Responsabilità amministrativa dell'ente per omicidio colposo del lavoratore commesso con violazione della normativa antinfortunistica Nota a Trib. Novara, 1.10.2010, G.u.p. Pezone[Marta Pelazza]Il fatto oggetto della sentenza annotata concerne la morte di un giovane lavoratore, operaio presso il Centro Interportuale Merci di Novara, terminal ferroviario per il carico-scarico merci. La vittima era addetta al controllo del carico dei treni, come dipendente di una cooperativa (W) che svolgeva tale servizio per conto di una società (X) avente la gestione del terminal, in subconcessione da (Y), ossia Trenitalia S.p.A. Nel centro lavoravano, con mansioni strettamente interconnesse tra loro, dipendenti di tutti gli enti sopracitati. La vittima veniva investita, mentre attraversava i binari in corrispondenza di un passaggio pedonale, da un locomotore manovrato da personale Trenitalia, e decedeva sul colpo. Con la sentenza in commento il Tribunale di Novara condanna sette dei dieci imputati (dirigenti e dipendenti degli enti sopracitati), e dichiara la responsabilità amministrativa delle società X e W, per la dimostrata “chiara colpa organizzativa e gestionale, soprattutto quanto alla omessa cooperazione e coordinamento tra di esse, nonostante l'evidenza dei rischi connessi alla circolazione dei treni nel teminal”. La responsabilità viene invece esclusa nei confronti di Trenitalia “perché l'illecito amministrativo non sussiste”. Le sanzioni amministrative pecuniarie applicate nei confronti di X s.r.l. e della cooperativa W ammontano rispettivamente a 120.000 e 140.000 €; viene riconosciuta alla società X la riduzione della sanzione pecuniaria per aver adottato, successivamente al fatto, un idoneo modello organizzativo (art. 12 comma 1, lettera b) d.lgs. 231/2001). La pronuncia riveste particolare interesse poiché prende posizione sul dibattuto tema della compatibilità con i reati colposi del criterio oggettivo di attribuzione della responsabilità da reato degli enti ex art. 5 d.lgs. 231/2001 (“l'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio”). La questione ha importanti conseguenze pratiche, poiché da essa dipende la possibilità di un effettivo utilizzo dello strumento della responsabilità amministrativa degli enti per contrastare la diffusione di prassi imprenditoriali contrarie alla normativa antinfortunistica; prassi che frequentemente determinano morte ed infortuni dei lavoratori nei settori più disparati. Il problema, con particolare riferimento ai reati colposi di cui all'art. 25 septies del d.lgs. 231/2001 (omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro), risulta essere stato affrontato in giurisprudenza, prima della pronuncia in commento, solamente dal Tribunale di Trani (sez. dist. di Molfetta) nella sentenza dell'11.1.2010, in relazione al tragico caso “Truck Center s.a.s.” (in Corr. merito 2010, 410, con annotazione di Gatta; nonché ivi, 651 s., con nota di Pelazza, e in Società, 2010, 1116 s., con nota di Scoletta) e, recentemente, da una sentenza del Tribunale di Pinerolo (Trib. Pinerolo, 23.09.2010, in www.rivista231.it). Il Tribunale di Trani, in particolare, si era allora espresso considerando compatibile il criterio dell'interesse o vantaggio con il reato di omicidio colposo commesso con violazione della normativa antinfortunistica, ritenendo che la sussistenza dell'interesse o vantaggio dell'ente si debba accertare in relazione alla condotta colposa, e non all'evento verificatosi, argomentando essenzialmente sulla base del c.d. “principio di conservazione”, secondo il quale, ove possibile, ogni disposizione normativa deve essere interpretata nel senso in cui abbia una possibilità applicativa piuttosto che in quello in cui non ne abbia alcuna. La presente pronuncia riprende tale impostazione, giungendo ad analoghe conclusioni. Il Gup di Novara, infatti, osserva che “l'interesse o vantaggio può essere correlato anche [ai] reati colposi [d'evento], rapportando i due criteri non all'evento delittuoso, bensì alla condotta violativa di regole cautelari che ha reso possibile la consumazione del delitto”. L'evento, aggiunge il giudice, deve essere ascritto all'ente “per il fatto stesso di derivare dalla violazione di regole cautelari”. Il ragionamento seguito in motivazione prende avvio dall'osservazione per cui “non c'è dubbio che solo la violazione delle regole cautelari poste a tutela della salute del lavoratore può essere commessa nell'interesse o a vantaggio dell'ente” – allo scopo di ottenere un risparmio dei costi di gestione – e che l'evento lesivo “in sé considerato [è] semmai controproducente per l'ente”. Da ciò il giudice trae la conclusione per cui “il collegamento finalistico che fonda la responsabilità dell'ente [...] non deve necessariamente coinvolgere anche l'evento, quale elemento costitutivo del reato, giacchè l'essenza del reato colposo è proprio il risultato non voluto”. Ulteriormente precisando, si afferma che i criteri di interesse o vantaggio debbano essere riferiti “non già al reato (e quindi all'evento di morte o lesione della vittima), bensì alle condotte costitutive di esso”. Questa affermazione, a rigore, sembra viziata da una terminologia imprecisa: se davvero si intendesse la condotta come qualcosa di altro rispetto al concetto di reato, come traspare dall'affermazione qui riportata, si proporrebbe un'interpretazione contra legem, dal momento che l'art. 5 del d.lgs. 231 richiede espressamente che il reato, e non un suo mero elemento costitutivo, sia compiuto nell'interesse dell'ente. Il ragionamento che porta a concludere per l'applicabilità ai reati colposi d'evento del criterio ex art. 5 d.lgs. 231 sembra piuttosto trovare sostanziale fondamento, come nella citata sentenza del Tribunale di Trani, nel “principio di conservazione”; ossia nell'osservazione per cui, se si riferisse l'interesse o il vantaggio solamente all'evento lesivo, la disposizione legislativa di cui all'art. 25 septies sarebbe priva di ogni applicazione pratica, dato che l'evento in sé considerato è “semmai controproducente” per l'ente, e data la strutturale non volontarietà dell'evento nei reati colposi. Il giudice, inoltre, osserva che “il finalismo della condotta può armonizzarsi con la non volontarietà dell'evento” perché nel concetto di colpa “rientra anche il caso della previsione dell'evento, ancorchè escluso e non voluto”. Tale osservazione appare tuttavia superflua ed, in parte, fuorviante: infatti, una volta chiarito che il criterio dell'interesse deve essere accertato in relazione alla condotta e non all'evento, appare indifferente – ai fini dell'applicabilità del criterio – che il verificarsi dell'evento sia stato o meno previsto dall'agente. Nei reati colposi l'evento lesivo, seppur previsto, non è infatti, appunto, mai voluto, né può dunque – nonostante la previsione – essere perseguito nell'interesse o a vantaggio di alcuno. La condotta può invece essere sempre finalisticamente volta al raggiungimento di un obiettivo: indipendentemente dalla previsione o meno dell'evento da parte del soggetto agente. Questo accenno alla categoria della “colpa cosciente” si può spiegare, in parte, con la scelta del giudicante di intendere il concetto di interesse in senso soggettivo, come “atteggiamento psicologico” dell'agente, prendendo così le distanze dalla pronuncia del Tribunale di Trani sopra citata e da una parte della dottrina, secondo cui solo intendendo l'interesse in senso oggettivo si potrebbe applicare il criterio di imputazione ex art. 5 d.lgs. 231 ai reati colposi di evento, a causa della mancanza in essi di connotazione finalistica. L'interpretazione del criterio in senso soggettivo si avvicina invece alla giurisprudenza di legittimità, sostenuta da altra parte della dottrina. Per quanto riguarda l'accertamento, in concreto, del compimento della condotta colposa nell'interesse o a vantaggio dell'ente, il giudice ritiene necessario verificare che questa non sia stata indotta da “esclusive finalità estranee alla società”, ma che anzi sia stata determinata “da scelte afferenti alla sfera di interessi dell'ente”, ovvero “ispirate a strategie finalizzate ad ottenere benefici e vantaggi – anche solo mediati – per l'ente medesimo”. Il “vantaggio” è dal giudice considerato “criterio naturalmente più idoneo – in caso di reati colposi – a fungere da indice di collegamento tra ente e illecito”, ai fini dell'accertamento della responsabilità amministrativa da reato. In concreto, per accertare la sussistenza di tale indice in relazione ai reati in oggetto, è necessario che la condotta dell'agente sia espressione di una politica d'impresa volta alla “svalutazione della gestione in materia di sicurezza”; il soggetto deve agire per conto dell'ente attraverso “sistematiche violazioni di norme cautelari”, con conseguente ottimizzazione dei profitti ed abbattimento di costi e spese per l'adozione ed attuazione dei presidi antinfortunistici. Il giudice sottolinea dunque la necessità di operare un accertamento caso per caso, evitando di ravvisare l'interesse o vantaggio in re ipsa, ossia nel mero avvenimento del fatto lesivo nello svolgimento di un'attività di impresa. Nel caso di specie, il reato commesso dai datori di lavoro di X e W “trova fondamento induttivo nell'interesse o vantaggio di quest'ultime che, non adottando le indispensabili iniziative volte a prevenire il rischio di investimento ferroviario, riducevano ed evitavano i costi degli interventi strumentali necessari [...], velocizzavano i tempi e ritmi del ciclo produttivo, evitavano i disagi organizzativi e l'utilizzo del tempo per lo svolgimento dell'attività di coordinamento e cooperazione, riducevano i costi per la formazione e l'informazione del personale”. Che si trattasse di “intenzionale e meditata elusione della questione organizzativa e prevenzionale, deliberatamente sacrificata in favore di un sistema imprenditoriale che fosse il più economico ed attento ai risultati in termini di profitto”, emerge chiaramente dalla “perfetta consapevolezza del problema (rischi per l'incolumità dei lavoratori dovuti al transito imprevisto di treni), ripetutamente denunciato e comprensibile sul piano delle prevedibili implicazioni”. Nei confronti di Trenitalia la sentenza invece esclude che vi possa essere “un qualsivoglia ragionevole interesse o vantaggio” emergente dalla condotta colposa dei dirigenti e dipendenti condannati. L'argomentazione, che a dire il vero sul punto non risulta del tutto chiara, si fonda sulle “note dimensioni e capacità organizzative di tale ente”, che renderebbero “del tutto ingiustificabile [sic] che vi potesse essere una “politica aziendale” da perseguire attraverso la conservazione del sistema in essere nel terminal, ovvero attraverso l'omessa attività di ulteriore formazione del proprio personale”. All'assorbente argomento dell’assenza di interesse o vantaggio nei confronti della società vengono affiancate, ad abundantiam, considerazioni circa la suddivisione di responsabilità tra gli enti operanti nel terminal, e riguardanti l'adeguatezza delle disposizioni e procedure di sicurezza date da Trenitalia al proprio personale. Anche se i rischi riguardavano la circolazione dei treni condotti da personale Trenitalia, a parere del giudice “non c'è dubbio che essendo la gestione del terminal spettante a X s.r.l., così come il personale operante in loco appartenente alla W, il problema del coordinamento e predisposizione di adeguati ed efficienti presidi prevenzionali spettava, particolarmente, a tali società”. Ciò anche perché “i criteri di circolazione dei treni erano già stati adottati e indicati – con mirata formazione – ai dipendenti” da parte di Trenitalia. *** Per approfondimenti sul tema oggetto della sentenza annotata possono vedersi: Aldrovandi, La responsabilità amministrativa degli enti per i reati in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro alla luce del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, in Ind. pen., 2, 2009, 495 ss., spec.501 ss.; Bricchetti e Pistorelli, Responsabili anche gli enti coinvolti, in Guida dir., n. 35, 40 ss.; Cardia, La disciplina della sicurezza nel luogo di lavoro nella prospettiva del d.lgs. 231/2001, in Resp. amm. soc. enti, 2008, 2, 120; D'Arcangelo, La responsabilità da reato degli enti per gli infortuni sul lavoro, in Resp. amm. soc. enti, 2008, 2, 57 ss., spec. 84; De Santis, Il regime della responsabilità penale in materia di sicurezza del lavoro dopo il “correttivo” (d.lgs. 106/2009) al T.U.S. (d.lgs. 81/2008), in Resp. amm. soc. enti, 2010, 2, 125 ss., spec. 130; De Santis, Profili penalistici del regime normativo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro introdotto dal D.Lgs. n. 81/2008, in Resp. civ. e prev., 2008, 1660; Di Giovine, Sicurezza sul lavoro, malattie professionali e responsabilità degli enti, in Cass. pen., 2009, 1325 ss., spec. 1337; Dovere, La responsabilità da reato dell'ente collettivo e la sicurezza sul lavoro: un'innovazione a rischio di ineffettività, in Resp. amm. soc. enti, 2008, 2, 97; Epidendio e Piffer, Criteri d’imputazione del reato all’ente: nuove prospettive interpretative, in Resp. amm. soc. enti, 2008, 3, 7; Gatta, Osservatorio, Corr. mer. 4, 2010, 410; Ielo, Lesioni gravi, omicidi colposi aggravati dalla violazione della normativa antinfortunistica e responsabilità degli enti, in Resp. amm. soc. enti, 2008, 2, 57 ss., spec. 58 ss.; Mancini, L'introduzione dell'art. 25-septies: criticità e prospettive, in Resp. amm. soc. enti, 2008, 2, 51 ss.; Pelazza, Sicurezza sul lavoro e responsabilità da reato degli enti, in Corr. mer., 2010, 6, 651 ss.; Pellissero, La responsabilità degli enti da reato, otto anni dopo - La progressiva espansione dei reati-presupposto, in Giur. it., 2009, 7; Pisani, Commento al d.lgs. 81/2008, in Dir. pen. e proc., 2008, 827 ss.; Santoriello, Violazioni delle norme antinfortunistiche e reati commessi nell'interesse o a vantaggio della società, in Resp. amm. soc. enti, 2008, 1, 161 ss.; Scoletta, Responsabilità ex crimine dell'ente e delitti colposi d'evento: la prima sentenza di condanna, in Società, 2010, 9, 1116; Vitali e Burdese, La legge 3 agosto 2007, n. 123: prime riflessioni in tema di responsabilità degli enti, in Resp. amm. soc. enti, 2007, 4, 125; Vitarelli, Infortuni sul lavoro e responsabilità degli enti: un difficile equilibrio normativo, RIDPP, 2009, 695.
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