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28/12/2010 -
Accetta il contratto "co.co.co.": non può rivendicare il vincolo di subordinazione
http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/lavoro/news/articolo/lstp/381586/
Primo, conta la volontà delle parti. Quello di lavoro, in fin dei conti, non è diverso dagli altri contratti: per stabilirne il vero contenuto bisogna partire delle intenzioni di chi l’ha sottoscritto. Se allora il ricercatore ammette davanti al giudice di aver accettato la formula “co.co.co.” per poter operare «in modo autonomo», non ha speranze che gli sia riconosciuto il vincolo di subordinazione rivendicato dopo la tumultuosa fine del rapporto con il datore. È quanto emerge dalla sentenza 22440/10, emessa dalla sezione lavoro della Cassazione.
Il caso
Per il ricercatore che insiste per il riconoscimento del rapporto di lavoro dipendente è inutile evidenziare di aver utilizzato l’attrezzatura in dotazione al datore: si tratta di una circostanza che risulta compatibile con la collaborazione tecnica richiesta dal contratto sottoscritto; altrettanto inconferente per lo studioso è sottolineare di avere avuto nella sua disponibilità, oltre all’auto aziendale, un indirizzo di posta elettronica e un badge aziendale identico a quello in dotazione a tutti i dipendenti del datore. Fra l’altro, per le prestazioni di elevato contenuto intellettuale, così come per quelle molto elementari, la soggezione al potere direttivo del datore può non risultare un criterio adeguato per verificare la natura subordinata (o meno) del rapporto: entra allora in campo una serie di indizi da valutare insieme come orari, continuità, retribuzione e rischio. Non è vero, tuttavia, che nella specie il giudice del merito violi la disposizione contenuta nell’articolo 2094 Cc perché si fermerebbe al nomen iuris scelto dalle parti per il contratto, vale a dire la collaborazione continuata e continuativa. La Corte d’appello, invece, verifica la mancanza di un presupposto necessario al riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato: l’assoggettamento del prestatore d’opera al potere gerarchico e di vigilanza da parte del datore. Oltre all’autogol del ricercatore in sede di libero interrogatorio davanti al giudice di primo grado (quando ammette di aver firmato il contratto “co.co.co” per avere libertà di azione), due testimoni confermano che la volontà delle parti fosse quella di costituire un rapporto di natura autonoma. Né vale a confermare il vincolo di subordinazione l’attività di verifica svolta dal datore, che si limitava, in base all’articolo 2224 Cc, a controllare che le prestazioni del ricercatore fossero conformi a quanto pattuito.
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