Colf straniera in casa? Se non è "alla pari" è lavoro subordinato
dal sito web http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/lavoro/news/articolo/lstp/381156/
La collaboratrice familiare straniera compensata con vitto, alloggio e pochi euro ha a pieno titolo diritto a vedersi riconosciuto il rapporto di lavoro subordinato. Lo riconosce la Cassazione (sezione Lavoro).
La Suprema Corte ha accolto il ricorso di una domestica straniera che chiedeva il riconoscimento del lavoro subordinato (e della relativa retribuzione per oltre 78 milioni di lire) per le faccende domestiche sbrigate a casa di una coppia della capitale.
La Corte d'appello di Roma, nel 2006, le aveva dato torto perchè, a detta dei giudici, la colf - la cui retribuzione era stata portata dalle iniziali 400 euro mensili a 700 euro, oltre al vitto e all’alloggio a partire dal gennaio 1997 - era stata aiutata dalla coppia «a fini umanitari» e aveva ricevuto vitto e alloggio in cambio di un «aiuto alla stregua degli altri componenti il nucleo familiare». Contro questa decisione, la difesa della cittadina straniera ha fatto ricorso in Cassazione.
Piazza Cavour ha accolto la tesi difensiva e, rinviando il caso alla Corte d’appello di Roma, ha sottolineato che, se non c'è un «rapporto alla pari» (escluso nel caso in questione) «lo scambio di prestazioni di lavoro domestico rese da una straniera estranea alla famiglia, contro vitto, alloggio e retribuzione pecuniaria sia pure modesta, dà luogo a rapporto di lavoro subordinato».
La Suprema Corte ha accolto il ricorso di una domestica straniera che chiedeva il riconoscimento del lavoro subordinato (e della relativa retribuzione per oltre 78 milioni di lire) per le faccende domestiche sbrigate a casa di una coppia della capitale.
La Corte d'appello di Roma, nel 2006, le aveva dato torto perchè, a detta dei giudici, la colf - la cui retribuzione era stata portata dalle iniziali 400 euro mensili a 700 euro, oltre al vitto e all’alloggio a partire dal gennaio 1997 - era stata aiutata dalla coppia «a fini umanitari» e aveva ricevuto vitto e alloggio in cambio di un «aiuto alla stregua degli altri componenti il nucleo familiare». Contro questa decisione, la difesa della cittadina straniera ha fatto ricorso in Cassazione.
Piazza Cavour ha accolto la tesi difensiva e, rinviando il caso alla Corte d’appello di Roma, ha sottolineato che, se non c'è un «rapporto alla pari» (escluso nel caso in questione) «lo scambio di prestazioni di lavoro domestico rese da una straniera estranea alla famiglia, contro vitto, alloggio e retribuzione pecuniaria sia pure modesta, dà luogo a rapporto di lavoro subordinato».
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