L'accertamento medico può configurare un legittimo impedimento?
La necessità di sottoporsi ad un accertamento medico, certificato come indifferibile a causa delle esigenze organizzative della struttura sanitaria presso cui deve essere eseguito e non in ragione delle specifiche ed impellenti condizioni di salute dell'imputato, non costituisce legittimo ed assoluto impedimento di quest'ultimo a partecipare al processo.
Cassazione penale, Sez. VI, Sentenza 30/12/2010, n. 45659
La Cassazione torna a pronunciarsi sul delicato tema del “legittimo impedimento” a comparire dell’imputato; lo fa con una decisione, particolarmente interessante, che affronta per la prima volta la questione se un accertamento medico, indifferibile per la struttura sanitaria e non per la salute dell’imputato, possa integrare quella situazione di legittimo impedimento a comparire, così giustificando il rinvio del processo.Nel risolvere negativamente la questione, la Corte fornisce alcune utili indicazioni sul punto.Il fattoLa vicenda processuale vedeva coinvolti alcuni imputati, imprenditori e funzionari pubblici, cui erano contestati numerosi episodi di turbativa d’asta, associazione per delinquere e reati contro la pubblica amministrazione; all’esito dell’attività di indagine, alcuni degli imputati avevano preferito scegliere di essere giudicati con il rito abbreviato;condannati per la maggiori parte degli episodi loro contestati, sia in primo grado che, successivamente, in appello, proponevano ricorso per cassazione.Per quanto qui di interesse, uno degli imputati eccepiva la nullità della sentenza d’appello in quanto svoltosi nonostante il legittimo ed assoluto impedimento a comparire, documentato con certificazione medica attestante l’indifferibilità e l’urgenza di un accertamento diagnostico cui l’imputato avrebbe dovuto essere sottoposto, aggiungendo che la presentazione di tale certificazione, unitamente alla richiesta di rinvio del difensore, costituiva senza dubbio “manifestazione della volontà di comparire” all’udienza.Il giudizio di legittimitàLa Suprema Corte, nel rigettare l’eccezione difensiva, svolge alcune interessanti considerazioni sulla disciplina del legittimo impedimento per ragioni di salute dell’imputato, richiamando per la soluzione della questione la propria precedente giurisprudenza, ritagliandone l’ambito applicativo al caso in esame.Sul punto, è opportuno svolgere alcune considerazioni sul corretto inquadramento normativo. La disciplina di riferimento è rappresentata, in particolare, dall’art. 420-ter che, sotto la rubrica «Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore», prevede che l’obbligo del giudice di rinviare, anche d’ufficio, il processo ad altra udienza, dandone avviso all’imputato quando questi, anche se detenuto, non si presenta all'udienza e risulta che la sua assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento; in tal modo il giudice provvede anche quando appaia solo “probabile” che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Se tale situazione si manifesta alle udienze successive, valgono le medesime regole.In relazione al caso affrontato dalla Corte, trattandosi di giudizio d’appello, trova applicazione la medesima disciplina, come in generale previsto dall’art. 598 c.p.p. che espressamente prevede che “In grado di appello si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni relative al giudizio di primo grado, salvo quanto previsto dagli articoli seguenti”; l’obbligo del giudice di differire ad altra udienza il processo, peraltro, è ribadito dal vigente codice di rito anche nel caso in cui il processo si svolga in camera di consiglio, posto che l’art. 599, comma 2 prevede espressamente che “L'udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell'imputato che ha manifestato la volontà di comparire”.Con riferimento alla sussistenza di un legittimo impedimento derivante dallo stato di salute dell’imputato, la posizione della giurisprudenza di legittimità, dopo alterne ed oscillanti prese di posizione della Cassazione, ha ricevuto un definitivo assetto con l’arresto delle Sezioni Unite penali del 2005 che, sul tema, ebbero modo di affermare che il giudice, nel disattendere un certificato medico ai fini della dichiarazione di contumacia, deve attenersi alla natura dell'infermità e valutarne il carattere impeditivo, potendo pervenire ad un giudizio negativo circa l'assoluta impossibilità a comparire solo disattendendo, con adeguata valutazione del referto, la rilevanza della patologia da cui si afferma colpito l'imputato (Cass. pen., Sez. Un., n. 36635 dell’11/10/2005, G., in Ced Cass. 231810).Il giudice di legittimità ha, poi, ulteriormente specificato l’ambito applicativo della disciplina, ad esempio affermando la legittimità del diniego del rinvio chiesto sulla base di un certificato medico nel quale non sia stata indicata la prevedibile durata della malattia, ciò in quanto l'onere di provare l'impedimento grava interamente sull'imputato, il quale non può invocare la normativa sulla "privacy" che prevede la redazione del certificato medico senza indicazione della patologia e dei tempi di degenza connessi, posto che tale normativa è a tutela della riservatezza del privato e non può pertanto essere invocata da chi abbia interesse a provare la natura della malattia atta ad integrare il legittimo impedimento (Cass. pen., Sez. V, n. 43373 del 30/11/2005, F., in Ced Cass. 233079); allo stesso modo, invece, è stato escluso che lo “stato d'ansia” integri una causa di legittimo impedimento in quanto non comporta una patologia (Cass. pen., Sez. I, n. 36221 del 3/10/2007, D.L., in Ced Cass. 237678).Analogamente, è stato escluso in un caso in cui il rinvio era stato chiesto per impedimento a comparire, con allegato certificato medico attestante "scompenso glicometabolico" (Cass. pen., Sez. V, n. 5540 del 5/02/2008, S., in Ced Cass. 239100), od, ancora, in un caso in cui il certificato medico si limitava ad attestare l'infermità (nella specie, faringo tracheite) con esiti febbrili e la prognosi, senza indicare il grado della febbre (Cass. pen., Sez. VI, n. 20811 del 3/06/2010, S., in Ced Cass. 247348).In senso opposto, invece, si pongono quelle decisioni, tra le più recenti, che hanno invece riconosciuto la sussistenza del legittimo impedimento per ragioni di salute, ad esempio, nel caso di necessità, attestata da certificazione medica, di "riposo domiciliare" (Cass. pen., Sez. II, n. 17281 del 18/05/2006, B. e altri, in Ced Cass. 234753), ovvero in presenza di una sindrome algica lombo-sacrale acuta irradiata ad entrambi gli arti inferiori e trattata con oppioidi forti (Cass. pen., Sez. VI, n. 43885 del 25/11/2008, L., in Ced Cass. 241913).Venendo alla soluzione fornita dalla Corte nel caso in esame, i giudici di Piazza Cavour - pur riconoscendo la fondatezza del rilievo difensivo secondo cui, ove sia presentata una certificazione che si assume documentare un legittimo ed assoluto impedimento a comparire dell’imputato, è sufficiente che la richiesta di rinvio venga proposta dal difensore (conforme, ex multis: Cass. pen., Sez. VI, n. 2811 del 25/01/2007, R., in Ced Cass. 235340) – hanno tuttavia ritenuto corretta la decisione del giudice d’appello di respingere la richiesta di rinvio in quanto, a ben vedere, la certificazione medica dava conto di un’indifferibilità dell’accertamento diagnostico motivata da ragioni organizzative della struttura sanitaria e non da esigenze sanitarie relative specificamente all’imputato. In altri termini, secondo la Cassazione, se nel certificato fosse stato scritto che l’esame diagnostico doveva essere svolto nella data indicata perché, in relazione agli accertamenti precedenti e successivi o alle terapie in atto, solamente in quel momento temporale esso avrebbe avuto significatività e utilità medica, l’impedimento sarebbe stato assoluto e legittimo, attenendo in tal caso l’indifferibilità ad esigenze personali, specifiche impellenti della salute della persona imputato; diversamente, se si desse rilievo ad esigenze organizzative interne della struttura sanitaria, si finirebbe per affermare un principio generale “pericoloso”, ossia che dette esigenze prevalgono su quelle di giustizia, sicchè dovrebbero essere differiti tutti i processi in cui l’indifferibilità dell’accertamento sanitario dipenda dalle esigenze organizzative della struttura e non da esigenze riferibili immediatamente alla tutela della salute dell’individuo – imputato.Il principio affermato non può che essere condiviso, inserendosi appieno in quel filone argomentativo che esclude la sussistenza di un legittimo impedimento in caso di volontario ricovero in ospedale dell’imputato per l'esecuzione di accertamenti clinici routinari (anche se delicati) dei quali non sia dimostrata l'indifferibilità (Cass. pen., Sez. II, n. 22186 del 6/06/2007, A., in Ced Cass. 236686), essendo quest’ultima ricollegabile alla persona dell’imputato e non alla valutazione della struttura sanitaria.
Alessio Scarcella Tratto da Quotidiano Giuridico Ipsoa 2011
estratto da: http://www.praticantidiritto.it/news_dett.aspx?nwid=1964
Alessio Scarcella Tratto da Quotidiano Giuridico Ipsoa 2011
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