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ALTALEX NEWS


martedì 12 maggio 2009

Deposizione del teste “qualificato” e causa di non punibilità ex art. 384 c.p..

Deposizione del teste “qualificato” e causa di non punibilità ex art. 384 c.p..
Cassazione penale , sez. VI, sentenza 04.03.2009 n° 9866
articolo completo in http://www.altalex.com/index.php?idnot=45470 di cui qui si riproduce un estratto
...Il giudice ha l’obbligo di avvertire il professionista della facoltà di astenersi dal deporre sui fatti conosciuti in ragione della professione? ...La Sesta Sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto di condividere l’orientamento secondo cui il giudice non ha alcun obbligo di avvisare il teste “qualificato” circa la facoltà di astenersi: la Corte ha fatto propria la suesposta argomentazione secondo cui l’attuale codice di rito penale (art. 199 c.p.p.) dispone solo in relazione ai prossimi congiunti dell’imputato l’obbligo del giudice di avvisare gli stessi della facoltà di astenersi dal deporre pena la nullità della testimonianza. Nessun richiamo né diretto né indiretto a tale disposizione sarebbe operato dall’art. 200 c.p.p. (richiamato in sede civile dall’art. 249 c.p.c.) di tal che, secondo la Corte, stante il principio di tassatività delle nullità, nessuna sanzione potrebbe essere prevista laddove il giudice omettesse di avvisare o, meglio, di ricordare (l’avviso infatti non è obbligatorio) al teste qualificato la sua facoltà di astenersi. Del resto – osserva la Corte – il diverso trattamento riservato ai soggetti di cui agli artt. 199 e 200 c.p.p. è la conseguenza della diversa situazione in cui gli stessi versano: ed, invero, mentre “i prossimi congiunti possono legittimamente ignorare l’esistenza della facoltà di astensione e trovarsi così in conflitto con i sentimenti di solidarietà familiare che potrebbero indurli a dichiarazioni menzognere, i professionisti elencati nell’art. 200, sono, invece, caratterizzati da competenza tecnica professionale, che implica la conoscenza dei doveri deontologici connessi all’abilitazione e all’esercizio della professione” per cui è rimessa alla loro esclusiva iniziativa, da comunicare al giudice, la scelta se deporre o meno e il connesso obbligo di verità in caso di deposizione.
La disciplina sostanziale sarebbe poi perfettamente coerente, secondo la Corte, con le disposizioni processuali poiché escluderebbe la punibilità per il soggetto che sia stato obbligato dal giudice a deporre e per il prossimo congiunto che non sia stato avvertito della facoltà di astenersi.
Alla luce di tale quadro normativo l’estensione al teste qualificato dell’avvertimento, ad opera del giudice, circa la facoltà di astenersi (previsto per i soli prossimi congiunti) implicherebbe un allargamento dei casi di non punibilità ex art. 384 c.p.: tale allargamento sarebbe indebito perché, come noto, le cause di non punibilità, a differenza delle cause di giustificazione, non rispondono a principi generali dell’ordinamento, ma a valutazioni di opportunità la cui individuazione è prerogativa esclusiva del legislatore.
Di qui la conclusione che:
a) l’obbligo di avvisare i testi della facoltà di astenersi, previsto dall’art. 199, comma secondo, c.p.p., non è applicabile ai soggetti elencati nell’art. 200 dello stesso codice, per effetto del quale essi non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria;
b) l’esimente di cui all’art. 384, comma secondo, c.p., nella parte in cui prevede l’esclusione della punibilità se il fatto è commesso da chi avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni o testimonianza, non si applica ai soggetti indicati nell’art. 200 c.p.p., ai quali l'esimente è invece applicabile nel caso in cui essi siano stati obbligati a deporre o comunque a rispondere su quanto hanno conosciuto per ragione del loro ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria.

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