso D. è chiuso".La società 2008 Comunicazione va condannata alla cancellazione del suddetto capitolo e paragrafo dal sito www.2mila8.it.La società Cybercore va, a sua volta, condannata alla cancellazione dal sito www.Sexonline.cybercore.com/tortuga/satsta8.hmt., di quella parte dell'articolo "La verità è elettrica, e si diffonde, si diffonde, si díffonde", sopra riportata tra virgolette e di cui l'attrice si duole.
Venendo all'esame della domanda proposta dalla società Castelvecchi, la stessa chiede che sia dichiarato l'obbligo solidale di Roberto B., quale autore del libro "Lasciate che i Bimbi" e ciò ai sensi dell'art. 11 L. 47/48 " statuendo, con riguardo all'avversaria domanda di pagamento dell'intero, in ordine alla ripetizione dovuta".Come riportato in narrativa, il B. contesta di essere l'autore dell'opera in questione, assumendo di aver sottoscritto il contratto di edizione in atti, non in nome proprio, ma quale mandatario con rappresentanza del movimento collettivo "Luther B.".Precisa che Luther B. è un "nome multiplo" che identifica una collettività transnazionale i cui componenti comunicano tra foro prevalentemente via internet e che lo statuto ideologico ed i referenti culturali del Luther Blísset? Project sono di complessa identificazione: si possono riconoscere linguaggi tipici della sinistra sociale antagonista, tematiche riprese da recenti movimenti culturali, come il situazionismo, stili ironici e beffardi da tempo propri della sinistra giovanile.Deduce, altresì, che la società Castelvecchi era a conoscenza della natura collettiva ed impersonale dell'opera in esame avendo, già in passato, pubblicato il saggio Mind lnvaders sotto lo stesso marchio ed avendo, in più occasioni, anche pubbliche, dì essere pienamente al corrente del movimento in questione ed anche di condividerne gli scopi. Dal che l'infondatezza del suo assunto di avere concluso il contratto di edizione ritenendo che Luther B. fosse lo pseudonimo di esso B..Eccepisce, inoltre, il B., che non avendo la Castelvecchi ancora effettuato alcun valido pagamento per il titolo dedotto, mancherebbero i presupposi per l'esercizio dell'azione di regresso proposta nei suoi confronti.Tali tesi difensive non possono essere condivise. Secondo quanto sostiene il B. poiché l'opera "Lasciate che i bimbi" ha natura collettiva ed impersonale, come ogni produzione attriB.bile a Luther B., egli non potrebbe risponderne avendo sottoscritto il contratto di edizione in nome e per conto del suddetto movimento culturale.Ebbene, anche volendo ritenere, come è peraltro pacifico in causa, che effettivamente l'eponimo Luther B. identifichi una collettività di persone, non può porsi in dubbio che dell'opera generatrice del danno di cui si discute dovrebbe rispondere la suddetta "collettività", e per essa, quindi, i suoi singoli componenti trattandosi, per quel che sembra, di un'associazione di persone.Orbene, tenuto conto del suo comportamento e dell'attività da lui svolta nella vicenda in esame, si ravvisano fondati motivi di ritenere che il B. facesse parte di quella collettività e ne condividesse gli scopi, tant'è che non ha indicato alcun'altra e diversa ragione per la quale sarebbe stato indotto a farsi portatore delle idee del gruppo.Ma anche volendo prescindere da tale rilievo, occorre osservare che, contrariamente da quanto assume il B., egli ha sottoscritto in proprio il contratto di edizione in atti; qualificandosi espressamente come "autore" del libro, senza spendere il nome del suddetto movimento, ma chiedendo unicamente all'editore di inserire "il nome dell'Autore (e cioè il suo, n.d.r.) in copertina e nel frontespizio" con la "dicitura ? Luther B." (v. doc.2 Castelvecchi). Legittima è dunque la pretesa della società Castelvecchi a che il B. venga dichiarato corresponsabile dei danni in oggetto, ai sensi dell'art. 11 L.n.47/48.
Per quanto riguarda poi l'azione di regresso, il fatto che la società Castelvecchi non abbia ancora soddisfatto le pretese risarcitorie dell'attrice, non esclude che la stessa abbia interesse e titolo all'accertamento dell'obbligo "solidale dell'autore Roberto B." ed alla statuizione, "con riguardo all'avversaria domanda attrice di pagamento dell'intero, in ordine alla ripetizione dovuta", dovendo tale domanda essere interpretata quale richiesta della Castelvecchi di essere tenuta indenne per quella parte di somme che sarà chiamata a versare in eccesso, rispetto alla quota di sua spettanza.Ciò posto, gli elementi acquisiti portano a ritenere che il B. e la società Castelvecchi Editoria e Comunicazione s..r.l. abbiano concorso in parti uguali alla produzione dell'evento lesivo.Roberto B. va pertanto condannato a tenere indenne la suddetta società, nei limiti del 50% di quanto essa verrà a pagare all'attrice per il titolo dedotto, per capitale, interessi e spese. A norma dell'art. 120 c.p.c., quale contributo alla riparazione del danno, va disposta la pubblicazione del dispositivo della sentenza, per una sola volta, a cura e spese delle società convenute, sui quotidiani "La Repubblica" ed "il Resto del Carlino", cronaca di Bologna, limitatamente ai capi che riguardano le società convenute, con esclusione di quelli relativi al chiamato in causa B. nei cui confronti parte attrice non ha spiegato alcuna domanda.Si ravvisano giusti motivi per dichiarare le spese di lite interamente compensate tra il B. e la Castelvecchi.Le spese tra le altre parti seguono la soccombenza e vanno 38 liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Definitivamente decidendo:1) dichiara che il capitolo "Bambini di Satana: anatomia di una montatura" (pag.19-50) ed il paragrafo "li caso Dimitrí è chiuso" (pag. 105-107) contenuti nel libro "Lasciate che i bimbi - Pedofilia: un pretesto per la caccia alle streghe" di Luther B., edito dalla società Castelvecchi Editoria e Comunicazione s.r.l., e diffuso via Internet dalla società 2008 Comunicazione s.a.s. al Sito www.2mila8.it, sono lesivi della reputazione e dell'identità personale dell'attrice Lucia M.;2) dichiara che l'articolo "La verità è elettrica e si diffonde, si diffonde, si diffonde ", diffuso via internet dalla società Cybercore s.r.l. al sito Sex on line (indirizzo: www.Sexonline..cybercore.com/tortuga/satsta8.htrm) è lesivo della reputazione e dell'identità personale dell'attrice nella parte indicata in parte motiva;3) liquida i danni, subiti da Lucia M., per la causale di cui sopra, nella somma complessiva di £.80.000.000 e condanna le società Castelvecchi Editoria e Comunicazione s.r.l., Cybercore s.a.s, e 2008 Comunicazione s.a.s. al pagamento, a favore dell'attrice M., del suddetto importo ma ciascuna rispettivamente nei limiti, di £.30.000.000, di £.30.000.000 e di £.20.000.000, oltre agli interessi legali dalla data della decisione al saldo;4) condanna la società Castelvecchi Editoria e Comunicazione s.r.l. al ritiro dal commercio ed alla distruzione delle copie dell'opera "Lasciate che i bimbi", attualmente presenti presso le librerie del territorio nazionale e presso la propria sede;5) la detta società potrà continuare !a pubblicazione dell'opera solo previa eliminazione del capitolo "Bambini di Satana: anatomia di una montatura" e del paragrafo "il caso D. è chiuso";6) condanna la società 2008 Comunicazione s.a.s. a cancellare il capitolo ed il paragrafo di cui sopra dal sito www.2mila8.it;7) condanna la società Cybercore s.r.l. alla cancellazione dal sito www.Sexonline..cybercore.com/tortuga/satsta8.htrm, di quella parte dell'articolo "La verità è elettrica, e si dìffonde, si diffonde, si diffonde" riportata tra virgolette in parte motiva;8) dichiara che Roberto B. ha concorso, in misura paritaria con la società Castelvecchi Editoria e Comunicazione s.rl., a cagionare il danno in oggetto e conseguentemente condanna il B. a tenere indenne la detta società di quanto la stessa verrà a corrispondere all'attrice per il titolo dedotto, per capitale, interessi e spese, nel limite del 50%;9) condanna le società convenute, in solido tra loro, al rimborso a favore della M., delle spese di lite che liquida in complessive £.11.780.000, di cui £.1.980.000 per esborsi e spese generali, £.2.800.000 per diritti e £.7.000.000 per onorario di avvocato, oltre IVA e CPA;10) dichiara interamente compensate le spese tra la società Castelvecchi Editoria e Comunicazione s.r.l. ed il chiamato in causa Roberto B.;11) ordina alle società convenute, a loro cura e spese ed in solido fra loro, la pubblicazione della sentenza per estratto, sui quotidiani, con le modalità e limitatamente alle parti secondo quanto precisato in motivazione.
Cosi deciso in Bologna il 14 giugno 2001 dal sito web http://www.altalex.com/index.php?idnot=1167

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