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INDICE BIBLIOTECA
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IL CODICE IN VERSIONE PDF
CODICE DI DIRITTO CANONICO
IL CODICE IN VERSIONE PDF
LIBRO I - NORME GENERALITITOLO I - TITOLO II - TITOLO III
Titolo I
Le leggi ecclesiastiche
Titolo II
La consuetudine
Titolo III
Decreti generali e istruzioni
LIBRO I - NORME GENERALITITOLO IV - GLI ATTI AMMINISTRATIVI
Capitolo I
Norme Comuni
Capitolo II
I decreti e i precetti singolari
Capitolo III
I prescritti
LIBRO I - NORME GENERALITITOLO V - GLI STATUTI E GLI ORDINAMENTI
Titolo V
Gli statuti e gli ordinamenti
LIBRO I - NORME GENERALITITOLO VI - LE PERSONE FISICHE E GIURIDICHE
Capitolo I
La condizione Canonica delle persone fisiche
Capitolo II
Le persone giuridiche
LIBRO I - NORME GENERALITITOLO VII - GLI ATTI GIURIDICI
Titolo VII
Gli atti giuridici
LIBRO I - NORME GENERALITITOLO VIII - LA PODESTA' DI GOVERNO
Titolo VIII
La podestà di Governo
LIBRO I - NORME GENERALITITOLO IX - GLI UFFICI ECCLESIASTICI
Capitolo I
Provvisione dell'Ufficio Ecclesiastico
Art. 1 - Il libero conferimento
Art. 2 - La presentazione
Art. 3 - L'elezione
Art. 4 - La postulazione
Capitolo II
Perdita dell'Ufficio Ecclesiastico
Art. 1 - La rinuncia
Art. 2 - Il trasferimento
Art. 3 - La rimozione
Art. 4 - L privazione
LIBRO I - NORME GENERALITITOLO X - LA PRESCRIZIONE
Titolo X
La prescrizione
LIBRO I - NORME GENERALITITOLO XI - IL COMPUTO DEL TEMPO
Titolo XI
Il computo del tempo
LIBRO II - IL POPOLO DI DIO - PARTE PRIMA - I FEDELITITOLO I - TITOLO II
Titolo I
Obblighi e diritti di tutti i fedeli
Titolo II
Obblighi e diritti di tutti i laici
LIBRO II - IL POPOLO DI DIO - PARTE PRIMA - I FEDELITITOLO III - I MINISTRI SACRI O CHIERICI
Capitolo I
La formazione dei chierici
Capitolo II
L'ascrizione dei chierici o incardinazione
Capitolo III
Obblighi e diritti dei chierici
Capitolo IV
La perdita dello stato clericale
LIBRO II - IL POPOLO DI DIO - PARTE PRIMA - I FEDELITITOLO IV - LE PRELATURE PERSONALI
Titolo IV
Le prelature personali
LIBRO II - IL POPOLO DI DIO - PARTE PRIMA - I FEDELITITOLO V - LE ASSOCIAZIONE DEI FEDELI
Capitolo I
Norme comuni
Capitolo II
Associazioni pubbliche di fedeli
Capitolo III
Associazioni private di fedeli
Capitolo IV
Norme speciali per le associazioni dei laici
LIBRO II - IL POPOLO DI DIO - PARTE II - LA COSTITUZIONE GERARCHICA DELLA CHIESASEZIONE I - LA SUPREMA AUTORITA' DELLA CHIESA
Capitolo I
Il Romano Pontefice e il Collegio dei Vescovi
Art. 1 - Il Romano Pontefice
Art. 2 - Il Collegio dei Vescovi
Capitolo II
Il Sinodo dei Vescovi
Capitolo III
I Cardinali di Santa Romana Chiesa
Capitolo IV
La Curia Romana
Capitolo V
I Legati del Romano Pontefice
LIBRO II - IL POPOLO DI DIO - PARTE II - LA COSTITUZIONE GERARCHICA DELLA CHIESA - SEZIONE II - LE CHIESE PARTICOLARI E I LORO RAGGRUPPAMENTI - TITOLO I - LE CHIESE PARTICOLARI E L'AUTORITÀ' IN ESSE COSTITUITA
Capitolo I
Le Chiese particolari
Capitolo II
I Vescovi
Art. 1 - I Vescovi in genere
Art. 2 - I Vescovi diocesani
Art. 3 - I Vescovi coadiutori diocesani
Capitolo III
Sede impedita e sede vacante
Art. 1 - La sede impedita
Art. 2 - La sede vacante
LIBRO II - IL POPOLO DI DIO - PARTE II - LA COSTITUZIONE GERARCHICA DELLA CHIESA - SEZIONE II - LE CHIESE PARTICOLARI E I LORO RAGGRUPPAMENTI - TITOLO II - I RAGGRUPPAMENTI DI CHIESE PARTICOLARI
Capitolo I
Province ecclesiastiche e regioni ecclesiastiche
Capitolo II
I Metropoliti
Capitolo III
I Concili particolari
Capitolo IV
Le Conferenze Episcopali
LIBRO II - IL POPOLO DI DIO - PARTE II LA COSTITUZIONE GERARCHICA DELLA CHIESA - SEZIONE II - LE CHIESE PARTICOLARI E I LORO RAGGRUPPAMENTI - TITOLO III - STRUTTURA INTERNA DELLE CHIESE PARTICOLARI
Capitolo I
Sinodo Diocesano
Capitolo II
La Curia Diocesana
Art. 1 - I Vicari generale ed Episcopali
Art. 2 - Il Cancellieri, gli altri notai e gli archivi
Art. 3 - Il consiglio per gli affari economici e l'economo
Capitolo III
Il consiglio presbiterale e il collegio dei consultori
Capitolo IV
I Capitoli dei Canonici
Capitolo V
Il consiglio patorale
Capitolo VI
Le parrocchie, i parroci e i vicari parrocchiali
Capitolo VI
I vicari foranei
Capitolo VII
I Rettori delle Chiese e i Cappellani
Art. 1 - I Rettori delle Chiese
Art. 2 - I Cappellani
LIBRO II - IL POPOLO DI DIO - PARTE III - GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETA' DI VITA APOSTOLICA - SEZIONE I - GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA - TITOLO I - NORME COMUNE A TUTTI GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA
Titolo I
Norme comune a tutti gli istituti di vita consacrata
LIBRO II - IL POPOLO DI DIO - PARTEII - GLI SITITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETA' DI VITA APOSTOLICA - SEZIONE I - GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA - TITOLO II - GLI ISTITUTI RELIGIOSI
Titolo II
Gli Istituti Religiosi
Capitolo I
Case Religiose erezione e soppressione
Capitolo II
Il Governo degli Istituti
Art. 1- Superiori e consiglieri
Art. 2 - I Capitoli
Art. 3 - I beni temporali e la loro amministrazione
Capitolo III
Ammissione dei canditati e formazione dei membri
Art. 1 - Ammissione al noviziato
Art. 2 - Il noviziato e la formazione dei novizi
Art. 3 - La professione religiosa
Art. 4 - La formazione dei religiosi
Capitolo IV
Obblighi e diritti degli Istituti e dei loro membri
Capitolo V
L'apostolato degli Istituti
Capitolo VI
Separazione dei membri dall'Istituto
Art. 1 - Passaggio ad altro Istituto
Art. 2 - Uscita dall'Istituto
Art. 3 - Dimissione dei Religiosi
Capitolo VII
I Religiosi elevati all'Episcoapato
Capitolo VIII
Le conferenze dei superiori maggiori
LIBRO II - IL POPOLO DI DIO - PARTE III - GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETA' DI VITA APOSTOLICCA - SEZIONE I - GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA - TITOLO III - GLI ISTITUTI SECOLARI
Titolo III
Gli Istituti Secolari
LIBRO II - IL POPOLO DI DIO - PARTE III - GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETA' DI VITA APOSTOLICA - SEZIONE II - GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA - TITOLO III - LE SOCIETA' DI VITA APOSTOLICA
Titolo III
Le Società di vita apostolica
LIBRO III - LA FUNZIONE D'INSEGNARE DELLA CHIESATITOLO I - IL MISTERO DELLA PAROLA DIVINA
Titolo I
Il Mistero della Parola Divina
Capitolo I
La predicazione della Parola di Dio
Capitolo II
L'istruzione Catechetica
LIBRO III - LA FUNZIONE D'INSEGNARE DELLA CHIESATITOLO II - L'AZIONE MISSIONARIA DELLA CHIESA
Titolo II
L'azione missionaria della Chiesa
LIBRO III - LA FUNZIONE D'INSEGNARE DELLA CHIESATITOLO III - L'EDUCAZIONE CATTOLICA
Titolo III
L'educazione Cattolica
Capitolo I
Le Università Cattoliche e gli altri Istituti di studi Superiori
Capitolo II
Le Università e le facoltà Ecclesiastiche
LIBRO III - LA FUNZIONE D'INSEGNARE DELLA CHIESATITOLO IV - TITOLO V
Titolo IV
Gli strumenti di comunicazione sociale e in specie i libri
Titolo V
La professione di Fede
LIBRO IV - LA FUNZIONE DI SANTIFICARE LA CHIESA - PARTE I - I SACRAMENTITITOLO I - IL BATTESIMO
Titolo I
I Battesimo
Capitolo I
La celebrazione del Battesimo
Capitolo II
Il Ministro del Battesimo
Capitolo III
I battezzandi
Capitolo IV
I padrini
Capitolo V
Prova e annotazione del Battesimo conferito
LIBRO IV - LA FUNZIONE DI SANTIFICARE LA CHIESA - PARTE I - I SACRAMENTITITOLO II - IL SACRAMENTO DELLA CONFERMAZIONE
Titolo II
Il Sacramento della Confermazione
Capitolo I
La Celebrazione della Confermazione
Capitolo II
Il Ministro della Confermazione
Capitolo III
I Confermandi
Capitolo IV
I Padrini
Capitolo V
Prova e annotazione dell'avvenuta Confermazione
LIBRO IV - LA FUNZIONE DI SANTIFICARE LA CHIESA - PARTE I - I SACRAMENTITITOLO III - LA SANTISSIMA EUCARESTIA
Titolo III
La Santissima Eucarestia
Capitolo I
La celebrazione Eucaristica
Art. 1 - Il ministro della Santissima Eucarestia
Art. 2 - Partecipazione alla Santissima Eucarestia
Art. 3 - Riti e cerimonie della celebrazione Eucaristica
Art. 4 - Tempo e luogo della celebrazione Eucaristica
Capitolo II
Conservazione e venerazione della Santissima Eucarestia
Capitolo IV
L'offerta data per la celebrazione della Messa
LIBRO IV - LA FUNZIONE DI SANTIFICARE LA CHIESA - PARTE II - I SACRAMENTITITOLO IV - IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA
Titolo IV
Il Sacramento della Penitenza
Capitolo I
La celebrazione del Sacramento
Capitolo II
Il ministro del Sacramento della Penitenza
Capitolo III
Il Penitente
Capitolo V
Le indulgenze
LIBRO IV - LA FUNZIONE DI SANTIFICARE LA CHIESA - PARTE I - I SACRAMENTITITOLO V - IL SACRAMENTO DELL'UNZIONE DEGLI INFERMI
Titolo V
Il Sacramento degli infermi
Capitolo I
La celebrazione del Sacramento
Capitolo II
Il ministro dell'unzione degli infermi
Capitolo III
A chi va conferita l'unzione degli infermi
LIBRO IV - LA FUNZIONE DI SANTIFICARE LA CHIESA - PARTE I - I SACRAMENTITITOLO VI - ORDINE
Titolo IV
Ordine
Capitolo I
Celebrazione e ministro dell'Ordinazione
Capitolo II
Gli ordinandi
Art. 1- Requisiti negli ordinandi
Art. 2 - Requisiti previi all'ordinazione
Art. 3 - Irregolarità ed altri impedimenti
Art. 4 - Documenti richiesti e scrutinio
Capitolo III
Annotazione e certificato dell'avvenuta ordinazione
LIBRO IV - LA FUNZIONE DI SANTIFICARE LA CHIESA - PARTE I - I SACRAMENTITITOLO VII - IL MATRIMONIO
Titolo VII
Il matrimonio
Capitolo I
La cura pastorale e gli atti da premettere alla celebrazione del matrimonio
Capitolo II
Gli impedimenti dirimenti in genere
Capitolo III
Gli impedimenti dirimenti in specie
Capitolo IV
Il consenso matrimoniale
Capitolo V
La forma della celebrazione del matrimonio
Capitolo VI
I matrimoni misti
Capitolo VII
La celebrazione segreta del matrimonio
Capitolo VIII
Effetti del matrimonio
Capitolo IX
La separazione dei coniugi
Art. 1 - Lo scioglimento del vincolo
Art. 2 - La separazione con permanenza del vincolo
Capitolo X
Convalidazione del matrimonio
Art. 1 - La convalidazione semplice
Art. 2 - La sanzione in radice
LIBRO IV - LA FUNZIONE DI SANTIFICARE LA CHIESA - PARTE II - GLI ALTRI ATTI DEL CULTO DIVINOTITOLO I - TITOLO II - TITOLO III
Titolo I
I Sacramentali
Titolo II
La Liturgia delle Ore
Titolo III
Le esequie Ecclesiale
Capitolo I
La celebrazione delle esequie
Capitolo II
A chi si devono concedere o negare le esequie Ecclesiastiche
LIBRO IV - LA FUNZIONE DI SANTIFICARE LA CHIESA - PARTE II - GLI ALTRI ATTI DEL CULTO DIVINOTITOLO VI - TITOLO V
Titolo IV
Il culto dei Santi, delle sacre immagini e delle reliquie
Titolo V
Il voto e il giuramento
Capitolo I
Il voto
Capitolo II
Il giuramento
LIBRO IV - LA FUNZIONE DI SANTIFICARE LA CHIESA - PARTE III - I LUOGHI E I TEMPI SACRITITOLO I - I LUOGHI SACRI
Titolo I
I luoghi Sacri
Capitolo I
Le Chiese
Capitolo II
Gli oratori e le cappelle private
Capitolo III
I santuari
Capitolo IV
Gli altari
Capitolo V
I cimiteri
LIBRO IV - LA FUNZIONE DI SANTIFICARE LA CHIESA - PARTE III - I LUOGHI E I TEMPI SACRITITOLO II - I TEMPI SACRI
Titolo II
I tempi Sacri
Capitolo I
I giorni di festa
Capitolo II
I giorni di penitenza
LIBRO V - I BENI TEMPORALI DELLA CHIESATITOLO I - TITOLO II - TITOLO III - TITOLO IV
Titolo I
L'acquisto dei beni
Titolo II
L'amministrazione dei beni
Titolo III
I contratti e specialmente l'alienazione
Titolo IV
Per volontà in genere e pie fondazioni
LIBRO VI - LE SANZIONI DELLA CHIESA - PARTE I - DELITTI E PENE IN GENERETITOLO I - TITOLO II - TITOLOIII
Titolo I
La punizione dei delitti in generale
Titolo II
Legge penale e precetto penale
Titolo III
Il soggetto passivo delle sanzioni penali
LIBRO VI - LE SANZIONI DELLA CHIESA - PARTE I - DELITTI E PENE IN GENERETITOLO I - LE PENE E LE ALTRE PUNIZIONI
Capitolo I
Le censure
Capitolo II
Le pene espiatorie
Capitolo III
Rimedi penali e penitenze
LIBRO VI - LE SANZIONI DELLA CHIESA - PARTE I - DELITTI E PENE IN GENERETITOLO V - TITOLO VI
Titolo V
L'applicazione delle pene
Titolo VI
La cessazione delle pene
LIBRO VI - LE SANZIONI DELLA CHIESA - PARTE II - LE PENE PER I SONGOLI DELITTITITOLO I - TITOLO II - TITOLO III- TITOLO IV - TITOLO V - TITOLO VI TITOLO VII
Titolo I
Delitti contro la religione e l'unità della Chiesa
Titolo II
Delitti contro le autorità ecclesiastiche e la libertà della Chiesa
Titolo III
Usurpazione degli uffici ecclesiastici e delitti nel loro esercizio
Titolo IV
Il delitto di falso
Titolo V
Delitti contro obblighi speciali
Titolo VI
Delitti contro la vita e la libertà umana
Titolo VII
Norma generale
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE I - IL GIUDIZIO IN GENERALETITOLO I - TITOLO II
Titolo I
Il tribunale competente
Titolo II
Differenti gradi e specie di tribunali
Capitolo I
Il tribunale di prima istanza
Art. 1 - Il giudice
Art. 2 - Uditori e relatori
Art. 3 - Promotore di giustizia, difensore del vincolo e notaio
Capitolo II
Il tribunale di seconda istanza
Capitolo III
I tribunali della sede Apostolica
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE I - IL GIUDIZIO IN GENERALETITOLO III - LA DISCIPLINA CHE DEVE ESSERE OSSERVATA NEI TRIBUNALI
Capitolo I
L'ufficio dei giudici e dei ministri nel tribunale
Capitolo II
L'ordine da seguire nel giudicare le cause
Capitolo III
Termini e dilazioni
Capitolo IV
Il luogo del giudizio
Capitolo V
Le persone da ammettere in aula modalità per la redazione e la conservazione degli atti
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE I - IL GIUDIZIO IN GENERALETITOLO IV - LE PARTI NELLA CAUSA
Capitolo I
Attore e convenuto
Capitolo II
Procuratori alle liti e avvocati
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE I - IL GIUDIZIO IN GENERALETITOLO V - AZIONI ED ECCEZIONI
Capitolo I
Azioni ed eccezioni in genere
Capitolo II
Azioni ed eccezioni in specie
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE II - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO - SEZIONE I - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO ORDINARIOTITOLO I - L'INTRODUZIONE DELLA CAUSA
Capitolo I
Il libello introduttorio della lite
Capitolo II
Citazione e intimazione degli atti giudiziari
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE II - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO - SEZIONE I - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO ORDINARIOTITOLO II - LA CONTESTAZIONE DELLA LITE - TITOLO II - L'ISTANZA DELLA LITE
Titolo I
La contestazione della lite
Titolo II
L'istanza della lite
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE II - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO - SEZIONE I - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO ORDINARIOTITOLO IV - LE PROVE
Capitolo I
Le dichiarazioni delle parti
Capitolo II
Prova documentale
Art. 1 - Natura e forza probante dei documenti
Art. 2 - Produzione dei documenti
Capitolo III
Testimoni e testimonianza
Art. 1 - Chi può essere testimone
Art. 2 - Presentazione ed esclusione dei testimoni
Art. 3 - L'esame dei testimoni
Art. 4 - Forza probante dei testimoni
Capitolo IV
I periti
Capitolo V
Accesso ed ispezione giudiziaria
Capitolo VI
Le presunzioni
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE II - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO - SEZIONE I - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO ORDINARIOTITOLO V
Capitolo I
Le parti che non si presentano in giudizio
Capitolo II
L'intervento di un terzo nella causa
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE II - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO - SEZIONE I - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO ORDINARIOTITOLO VI - TITOLO VII
Titolo VI
La pubblicazione degli atti, la conclusione in causa e la discussione della causa
Titolo VII
I pronunciamenti del giudice
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE II - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO - SEZIONE I - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO ORDINARIOTITOLO VIII - IMPUGNAZIONE DELLA SENTEZA
Capitolo I
Querela di nullità contro la sentenza
Capitolo II
L'Appello
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE II - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO - SEZIONE I - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO ORDINARIOTITOLO IX - LA COSA GIURIDICA E LA RESTITUTIO IN INTEGRUM
Capitolo I
La cosa giuridica
Capitolo II
La Restitutio in Integrum
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE II - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO - SEZIONE I - IL GIUDIZIO CONTENZIOSO ORDINARIOTITOLO X - TITOLO XI
Titolo X
Spese giudiziarie e gratuito patrocinio
Titolo XI
L'esecuzione della sentenza
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE II IL GIUDIZIO CONTENZIOSO - SEZIONE II - IL PROCESSO CONTENZIOSO ORALE
Sezione II
Il processo contenzioso orale
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE III - ALCUNI PROCESSI SPECIALITITOLO I - I PROCESSI MATRIMONIALI
Capitolo I
Le cause per la dichiarazione di nullità del matrimonio
Art. 1 - Il tribunale competente
Art. 2 - Diritto di impugnare il matrimonio
Art. 3 - L'ufficio dei giudici
Art. 4 - Le prove
Art. 5 - La sentenza e l'appello
Art. 6 - il processo documentale
Art. 7 - Norme generali
Capitolo II
Cause di separazione dei coniugi
Capitolo III
Processo per dispensa dal matrimonio rato e non consumato
Capitolo IV
Processo di morte presunta del coniuge
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE III - ALCUNI PROCESSI SPECIALITITOLO II - TITOLO III
Titolo II
Cause per la dichiarazione di nullità della sacra ordinazione
Titolo III
Modi per evitare i giudizi
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE IV - IL PROCESSO PENALE
Capitolo I
L'indagine previa
Capitolo II
Lo svolgimento del processo
Capitolo III
L'azione per la riparazione dei danni
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE V - IL MODO DI PROCEDERE NEI RICORSI AMMINISTRATIVI E NELLA RIMOZIONE O NEL TRASFERIMENTO DEI PARROCI - SEZIONE I - IL RICORSO CONTRO I DECRETI AMMINISTRATIVI
Sezione I
Il ricorso contro i decreti amministrativi
LIBRO VII - I PROCESSI - PARTE V - IL MODO DI PROCEDERE NEI RICORSI AMMINISTRATIVI E NELLA RIMOZIONE O NEL TRASFERIMENTO DEI PARROCI - SEZIONE II - PROCEDURA PER LA RIMOZIONE E IL TRASFERIMENTO DEI PARROCI
Capitolo I
Modo di procedere nella rimozione dei parroci
Capitolo II
Modo di procedere nel trasferimento dei parroci
LIBRO VII
I PROCESSI
PARTE I
I GIUDIZIO IN GENERALE
Can. 1400 - § 1. Oggetto del giudizio sono:
1° i diritti di persone fisiche o giuridiche da perseguire o da rivendicare, o fatti giuridici da
dichiarare;
2° i delitti per quanto riguarda l'irrogazione e la dichiarazione della pena.
§ 2. Le controversie insorte per un atto di potestà amministrativa possono tuttavia essere differite
solo al Superiore o al tribunale amministrativo.
Can. 1401 - La Chiesa per diritto proprio ed esclusivo giudica:
1° le cause che riguardano cose spirituali e annesse alle spirituali;
2° la violazione delle leggi ecclesiastiche e tutto ciò in cui vi è ragione di peccato, per quanto
concerne lo stabilirne la colpa ed infliggere pene ecclesiastiche.
Can. 1402 - Tutti i tribunali della Chiesa sono retti dai canoni seguenti, salvo le norme dei tribunali
della Sede Apostolica.
Can. 1403 - § 1. Le cause di canonizzazione dei Servi di Dio, sono regolate da una legge pontificia
peculiare.
§ 2. Alle stesse cause si applicano inoltre le disposizioni di questo Codice, ogniqualvolta in quella
legge si rinvia al diritto universale, o si tratta di norme che per la natura stessa della cosa le
riguardano.
Titolo I
Il tribunale competente
Can. 1404 - La prima Sede non è giudicata da nessuno.
Can. 1405 - § 1. Il Romano Pontefice stesso ha il diritto esclusivo di giudicare nelle cause di cui al
can. 1401:
1° i capi di Stato;
2° i Padri Cardinali;
3° i Legati della sede Apostolica e nelle cause penali i Vescovi;
4° le altre cause che egli stesso abbia avocato al proprio giudizio.
§ 2. Il giudice non è competente a giudicare atti o strumenti confermati in forma specifica dal
Romano Pontefice, salvo non ne abbia avuto prima mandato dal medesimo.
§ 3. E' riservato al tribunale della Rota Romana giudicare:
1° i Vescovi nelle cause contenziose, fermo restando il disposto del can. 1419, § 2.
2° l'Abate primate o l'Abate superiore di una congregazione monastica, il Moderatore supremo di
istituti religiosi di diritto pontificio;
3° le diocesi e le altre persone ecclesiastiche sia fisiche sia giuridiche che non hanno Superiore al
di sotto del Romano Pontefice.
Can. 1406 - § 1. Violato il disposto del can. 1404, atti e decisioni si ritengono come non fatti.
§ 2. Nelle cause di cui al can. 1405, l'incompetenza degli altri giudici è assoluta.
Can. 1407 - § 1. Nessuno può essere chiamato in giudizio in prima istanza se non davanti al giudice
ecclesiastico competente per uno dei titoli determinati nei cann. 1408-1414.
§ 2. si dice relativa l'incompetenza del giudice che non abbia l'appoggio di nessuno di questi titoli.
§ 3. L'attore segue il tribunale della parte convenuta; che se la parte convenuta abbia diversi
tribunali competenti, all'attore è concessa la scelta del tribunale.
Can. 1408 - Chiunque può essere chiamato in giudizio avanti al tribunale del domicilio o del quasidomicilio.
Can. 1409 - § 1. Il tribunale del girovago è quello del luogo ove di fatto dimora.
§ 2. Colui del quale non si conosca né il domicilio o il quasi-domicilio, né il luogo della dimora,
può essere chiamato in giudizio avanti al tribunale dell'attore, purché non risulti un altro tribunale
legittimo.
Can. 1410 - A motivo della collocazione della cosa, la parte può essere chiamata in giudizio avanti
al tribunale del luogo ove è situata la cosa che è oggetto di litigio, ogni qualvolta l'azione è diretta
contro di essa o si tratta di azione di spoglio.
Can. 1411 - § 1. A motivo del contratto la parte può essere chiamata in giudizio avanti al tribunale
del luogo ove il contratto fu stipulato o dove deve essere adempiuto, a meno che le parti
concordemente non abbiano scelto un altro tribunale.
§ 2. Se la causa verta su obblighi che provengono da altro titolo, la parte può essere chiamata in
giudizio avanti al tribunale del luogo ove l'obbligo è sorto o deve essere adempiuto.
Can. 1412 - L'accusato nelle cause penali, benché assente, può essere chiamato in giudizio avanti al
tribunale del luogo ove il delitto fu commesso.
Can. 1413 - La parte può essere chiamata in giudizio:
1° nelle cause vertenti sull'amministrazione dei beni, avanti al tribunale del luogo ove
l'amministrazione viene fatta;
2° nelle cause che riguardano l'eredità o i legati pii, avanti al tribunale dell'ultimo domicilio o
quasi-domicilio o della dimora, a norma dei cann. 1408-1409, di colui della cui eredità o legato pio
si discute, a meno che non si tratti della semplice esecuzione del legato, che deve essere esaminata
secondo le norme ordinarie della competenza.
Can. 1414 - A motivo della connessione, le cause tra loro connesse devono essere giudicate da un
solo ed identico tribunale e nello stesso processo, a meno che non vi si opponga il disposto della
legge.
Can. 1415 - A motivo della prevenzione, quando due o più tribunali sono egualmente competenti,
ha diritto di giudicare la causa quel tribunale che per primo citò legittimamente la parte convenuta.
Can. 1416 - I conflitti di competenza tra due tribunali soggetti allo stesso tribunale di appello, sono
risolti da questo tribunale; se non sono soggetti allo stesso tribunale di appello, dalla Segnatura
Apostolica.
Titolo II
Differenti gradi e specie di tribunali
Can. 1417 - § 1. In forza del primato del Romano Pontefice, qualunque fedele ha diritto di deferire
al giudizio della Santa Sede la propria causa, sia contenziosa sia penale, in qualsiasi grado di
giudizio e in qualunque stadio della lite, oppure d'introdurla avanti alla medesima.
§ 2. Il ricorso fatto alla Sede Apostolica non sospende tuttavia, salvo il caso di appello, l'esercizio
della giurisdizione nel giudice che ha già cominciato a giudicare la causa; questi può pertanto
proseguire il giudizio fino alla sentenza definitiva, a meno che la Sede Apostolica non gli abbia
comunicato di avere avocato a sé la causa.
Can. 1418 - Qualsiasi tribunale ha diritto di chiamare in aiuto un altro tribunale per istruire la causa
o per intimare gli atti.
Capitolo I
IL TRIBUNALE DI PRIMA ISTANZA
Art. 1
Il giudice
Can. 1419 - § 1. In ciascuna diocesi e per tutte le cause non escluse espressamente dal diritto,
giudice di prima istanza è il Vescovo diocesano, che può esercitare la potestà giudiziaria
personalmente o tramite altri, secondo i canoni che seguono.
§ 2. Se poi si tratta di diritti o di beni temporali di una persona giuridica rappresentata dal Vescovo,
giudica in primo grado il tribunale di appello.
Can. 1420 - § 1. Tutti i Vescovi diocesani sono tenuti a costituire un Vicario giudiziale o Officiale
con potestà ordinaria per giudicare, distinto dal Vicario generale a meno che l'esiguità della diocesi
o lo scarso numero di cause non suggerisca altrimenti.
§ 2. Il Vicario giudiziale forma un unico tribunale con il Vescovo, ma non può giudicare le cause
che il Vescovo riserva a sé.
§ 3. Al Vicario giudiziale possono essere dati degli aiutanti, detti Vicari giudiziali aggiunti o Viceofficiali.
§ 4. Sia il Vicario giudiziale sia i Vicari giudiziali aggiunti devono essere sacerdoti, di integra fama,
dottori o almeno licenziati in diritto canonico e che non abbiano meno di trent'anni.
§ 5. Essi non cessano dall'incarico quando la sede si rende vacante, né possono essere rimossi
dall'Amministratore diocesano; venendo però il nuovo Vescovo devono essere riconfermati.
Can. 1421 - § 1. Nella diocesi il Vescovo costituisca giudici diocesani che siano chierici.
§ 2. La Conferenza Episcopale può permettere che anche dei fedeli laici siano costituiti giudici; di
essi, se la necessità lo suggerisce, uno può essere assunto a formare un collegio.
§ 3. I giudici siano di integra fama e dottori i diritto canonico o almeno licenziati.
Can. 1422 - Il Vicario giudiziale, i Vicari giudiziali aggiunti e gli altri giudici sono nominati a
tempo determinato, fermo restando il disposto del can. 1420, § 5, e non possono essere rimossi se
non per causa legittima e grave.
Can. 1423 - § 1. Più Vescovi diocesani possono concordemente, con l'approvazione della Sede
Apostolica, costituire nelle loro diocesi un unico tribunale di prima istanza, in luogo dei tribunali
diocesani di cui ai cann. 1419-1421; nel qual caso a quel gruppo di Vescovi o al Vescovo da essi
designato competono tutti i poteri che ha il Vescovo diocesano per il proprio tribunale.
§ 2. I tribunali di cui al § 1, possono essere costituiti per tutte le cause oppure soltanto per
determinati generi di cause.
Can. 1424 - Il giudice unico in qualunque giudizio può scegliersi come consulenti due assessori,
chierici o laici di onesta condotta.
Can. 1425 - § 1. Riprovata la consuetudine contraria, al tribunale collegiale di tre giudici sono
riservate:
1° le cause contenziose: a) sul vincolo della sacra ordinazione e sugli oneri ad essa annessi; b)
sul vincolo del matrimonio, fermo restando il disposto dei cann. 1686 e 1688.
2° le cause penali: a) sui delitti che possono comportare la pena della dimissione dallo stato
clericale; b) per infliggere o dichiarare la scomunica.
§ 2. Il Vescovo può affidare le cause più difficili o di maggiore importanza al giudizio di tre o
cinque giudici.
§ 3. Il Vicario giudiziale chiami i giudici a giudicare le singole cause secondo un turno
ordinatamente stabilito, a meno che il Vescovo in casi singoli non abbia stabilito diversamente.
§ 4. In primo grado di giudizio, se eventualmente non si possa costituire un collegio, la Conferenza
Episcopale, fintantoché perduri tale impossibilità, può permettere che il Vescovo affidi la causa ad
un unico giudice chierico, il quale si scelga, ove sia possibile, un assessore e un uditore.
§ 5. Il Vicario giudiziale non sostituisca i giudici una volta designati se non per gravissima causa,
che deve essere espressa nel decreto.
Can. 1426 - § 1. Il tribunale collegiale deve procedere collegialmente, e dare sentenze a
maggioranza assoluta di voti.
§ 2. Lo deve presiedere, nella misura del possibile il Vicario giudiziale o un Vicario giudiziale
aggiunto.
Can. 1427 - § 1. Se insorga una controversia tra religiosi o case dello stesso istituto religioso
clericale di diritto pontificio, giudice di prima istanza, a meno che non si disponga altrimenti nelle
costituzioni, è il Superiore provinciale, oppure, se si tratti di un monastero sui iuris , l'Abate locale.
§ 2. Salvo che le costituzioni non dispongano diversamente, trattandosi di una questione
contenziosa tra due province, in prima istanza giudicherà il Moderatore supremo personalmente o
tramite un delegato; se tra due monasteri, l'Abate superiore della congregazione monastica.
§ 3. Se infine insorga una controversia tra persone religiose fisiche o giuridiche di istituti religiosi
diversi o anche dello stesso istituto clericale di diritto diocesano o laicale, oppure tra una persona
religiosa e un chierico secolare o un laico o una persona giuridica secolare, giudica in prima istanza
il tribunale diocesano.
Art. 2
Uditori e relatori
Can. 1428 - § 1. Il giudice o il presidente del tribunale collegiale possono designare un uditore per
svolgere l'istruttoria della causa, scegliendo tra i giudici del tribunale o tra le persone approvate dal
Vescovo a tale incarico.
§ 2. Il Vescovo può approvare all'incarico di uditore chierici o laici, che rifulgano per buoni
costumi, prudenza e dottrina.
§ 3. Spetta all'uditore, secondo il mandato del giudice, solo raccogliere le prove e una volta raccolte
trasmetterle al giudice; può inoltre, a meno che non si opponga il mandato del giudice, decidere nel
frattempo quali prove debbano essere raccolte e secondo quale metodo, se eventualmente sorga
controversia in proposito durante l'esercizio delle sue funzioni.
Can. 1429 - Il presidente del tribunale collegiale deve designare tra i giudici del collegio un
ponente o relatore che riferisca sulla causa nella riunione dei giudici e rediga per iscritto le
sentenze; il presidente stesso lo può sostituire con un altro per giusta causa.
Art. 3
Promotore di giustizia, difensore del vincolo e notaio
Can. 1430 - Per le cause contenziose ove il bene pubblico può essere messo in pericolo, e per le
cause penali si costituisca in diocesi il promotore di giustizia, che ha il dovere di tutelare il bene
pubblico.
Can. 1431 - § 1. Nelle cause contenziose spetta al Vescovo diocesano giudicare se il bene pubblico
possa essere messo in pericolo o no, a meno che l'intervento del promotore di giustizia non sia
prescritto dalla legge o si renda evidentemente necessario per la natura della cosa.
§ 2. Se nella precedente istanza è intervenuto il promotore di giustizia, nel grado successivo il suo
intervento si presume necessario.
Can. 1432 - Per le cause in cui si tratta della nullità della sacra ordinazione o della nullità o dello
scioglimento del matrimonio sia costituito in diocesi il difensore del vincolo, che deve proporre ed
esporre tutti gli argomenti che possono essere ragionevolmente addotti contro la nullità o lo
scioglimento.
Can. 1433 - Nelle cause dove è richiesta la presenza del promotore di giustizia o del difensore del
vincolo, se non furono citati, gli atti sono nulli, a meno che, benché non citati, essi siano di fatto
intervenuti, o almeno prima della sentenza abbiano potuto svolgere il loro compito dopo aver
esaminato gli atti.
Can. 1434 - Se non si disponga espressamente altro:
1° ogniqualvolta la legge prescrive che il giudice ascolti le parti o una di esse, anche il
promotore di giustizia e il difensore del vincolo, se intervengono in giudizio, devono essere
ascoltati;
2° ogniqualvolta si richiede l'istanza della parte perché il giudice possa definire qualcosa,
l'istanza del promotore di giustizia o del difensore del vincolo, che intervengono in giudizio, ha lo
stesso valore.
Can. 1435 - Spetta al Vescovo nominare il promotore di giustizia e il difensore del vincolo; essi
siano chierici o laici, di integra fama, dottori o licenziati in diritto canonico e di provata prudenza e
sollecitudine per la giustizia.
Can. 1436 - § 1. La stessa persona, ma non nella stessa causa, può avere l'incarico di promotore di
giustizia e di difensore del vincolo.
§ 2. Promotore e difensore possono essere costituiti sia per tutte le cause sia per singole cause;
possono poi essere rimossi dal Vescovo per un giusto motivo.
Can. 1437 - § 1. In qualunque processo intervenga il notaio, così che si ritengano nulli gli atti se
non furono da lui sottoscritti.
§ 2. Gli atti che i notai redigono fanno fede pubblica.
Capitolo II
IL TRIBUNALE DI SECONDA ISTANZA
Can. 1438 - Fermo restando il disposto del can. 1444, § 1, n. 1:
1° dal tribunale del Vescovo suffraganeo si appella al tribunale del Metropolita, salvo il disposto
del can. 1439;
2° nelle cause trattate in prima istanza avanti al Metropolita si appella al tribunale che egli stesso
abbia, con l'approvazione della Sede Apostolica, stabilmente designato;
3° per le cause fatte avanti al Superiore provinciale il tribunale di seconda istanza è presso il
Moderatore supremo; per le cause fatte avanti all'Abate locale è presso l'Abate superiore della
congregazione monastica.
Can. 1439 - § 1. Se fu costituito un tribunale unico di prima istanza per più diocesi, a norma del
can. 1423, la Conferenza Episcopale deve costituire con l'approvazione della Sede Apostolica un
tribunale di seconda istanza, a meno che tutte quelle diocesi non siano suffraganee della stessa
archidiocesi.
§ 2. La Conferenza Episcopale può costituire, con la approvazione della Sede Apostolica, uno o più
tribunali di seconda istanza, anche oltre ai casi di cui al § 1.
§ 3. Per quanto riguarda i tribunali di seconda istanza di cui al §§ 1 e 2, la Conferenza Episcopale o
il Vescovo da essa designato hanno tutti i poteri che ha il Vescovo diocesano per il suo tribunale.
Can. 1440 - Se la competenza relativa al grado di giudizio non viene osservata a norma dei cann.
1438 e 1439, l'incompetenza del giudice è assoluta.
Can. 1441 - Il tribunale di seconda istanza deve essere costituito alla stessa maniera del tribunale di
prima istanza. Se tuttavia nel primo grado di giudizio secondo il can. 1425, § 4, emanò la sentenza
un giudice unico, il tribunale di seconda istanza proceda collegialmente.
Capitolo III
I TRIBUNALI DELLA SEDE APOSTOLICA
Can. 1442 Il Romano Pontefice è giudice supremo in tutto l'orbe cattolico, e giudica o
personalmente o tramite i tribunali ordinari della Sede Apostolica oppure per mezzo di giudici da
lui delegati.
Can. 1443 - Il tribunale ordinario costituito dal Romano Pontefice per ricevere gli appelli è la Rota
Romana.
Can. 1444 - § 1. La Rota Romana giudica:
1° in seconda istanza le cause giudicate dai tribunali ordinari di prima istanza e deferite alla
Santa Sede per legittimo appello;
2° in terza o ulteriore istanza le cause già giudicate dalla stessa Rota Romana e da qualunque
altro tribunale, a meno che la cosa non sia passata in giudicato.
§ 2. Questo tribunale giudica anche in prima istanza le cause di cui al can. 1405, § 3, o le cause che
il Romano Pontefice sia motu proprio sia ad istanza delle parti avocò al suo tribunale ed affidò alla
Rota Romana; e queste, la Rota stessa le giudica anche in seconda ed ulteriore istanza, salvo che nel
rescritto di commissione non si sia disposto altrimenti.
Can. 1445 - § 1. Il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica giudica:
1° le querele di nullità, le richieste di restitutio in integrum ed altri ricorsi contro le sentenze
rotali;
2° i ricorsi nelle cause sullo stato delle persone, che la Rota Romana rifiutò di ammettere a
nuovo esame;
3° le eccezioni di sospetto ed altre cause contro gli Uditori della Rota Romana per atti posti
durante l'esercizio delle loro funzioni;
4° i conflitti di competenza di cui al can. 1416.
§ 2. Lo stesso Tribunale dirime le contese sorte per un atto di potestà amministrativa ecclesiastica,
ad esso legittimamente deferite, le altre controversie amministrative ad esso deferite dal Romano
Pontefice o dai dicasteri della Curia Romana e il conflitto di competenza tra gli stessi dicasteri.
§ 3. Spetta inoltre a questo supremo tribunale:
1° vigilare sulla retta amministrazione della giustizia e prendere provvedimenti, se necessario,
contro avvocati e procuratori;
2° prorogare la competenza dei tribunali;
3° promuovere ed approvare l'erezione dei tribunali di cui ai cann. 1423 e 1439.
Titolo III
La disciplina che deve essere osservata nei tribunali
Capitolo I
L'UFFICIO DEI GIUDICI E DEI MINISTRI NEL TRIBUNALE
Can. 1446 - § 1. Tutti i fedeli, ma in primo luogo i Vescovi, s'impegnino assiduamente, salva la
giustizia, perché nel popolo di Dio siano evitate, per quanto è possibile, le liti e si compongano al
più presto pacificamente.
§ 2. Il giudice sul nascere della lite ed anche in qualunque altro momento, ogni volta che scorga
qualche speranza di buon esito, non lasci di esortare le parti e di aiutarle a cercare di comune
accordo un'equa soluzione della controversia, e indichi loro le vie idonee a tal proposito, servendosi
eventualmente anche di persone autorevoli per la mediazione.
§ 3. Che se la lite verta sul bene privato delle parti, il giudice veda se la transazione o il giudizio
arbitrale, a norma dei cann. 1713-1716, possa concludersi vantaggiosamente.
Can. 1447 - Chi è intervenuto in una causa come giudice, promotore di giustizia, difensore del
vincolo, procuratore, avvocato, teste o perito, non può in seguito validamente definire la stessa
causa in altra istanza come giudice o svolgere in essa la funzione di assessore.
Can. 1448 - § 1. Il giudice non accetti di giudicare una causa che in qualche modo lo riguarda in
ragione di vincoli di consanguineità o affinità in qualunque grado della linea retta e fino al quarto
grado della linea collaterale, o in ragione di tutela e curatela, di convivenza, di grave inimicizia,
oppure a scopo di guadagno o per evitare un danno.
§ 2. Nelle medesime circostanze devono astenersi dal loro ufficio il promotore di giustizia, il
difensore del vincolo, l'assessore e l'uditore.
Can. 1449 - § 1. Nei casi di cui al can. 1448, se il giudice stesso non si astiene, la parte lo può
ricusare.
§ 2. Circa la ricusazione decide il Vicario giudiziale; se è lui stesso ad essere ricusato decide il
Vescovo che presiede il tribunale.
§ 3. Se il Vescovo stesso è giudice e contro di lui va la ricusazione, si astenga dal giudicare.
§ 4. Se la ricusazione viene fatta contro il promotore di giustizia, il difensore del vincolo o gli altri
ministri del tribunale, su questa eccezione decide il presidente del tribunale collegiale o il giudice
stesso, se è unico.
Can. 1450 - Ammessa la ricusazione, le persone devono essere sostituite, ma non cambia il grado di
giudizio.
Can. 1451 - § 1. La questione circa la ricusazione deve essere definita con la massima celerità,
udite le parti, il promotore di giustizia o il difensore del vincolo, se intervengono in causa e non
siano stati essi stessi ricusati.
§ 2. Gli atti posti dal giudice prima d'essere ricusato sono validi; quelli posti dopo che fu proposta la
ricusazione devono essere rescissi se la parte lo chieda entro dieci giorni dall'ammissione della
ricusazione.
Can. 1452 - § 1. In un affare che interessa soltanto privati, il giudice può procedere solo ad istanza
della parte. Ma se la causa fu legittimamente introdotta, il giudice può e deve procedere anche
d'ufficio nelle cause penali e nelle altre cause che vertono sul bene pubblico della Chiesa e sulla
salvezza delle anime.
§ 2. Il giudice inoltre può supplire la negligenza delle parti nell'addurre le prove o nell'opporre
eccezioni, ogniqualvolta ritenga che ciò sia necessario ad evitare una sentenza gravemente ingiusta,
ferme restando le disposizioni del can. 1600.
Can. 1453 - Giudici e tribunali provvedano, salva la giustizia, affinché tutte le cause si concludano
al più presto, di modo che non si protraggano più di un anno nel tribunale di prima istanza, e non
più di sei mesi nel tribunale di seconda istanza.
Can. 1454 - Tutti coloro che compongono il tribunale o in esso collaborano devono prestare
giuramento di adempiere convenientemente e fedelmente l'ufficio.
Can. 1455 - § 1. I giudici e gli aiutanti del tribunale sono tenuti a mantenere il segreto d'ufficio, nel
giudizio penale sempre, nel contenzioso poi se dalla rivelazione di qualche atto processuale possa
derivare pregiudizio alle parti.
§ 2. Sono anche sempre tenuti a mantenere il segreto sulla discussione che si ha tra i giudici nel
tribunale collegiale prima di dare la sentenza, e anche sui vari suffragi e sulle opinioni ivi
pronunciate, fermo restando il disposto del can. 1609, § 4.
§ 3. Anzi ogniqualvolta la causa o le prove siano di tal natura che dalla divulgazione degli atti o
delle prove sia messa in pericolo la fama altrui, o si dia occasione a dissidi, o sorga scandalo o altri
simili inconvenienti, il giudice può vincolare con il giuramento di mantenere il segreto i testi, i
periti, le parti e i loro avvocati o procuratori.
Can. 1456 - Al giudice e a tutti i ministri del tribunale è proibito accettare qualunque regalo in
occasione dello svolgimento del giudizio.
Can. 1457 - § 1. I giudici che, essendo sicuramente ed evidentemente competenti, si rifiutano di
giudicare, o che non sorretti da alcuna disposizione del diritto si dichiarano competenti e giudicano
e definiscono le cause, oppure violano la legge del segreto, o per dolo o negligenza grave procurano
altro danno ai contendenti, possono essere puniti dall'autorità competente con congrue pene, non
esclusa la privazione dell'ufficio.
§ 2. Alle medesime sanzioni sono soggetti i ministri e gli aiutanti del tribunale, se fossero venuti
meno al loro dovere come sopra; tutti questi anche il giudice li può punire.
Capitolo II
L'ORDINE DA SEGUIRE NEL GIUDICARE LE CAUSE
Can. 1458 - Le cause devono essere giudicate nell'ordine secondo il quale furono proposte e scritte
nell'elenco, a meno che alcuna di esse esiga una trattazione più rapida rispetto alle altre, il che deve
però essere stabilito con speciale decreto corredato dalle motivazioni.
Can. 1459 - § 1. I vizi, per i quali si può avere la nullità della sentenza, possono essere eccepiti e
anche dichiarati d'ufficio dal giudice in qualunque stadio o grado del giudizio.
§ 2. Oltre ai casi di cui al § 1, le eccezioni dilatorie, soprattutto quelle che riguardano le persone e le
modalità del giudizio, devono essere proposte prima della contestazione della lite, a meno che non
siano emerse per la prima volta a lite già contestata, e devono essere definite al più presto.
Can. 1460 - § 1. Se è proposta una eccezione contro la competenza del giudice, della cosa deve
decidere il giudice stesso.
§ 2. In caso di eccezione di incompetenza relativa, se il giudice si dichiara competente, la sua
decisione non ammette appello, ma non sono proibite la querela di nullità e la restitutio in integrum.
§ 3. Che se il giudice si dichiara incompetente, la parte che si ritiene onerata, entro quindici giorni
di tempo utile può ricorrere al tribunale di appello.
Can. 1461 - Il giudice che in qualunque stadio della causa si riconosca incompetente
d'incompetenza assoluta, deve dichiarare la propria incompetenza.
Can. 1462 - § 1. Le eccezioni di cosa giudicata, di transazione e le altre perentorie dette litis finitae
devono essere proposte ed esaminate prima della contestazione della lite; chi le sollevasse più tardi
non deve essere respinto, ma sia condannato a pagare le spese, a meno che non provi di non aver
maliziosamente differito l'opposizione.
§ 2. Le altre eccezioni perentorie siano proposte nella contestazione della lite, e devono essere a suo
tempo trattate secondo le regole proprie delle questioni incidentali.
Can. 1463 - § 1. Le azioni riconvenzionali non possono essere validamente poste, se non entro
trenta giorni dalla avvenuta contestazione della lite.
§ 2. Le medesime siano poi giudicate insieme all'azione convenzionale, cioè in pari grado con essa,
a meno che non sia necessario giudicarle separatamente o il giudice lo abbia ritenuto più opportuno.
Can. 1464 - Le questioni relative alla cauzione da dare sulle spese giudiziali, o alla concessione del
gratuito patrocinio, richiesto subito da principio, ed altre simili devono essere giudicate di regola
prima della contestazione della lite.
Capitolo III
TERMINI E DILAZIONI
Can. 1465 - § 1. I così detti fatalia legis , cioè i termini costituiti dalla legge per la perenzione dei
diritti, non possono essere prorogati, né possono essere validamente ridotti se non lo richiedono le
parti.
§ 2. I termini giudiziari e convenzionali invece, prima della loro decadenza, possono essere
prorogati dal giudice intervenendo una giusta causa, udite le parti o a loro richiesta, ma non
possono essere mai validamente ridotti, senza il consenso delle parti.
§ 3. Il giudice provveda tuttavia affinché la lite non si protragga troppo a lungo a causa della
proroga.
Can. 1466 - Dove la legge non fissa termini per il compimento degli atti processuali, li deve
stabilire il giudice, tenuto conto della natura di ciascun atto.
Can. 1467 - Se nel giorno notificato per un atto processuale il tribunale non abbia lavorato, il
termine s'intende prorogato al primo giorno non festivo seguente.
Capitolo IV
IL LUOGO DEL GIUDIZIO
Can. 1468 - Ciascun tribunale abbia una sede per quanto è possibile stabile, che sia aperta ad ore
stabilite.
Can. 1469 - § . Il giudice espulso con la violenza dal suo territorio o impedito di esercitare in esso
la giurisdizione, può esercitare la sua giurisdizione fuori del territorio ed emanare sentenze , dopo
aver tuttavia di ciò informato il Vescovo diocesano.
§ 2. Oltre al caso di cui al § 1, il giudice, per giusta causa e dopo aver udite le parti, può anche
recarsi fuori del proprio territorio per acquisire le prove, su licenza tuttavia del Vescovo diocesano
del luogo dove intende andare e nella sede designata dal medesimo.
Capitolo V
LE PERSONE DA AMMETTERE IN AULA
MODALITA' PER LA REDAZIONE E LA CONSERVAZIONE DEGLI ATTI
Can. 1470 - § 1. Salvo che la legge particolare non disponga altrimenti, durante lo svolgimento
delle cause avanti al tribunale siano ammesse in aula quelle persone soltanto che la legge o il
giudice abbiano stabilito essere necessarie per il compimento del processo.
§ 2. IL giudice può richiamare al loro dovere con congrue pene tutte le persone presenti al giudizio
che abbiano gravemente mancato al rispetto e all'obbedienza dovuti al tribunale, ed inoltre anche
sospendere dall'esercizio del loro incarico avanti ai tribunali ecclesiastici avvocati e procuratori.
Can. 1471 - Se qualche persona da interrogare usi una lingua sconosciuta al giudice o alle parti, si
ricorra ad un interprete giurato designato dal giudice. Le dichiarazioni siano tuttavia redatte per
iscritto nella lingua originaria e vi si aggiunga la traduzione. Si ricorra parimenti all'interprete
qualora si debba interrogare un sordo o un muto, a meno che il giudice eventualmente non
preferisca che risponda alle domande postegli per iscritto.
Can. 1472 - § 1. Gli atti giudiziari, sia quelli relativi al merito della questione o atti di causa, sia
quelli attinenti alla procedura o atti del processo, devono essere redatti per iscritto.
§ 2. Le singole pagine degli atti siano numerate e autenticate.
Can. 1473 - Ogniqualvolta negli atti giudiziari è richiesta la firma delle parti o dei testimoni, se una
parte o un testimone non può o non vuole sottoscrivere, lo si annoti negli atti stessi, e nello stesso
tempo giudice e notaio facciano fede che l'atto stesso fu letto parola per parola alla parte o al
testimone e che questi non poterono o non vollero firmare.
Can. 1474 - § 1. In caso di appello, un esemplare degli atti, della cui autenticità abbia fatto fede il
notaio, sia inviato al tribunale superiore.
§ 2. Se gli atti furono scritti in una lingua sconosciuta al tribunale superiore, siano tradotti in lingua
nota al medesimo, usando le dovute cautele affinché consti che la traduzione è fedele.
Can. 1475 - § 1. Terminato il giudizio i documenti che sono proprietà di privati devono essere
restituiti, conservandone però un esemplare.
§ 2. E' fatto divieto ai notai e al cancelliere di rilasciare senza il mandato del giudice copia degli atti
giudiziari e dei documenti acquisiti al processo.
Titolo IV
Le parti nella causa
Capitolo I
ATTORE E CONVENUTO
Can. 1476 - Chiunque, sia battezzato sia non battezzato, può agire in giudizio; la parte poi
legittimamente chiamata in giudizio deve rispondere.
Can. 1477 - Benché l'attore o la parte convenuta si siano costituiti un procuratore od un avvocato,
devono tuttavia sempre presenziare personalmente in giudizio secondo il disposto del diritto o del
giudice.
Can. 1478 - § 1. I minori e coloro che non hanno l'uso di ragione, possono stare in giudizio soltanto
tramite i loro genitori o i tutori o i curatori, salvo il disposto del § 3.
§ 2. Se il giudice reputa che i loro diritti siano in conflitto con i diritti dei genitori, dei tutori o dei
curatori, o che questi non possano sufficientemente tutelarne i diritti, stiano in giudizio tramite un
tutore o un curatore assegnato dal giudice.
§ 3. Ma nelle cause spirituali e connesse alle spirituali, se i minorenni hanno raggiunto l'uso di
ragione, possono agire e rispondere senza il consenso dei genitori o dei tutori, anzi personalmente
se hanno compiuto i quattordici anni di età; se non li hanno ancora compiuti, per il tramite di un
curatore costituito dal giudice.
§ 4. Gli interdetti dall'amministrazione dei beni e gli infermi di mente, possono stare in giudizio
personalmente solo per rispondere dei propri delitti o per disposizione del giudice; per tutto il resto
devono agire e rispondere per il tramite dei loro curatori.
Can. 1479 - Ogniqualvolta vi è un tutore o un curatore costituito dall'autorità civile, il medesimo
può essere ammesso dal giudice ecclesiastico, udito, se possibile, il Vescovo diocesano di colui al
quale fu dato; che se non vi sia o non si ritenga di dovere ammettere, il giudice stesso designerà un
tutore o un curatore per la causa.
Can. 1480 - § 1. Le persone giuridiche stanno in giudizio per il tramite dei loro legittimi
rappresentanti.
§ 2. Nel caso poi non vi sia rappresentante o sia negligente, l'Ordinario stesso personalmente o
tramite altro può stare in giudizio a nome delle persone giuridiche soggette alla sua potestà.
Capitolo II
PROCURATORI ALLE LITI ED AVVOCATI
Can. 1481 - § 1. La parte può liberamente costituirsi un avvocato e un procuratore; può tuttavia,
oltre i casi stabiliti nei §§ 2 e 3, anche agire e rispondere personalmente, a meno che il giudice non
abbia ritenuto necessaria l'assistenza di un procuratore o di un avvocato.
§ 2. Nel giudizio penale l'accusato deve sempre avere un avvocato, che si sia egli stesso costituito o
assegnato a lui dal giudice.
§ 3. Nel giudizio contenzioso, se si tratti di minori o di un giudizio vertente circa il bene pubblico
ad eccezione delle cause matrimoniali, il giudice costituisca d'ufficio un difensore alla parte che non
l'abbia.
Can. 1482 - § 1. Ognuno può costituirsi un solo procuratore, a questi non è consentito di farsi
sostituire da un altro, a meno che non gliene sia stata data espressamente facoltà.
§ 2. Che se tuttavia, suggerendolo una giusta causa, la stessa persona ne abbia costituito parecchi,
questi siano designati in modo che tra di loro abbia luogo la prevenzione.
§ 3. E' possibile invece costituire più avvocati allo stesso tempo.
Can. 1483 - Procuratore ed avvocato devono essere maggiorenni e di buona fama; l'avvocato deve
inoltre essere cattolico, a meno che il Vescovo diocesano non permetta altrimenti, e dottore in
diritto canonico, o in caso contrario veramente esperto, ed approvato dal Vescovo stesso.
Can. 1484 - § 1. Procuratore ed avvocato prima di assumere l'incarico, devono depositare presso il
tribunale un mandato autentico.
§ 2. Per impedire tuttavia l'estinguersi di un diritto il giudice può assumere un procuratore anche
senza che abbia presentato il mandato, previe idonee garanzie, se del caso; l'atto però non ha alcun
valore se nel termine perentorio da stabilirsi dal giudice, il procuratore non esibisca regolarmente il
mandato.
Can. 1485 - Se non abbia avuto un mandato speciale, il procuratore non può validamente rinunciare
all'azione, all'istanza o agli atti giudiziali, né può fare transazioni, patti, compromessi arbitrati ed in
genere quelle cose per le quali il diritto richiede un mandato speciale.
Can. 1486 - § 1. La rimozione del procuratore o dell'avvocato per avere effetto deve essere loro
intimata, e, se la lite fu già contestata, della rimozione siano informati il giudice e la parte avversa.
§ 2. Emanata la sentenza definitiva, il diritto e il dovere di appellare, se il mandante non si opponga,
resta al procuratore.
Can. 1487 - Sia il procuratore sia l'avvocato possono essere rimossi dal giudice d'ufficio o ad
istanza della parte con l'emanazione di un decreto, ciò tuttavia per una causa grave.
Can. 1488 - § 1. E' fatto divieto ad entrambi di trarre dalla propria parte la lite con denaro, oppure
di pattuire per sé un emolumento esagerato o pretendendo una parte della cosa che è oggetto del
litigio. Se lo facessero, il patto è nullo e potranno essere multati dal giudice con un'ammenda.
L'avvocato inoltre può essere sospeso dall'ufficio, e, se sia recidivo, anche essere cancellato
dall'albo degli avvocati.
§ 2. Allo stesso modo possono essere puniti avvocati e procuratori che , eludendo la legge,
sottraggono ai tribunali competenti le cause perché siano definite da altri più favorevolmente.
Can. 1489 - Avvocati e procuratori che a causa di doni, promesse o per qualunque altro motivo
abbiano tradito il loro ufficio, siano sospesi dall'esercizio del patrocinio e siano puniti con
un'ammenda o con altre congrue pene.
Can. 1490 - In ciascun tribunale si costituiscano, per quanto è possibile, patroni stabili, stipendiati
dallo stesso tribunale, che esercitino l'incarico di avvocati o procuratori nelle cause soprattutto
matrimoniali per le parti che di preferenza desiderino sceglierli.
Titolo V
Azioni ed eccezioni
Capitolo I
AZIONI ED ECCEZIONI IN GENERE
Can. 1491 - Ogni diritto è protetto non soltanto da un'azione, ma anche da un'eccezione, a meno
che non sia disposto espressamente altro.
Can. 1492 - § 1. Ogni azione si estingue con la prescrizione a norma del diritto o in altro legittimo
modo, fatta eccezione per le azioni sullo stato delle persone che non si estinguono mai.
§ 2. L'eccezione, salvo il disposto del can. 1462, è sempre possibile e per la sua stessa natura è
perpetua.
Can. 1493 - L'attore può convenire un altro con più azioni simultanee, tuttavia tra loro non
contrarie, sia sulla stessa cosa sia in materie diverse, se non oltrepassino i limiti della competenza
del tribunale cui accede.
Can. 1494 - § 1. La parte convenuta può intraprendere un'azione riconvenzionale avanti allo stesso
giudice e nello stesso giudizio contro l'attore, o per il nesso della causa con l'azione principale,
oppure per far ritirare o ridurre la domanda dell'attore.
§ 2. Non è permesso all'attore riconvenuto di riconvenire a sua volta la parte avversa.
Can. 1495 - L'azione riconvenzionale deve essere proposta al giudice avanti al quale fu intrapresa
la prima azione, anche se delegato soltanto ad un'unica causa o per altri motivi relativamente
incompetente.
Capitolo II
AZIONI ED ECCEZIONI IN SPECIE
Can. 1496 - § 1. Chi avrà dimostrato con argomenti almeno probabili di avere diritto ad una
qualche cosa in possesso altrui, e che cioè imminente per lui un danno se quella cosa non sia
consegnata in custodia, ha diritto di ottenere dal giudice il sequestro.
§ 2. In analoghe circostanze può ottenere che sia inibito a un terzo l'esercizio di un diritto.
Can. 1497 - § 1. Il sequestro della cosa è ammesso anche per assicurare un credito, purché consti
sufficientemente del diritto del creditore.
§ 2. Il sequestro può estendersi anche ai beni del debitore che si trovino a qualunque titolo presso
terze persone, e ai crediti del debitore.
Can. 1498 - Il sequestro della cosa e l'inibizione all'esercizio del diritto non possono assolutamente
essere decisi, se il danno temuto possa essere altrimenti riparato e se ne dia idonea garanzia.
Can. 1499 - Il giudice può imporre a colui al quale concede il sequestro della cosa o l'inibizione
all'esercizio del diritto, una cauzione previa sui danni da risarcire in caso non abbia provato il suo
diritto.
Can. 1500 - Per quanto concerne la natura e il valore dell'azione possessoria, si osservino le
disposizioni del diritto civile del luogo ov'è situata la cosa del cui possesso si tratta.
PARTE II
IL GIUDIZIO CONTENZIOSO
SEZIONE I
IL GIUDIZIO CONTENZIOSO ORDINARIO
Titolo I
L'introduzione della causa
Capitolo I
IL LIBELLO INTRODUTTORIO DELLA LITE
Can. 1501 - Il giudice non può esaminare alcuna causa, se non gli venga presentata, a norma dei
canoni, una domanda da chi ha interesse o dal promotore di giustizia.
Can. 1502 - Chi vuol convenire qualcuno deve presentare al giudice competente un libello in cui si
proponga l'oggetto della controversia e si richieda il ministero del giudice.
Can. 1503 - § 1. Il giudice può ammettere la domanda orale, ogniqualvolta o l'attore sia impedito di
presentare il libelli o la causa comporti una ricerca facile e sia di minor importanza.
§ 2. In ambo i casi tuttavia il giudice ordini al notaio di redigere un atto per iscritto, che deve essere
letto all'attore e da questi approvato, e che sostituisce a tutti gli effetti di diritto il libello scritto
dall'attore.
Can. 1504 - Il libello con il quale s'introduce la lite deve:
1° esprimere avanti a quale giudice la causa viene introdotta, che cosa si chiede e da chi;
2° indicare su quale diritto si fonda l'attore, e almeno per sommi capi fatti e prove per dimostrare
quanto è asserito;
3° essere sottoscritta dall'attore o dal suo procuratore, apponendovi giorno, mese e anno, nonché
il luogo ove l'attore o il procuratore abitano o dissero di risiedere per ricevere gli atti.
4° indicare il domicilio o il quasi-domicilio del convenuto.
Can. 1505 - § 1. Il giudice unico o il presidente del tribunale collegiale, dopo aver constatato che la
cosa è di sua competenza e che all'attore non manca la capacità legittima di stare in giudizio, deve
al più presto con un suo decreto ammettere o respingere il libello.
§ 2. Il libello può essere respinto soltanto:
1° se il giudice o il tribunale sono incompetenti;
2° se consta senza dubbio che all'attore manca la capacità legittima di stare in giudizio;
3° se non sono state osservate le disposizioni del can. 1504, nn. 1-3;
4° se è sicuramente manifesto dal libello stesso che la domanda manca di qualunque
fondamento, né potrà accadere che alcun fondamento emerga dal processo.
§ 3. Se il libello fu respinto a causa di difetti che possono essere emendati, l'attore può nuovamente
esibire allo stesso giudice un altro libello correttamente redatto.
§ 4. Contro la reiezione del libello, la parte ha sempre diritto di interrompere ricorso corredato da
motivazioni, entro il tempo utile di dieci giorni o al tribunale d'appello o al collegio se il libello fu
respinto dal presidente, la questione poi della reiezione deve essere definito con la massima celerità.
Can. 1506 - Se il giudice entro un mese dalla presentazione del libello non ha emesso il decreto,
con il quale ammette o respinge il libello a norma del can. 1505, la parte interessata può fare istanza
perché il giudice adempia il suo compito; che se ciononostante il giudice taccia, trascorsi
inutilmente dieci giorni dalla data dell'istanza, il libello si consideri ammesso.
Capitolo II
CITAZIONE E INTIMAZIONE DEGLI ATTI GIUDIZIARI
Can. 1507 - § 1. Nel decreto con il quale si ammette il libello dell'attore, il giudice o il presidente
deve chiamare in giudizio ovvero citare le altre parti per la contestazione della lite, stabilendo se
debbano rispondere per iscritto o presentandosi davanti a lui per concordare i dubbi. Che se delle
risposte scritte veda la necessità di convocare le parti, lo può stabilire con un nuovo decreto.
§ 2. Se il libello si considera accolto a norma del can. 1506, il decreto di citazione in giudizio deve
essere dato entro venti giorni dal momento in cui fu fatta l'istanza, di cui in quel canone.
§ 3. Che se le parti contendenti di fatto si presentino davanti al giudice per fare la causa, non c'è
bisogno di citazione, ma l'attuario metta agli atti che le parti furono presenti in giudizio.
Can. 1508 - § 1. Il decreto di citazione in giudizio deve essere subito notificato alla parte convenuta
e contemporaneamente reso noto agli altri che devono comparire.
§ 2. Alla citazione si aggiunga il libello introduttorio della lite, a meno che il giudice per cause
gravi non ritenga che non si debba rendere noto alla parte il libello prima che questa abbia deposto
in giudizio.
§ 3. Se si fa causa a una persona che non ha il libero esercizio dei suoi diritti, o la libera
amministrazione delle cose in questione, la citazione deve essere intimata, a seconda dei casi, al
tutore, al curatore, al procuratore speciale ovvero a chi è tenuto a norma del diritto ad incaricarsi del
giudizio a nome della medesima.
Can. 1509 - § 1. La notificazione di citazioni, decreti, sentenze, ed altri atti giudiziari deve essere
fatta tramite i servizi postali o in altro modo assolutamente sicuro, osservate le norme stabilite per
legge particolare.
§ 2. Del fatto della notificazione e del modo in cui essa fu fatta deve constare agli atti.
Can. 1510 - Il convenuto che si rifiuta di ricevere la scheda di citazione o impedisce alla citazione
di raggiungerlo, si consideri legittimamente citato.
Can. 1511- Se la citazione non fu legittimamente notificata, gli atti del processo sono nulli, salvo il
disposto del can. 1507, § 3.
Can. 1512 - Notificata legittimamente la citazione o presentatesi le parti davanti al giudice per fare
la causa:
1° la cosa cessa di essere integra;
2° la causa diventa propria di quel giudice o di quel tribunale per altro competente, avanti al
quale fu introdotta l'azione;
3° la potestà del giudice delegato si rende stabile, di modo che non cessa con il venir meno del
diritto del delegante;
4° s'interrompe la prescrizione, a meno che non sia disposto altrimenti;
5° la lite comincia ad essere aperta; pertanto vale immediatamente il principio: lite pendente
nihil innovetur
Titolo II
La contestazione della lite
Can. 1513 - § 1. Si ha la contestazione della lite, quando con un decreto del giudice si definiscono i
termini della controversia, desunti dalle richieste e dalle risposte delle parti.
§ 2. Le richieste e le risposte, oltre che nel libello introduttorio della lite, possono essere espresse o
nella risposta alla citazione o in dichiarazioni fatte a voce avanti al giudice; ma nelle cause più
difficili la parti devono essere convocate dal giudice per concordare il dubbio o i dubbi, a cui si
dovrà rispondere nelle sentenza.
§ 3. Il decreto del giudice deve essere notificato alle parti, le quali, salvo che non si siano già
dichiarate consenzienti, possono ricorrere entro dieci giorni al giudice perché sia mutato; la
questione deve poi essere definita con decreto del giudice stesso con la massima celerità.
Can. 1514 - I termini della controversia una volta stabiliti non possono essere validamente mutati,
se non con un nuovo decreto, per una causa grave, ad istanza di una parte dopo aver udito le altre
parti ed averne soppesato le ragioni.
Can. 1515 - Contestata la lite il possessore di un bene altrui cessa di essere in buona fede; pertanto
se è condannato a restituire la cosa, deve rendere anche i frutti dal giorno della contestazione della
lite e risarcire i danni.
Can. 1516 - Contestata la lite, il giudice stabilisca alle parti un congruo spazio di tempo per
proporre e completare le prove.
Titolo III
L'istanza della lite
Can. 1517 - L'inizio dell'istanza avviene con la citazione; la fine non si ha soltanto con la sentenza
definitiva, ma anche negli altri modi stabiliti dal diritto.
Can. 1518 - Se una parte contendente muoia, o cambi stato o cessi dall'ufficio in ragione del quale
agisce:
1° a causa non ancora conclusa, l'istanza è sospesa fino a che sia riassunta la lite dall'erede del
defunto, dal successore o dall'avente interesse;
2° a causa conclusa, il giudice deve procedere oltre, dopo aver citato il procuratore, se vi sia,
altrimenti l'erede del defunto o il successore.
Can. 1519 - § 1. Se cessino dall'incarico il tutore o il curatore o il procuratore, che sia necessario a
norma del can. 1481, §§1 e 3, l'istanza è nel frattempo sospesa.
§ 2. Il giudice costituisca al più presto un altro tutore o curatore; può poi costituire un procuratore
alla lite se la parte abbia trascurato di farlo entro un breve termine di tempo stabilito dal giudice
stesso.
Can. 1520 - Se nessun atto processuale sia posto dalle parti per sei mesi, senza che vi si opponga
alcun impedimento, l'istanza va in perenzione. La legge particolare può stabilire altri termini per la
perenzione.
Can. 1521 - La perenzione ha effetto per il diritto stesso e contro tutti, anche minorenni o ad essi
equiparati, e deve anche essere dichiarata d'ufficio, salvo il diritto di chiedere indennità contro i
tutori, curatori, amministratori, procuratori, i quali non abbiano dimostrato di non averne colpa.
Can. 1522 - La perenzione estingue gli atti del processo, ma non gli atti della causa; anzi questi
possono avere valore anche in una successiva istanza, purché essa si svolga tra le stesse persone e
sullo stesso oggetto; ma per ciò che riguarda gli estranei, non hanno altro valore se non di
documenti.
Can. 1523 - Le spese del giudizio andato in perenzione sono rispettivamente a carico di ciascuno
dei contendenti nella misura in cui furono fatte dai medesimi.
Can. 1524 - § 1. In qualunque stadio e grado del giudizio l'attore può rinunciare all'istanza; anzi sia
l'attore sia la parte convenuta possono rinunciare agli atti del processo, sia a tutti sia ad alcuni
soltanto.
§ 2. Tutori e amministratori di persone giuridiche, perché possano rinunciare all'istanza devono
avere il parere o il consenso di coloro dei quali è richiesto il concorso per porre atti che eccedono i
limiti dell'amministrazione ordinaria.
§ 3. Per essere valida la rinuncia deve essere fatta per iscritto e deve essere sottoscritta dalla parte o
dal suo procuratore, che sia tuttavia munito di mandato speciale, deve essere comunicata all'altra
parte e da essa accettata o almeno non impugnata, e deve essere ammessa dal giudice.
Can. 1525 - La rinuncia ammessa dal giudice, per gli atti ai quali si è rinunciato, ottiene gli stessi
effetti della perenzione dell'istanza, e obbliga il rinunciante a pagare le spese degli atti cui ha
rinunciato.
Titolo IV
Le prove
Can. 1526 - § 1. L'incombenza di fornire le prove tocca a chi asserisce.
§ 2. Non necessitano di prova:
1° ciò che dalla legge stessa si presume;
2° i fatti asseriti da uno dei contendenti ed ammessi dall'altro, a meno che ciò nonostante la
prova non sia esigita dal diritto o dal giudice.
Can. 1527 - § 1. Possono essere addotte prove di qualunque genere, che sembrino utili per
esaminare la causa e siano lecite.
§ 2. Se una parte fa istanza perché una prova rifiutata dal giudice venga ammessa, il giudice
definisca la cosa con la massima celerità.
Can. 1528 - Se una parte o un testimone si rifiutano di comparire per rispondere avanti al giudice, è
consentito udirli anche tramite un laico designato dal giudice, o richiedere la loro deposizione
avanti a un pubblico notaio o in qualunque altro modo legittimo.
Can. 1529 - Il giudice non proceda a raccogliere le prove prima della contestazione della lite se non
per una causa grave.
Capitolo I
LE DICHIARAZIONI DELLE PARTI
Can. 1530 - Il giudice per scoprire più adeguatamente la verità può sempre interrogare le parti; anzi
lo deve fare su istanza di una parte o per provare un fatto sul quale è di pubblico interesse togliere
ogni dubbio.
Can. 1531 - § 1. La parte legittimamente interrogata deve rispondere e dire integralmente la verità.
§ 2. Che se si rifiuta di rispondere, spetta al giudice valutare che cosa se ne può dedurre per la prova
dei fatti.
Can. 1532 - Nei casi in cui è in causa il bene pubblico, il giudice faccia fare alle parti il giuramento
di dire o almeno di avere detto la verità, a meno che una causa grave non suggerisca altro; negli
altri casi può farlo a sua prudente discrezione.
Can. 1533 - Le parti, il promotore di giustizia e il difensore del vincolo possono presentare al
giudice dei punti sui quali la parte sia interrogata.
Can. 1534 - Circa l'interrogatorio delle parti si osservino proporzionalmente le regole stabilite per i
testimoni nei cann. 1548, § 2, n. 1, 1558-1565.
Can. 1535 - L'asserzione di un fatto circa la materia stessa del giudizio, resa per iscritto o oralmente
da una parte contro di sé avanti al giudice competente, sia spontaneamente sia a domanda del
giudice, è una confessione giudiziale.
Can. 1536 - § 1. La confessione giudiziale di una parte, se si tratta di qualche affare privato e non è
in causa il bene pubblico, libera le altre parti dall'onere della prova.
§ 2. Nelle cause poi che riguardano il bene pubblico la confessione giudiziale e le dichiarazioni
delle parti che non siano confessioni, possono aver forza probante, da valutarsi dal giudice insieme
a tutte le altre circostanze della causa, ma non si può attribuire loro forza di prova piena se non si
aggiungano altri elementi ad avvalorarle in modo definitivo.
Can. 1537 - Spetta al giudice, soppesate tutte le circostanze, decidere qual valore dare alla
confessione extragiudiziale prodotta in giudizio.
Can. 1538 - La confessione o qualsiasi altra dichiarazione della parte manca assolutamente di forza
probante se consti che essa fu pronunciata per errore di fatto o fu estorta con la violenza o con
timore grave.
Capitolo II
PROVA DOCUMENTALE
Can. 1539 - In ogni genere di giudizio è ammessa la prova per via di documenti sia pubblici sia
privati.
Art. 1
Natura e forza probante dei documenti
Can. 1540 - § 1. Sono documenti pubblici ecclesiastici quelli rilasciati da una persona pubblica
nell'esercizio del suo compito nella Chiesa, osservate le formalità stabilite nel diritto.
§ 2. Sono documenti pubblici civili quelli che sono ritenuti tali secondo le leggi di ciascun luogo.
§ 3. Tutti gli altri documenti sono privati.
Can. 1541 - Salvo che non si dimostri irrefragabilmente altro con argomenti contrari ed evidenti, i
documenti pubblici fanno fede di ciò che in essi è direttamente e principalmente affermato.
Can. 1542 - Il documento privato, sia riconosciuto dalla parte, sia ammesso dal giudice, ha contro il
suo autore o chi l'ha sottoscritto e gli aventi causa da essi, la stessa forza probante della confessione
extragiudiziale; contro estranei ha la stessa forza probante delle dichiarazioni delle parti che non
siano confessioni, a norma del can. 1536, § 2.
Can. 1543 - Se i documenti appaiono cancellati, corretti, interpolati o guasti per altro difetto, spetta
al giudice decidere se ed in qual conto tali documento si debbano tenere.
Art. 2
Produzione dei documenti
Can. 1544 - I documenti non hanno forza probante in giudizio, se non siano originali o esibiti in
esemplare autentico e consegnati alla cancelleria del tribunale, perché possano essere esaminati dal
giudice e dalla parte avversa.
Can. 1545 - Il giudice può ordinare che sia esibito nel processo un documento comune ad entrambe
le parti.
Can. 1546 - § 1. Nessuno è tenuto a produrre documenti, anche se comuni, che non possono essere
esibiti senza pericolo di danno a norma del can. 1548, § 2, n. 2, o senza pericolo di violazione del
segreto che si deve mantenere.
§ 2. Se tuttavia è possibile descrivere almeno una piccola parte del documento e produrla in
esemplare senza gli inconvenienti menzionati, il giudice può ordinarne l'esibizione.
Capitolo III
TESTIMONI E TESTIMONIANZE
Can. 1547 - In qualsiasi causa è ammessa la prova tramite testimoni, sotto la direzione del giudice.
Can. 1548 - § 1. I testimoni devono confessare la verità al giudice che legittimamente li interroghi.
§ 2. Salvo il disposto del can. 1550, § 2, n. 2, sono liberati dal dovere di rispondere:
1° i chierici per quanto fu loro manifestato in ragione del sacro ministero; pubblici magistrati, i
medici, le ostetriche, gli avvocati, i notai e altri che sono tenuti al segreto d'ufficio anche in ragione
del consiglio dato, per quanto riguarda gli affari soggetti a questo segreto;
2° coloro che dalla propria testimonianza temano per sé o per il coniuge o per i consanguinei o
gli affini più vicini infamia, pericolosi maltrattamenti o altri gravi mali.
Art. 1
Chi può essere testimone
Can. 1549 - Tutti possono essere testimoni, a meno che non siano espressamente riprovati dal
diritto in tutto o in parte.
Can. 1550 - § 1. Non siano ammessi a fare da testimone i minori al di sotto dei quattordici anni e i
deboli di mente; potranno tuttavia essere uditi per decreto del giudice, con il quale se ne dichiari
l'opportunità.
§ 2. Si reputano incapaci:
1° le parti in causa o coloro che compaiono in giudizio a loro nome, il giudice o i suoi assistenti,
l'avvocato e gli altri che assistono o abbiano assistito le parti nella stessa causa;
2° i sacerdoti per quanto concerne tutto ciò che fu loro rivelato nella confessione sacramentale,
anche se il penitente ne richieda la manifestazione; anzi, tutto ciò che da chiunque ed in qualunque
modo fu udito in occasione della confessione non può essere recepito neppure come indizio di
verità.
Art. 2
Presentazione ed esclusione dei testimoni
Can. 1551 - La parte che ha fatto venire in giudizio un testimone può rinunciare alla sua
escussione; ma la parte avversa può chiedere che ciononostante il teste sia interrogato.
Can. 1552 - § 1. Quando si chiede la prova tramite testimoni, siano indicati al tribunale i loro nomi
e il domicilio.
§ 2. Si esibiscano, entro il termine stabilito dal giudice, i punti degli argomenti sui quali si chiede
l'interrogatorio dei testimoni; altrimenti si ritenga abbandonata la richiesta.
Can. 1553 - Spetta al giudice limitare il numero troppo grande dei testimoni.
Can. 1554 - Prima che i testimoni siano interrogati, dei loro nominativi siano informate le parti; che
se ciò, a prudente valutazione del giudice, non sia possibile senza grave difficoltà, lo si faccia
almeno prima della pubblicazione delle deposizioni testimoniali.
Can. 1555 - Fermo restando il disposto del can. 1550, una parte può chiedere che un testimone sia
escluso, se sia dimostrata una giusta causa per l'esclusione prima dell'escussione del medesimo.
Can. 1556 - La citazione del testimone avviene con un decreto del giudice legittimamente
notificato.
Can. 1557 - Il testimone regolarmente citato compaia o renda nota al giudice la causa della sua
assenza.
Art. 3
L'esame dei testimoni
Can. 1558 - § 1. I testimoni devono essere interrogati nella sede stessa del tribunale, salvo diverso
parere del giudice.
§ 2. I Cardinali, i Patriarchi, i Vescovi e quelli che secondo il diritto del loro paese godono di egual
beneficio, siano uditi nel luogo da loro stessi prescelto.
§ 3. Il giudice decida dove devono essere uditi coloro ai quali, per la distanza, la malattia o altro
impedimento, sia impossibile o difficile raggiungere la sede del tribunale, ferme restando le
disposizioni dei cann. 1418 e 1469, § 2.
Can. 1559 - Le parti non possono assistere all'esame dei testimoni, a meno che il giudice non abbia
ritenuto di doverle ammettere. Possono tuttavia assistervi i loro avvocati o procuratori, a meno che
il giudice per circostanze di cose e di persone non abbia ritenuto doversi procedere in segreto.
Can. 1560 - § 1. I testimoni devono essere esaminati uno ad uno separatamente.
§ 2. Se i testimoni sono discordi in cosa grave tra di loro o con una parte, il giudice può riunire tra
loro o mettere a confronto coloro che sono in contraddizione, rimossi, per quanto è possibile, dissidi
e scandalo.
Can. 1561 - L'esame del testimone viene fatto dal giudice, o da un suo delegato o uditore, che deve
essere assistito dal notaio; di conseguenza le parti, il promotore di giustizia, il difensore del vincolo,
o gli avvocati che intervengano nell'esame, se hanno altre domande da fare al testimone, non le
facciano al testimone ma al giudice o a chi ne fa le veci, perché le rivolga lui stesso, salvo che la
legge particolare non disponga altrimenti.
Can. 1562 - § 1. Il giudice ricordi al teste il grave obbligo di dire tutta e sola la verità.
§ 2. Il giudice faccia giurare il testimone secondo il can. 1532; che se il testimone si rifiuti di
prestarlo, lo ascolti senza che abbia giurato.
Can. 1563 - Il giudice verifichi innanzitutto l'identità del testimone; domandi quale rapporto egli
abbia con le parti, e facendogli specificare domande sulla causa, lo interroghi anche sulle fonti della
sua conoscenza e quando precisamente seppe le cose che asserisce.
Can. 1564 - Le domande siano brevi, appropriate all'intelligenza di colui che deve essere
interrogato, non includano più elementi insieme, non siano cavillose, non siano subdole, non
suggeriscano la risposta, escludano qualunque offesa e riguardino la causa di cui si tratta.
Can. 1565 - § 1. Non si comunichino in precedenza ai testimoni le domande.
§ 2. Se tuttavia la materia su cui si deve deporre è così lontana nella memoria da non poter essere
affermata con certezza dal testimone senza essergli precedentemente richiamata, il giudice, quando
ritenga che lo si possa fare senza pericolo, prevenga il testimone su qualche particolare.
Can. 1566 - I testimoni facciano la testimonianza a voce, senza leggere, a meno che non si tratti di
dati numerici o di conti; in tal caso potranno consultare gli appunti che abbiano portato con sé.
Can. 1567 - § 1. La risposta deve essere immediatamente redatta per iscritto dal notaio e deve
riferire le stesse parole della testimonianza prodotta, almeno per quanto concerne direttamente la
materia del giudizio.
§ 2. Può essere ammesso l'uso del magnetofono, purché le risposte siano successivamente trascritte
e firmate, se possibile, da coloro che hanno deposto.
Can. 1568 - Il notaio riferisca in atti sul giuramento fatto, dispensato o rifiutato, sulla presenza
delle parti, sulle domande aggiunte d'ufficio e in genere su tutti i fatti degni di menzione
eventualmente accaduti durante l'escussione dei testimoni.
Can. 1569 - § 1. Al termine dell'interrogatorio si deve leggere al testimone quanto della sua
deposizione il notaio redasse per iscritto o fargli ascoltare al magnetofono ciò che fu registrato,
concedendogli facoltà di aggiungere, sopprimere, correggere e variare.
§ 2. Infine il testimone, il giudice e il notaio devono sottoscrivere l'atto.
Can. 1570 - I testimoni, benché già esaminati, potranno, ad istanza della parte o d'ufficio, prima che
gli atti o le testimonianze siano pubblicate, essere nuovamente chiamati a testimoniare, se il giudice
lo ritenga necessario o vantaggioso, purché non vi sia pericolo di qualsiasi segreta intesa o di
corruzione.
Can. 1571 - Ai testimoni, secondo un'equa tassazione stabilita dal giudice, si devono rifondere sia
le spese fatte sia il guadagno che essi persero per rendere la testimonianza.
Art. 4
Forza probante delle testimonianze
Can. 1572 - Nella valutazione delle testimonianze, il giudice, dopo aver richiesto, se necessario, le
lettere testimoniali, prenda in considerazione:
1° quale sia la condizione e l'onestà della persona;
2° se la testimonianza è fatta per conoscenza propria, soprattutto per aver veduto o udito
personalmente, oppure in base alla propria opinione, per fama o per averlo udito da altri;
3° se il testimone sia costante e fermamente coerente con se stesso, oppure sia variabile, insicuro
o dubbioso;
4° se abbia contestimoni su quanto ha deposto, e sia confermato o no da altri elementi di prova.
Can. 1573 - La deposizione di un solo testimone non può fare fede piena, a meno che non si tratti di
un testimone qualificato che deponga su cose fatte d'ufficio, o le circostanze di cose e di persone
suggeriscano altro.
Capitolo IV
I PERITI
Can. 1574 - Ci si deve servire dell'opera dei periti ogniqualvolta, secondo il disposto del diritto o
del giudice è necessario il loro esame o il parere, fondato sulle regole della pratica e della scienza,
per provare qualche fatto o per conoscere la vera natura di una cosa.
Can. 1575 - Spetta al giudice nominare i periti, udite le parti o su loro proposta, oppure, se del caso,
accettare relazioni già fatte da altri periti.
Can. 1576 - I periti vengono esclusi o possono essere ricusati per le stesse cause per le quali sono
esclusi i testimoni.
Can. 1577 - § 1. Il giudice, atteso quanto i contendenti abbiano eventualmente prodotto, definisca
con suo decreto i singoli punti sui quali si deve svolgere l'opera del perito.
§ 2. Al perito devono essere trasmessi gli atti di causa e gli altri documenti e sussidi di cui può aver
bisogno per eseguire correttamente e fedelmente il suo compito.
§ 3. Il giudice, udito il perito stesso, stabilisca il tempo entro il quale dovrà essere espletato l'esame
e presentata la relazione.
Can. 1578 - § 1. I periti facciano ciascuno la propia relazione distinta da quella degli altri, a meno
che il giudice non ordini che se ne faccia una sola che i singoli periti dovranno sottoscrivere; se ciò
avvenga, si annotino diligentemente le differenze dei pareri, se ce ne fossero.
§ 2. I periti devono indicare con chiarezza con quali documenti o in quali modi idonei abbiano
accertato l'identità delle persone, delle cose o dei luoghi, secondo quale metodo e criterio abbiano
proceduto nell'espletare il compito loro richiesto, e soprattutto su quali argomenti si fondino le loro
conclusioni.
§ 3. Il perito può essere convocato dal giudice perché fornisca le spiegazioni che sembrino
ulteriormente necessarie.
Can. 1579 - § 1. Il giudice valuti attentamente non soltanto le conclusioni dei periti, anche se
concordi, ma tutte le altre circostanze della causa.
§ 2. Quando espone le ragioni della decisione, deve esprimere quali argomenti lo hanno indotto ad
ammettere o a respingere le conclusioni dei periti.
Can. 1580 - Ai periti devono essere pagate le spese e gli oneri, che il giudice deve stabilire secondo
onestà e giustizia, osservato il diritto particolare.
Can. 1581 - § 1. Le parti possono designare periti privati, i quali devono essere approvati dal
giudice.
§ 2. Questi, se il giudice li ammette, possono esaminare, nella misura in cui sia necessario, gli atti di
causa, e prendere parte all'esecuzione della perizia; possono poi sempre presentare la loro relazione.
Capitolo V
ACCESSO ED ISPEZIONE GIUDIZIARIA
Can. 1582 - Se per la definizione della causa il giudice ritiene opportuno di recarsi in qualche luogo
o d'ispezionare qualche cosa, lo stabilisca con un decreto, con cui descriva sommariamente, dopo
aver udite le parti, tutto ciò che nell'ispezione deve essergli messo a disposizione.
Can. 1583 - Dell'ispezione fatta si rediga uno strumento.
Capitolo VI
LE PRESUNZIONI
Can. 1584 - La presunzione è la deduzione probabile da un fatto certo di una cosa incerta; è detta
iuris la presunzione che viene stabilita dalla legge stessa; è detta hominis quella che è formulata dal
giudice.
Can. 1585 - Chi ha dalla sua parte una presunzione iuris , viene liberato dall'onere della prova, che
ricade sulla parte avversa.
Can. 1586 - Il giudice non formuli presunzioni, che non sono stabilite dal diritto, se non sulla base
di un fatto certo e determinato, direttamente connesso con il fatto che è oggetto della controversia.
Titolo V
Le cause incidentali
Can. 1587 - Si ha una causa incidentale ogni qualvolta, cominciato il giudizio con la citazione,
viene proposta una questione, la quale, benché non contenuta espressamente nel libello
introduttorio della lite, risulta tuttavia così pertinente alla causa da dover essere per lo più risolta
prima della questione principale.
Can. 1588 - La causa incidentale si propone per iscritto o a voce, indicato il nesso che intercorre tra
essa e la causa principale, avanti al giudice competente e decidere la causa principale.
Can. 1589 - § 1. Il giudice, accolta la domanda e udite le parti, decida con la massima celerità se la
questione incidentale proposta sembri aver fondamento ed essere connessa al giudizio principale,
oppure se la si debba respingere fin da principio; e, posto che l'ammetta, se sia di tal gravità da
dover essere risolta con sentenza interlocutoria oppure con decreto.
§ 2. Se poi giudichi non doversi risolvere la questione incidentale prima della sentenza definitiva,
stabilisca che di essa si tenga conto quando si deciderà la causa principale.
Can. 1590 - § 1. Se la questione incidentale deve essere risolta con sentenza, si osservino le norme
circa il processo contenzioso orale, a meno che il giudice non ritenga diversamente, attesa la gravità
della cosa.
§ 2. Se poi la questione incidentale deve essere risolta con decreto, il tribunale può affidare la cosa
a un uditore o al presidente.
Can. 1591 - Prima che si concluda la causa principale il giudice o il tribunale possono,
intervenendo una ragione giusta, revocare o riformare il decreto o la sentenza interlocutoria, sia ad
istanza di una parte, sia d'ufficio, udite le parti.
Capitolo I
LE PARTI CHE NON SI PRESENTANO IN GIUDIZIO
Can. 1592 - § 1. Se la parte convenuta citata non si presentò in giudizio né scusò idoneamente la
sua assenza, o non rispose a norma del can. 1507, § 1, il giudice la dichiari assente dal giudizio e
decida che la causa, osservato quanto è prescritto, proceda fino a sentenza definitiva e alla sua
esecuzione.
§ 2. Prima che si emani il decreto di cui al § 1, deve constatare, anche a mezzo di una nuova
citazione se è necessario, che la citazione legittimamente fatta pervenne in tempo utile alla parte
convenuta.
Can. 1593 - § 1. La parte convenuta se in seguito si presenti in giudizio o abbia risposto prima della
decisione della causa, può addurre conclusioni e prove, fermo restando il disposto del can. 1600; il
giudice eviti però che il giudizio si protragga di proposito con ritardi troppo lunghi e non necessari.
§ 2. Benché non si sia presentata in giudizio né abbia risposto prima della decisione della causa,
può servirsi delle impugnazioni contro la sentenza; se poi provi di essere stata trattenuta da un
legittimo impedimento, che senza sua colpa non le fu possibile dimostrare, può anche servirsi della
querela di nullità.
Can. 1594 - Se l'attore non comparve nel giorno ed ora fissati per la contestazione della lite né
addusse idonea scusa:
1° il giudice lo citi una seconda volta;
2° se l'attore non obbedì alla nuova citazione, si presume abbia rinunciato all'istanza a norma dei
cann. 1524-1525;
3° se in seguito voglia intervenire nel processo, si osservi il can. 1593.
Can. 1595 - § 1. La parte assente dal giudizio, sia l'attore sia il convenuto, che non abbia dimostrato
di avere un giusto impedimento, è obbligata sia a pagare le spese della lite che furono fatte a motivo
della sua assenza, sia anche, se necessario, a indennizzare l'altra parte.
§ 2. Se l'attore e il convenuto furono assenti dal giudizio, sono solamente tenuti all'obbligo di
pagare le spese della lite.
Capitolo II
L'INTERVENTO DI UN TERZO NELLA CAUSA
Can. 1596 - § 1. Chi ne abbia interesse può essere ammesso ad intervenire nella causa, in
qualunque istanza della lite, sia come parte a difendere il proprio diritto, sia accessoriamente ad
aiutare una delle parti contendenti.
§ 2. Ma per essere ammesso deve presentare al giudice prima della conclusione della causa un
libello, in cui brevemente dimostri il proprio diritto d'intervenire.
§ 3. Chi interviene nella causa deve essere ammesso in quello stadio in cui essa si trova, dopo
avergli assegnato un termine breve e perentorio per presentare le sue prove, se la causa sia giunta
alla fase probatoria.
Can. 1597 - Il giudice, udite le parti, deve chiamare in giudizio un terzo, del quale sembri
necessario l'intervento.
Titolo VI
La pubblicazione degli atti, la conclusione in causa e la discussione della causa
Can. 1598 - § 1. Acquisite le prove, il giudice con decreto deve permettere alle parti e ai loro
avvocati, sotto pena di nullità, di prendere visione degli atti loro ancora sconosciuti presso la
cancelleria del tribunale; anzi agli avvocati che lo chiedano si può anche dare copia degli atti; ma
nelle cause che riguardano il bene pubblico il giudice, per evitare pericoli gravissimi, può decidere,
garantendo tuttavia sempre ed integralmente il diritto alla difesa, che qualche atto non sia fatto
conoscere a nessuno.
§ 2. Per completare le prove le parti possono presentarne altre al giudice; acquisite le quali, se
necessario a parere del giudice, avrà nuovamente luogo il decreto di cui al § 1.
Can. 1599 - § 1. Espletato tutto quanto riguarda le prove da produrre, si addiviene alla conclusione
in causa.
§ 2. Questa conclusione si ha ogniqualvolta o le parti dichiarano di non aver null'altro da addurre, o
il tempo utile stabilito dal giudice per produrre le prove è trascorso, o il giudice dichiara di ritenere
sufficientemente istruita la causa.
§ 3. Sulla compiuta conclusione in causa, in qualunque modo essa sia avvenuta, il giudice emetta un
decreto.
Can. 1600 - § 1. Dopo la conclusione in causa il giudice può convocare ancora gli stessi o altri
testimoni, oppure ordinare altre prove che in precedenza non furono richieste, soltanto:
1° nelle cause in cui si tratta del solo bene privato delle parti, se tutte le parti vi consentano;
2° nelle altre cause, udite le parti e purché vi sia una ragione grave e venga rimosso qualsiasi
pericolo di frode o di subornazione;
3° in tutte le cause, ogni qualvolta è probabile che, se la nuova prova non sia ammessa, si avrà
una sentenza ingiusta per le ragioni di cui al can. 1645, § 2, nn. 1-3.
§ 2. Il giudice può inoltre ordinare o ammettere che sia prodotto un documento, che, senza colpa
dell'interessato, non poté essere prodotto in precedenza.
§ 3. La nuove prove siano pubblicate, osservato il can. 1598, § 1.
Can. 1601 - Fatta la conclusione in causa, il giudice stabilisca un congruo spazio di tempo per
presentare le difese o le osservazioni.
Can. 1602 - § 1. Difese e osservazioni siano scritte, a meno che il giudice, d'accordo con le parti,
non reputi sufficiente il dibattimento durante la seduta del tribunale.
§ 2. Se le difese con i documenti principali vengono stampati, è richiesta la licenza previa del
giudice, salvo l'obbligo del segreto se ve ne sia alcuno.
§ 3. Per l'ampiezza della difesa, il numero degli esemplari ed altri particolari del genere, si osservi il
regolamento del tribunale.
Can. 1603 - § 1. Comunicate vicendevolmente le difese e le osservazioni, all'una e all'altra parte è
consentito presentare delle risposte entro un breve spazio di tempo stabilito dal giudice.
§ 2. Le parti abbiano questo diritto una sola volta, a meno che al giudice per una causa grave non
sembri lo si debba concedere un'altra volta; in tal caso allora la concessione fatta ad una parte si
intenda fatta anche all'altra.
§ 3. Il promotore di giustizia e il difensore del vincolo hanno diritto di replicare nuovamente alle
risposte delle parti.
Can. 1604 - § 1. E' assolutamente proibito alle parti, ai loro avvocati o anche ad altri di dare al
giudice informazioni, che rimangano fuori dagli atti di causa.
§ 2. Se la discussione della causa è fatta per iscritto, il giudice può stabilire che vi sia durante la
seduta del tribunale un moderato dibattimento orale per mettere in chiaro alcune questioni.
Can. 1605 - Al dibattimento orale di cui ai cann. 1602, § 1 e 1604, § 2, sia presente il notaio al fine
di riferire immediatamente per scritto, se il giudice lo ordini o la parte lo chieda e il giudice
acconsenta, sulle cose discusse e decise.
Can. 1606 - Se le parti abbiano trascurato di preparare in tempo utile la loro difesa o si rimettano
alla scienza e coscienza del giudice, questi, se dagli atti e da quanto è stato dimostrato ritenga
palesemente provata la causa, potrà immediatamente pronunciare la sentenza, dopo aver tuttavia
richiesto le osservazioni del promotore di giustizia e del difensore del vincolo, se intervengono nel
giudizio.
Titolo VII
I pronunciamenti del giudice
Can. 1607 - La causa trattata per via giudiziaria, se è principale viene decisa dal giudice con
sentenza definitiva; se è incidentale con sentenza interlocutoria, fermo restando il disposto del can.
1589, § 1.
Can. 1608 - § 1. Per pronunciare una sentenza qualsiasi si richiede nell'animo del giudice la
certezza morale su quanto deve decidere con essa.
§ 2. Il giudice deve attingere questa certezza dagli atti e da quanto è stato dimostrato.
§ 3. Il giudice deve poi valutare le prove secondo la sua coscienza, ferme restando le disposizioni
della legge su l'efficacia di talune prove.
§ 4. Il giudice che non abbia potuto conseguire quella certezza, sentenzi che non consta del diritto
dell'attore e prosciolga il convenuto, a meno che non si tratti di una causa che gode il favore del
diritto, nel qual caso si deve pronunciare a favore della medesima.
Can. 1609 - § 1. Nel tribunale collegiale, il presidente del collegio stabilisca il giorno e l'ora in cui i
giudici devono ritrovarsi per la decisione, e salvo una causa peculiare non suggerisca altrimenti, la
riunione si tenga nella sede stessa del tribunale.
§ 2. Fissata la data della riunione, i singoli giudici portino per iscritto le loro conclusioni in merito
alla causa e le ragioni sia in diritto sia in fatto, sulla base delle quali sono pervenuti alle rispettive
conclusioni; queste conclusioni, da mantenere sotto segreto, siano allegate agli atti di causa.
§ 3. Dopo aver invocato il Nome di Dio, esposte per ordine le conclusioni dei singoli secondo la
precedenza, in modo tuttavia che si abbia sempre inizio con il ponente o relatore della causa, si apra
la discussione sotto la guida del presidente del tribunale, soprattutto per concordare insieme ciò che
si deve stabilire nella parte dispositiva della sentenza.
§ 4. Nella discussione poi a ciascuno è permesso di recedere dalla sua precedente conclusione. Il
giudice tuttavia che non intende accedere alla decisione degli altri può esigere che, se vi sia
l'appello, le sue conclusioni siano trasmesse al tribunale superiore.
§ 5. Che se i giudici o non vogliono o non possono addivenire a sentenza nella prima discussione, la
decisione può essere differita ad una nuova riunione da tenersi non oltre una settimana, a meno che
a norma del can. 1600 non si debba completare l'istruttoria della causa.
Can. 1610 - § 1. Se il giudice è unico scriverà lui stesso la sentenza.
§ 2. Nel tribunale collegiale è il ponente o relatore a scrivere la sentenza, desumendo le motivazioni
da quelle addotte dai singoli giudici durante la discussione, a meno che i giudici a maggioranza non
abbiano stabilito le motivazioni da preferirsi; la sentenza infine dovrà essere sottoposta alla
approvazione dei singoli giudici.
§ 3. La sentenza deve essere pubblicata non oltre un mese dal giorno in cui la causa fu decisa, a
meno che, nel tribunale collegiale, i giudici per una grave ragione non abbiano stabilito un tempo
più lungo.
Can. 1611 - La sentenza deve:
1° definire la controversia discussa avanti al tribunale, dando una congrua risposta ai singoli
dubbi;
2° determinare quali siano gli obblighi delle parti sorti dal giudizio, e in quale modo debbano
essere adempiuti;
3° esporre le ragioni ossia i motivi, in diritto e in fatto, sui quali si fonda la parte dispositiva
della sentenza;
4° decidere sulle spese processuali.
Can. 1612 - § 1. E' necessario che la sentenza, dopo l'invocazione del Nome di Dio, esprima per
ordine quale sia il giudice o il tribunale; chi sia l'attore, la parte convenuta, il procuratore,
indicandone correttamente i nominativi e i domicili, chi sia il promotore di giustizia e il difensore
del vincolo, se ebbero parte nel giudizio.
§ 2. Deve quindi riferire brevemente la fattispecie con le conclusioni delle parti e la formulazione
dei dubbi.
§ 3. A queste cose faccia seguito la parte dispositiva della sentenza, premesse le ragioni sulle quali
si regge.
§ 4. Si chiuda con l'indicazione del giorno e del luogo in cui fu pronunciata, con le firme del
giudice, o, se il tribunale è collegiale, di tutti i giudici e del notaio.
Can. 1613 - Le regole sopra riferite circa la sentenza definitiva, devono essere adattate anche
all'interlocutoria.
Can. 1614 - La sentenza sia al più presto pubblicata, indicati i modi secondo i quali la si può
impugnare; essa non ha alcun valore prima della pubblicazione, anche se la parte dispositiva,
permettendolo il giudice, fu resa nota alle parti.
Can. 1615 - La pubblicazione o intimazione della sentenza può avvenire o dandone un esemplare
alle parti o ai loro procuratori, oppure trasmettendo ai medesimi l'esemplare stesso a norma del can.
1509.
Can. 1616 - § 1. Se nel testo della sentenza sia sfuggito un errore di calcolo o vi sia stato un errore
materiale nella trascrizione della parte dispositiva oppure nel riferire i fatti o le petizioni delle parti
o sia stato omesso quanto richiede il can 1612, § 4, la sentenza deve essere corretta o completata dal
tribunale stesso che l'ha emanata, sia ad istanza della parte sia d'ufficio, udite tuttavia le parti e con
decreto apposto in calce alla sentenza.
§ 2. Se una parte fa opposizione, la questione incidentale sia definita per decreto.
Can. 1617 - Tutti gli altri pronunciamenti del giudice oltre alla sentenza, sono decreti, che, salvo
non siano mere ordinanze, non hanno valore, se non esprimano almeno sommariamente i motivi
oppure rinviino ai motivi espressi in un altro atto.
Can. 1618 - La sentenza interlocutoria o il decreto hanno valore di sentenza definitiva se
impediscono il giudizio o pongono fine al giudizio stesso o ad un grado di esso, nei riguardi di
almeno una delle parti in causa.
Titolo VIII
Impugnazione della sentenza
Capitolo I
QUERELA DI NULLITA' CONTRO LA SENTENZA
Can. 1619 - Fermi restando i cann. 1622 e 1623, la nullità degli atti stabilita dal diritto positivo, che
pur essendo nota alla parte proponente la querela non fu denunziata al giudice prima della sentenza,
si considera sanata per mezzo della sentenza stessa ogniqualvolta si tratta di una causa relativa al
bene di privati.
Can. 1620 - La sentenza è viziata da nullità insanabile se:
1° fu emessa da un giudice incompetente d'incompetenza assoluta;
2° fu emessa da un giudice privo della potestà di giudicare nel tribunale dove la causa fu decisa;
3° fu emessa da un giudice a ciò coatto gravemente con violenza o timore grave;
4° il giudizio fu fatto senza la domanda giudiziale di cui al can. 1501, oppure non fu istituito
contro una parte convenuta;
5° fu emessa tra parti, di cui almeno una non aveva capacità di stare in giudizio;
6° qualcuno agì in nome di un altro senza legittimo mandato;
7° all'una o all'altra parte si negò il diritto alla difesa;
8° non definì la controversia, neppure parzialmente.
Can. 1621 - La querela di nullità, di cui al can. 1620, può essere proposta a modo di eccezione
senza limiti di tempo, e a modo di azione avanti al giudice che emise la sentenza entro dieci anni a
partire dal giorno della pubblicazione della sentenza.
Can. 1622 - La sentenza è viziata solo da nullità sanabile, se:
1° fu emessa da un numero non legittimo di giudici, contro il disposto del can. 1425, § 1;
2° non contiene i motivi o le ragioni della decisione;
3° manca delle firme prescritte dal diritto;
4° non riporta l'indicazione dell'anno, mese, giorno e luogo in cui fu emessa;
5° si regge su un atto giudiziale nullo o non sanato a norma del can. 1619;
6° fu emessa contro una parte legittimamente assente, secondo il can. 1593, § 2.
Can. 1623 - La querela di nullità nei casi di cui al can. 1622, può essere proposta entro tre mesi
dalla notizia della pubblicazione della sentenza.
Can. 1624 - Esamina la querela di nullità lo stesso giudice che ha emesso la sentenza; che se la
parte tema che il giudice che ha emesso la sentenza impugnata con la querela di nullità sia
prevenuto e pertanto lo ritenga sospetto, può esigere che sia sostituito da un altro giudice a norma
del can. 1450.
Can. 1625 - La querela di nullità può essere proposta insieme all'appello, entro il termine stabilito
per appellare.
Can. 1626 - § 1. Possono interporre querela di nullità non solo le parti che si ritengono onerate, ma
anche il promotore di giustizia o il difensore del vincolo ogniqualvolta hanno diritto d'intervenire.
§ 2. Il giudice stesso può ritrattare d'ufficio la propria sentenza nulla o correggerla entro il termine
stabilito per agire dal can. 1623, a meno che nel frattempo non sia stato interposto appello insieme
alla querela di nullità o la nullità sia stata sanata per il decorso del termine di cui al can. 1623.
Can. 1627 - Le cause sulla querela di nullità possono essere trattate secondo le norme del processo
contenzioso orale.
Capitolo II
L'APPELLO
Can. 1628 - La parte che si considera onerata da una sentenza, e parimenti il promotore di giustizia
e il difensore del vincolo nelle cause in cui la loro presenza è richiesta, hanno diritto di appellare
contro la sentenza avanti al giudice superiore, salvo il disposto del can. 1629.
Can. 1629 - Non di dà luogo all'appello:
1° contro una sentenza emessa dallo stesso Sommo Pontefice o dalla Segnatura Apostolica;
2° contro una sentenza nulla, salvo non lo si faccia congiuntamente alla querela di nullità a
norma del can. 1625;
3° contro una sentenza passata in giudicato;
4° contro il decreto del giudice o una sentenza interlocutoria, che non abbiano valore di sentenza
definitiva,a meno che non lo si faccia insieme all'appello contro la sentenza definitiva;
5° contro una sentenza o un decreto in una causa nella quale il diritto stabilisce si debba definire
la questione con la massima celerità.
Can. 1630 - § 1. L'appello deve essere interposto avanti al giudice che ha emesso la sentenza, nel
termine perentorio di quindici giorni utili dalla notizia della pubblicazione della sentenza.
§ 2. Se l'appello è fatto a voce, il notaio lo rediga per iscritto avanti allo stesso appellante.
Can. 1631 - Se insorge una questione sul diritto di appello, la esamini con la massima celerità il
tribunale di appello secondo le norme del processo contenzioso orale.
Can. 1632 - § 1. Se nell'appello non è indicato a quale tribunale esso è diretto, si presume fatto al
tribunale di cui ai cann. 1438 e 1439.
§ 2. Se l'altra parte ricorre ad un tribunale di appello diverso, esamina la causa il tribunale superiore
in grado, salvo il can. 1415.
Can.1633 - L'appello deve essere proseguito avanti al giudice al quale è diretto entro un mese dalla
sua interposizione, a meno che il giudice che ha emesso la sentenza non abbia stabilito alla parte un
tempo più lungo per la prosecuzione.
Can. 1634 - § 1. Per la prosecuzione dell'appello si richiede e basta che la parte invochi il ministero
del giudice superiore perché corregga la sentenza impugnata, allegando copia di questa sentenza e
indicando le ragioni dell'appello.
§ 2. Che se la parte non possa ottenere entro il tempo utile copia della sentenza impugnata dal
tribunale che l'ha emessa, nel frattempo non decorrono i termini, e l'impedimento va segnalato al
giudice di appello, il quale obbligherà con precetto il giudice che ha emesso la sentenza ad
adempiere al più presto il suo dovere.
§ 3. Nel frattempo il giudice che ha emesso la sentenza deve trasmettere al giudice di appello gli atti
a norma del can. 1474.
Can. 1635 - Trascorsi inutilmente i fatalia per l'appello sia avanti al giudice che ha emesso la
sentenza sia avanti al giudice di appello, si ritiene abbandonato l'appello.
Can. 1636 - § 1. L'appellante può rinunciare all'appello con gli effetti di cui al can. 1525.
§ 2. Se l'appello fu interposto dal difensore del vincolo o dal promotore di giustizia, la rinuncia può
essere fatta, a meno che la legge non stabilisca altrimenti, dal difensore del vincolo o dal promotore
di giustizia del tribunale d'appello.
Can. 1637 - § 1. L'appello fatto dall'attore vale anche per il convenuto e viceversa.
§ 2. Se sono parecchi i convenuti o gli attori, e da uno o contro uno di essi soltanto viene impugnata
la sentenza, l'impugnazione si considera fatta da tutti e contro tutti ogni qualvolta la cosa richiesta
sia indivisibile o l'obbligo in solido.
§ 3. Se l'appello è interposto da una parte su qualche capitolo della sentenza, la parte avversa,
benché i fatalia per l'appello siano trascorsi, può incidentalmente appellare sugli altri capitoli entro
il termine perentorio di quindici giorni dalla data in cui le fu notificato l'appello principale.
§ 4. Salvo non costi altro, l'appello si presume fatto contro tutti i capitoli della sentenza.
Can. 1638 - L'appello sospende l'esecuzione della sentenza.
Can. 1639 - § 1. Salvo il disposto del can. 1683, nel grado di appello non può essere ammessa una
nuova causa per la domanda, neppure sotto forma di cumulazione per ragioni di utilità; pertanto la
contestazione della lite può riferirsi esclusivamente alla conferma o alla riforma della prima
sentenza in tutto o in parte.
§ 2. Nuove prove poi sono ammesse soltanto a norma del can 1600.
Can. 1640 - Nel grado d'appello si deve procedere allo stesso modo che in prima istanza, salve le
debite proporzioni; ma, se non si debbano eventualmente completare le prove, si addivenga alla
discussione e alla sentenza immediatamente dopo la contestazione della lite fatta a norma dei cann.
1513, § 1 e 1639, § 1.
Titolo IX
La cosa giudicata e la restitutio in integrum
Capitolo I
LA COSA GIUDICATA
Can. 1641 - Fermo restando il disposto del can. 1643, la cosa passa in giudicato:
1° se tra le medesime parti ci furono due sentenze conformi sulla stessa richiesta e per lo stesso
motivo;
2° se l'appello contro la sentenza non fu interposto entro il tempo utile;
3° se in grado di appello l'istanza andò perenta o si rinunciò ad essa;
4° se fu emessa una sentenza definitiva contro la quale non è dato appello a norma del can. 1629.
Can. 1642 - § 1. La cosa passata in giudicato gode della stabilità del diritto e non può essere
direttamente impugnata se non a norma del can. 1645, § 1.
§ 2. La stessa fa legge tra le parti e permette un'azione di giudicato e un'eccezione di cosa giudicata,
la quale può anche essere dichiarata d'ufficio dal giudice per impedire una nuova introduzione della
stessa causa.
Can. 1643 - Le cause sullo stato delle persone, non escluse le cause per la separazione dei coniugi,
non passano mai in giudicato.
Can. 1644 - § 1. Se furono emesse due sentenze conformi in una causa sullo stato delle persone, si
può adire il tribunale di appello in qualsiasi momento, adducendo nuove e gravi prove o argomenti
entro il termine perentorio di trenta giorni da quando l'impugnazione fu proposta. Il tribunale di
appello poi entro un mese dalla presentazione delle nuove prove e degli argomenti deve stabilire
con decreto se la nuova proposizione della causa si debba ammettere o no.
§ 2. L'appello al tribunale superiore per ottenere la nuova proposizione della causa non sospende
l'esecuzione della sentenza a meno che la legge non stabilisca altrimenti oppure il tribunale
d'appello non ordini la sospensione a norma del can. 1650, § 3.
Capitolo II
LA RESTITUTIO IN INTEGRUM
Can. 1645 - § 1. Contro una sentenza che sia passata in giudicato, purché consti palesemente della
sua ingiustizia, si dà la restitutio in integrum.
§ 2. Non si ritiene che consti palesemente l'ingiustizia, se non quando:
1° la sentenza si appoggia talmente a prove successivamente trovate false, che senza di esse la
parte dispositiva della sentenza non regga;
2° furono in seguito scoperti documenti che dimostrano senza incertezza fatti nuovi e che
esigono una decisione contraria;
3° la sentenza fu emessa per dolo di una parte e a danno dell'altra;
4° fu evidentemente trascurato il disposto di una legge che non sia semplicemente procedurale;
5° la sentenza va contro una precedente decisione passata in giudicato.
Can. 1646 - § 1. La restitutio in integrum per i motivi di cui al can. 1645, § 2, nn.1-3, deve essere
chiesta al giudice che ha emesso la sentenza entro tre mesi, da computarsi a partire dal giorno in cui
venne a conoscenza degli stessi motivi.
§ 2. La restitutio in integrum per i motivi di cui al can. 1645, § 2, nn. 4-5, deve essere chiesta al
tribunale di appello entro tre mesi dalla notizia della pubblicazione della sentenza; che se nel caso
di cui al can. 1645, § 2, n. 5, la notizia della precedente decisione si abbia più tardi, il termine
decorre da questa data.
§ 3. I termini di cui sopra non decorrono per tutto il tempo in cui la persona lesa è di età minore.
Can. 1647 - § 1. La richiesta di restitutio in integrum sospende l'esecuzione della sentenza non
ancora intrapresa.
§ 2. Se tuttavia da probabili indizi ci sia il sospetto che la richiesta fu fatta per porre ritardi
all'esecuzione, il giudice può decidere che la sentenza sia mandata ad esecuzione, assegnata tuttavia
un'idonea cauzione a chi chiede la restitutio , sicché non abbia danni se questa gli sia concessa.
Can. 1648 - Concessa la restitutio in integrum il giudice deve sentenziare sul merito della causa.
Titolo X
Spese giudiziarie e gratuito patrocinio
Can. 1649 - § 1. Il Vescovo, al quale spetta dirigere il tribunale, stabilisca norme per la propria
diocesi o regione:
1° sulla condanna delle parti a pagare o compensare le spese del giudizio;
2° sugli onorari ai procuratori, avvocati, periti ed interpreti, e sul rimborso spese ai testimoni;
3° sulla concessione del gratuito patrocinio o sulla riduzione delle spese;
4° sulla riparazione dei danni, dovuta da chi non soltanto perse la causa, ma la fece
sconsideratamente;
5° sul deposito pecuniario o cauzionale che deve essere fatto relativamente alle spese da pagare e
ai danni da riparare.
§ 2. Contro l'ordine relativo alle spese, agli onorari e alla riparazione dei danni non si dà un appello
distinto; la parte può tuttavia ricorrere entro quindici giorni allo stesso giudice, il quale potrà
modificare la tassazione.
Titolo XI
L'esecuzione della sentenza
Can. 1650 - § 1. La sentenza che passò in giudicato può essere mandata ad esecuzione, salvo il
disposto del can. 1647.
§ 2. Il giudice che ha emesso la sentenza, e, se fu interposto appello, anche il giudice di appello,
possono ordinare d'ufficio o ad istanza della parte l'esecuzione provvisoria di una sentenza che non
sia ancora passata in giudicato, stabilire, se del caso, idonee cauzioni, qualora si tratti di
provvedimenti o di prestazioni ordinarie al necessario sostentamento oppure urga un'altra giusta
causa.
§ 3. Che se la sentenza di cui al § 2. viene impugnata, il giudice che deve esaminare
l'impugnazione, qualora veda che questa ha un fondamento probabile e che dalla esecuzione può
insorgere un danno irreparabile, può sospendere la esecuzione oppure sottoporla a cauzione.
Can. 1651 - Non potrà avere luogo l'esecuzione prima che il giudice abbia emesso il decreto
esecutivo, con il quale si stabilisce che la sentenza stessa deve essere mandata ad esecuzione;
questo decreto a seconda della diversa natura delle cause, sia incluso nel testo stesso della sentenza
oppure sia edito separatamente.
Can. 1652 - Se l'esecuzione della sentenza esige prima un rendiconto, si ha una questione
incidentale, da decidersi da quello stesso giudice che emise la sentenza da mandare ad esecuzione.
Can. 1653 - § 1. A meno che la legge particolare non stabilisca altro, deve mandare ad esecuzione
la sentenza, personalmente o tramite altri, il Vescovo della diocesi in cui fu emessa la sentenza di
primo grado.
§ 2. Che se questi non lo voglia fare o sia negligente, l'esecuzione spetta, ad istanza della parte
interessata o anche d'ufficio, all'autorità cui è soggetto il tribunale di appello a norma dl can. 1339,
§ 3.
§ 3. Per i religiosi l'esecuzione della sentenza spetta al Superiore che emise la sentenza da mandare
ad esecuzione o delegò il giudice.
Can. 1654 - § 1. L'esecutore, salvo alcunché non sia lasciato al suo arbitrio dal tenore stesso della
sentenza, deve mandare ad esecuzione la sentenza stessa, secondo il senso ovvio delle parole.
§ 2. Al medesimo è consentito di occuparsi delle eccezioni circa il modo e il valore dell'esecuzione,
non però del merito della causa; che se fosse altrimenti edotto che la sentenza è nulla o palesemente
ingiusta a norma dei cann. 1620, 1622 e 1645, si astenga dall'esecuzione, e rinvii la cosa al tribunale
che ha emesso la sentenza, dopo averne informato le parti.
Can. 1655 - § 1. Per quanto concerne le azioni reali, ogniqualvolta sia aggiudicata all'attore una
cosa, questa deve essergli data non appena la causa passa in giudicato.
§ 2. Trattandosi poi di azioni personali, quando l'imputato fu condannato a dare una cosa mobile, o
a pagare una somma di denaro oppure a dare o fare altro, il giudice nel tenore stesso della sentenza
o l'esecutore a sua prudente discrezione stabilisca un termine per l'adempimento dell'obbligo, che
tuttavia non dovrà esser ristretto al di sotto dei quindici giorni e non andare altre sei mesi.
SEZIONE II
IL PROCESSO CONTENZIOSO ORALE
Can. 1656 - § 1. Con processo contenzioso orale, di cui in questa sezione, possono essere trattate
tutte le cause che il diritto non escluda, a meno che una parte non chieda il processo contenzioso
ordinario.
§ 2. Se il processo orale sia usato al di fuori dei casi permessi dal diritto, gli atti giudiziari sono
nulli.
Can. 1657 - Il processo contenzioso orale si svolge in primo grado avanti ad un giudice unico, a
norma del can. 1424.
Can. 1658 - § 1. Il libello con cui s'introduce la lite, oltre alle esigenze enumerate nel can. 1504,
deve:
1° esporre brevemente, in maniera integrale e con chiarezza, i fatti sui quali si fondano le
richieste dell'attore;
2° indicare le prove con le quali l'attore intende dimostrare i fatti e che egli non può addurre
contemporaneamente, in modo che possano essere immediatamente raccolte dal giudice.
§ 2. Al libello devono essere allegati, almeno in copia autentica, i documenti su cui si fonda la
domanda.
Can. 1659 - § 1. Qualora il tentativo di riconciliazione a norma del can. 1446, § 2, si sia dimostrato
inutile, il giudice, se ritiene che il libello abbia qualche fondamento, entro tre giorni, con un decreto
apposto in calce al libello stesso, ordini che un esemplare della domanda sia reso noto alla parte
convenuta, dando a questa facoltà di mandare, entro quindici giorni, alla cancelleria del tribunale
una risposta scritta.
§ 2. Questa notificazione ha gli effetti della citazione giudiziaria, di cui al can. 1512.
Can. 1660 - Qualora le eccezioni della parte convenuta lo esigano, il giudice fissi un termine alla
parte attrice per rispondere, così che dagli elementi addotti da entrambi egli abbia chiaro l'oggetto
della controversia.
Can. 1661 - § 1. Trascorsi i termini di cui ai cann. 1659 e 1660, il giudice, visti gli atti, determini la
formulazione del dubbio; quindi citi tutti coloro che devono comparire ad una udienza, da tenersi
non oltre un mese, allegando per le parti la formulazione del dubbio.
§ 2. Nella citazione le parti siano informate che possono presentare un breve scritto al tribunale a
comprovare le loro asserzioni, tre giorni almeno prima della udienza.
Can. 1662 - Nell'udienza in primo luogo sono trattate le questioni di cui ai cann. 1459-1464.
Can. 1663 - § 1. Le prove sono raccolte durante l'udienza, salvo il disposto del can. 1418.
§ 2. La parte e il suo avvocato possono assistere all'escussione delle altre parti, dei testimoni e dei
periti.
Can. 1664 - Le risposte delle parti, dei testimoni e dei periti, le richieste e le eccezioni degli
avvocati devono essere redatte per iscritto dal notaio, ma sommariamente e soltanto relativamente
alla sostanza della cosa controversa e devono essere sottoscritte da coloro che depongono.
Can. 1665 - Le prove che non siano addotte o richieste nella domanda o nelle risposte, possono
essere ammesse dal giudice solo a norma del can. 1452; dopo che anche un solo teste fu ascoltato, il
giudice può disporre di richiedere nuove prove soltanto a norma del can. 1600.
Can. 1666 - Se nell'udienza non fu possibile raccogliere tutte le prove, si stabilisca una seconda
udienza.
Can. 1667 - Raccolte le prove, nella stessa udienza avviene il dibattimento orale.
Can. 1668 - § 1. A meno che dal dibattimento non si evidenzi la necessità di un supplemento di
istruttoria o vi sia altro che impedisca di pronunciare nel dovuto modo la sentenza, il giudice, in
quello stesso luogo, conclusa l'udienza, decida separatamente la causa; la parte dispositiva della
sentenza sia immediatamente letta alle parti presenti.
§ 2. Il tribunale tuttavia,per la difficoltà della cosa o per altra giusta causa, può differire la decisione
fino al quinto giorno utile.
§ 3. Il testo integrale della sentenza, espressamente motivata, sia notificato alle parti al più presto e
ordinariamente non altre quindici giorni.
Can. 1669 - Qualora il tribunale d'appello riscontri che nel primo grado di giudizio fu impiegato il
processo contenzioso orale nei casi esclusi dal diritto, dichiari la nullità della sentenza e rinvii la
causa al tribunale che ha emesso la sentenza.
Can. 1670 - Per tutto il resto che si riferisce al modo di procedere si osservino le disposizioni sul
giudizio contenzioso ordinario. Il tribunale poi con suo decreto, corredato dei motivi, può derogare
a quelle norme processuali che non siano stabilite per la validità, allo scopo di renderlo più spedito,
salva la giustizia.
PARTE III
ALCUNI PROCESSI SPECIALI
Titolo I
I processi matrimoniali
Capitolo I
LE CAUSE PER LA DICHIARAZIONE DI NULLITA' DEL MATRIMONIO
Art. 1
Il tribunale competente
Can. 1671 - Le cause matrimoniali dei battezzati per diritto proprio spettano al giudice
ecclesiastico.
Can. 1672 - Le cause sugli effetti puramente civili del matrimonio spettano al magistrato civile, a
meno che il diritto particolare non stabilisca che le medesime cause, qualora siano trattate
incidentalmente e accessoriamente, possano essere esaminate e decise dal giudice ecclesiastico.
Can. 1673 - Sulle cause di nullità del matrimonio che non siano riservate alla Sede Apostolica è
competente:
1° il tribunale del luogo in cui il matrimonio fu celebrato;
2° il tribunale del luogo in cui la parte convenuta ha il domicilio o il quasi-domicilio;
3° il tribunale del luogo in cui la parte attrice ha il domicilio, purché entrambe le parti risiedano
nel territorio della stessa Conferenza Episcopale, e il Vicario giudiziale del luogo di domicilio della
parte convenuta, udita la medesima, sia d'accordo;
4° il tribunale del luogo in cui di fatto si debba raccogliere la maggior parte delle prove, purché
si aggiunga il consenso del Vicario giudiziale del luogo della parte convenuta, il quale prima la
interroghi, se mai abbia qualcosa da eccepire.
Art. 2
Diritto di impugnare il matrimonio
Can. 1674 - Sono abili ad impugnare il matrimonio:
1° i coniugi;
2° il promotore di giustizia, quando la nullità sia già stata divulgata, se non si possa convalidare
il matrimonio o non sia opportuno.
Can. 1675 - § 1. Il matrimonio che, viventi entrambi i coniugi, non fu accusato, non può più esserlo
dopo la morte di entrambi o di uno di essi, a meno che la questione della validità non pregiudichi la
soluzione di un'altra controversia sia in foro canonico sia in foro civile.
§ 2. Se poi un coniuge muore durante il processo, si osservi il can. 1518.
Art. 3
L'ufficio dei giudici
Can. 1676 - Il giudice prima di accettare la causa ed ogniqualvolta intraveda una speranza di buon
esito, faccia ricorso a mezzi pastorali, per indurre i coniugi, se è possibile, a convalidare
eventualmente il matrimonio e a ristabilire la convivenza coniugale.
Can. 1677 - § 1. Accolto il libello il presidente o il ponente notifichi il decreto di citazione a norma
del can. 1508.
§ 2. Trascorso il termine di quindici giorni dalla notifica il presidente o il ponente, a meno che una
delle parti non abbia richiesto l'udienza per la contestazione della lite, entro dieci giorni stabilisca
d'ufficio con suo decreto la formulazione del dubbio o dei dubbi e la notifichi alle parti.
§ 3. La formula del dubbio non chieda soltanto se consta della nullità del matrimonio nel caso, ma
deve anche determinare per quale capo o per quali capi è impugnata la validità delle nozze.
§ 4. Dopo dieci giorni dalla notificazione del decreto, se le parti non obiettano nulla, il presidente o
il ponente con un nuovo decreto stabilisca l'istruttoria della causa.
Art. 4
Le prove
Can. 1678 - § 1. Il difensore del vincolo, i patroni delle parti, e, se intervenga nel giudizio, anche il
promotore di giustizia, hanno diritto:
1° di essere presenti all'esame delle parti, dei testimoni e dei periti, salvo il disposto del can.
1559;
2° di prendere visione degli atti giudiziari, benché non ancora pubblicati, e di esaminare i
documenti prodotti dalle parti.
§ 2. Le parti non possono assistere all'esame di cui al § 1, n. 1.
Can. 1679 - A meno che non si abbia da altra fonte pienezza di prove, il giudice, per valutare a
norma del can. 1536 le deposizioni delle parti, si serva, se è possibile, di testimoni sulla credibilità
delle parti stesse, oltre ad altri indizi ed amminicoli.
Can. 1680 - Nelle cause sull'impotenza o sul difetto di consenso per malattia mentale, il giudice si
serva dell'opera di uno o più periti, a meno che dalle circostanze non appaia evidentemente inutile;
nelle rimanenti cause si osservi il disposto del can. 1574.
Art. 5
La sentenza e l'appello
Can. 1681 - Ogniqualvolta nell'istruttoria della causa fosse insorto un dubbio assai probabile che il
matrimonio non sia stato consumato, il tribunale, sospesa la causa di nullità con il consenso delle
parti, può completare l'istruttoria in vista della dispensa super rato , ed infine trasmettere gli atti alla
Sede Apostolica insieme alla domanda di dispensa di uno o di entrambi i coniugi ed al voto del
tribunale e del Vescovo.
Can. 1682 - § 1. La sentenza che da principio dichiarò la nullità del matrimonio insieme agli
appelli, se ce ne furono, e agli altri atti del giudizio, siano trasmessi d'ufficio al tribunale di appello
entro venti giorni dalla pubblicazione della sentenza.
§ 2. Se fu emanata una sentenza a favore della nullità del matrimonio in primo grado, il tribunale di
appello, ponderate le osservazioni del difensore del vincolo e anche delle parti, se ve ne siano, con
suo decreto confermi sollecitamente la decisione oppure ammetta la causa all'esame ordinario del
nuovo grado.
Can. 1683 - Se nel grado di appello si adduca un nuovo capo di nullità del matrimonio, il tribunale
lo può ammettere e su di esso giudicare come se fosse in prima istanza.
Can. 1684 - § 1. Dopo che la sentenza che dichiarò la nullità del matrimonio in primo grado fu
confermata in grado di appello con un decreto o una seconda sentenza, coloro, il cui matrimonio fu
dichiarato nullo, possono contrarre nuove nozze, non appena il decreto o la nuova sentenza siano
stati loro notificati, a meno che non lo proibisca un divieto apposto alla sentenza stessa o al decreto
oppure stabilito dall'Ordinario del luogo.
§ 2. Le disposizioni del can. 1644 devono essere osservate, anche se la sentenza che dichiarò la
nullità del matrimonio fu confermata non già con un'altra sentenza, ma con decreto.
Can. 1685 - Non appena la sentenza diviene esecutiva, il Vicario giudiziale la deve notificare
all'Ordinario del luogo in cui fu celebrato il matrimonio. Questi poi deve provvedere affinché al più
presto si faccia menzione nei registri dei matrimoni e dei battezzati della nullità di matrimonio
decretata e degli eventuali divieti stabiliti.
Art. 6
Il processo documentale
Can. 1686 - Ricevuta la domanda presentata a norma del can. 1677, il Vicario giudiziale o un
giudice dal medesimo designato, tralasciate le formalità del processo ordinario, citate però le parti e
con l'intervento del difensore del vincolo, può dichiarare con sentenza la nullità del matrimonio, se
da un documento che non sia soggetto a contraddizione o ad eccezione alcuna, consti con certezza
l'esistenza di un impedimento dirimente o la mancanza della forma legittima, purché sia chiaro con
eguale sicurezza che non fu concessa la dispensa, oppure che il procuratore non aveva un mandato
valido.
Can. 1687 - § 1. Contro questa dichiarazione il difensore del vincolo, se prudentemente giudichi
che non vi sia certezza dei difetti di cui al can. 1686 o della mancata dispensa, deve appellare al
giudice di seconda istanza, al quale si devono trasmettere gli atti ammonendolo per iscritto che si
tratta di un processo documentale.
§ 2. Alla parte che si ritiene onerata resta il diritto di appellare.
Can. 1688 - Il giudice di seconda istanza, con l'intervento del difensore del vincolo e dopo aver
udito le parti, decida allo stesso modo di cui al can. 1686 se la sentenza debba essere confermata o
se piuttosto si debba procedere nella causa per il tramite ordinario del diritto; nel qual caso la
rimandi al tribunale di prima istanza.
Art. 7
Norme generali
Can. 1689 - Nella sentenza si ammoniscano le parti sugli obblighi morali o anche civili, cui siano
eventualmente tenute l'una verso l'altra e verso la prole, per quanto riguarda il sostentamento e
l'educazione.
Can. 1690 - Le cause per la dichiarazione di nullità del matrimonio non possono essere trattate con
il processo contenzioso orale.
Can. 1691 - In tutto il resto attinente al modo di procedere, si devono applicare, salvo la natura
della cosa non si opponga, i canoni sui giudizi in generale e sul giudizio contenzioso ordinario,
osservate le norme speciali per le cause sullo stato delle persone e per le cause riguardanti il bene
pubblico.
Capitolo II
CAUSE DI SEPARAZIONE DEI CONIUGI
Can. 1692 - § 1. La separazione personale dei coniugi battezzati, salvo non sia legittimamente
disposto altro per luoghi particolari, può essere definita con decreto del Vescovo diocesano, oppure
con sentenza del giudice a norma dei canoni seguenti.
§ 2. Dove la decisione ecclesiastica non ottiene effetti civili o si preveda una sentenza civile non
contraria al diritto divino, il Vescovo della diocesi dove dimorano i coniugi, ponderate le peculiari
circostanze, potrà concedere licenza di ricorrere al tribunale civile.
§ 3. Se la causa verte anche sugli effetti puramente civili del matrimonio, il giudice faccia in modo
che, osservato il disposto del § 2, la causa fin dal suo inizio sia presentata avanti al tribunale civile.
Can. 1693 - § 1. Salvo che una parte o il promotore di giustizia chiedano il processo contenzioso
ordinario, si faccia uso del processo contenzioso orale.
§ 2. Se si è fatto uso del processo contenzioso ordinario ed è stato interposto l'appello, il tribunale di
secondo grado proceda a norma del can. 1682, § 2, osservato quanto è prescritto.
Can. 1694 - Per quanto concerne la competenza del tribunale si osservi il disposto del can. 1673.
Can. 1695 - Il giudice, prima di accettare la causa ed ogniqualvolta intraveda una speranza di buon
esito, faccia uso di mezzi pastorali, affinché i coniugi si riconcilino e siano indotti a ristabilire la
convivenza coniugale.
Can. 1696 - Le cause di separazione dei coniugi riguardano anche il bene pubblico; in esse deve
pertanto sempre intervenire il promotore di giustizia a norma del can. 1433.
Capitolo III
PROCESSO PER DISPENSA DAL MATRIMONIO RATO E NON CONSUMATO
Can. 1697 - I solo coniugi, o uno di essi benché l'altro sia contrario, hanno diritto di chiedere la
grazia della dispensa dal matrimonio rato e non consumato.
Can. 1698 - § 1. La sola Sede Apostolica giudica sul fatto della inconsumazione del matrimonio e
sulla esistenza di una giusta causa per la concessione della dispensa.
§ 2. La dispensa poi è concessa esclusivamente dal Romano Pontefice.
Can. 1699 - § 1. Per l'accettazione del libello con cui si chiede la dispensa è competente il Vescovo
della diocesi ove l'oratore ha il domicilio o il quasi-domicilio; questi, se consta il fondamento della
domanda, deve ordinare l'istruzione del processo.
§ 2. Se il caso proposto tuttavia presenta speciali difficoltà di ordine giuridico o morale, il Vescovo
diocesano consulti la Sede Apostolica.
§ 3. Contro il decreto con cui il Vescovo respinge il libello, è dato il ricorso alla Sede Apostolica.
Can. 1700 - § 1. Fermo restando il disposto del can. 1681, il Vescovo affidi l'istruttoria di questi
processi o stabilmente o caso per caso al tribunale della propria o di altra diocesi, oppure ad un
sacerdote idoneo.
§ 2. Che se fu introdotta domanda giudiziaria per la dichiarazione di nullità dello stesso
matrimonio, l'istruttoria venga affidata allo stesso tribunale.
Can. 1701 - § 1. In questi processi deve sempre intervenire il difensore del vincolo.
§ 2. Non è ammesso un patrono, ma per la difficoltà del caso il Vescovo può permettere che
l'oratore o la parte convenuta si avvalgano dell'opera di un legale.
Can. 1702 - Nell'istruttoria si ascoltino entrambi i coniugi e si osservino per quanto è possibile i
canoni circa le prove da raccogliersi nel giudizio contenzioso ordinario e nelle cause di nullità di
matrimonio, purché si possano adattare alla natura di questi processi.
Can. 1703 - § 1. Non vi è la pubblicazione degli atti; tuttavia il giudice, qualora veda a causa delle
prove addotte un grave ostacolo si frappone contro la domanda dell'oratore o contro l'eccezione
della parte convenuta, lo renda noto con prudenza alla parte interessata.
§ 2. Il giudice può mostrare alla parte che ne faccia richiesta un documento prodotto o una
testimonianza raccolta e stabilire il tempo per presentare le deduzioni.
Can. 1704 - § 1. L'istruttore, terminata l'istruttoria, trasmetta tutti gli atti al Vescovo con
appropriata relazione; questi esprima il suo voto secondo verità, sia sul fatto dell'inconsumazione
sia sulla giusta causa per la dispensa e sulla opportunità della grazia.
§ 2. Se l'istruzione del processo è stata affidata ad un altro tribunale a norma del can. 1700, le
osservazioni a favore del vincolo siano fatte nel medesimo tribunale, ma il voto di cui al § 1 spetta
al Vescovo committente, al quale l'istruttore insieme con gli atti trasmetterà appropriata relazione.
Can. 1705 - § 1. Il Vescovo trasmetta alla Sede Apostolica tutti gli atti insieme al suo voto ed alle
osservazioni del difensore del vincolo.
§ 2. Se, a giudizio della Sede Apostolica, si richiede un supplemento d'istruttoria, ciò sarà segnalato
al Vescovo indicando la materia circa la quale l'istruzione deve essere completata.
§ 3. Che se la Sede Apostolica pronunciò con rescritto che da quanto fu prodotto non consta
l'inconsumazione, in tal caso il legale di cui al can. 1701, § 2, può prendere visione degli atti del
processo, ma non del voto del Vescovo, presso la sede del tribunale, per valutarne se si possa
addurre qualche grave ragione allo scopo di proporre nuovamente la domanda.
Can. 1706 - Il rescritto della dispensa è trasmesso dalla Sede Apostolica al Vescovo; questi poi
notificherà il rescritto alle parti ed inoltre ordinerà al più presto al parroco del luogo dove fu
contratto il matrimonio e dove fu ricevuto il battesimo che si faccia menzione della dispensa
concessa nei registri dei matrimoni e dei battezzati.
Capitolo IV
PROCESSO DI MORTE PRESUNTA DEL CONIUGE
Can. 1707 - § 1. Ogniqualvolta la morte del coniuge non può essere dimostrata con un documento
autentico ecclesiastico o civile, non si consideri l'altro coniuge libero dal vincolo matrimoniale se
non dopo la dichiarazione di morte presunta pronunciata dal Vescovo diocesano.
§ 2. La dichiarazione di cui al § 1 può essere fatta dal Vescovo diocesano soltanto dopo aver
conseguito, fatte opportune indagini, la certezza morale del decesso del coniuge dalla deposizione
di testimoni, per fama oppure da indizi. La sola assenza del coniuge, benché prolungata, non è
sufficiente.
§ 3. Nei casi incerti e complessi il Vescovo consulti la Sede Apostolica.
Titolo II
Cause per la dichiarazione di nullità della sacra ordinazione
Can. 1708 - Hanno diritto di accusare la validità della sacra ordinazione sia il chierico stesso, sia
l'Ordinario cui il chierico è soggetto o nella cui diocesi fu ordinato.
Can. 1709 - § 1. Il libello deve essere inviato alla Congregazione competente, la quale deciderà se
la causa debba essere trattata dalla stessa Congregazione della Curia Romana o da un tribunale da
essa designato.
§ 2. Inviato il libello, al chierico è proibito per il diritto stesso di esercitare gli ordini.
Can. 1710 - Se la Congregazione ha rinviato la causa ad un tribunale, si osservino, a meno che non
si opponga la natura della cosa, i canoni sui giudizi in generale e sul giudizio contenzioso ordinario,
salve le disposizioni di questo titolo.
Can. 1711 - In queste cause il difensore del vincolo gode degli stessi diritti ed è tenuto agli stessi
doveri del difensore del vincolo del matrimonio.
Can. 1712 - Dopo la seconda sentenza a conferma della nullità della sacra ordinazione, il chierico
perde tutti i diritti propri dello stato clericale ed è libero da tutti gli obblighi.
Titolo III
Modi per evitare i giudizi
Can. 1713 - Per evitare le contese giudiziarie si può utilmente ricorrere alla transazione o
riconciliazione, oppure affidare la controversia al giudizio di uno o più arbitri.
Can. 1714 - Per la transazione, il compromesso e il giudizio arbitrale si osservino le norme
prescelte dalle parti, oppure, se le parti non ne abbiano scelto, la legge data dalla Conferenza
Episcopale, se vi sia, o la legge civile vigente nel luogo dove la convenzione viene fatta.
Can. 1715 - § 1. Non può esserci valida transazione o compromesso su tutto ciò che appartiene al
bene pubblico e sulle altre cose di cui le parti non possono disporre liberamente.
§ 2. Trattandosi di beni ecclesiastici temporali, si osservino, ogniqualvolta la materia lo richiede, le
formalità stabilite dal diritto per l'alienazione delle cose ecclesiastiche.
Can. 1716 - § 1. Se la legge civile non riconosce valore alla sentenza arbitrale che non sia
confermata dal giudice, perché abbia valore in foro canonico la sentenza arbitrale circa una
controversia ecclesiastica occorre la conferma del giudice ecclesiastico del luogo in cui fu emessa.
§ 2. Se poi la legge civile ammette l'impugnazione della sentenza arbitrale avanti al giudice civile,
la stessa impugnazione è ammessa in foro canonico avanti al giudice ecclesiastico competente a
giudicare la controversia in primo grado.
Vorrei evidenziare i capitoli dedicati al processo penale su cui molto spesso non ci si sofferma
PARTE IV
IL PROCESSO PENALE
Capitolo I
L'INDAGINE PREVIA
Can. 1717 - § 1. Ogniqualvolta l'Ordinario abbia notizia, almeno probabile, di un delitto, indaghi
con prudenza, personalmente o tramite persona idonea, sui fatti, le circostanze e sull'imputabilità, a
meno che questa investigazione non sembri assolutamente superflua.
§ 2. Si deve provvedere che con questa indagine non sia messa in pericolo la buona fama di alcuno.
§ 3. Chi fa l'indagine ha gli stessi poteri ed obblighi che ha l'uditore nel processo; lo stesso non può,
se inseguito sia avviato un procedimento giudiziario, fare da giudice in esso.
Can. 1718 - § 1. Qualora gli elementi raccolti sembrino bastare l'Ordinario decida:
1° se si possa avviare il processo per infliggere la pena o dichiararla;
2° se ciò, atteso il can. 1341, sia conveniente;
3° se si debba ricorrere al processo giudiziario, oppure, a meno che la legge non lo vieti, si debba
procedere con decreto extragiudiziale.
§ 2. L'Ordinario revochi o modifichi il decreto di cui al § 1, ogniqualvolta da elementi nuovi gli
sembri di dover disporre diversamente
§ 3. Nell'emanare i decreti di cui ai §§ 1 e 2, l'Ordinario, se prudentemente lo ritiene opportuno,
ascolti due giudici e altri esperti in diritto.
§ 4. Prima di decidere a norma del § 1, l'Ordinario, consideri se non sia conveniente, per evitare
giudizi inutili, che egli stesso o l'investigatore, consenzienti le parti, dirima la questione dei danni
secondo il giusto e l'onesto.
Can. 1719 - Gli atti dell'indagine e i decreti dell'Ordinario, con i quali l'indagine ha inizio o si
conclude e tutto ciò che precede l'indagine, se non sono necessari al processo penale, si conservino
nell'archivio segreto della curia.
Capitolo II
LO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Can. 1720 - Se l'Ordinario ha ritenuto doversi procedere con decreto per via extragiudiziale:
1° renda note all'imputato l'accusa e le prove, dandogli possibilità di difendersi, a meno che
l'imputato debitamente chiamato non abbia trascurato di presentarsi;
2° valuti accuratamente con due assessori tutte le prove e gli argomenti;
3° se consta con certezza del delitto e l'azione criminale non è estinta, emani il decreto a norma
dei cann. 1342-1350, esponendo almeno brevemente le ragioni in diritto e in fatto.
Can. 1721 - § 1. Se l'Ordinario ha decretato doversi avviare un processo penale giudiziario,
trasmetta gli atti dell'indagine al promotore di giustizia, il quale presenti al giudice il libello di
accusa a norma dei cann. 1502 e 1504.
§ 2. Avanti al tribunale superiore copre il ruolo di attore il promotore di giustizia costituito presso
quel tribunale.
Can. 1722 - L'Ordinario per prevenire gli scandali, tutelare la libertà dei testimoni e garantire il
corso della giustizia, può in qualunque stadio del processo, udito il promotore di giustizia e citato
l'accusato stesso, allontanare l'imputato dal ministero sacro o da un ufficio o compito ecclesiastico,
imporgli o proibirgli la dimora in qualche luogo o territorio, o anche vietargli di partecipare
pubblicamente alla santissima Eucarestia; tutti questi provvedimenti, venendo meno la causa,
devono essere revocati, e cessano per il diritto stesso con il venir meno del processo penale.
Can. 1723 - § 1. Il giudice citando l'imputato deve invitarlo a costituirsi un avvocato a norma del
can. 1481, § 1, entro un termine da lui stesso stabilito.
§ 2. Che se l'imputato non vi abbia provveduto, il giudice stesso prima della contestazione della lite
nomini un avvocato, che rimarrà nell'incarico fin tanto che l'imputato non se ne sia costituito uno
proprio.
Can. 1724 - § 1. In qualunque grado del giudizio il promotore di giustizia può rinunciare all'istanza,
per mandato o con il consenso dell'Ordinario che ha deliberato l'avvio del processo.
§ 2. Perché la rinuncia sia valida occorre che sia accettata dall'imputato, salvo questi non sia stato
dichiarato assente dal giudizio.
Can. 1725 - Nella discussione della causa, sia che essa avvenga per iscritto sia oralmente,
l'imputato abbia sempre il diritto di scrivere o di parlare per ultimo, personalmente o tramite il suo
avvocato o promotore.
Can. 1726 - In qualunque grado e stadio del giudizio penale, se consta con evidenza che il delitto
non fu commesso dall'imputato, il giudice lo deve dichiarare con sentenza ed assolvere l'imputato,
anche se contemporaneamente consti l'estinzione dell'azione criminale.
Can. 1727 - § 1. L'imputato può interporre appello, anche se la sentenza lo ha prosciolto solo
perché la pena era facoltativa o il giudice fece uso dei poteri di cui nei cann. 1344 e 1345.
§ 2. Il promotore di giustizia può appellare ogniqualvolta giudichi che non si sia sufficientemente
provveduto a riparare lo scandalo o a reintegrare la giustizia.
Can. 1728 - § 1. Salve le disposizioni dei canoni di questo titolo, nel giudizio penale devono essere
applicati, se non vi si opponga la natura della cosa, i canoni sui giudizi in generale e sul giudizio
contenzioso ordinario, osservate le norme speciali per le cause riguardanti il bene pubblico.
§ 2. L'accusato non è tenuto a confessare il delitto, né può essergli imposto il giuramento.
LIBRO VI
LE SANZIONI NELLA CHIESA
PARTE I
DELITTI E PENE IN GENERE
Titolo I
La punizione dei delitti in generale
Can. 1311 - La chiesa ha il diritto nativo e proprio di costringere con sanzioni penali i fedeli che
hanno commesso delitti.
Can. 1312 - § 1. Le sanzioni penali nella Chiesa sono:
1° le pene medicinali o censure, elencate nei cann. 1331-1333;
2° le pene espiatorie di cui al can. 1336.
§ 2. La legge può stabilire pene espiatorie, che privino il fedele di qualche bene spirituale o
temporale e siano congruenti con il fine soprannaturale della Chiesa.
§ 3. Sono inoltre impiegati rimedi penali e penitenze, quelli soprattutto per prevenire i delitti, queste
piuttosto per sostituire la pena o in aggiunta ad essa.
Titolo II
Legge penale e precetto penale
Can. 1313 - § 1. Se dopo che il delitto è stato commesso la legge subisce mutamenti, all'imputato si
deve applicare la legge più favorevole.
§ 2. Che se una legge posteriore elimina la legge, o almeno la pena, questa cessa immediatamente.
Can. 1314 - La pena per lo più è ferendae sententiae , di modo che non costringe il reo se non dopo
essere stata inflitta; è poi late sententiae , così che vi s'incorra per il fatto stesso d'aver commesso il
delitto, sempre che la legge o il precetto espressamente lo stabilisca.
Can. 1315 - § 1. Chi ha potestà legislativa può anche emanare leggi penali; può inoltre munire, con
leggi proprie, di una congrua pena, la legge divina o la legge ecclesiastica emanata dalla autorità
superiore, osservati i limiti della propria competenza in ragione del territorio o delle persone.
§ 2. La legge può essa stessa determinare la pena, oppure lasciare la determinazione alla prudente
valutazione del giudice.
§ 3. La legge particolare può aggiungere altre pene a quelle stabilite dalla legge universale per
qualche delitto; ciò tuttavia non si faccia se non vi sia una gravissima necessità. Se la legge
universale prevede una pena indeterminata o facoltativa, la legge particolare può anche stabilire al
suo posto una pena determinata od obbligatoria.
Can. 1316 - I Vescovi diocesani facciano in modo che nella stessa città o regione, qualora si
debbano emanare leggi penali, lo si faccia nei limiti del possibile con uniformità.
Can. 1317 - Le pene siano costituite nella misura in cui si rendono veramente necessarie a
provvedere più convenientemente alla disciplina ecclesiastica. La dimissione dallo stato clericale
non può essere stabilita per legge particolare.
Can. 1318 - Il legislatore non commini pene latae sententiae se non eventualmente contro qualche
singolo delitto doloso, che o risulti arrecare gravissimo scandalo o non possa essere efficacemente
punito con pene ferendae sententiae ; non costituisca poi censure, soprattutto la scomunica, se non
con la massima moderazione e soltanto contro i delitti più gravi.
Can. 1319 - § 1. Nella misura in cui qualcuno può imporre precetti in foro esterno in forza della
potestà di governo, il medesimo può anche comminare con un precetto pene determinate, ad
eccezione delle pene espiatorie perpetue.
§ 2. Non si emani un precetto penale, se non dopo aver profondamente soppesato la cosa ed
osservato quanto è stabilito per le leggi particolari nei cann. 1317-1318.
Can. 1320 - In tutto ciò in cui sono soggetti all'Ordinario del luogo i religiosi possono essere dal
medesimo costretti con pene.
Titolo III
Il soggetto passivo delle sanzioni penali
Can. 1321 - § 1. Nessuno è punito, se la violazione esterna della legge o del precetto da lui
commessa non sia gravemente imputabile per dolo o per colpa.
§ 2. E' tenuto alla pena stabilita da una legge o da un precetto, chi deliberatamente violò la legge o
il precetto; chi poi lo fece per omissione della debita diligenza non è punito, salvo che la legge o il
precetto non dispongano altrimenti.
§ 3. Posta la violazione esterna l'imputabilità si presume, salvo che non risulti altrimenti.
Can. 1322 - Coloro che non hanno abitualmente l'uso della ragione, anche se hanno violato la legge
o il precetto mentre apparivano sani di mente, sono ritenuti incapaci di delitto.
Can. 1323 - Non è passibile di alcuna pena chi, quando violò la legge o il precetto:
1° non aveva ancora compiuto i 16 anni di età;
2° senza sua colpa ignorava di violare una legge o un precetto; all'ignoranza sono equiparati
l'inavvertenza e l'errore;
3° agì per violenza fisica o per un caso fortuito che non poté prevedere o previstolo non vi poté
rimediare;
4° agì costretto da timore grave, anche se solo relativamente tale, o per necessità o per grave
incomodo, a meno che tuttavia l'atto non fosse intrinsecamente cattivo o tornasse a danno delle
anime;
5° agì per legittima difesa contro un ingiusto aggressore suo o di terzi, con la debita moderazione
6° era privo dell'uso di ragione, ferme restando le disposizioni dei cann. 1324,§ 1, n. 2 e 1325;
7° senza sua colpa credette esserci alcuna delle circostanze di cui al n. 4 o 5.
Can. 1324 - § 1. L'autore della violazione non è esentato dalla pena stabilita dalla legge o dal
precetto, ma la pena deve essere mitigata o sostituita con una penitenza, se il delitto fu commesso:
1° da una persona che aveva l'uso di ragione soltanto in maniera imperfetta;
2° da una persona che mancava dell'uso di ragione a causa di ubriachezza o di altra simile
perturbazione della mente, di cui fosse colpevole;
3° per grave impeto passionale, che tuttavia non abbia preceduto ed impedito ogni deliberazione
della mente e consenso della volontà, e purché la passione stessa non sia stata volontariamente
eccitata o favorita;
4° da un minore che avesse compiuto i 16 anni di età;
5° da una persona costretta da grave incomodo, se il delitto commesso sia intrinsecamente
cattivo o torni a danno delle anime;
6° da chi agì per legittima difesa contro un ingiusto aggressore suo o di terzi, ma senza la debita
moderazione;
7° contro qualcuno che l'abbia gravemente e ingiustamente provocato;
8° da chi per un errore, di cui sia colpevole, credette esservi alcuna delle circostanze di cui al
can. 1323, n. 4 o 5;
9° da chi senza colpa ignorava che alla legge o al precetto fosse annessa una pena;
10° da chi agì senza piena imputabilità, purché questa fosse ancora grave.
§ 2. Il giudice può agire allo stesso modo quando vi sia qualche altra circostanza di cui al § 1, il reo
non tenuto dalle pene latae sententiae.
Can. 1325 - L'ignoranza crassa o supina o affettata non può mai essere presa in considerazione
nell'applicare le disposizioni dei cann. 1323 e 1324; parimenti non si considerano l'ubriachezza o
altre perturbazioni della mente se ricercate ad arte per mettere in atto il delitto o scusarsene, e la
passione volontaria eccitata o favorita.
Can. 1326 - § 1. Il giudice può punire più gravemente di quanto la legge o il precetto stabiliscono:
1° chi dopo la condanna o la dichiarazione della pena persiste ancora nel delinquere, a tal punto
da lasciar prudentemente presumere dalle circostanze la sua pertinacia nella cattiva volontà;
2° chi è costituito in dignità o chi ha abusato dell'autorità o dell'ufficio per commettere il delitto;
3° il reo che, essendo stabilita una pena per il delitto colposo, previde l'evento e ciononostante
omise le precauzioni per evitarlo, come qualsiasi persona diligente avrebbe fatto.
§ 2. Nei casi di cui al § 1, se la pena stabilita sia latae sententiae , vi si può aggiungere un'altra pena
o una penitenza.
Can. 1327 - La legge particolare può stabilire altre circostanze esimenti, attenuanti o aggravanti,
oltre ai cann. 1323-1326, sia con una norma generale, sia per i singoli delitti. Parimenti si possono
stabilire nel precetto circostanze che esimano dalla pena costituita con il precetto o l'attenuino o
l'aggravino.
Can. 1328 - § 1. Chi fece od omise alcunché per il compimento di un delitto, che tuttavia,
nonostante la sua volontà, effettivamente non commise, non è tenuto alla pena stabilita per il delitto
effettivamente compiuto, a meno che la legge o il precetto non dispongano altrimenti.
§ 2. Che se quegli atti od omissioni per loro natura conducono all'esecuzione del delitto, l'autore
può essere sottoposto ad una penitenza o ad un rimedio penale, a meno che non abbia
spontaneamente desistito dall'esecuzione già intrapresa del delitto. Se poi ne sia derivato scandalo o
altro grave danno o pericolo, l'autore, anche se abbia spontaneamente desistito, può essere punito
con una giusta pena, tuttavia più lieve di quella stabilita per il delitto effettivamente compiuto.
Can. 1329 - § 1. Coloro che di comune accordo concorrono nel delitto, e non vengono
espressamente nominati dalla legge o dal precetto, se sono stabilite pene ferendae sententiae contro
l'autore principale, sono soggetti alle stesse pene o ad altre di pari o minore gravità.
§ 2. Incorrono nella pena latae sententiae annessa al delitto i complici non nominati dalla legge o
dal precetto, se senza la loro opera il delitto non sarebbe stato commesso e la pena sia di tal natura
che possa essere loro applicata, altrimenti possono essere puniti con pene ferendae sententiae.
Can. 1330 - Il delitto che consiste in una dichiarazione o in altra manifestazione di volontà, di
dottrina o di scienza, non deve considerarsi effettivamente compiuto, se nessuno raccolga quella
dichiarazione o manifestazione.
Titolo IV
Le pene e le altre punizioni
Capitolo I
LE CENSURE
Can. 1331 - § 1. Allo scomunicato è fatto divieto:
1° di prendere parte in alcun modo come ministro alla celebrazione del Sacrificio dell'Eucarestia
o di qualunque altra cerimonia di culto pubblico;
2° di celebrare sacramenti o sacramentali e di ricevere i sacramenti;
3° di esercitare funzioni in uffici o ministeri o incarichi ecclesiastici qualsiasi, o di porre atti di
governo.
§ 2. Se la scomunica fu inflitta o dichiarata, il reo:
1° se vuole agire contro il disposto del § 1, n. 1, deve essere allontanato o si deve interrompere
l'azione liturgica, se non si opponga una causa grave;
2° pone invalidamente gli atti di governo, che a norma del § 1, n. 3 sono illeciti;
3° incorre nel divieto di far uso dei privilegi a lui concessi in precedenza;
4° non può conseguire validamente dignità, uffici o altro incarico nella Chiesa;
5° non si appropria dei frutti della dignità, dell'ufficio, di qualunque altro incarico, della
pensione, che abbia effettivamente nella Chiesa.
Can. 1332 - Chi è interdetto è tenuto dai divieti di cui al can. 1331, § 1, nn. 1 e 2; se l'interdetto fu
inflitto o dichiarato, si deve osservare il disposto del can. 1331, § 2, n. 1.
Can. 1333 - § 1. La sospensione, che può essere applicata soltanto ai chierici, vieta:
1° tutti od alcuni atti della potestà di ordine;
2° tutti od alcuni atti della potestà di governo;
3° l'esercizio di tutti od alcuni diritti o funzioni inerenti l'ufficio.
§ 2. Nella legge o nel precetto si può stabilire che dopo la sentenza di condanna o che dichiara la
pena, chi è sospeso non possa porre validamente atti di governo.
§ 3. Il divieto non tocca mai:
1° gli uffici o la potestà di governo che non ricadano sotto la potestà del superiore che ha
costituito la pena;
2° il diritto di abitare se il reo lo abbia in ragione dell'ufficio;
3° il diritto di amministrare i beni, che eventualmente appartengono all'ufficio di colui che è
sospeso, se la pena sia latae sententiae.
§ 4. La sospensione che vieta di percepire i frutti, lo stipendio, le pensioni o altro, comporta
l'obbligo della restituzione di quanto fu illegittimamente percepito, anche se in buona fede.
Can. 1334 - § 1. L'àmbito della sospensione, entro i limiti stabiliti nel canone precedente, è definito
o dalla legge stessa o dal precetto, oppure dalla sentenza o dal decreto con cui è inflitta la pena.
§ 2. La legge, ma non il precetto, può costituire una sospensione latae sententiae , senza apporvi
alcuna determinazione o limitazione; tale pena poi ha tutti gli effetti recensiti nel can. 1333, § 1.
Can. 1335 - Se la censura vieta la celebrazione dei sacramenti o dei sacramentali o di porre atti di
governo, il divieto è sospeso ogniqualvolta ciò sia necessario per provvedere a fedeli che si trovano
in pericolo di morte; che se la censura latae sententiae non sia dichiarata, il divieto è inoltre sospeso
tutte le volte che un fedele chieda un sacramento, un sacramentale o un atto di governo; tale
richiesta poi è lecita per una giusta causa qualsiasi.
Capitolo II
LE PENE ESPIATORIE
Can. 1336 - § 1. Le pene espiatorie, che possono essere applicate a un delinquente in perpetuo
oppure per un tempo prestabilito o indeterminato, oltre alle altre che la legge può eventualmente
aver stabilito, sono queste:
1° la proibizione o l'ingiunzione di dimorare in un determinato luogo o territorio;
2° la privazione della potestà, dell'ufficio, dell'incarico, di un diritto, di un privilegio, di una
facoltà, di una grazia, di un titolo, di un'insegna, anche se semplicemente onorifica;
3° la proibizione di esercitare quanto si dice al n. 2, o di farlo in un determinato luogo o fuori di
esso; queste proibizioni non sono mai sotto pena di nullità;
4° il trasferimento penale ad altro ufficio;
5° la dimissione dallo stato clericale.
§ 2. Soltanto le pene espiatorie recensite al § 1, n. 3, possono essere pene latae sententiae.
Can. 1337 - § 1. La proibizione di dimorare in un determinato luogo o territorio può essere
applicata sia ai chierici sia ai religiosi; l'ingiunzione di dimorarvi può essere applicata ai chierici
secolari e, nei limiti delle costituzioni, ai religiosi.
§ 2. Per infliggere l'ingiunzione di dimorare in un determinato luogo o territorio, è necessario che vi
sia il consenso dell'Ordinario di quel luogo, salvo non si tratti di una casa destinata alla penitenza ed
alla correzione dei chierici anche extradiocesani.
Can. 1338 - § 1. Le privazioni e le proibizioni recensite nel can. 1336, § 1, nn. 2 e 3, non si
applicano mai a potestà, uffici, incarichi, diritti, privilegi, facoltà, grazie, titoli, insegne che non
siano sotto la potestà del superiore che costituisce la pena.
§ 2. Non si può privare alcuno della potestà di ordine, ma soltanto proibire di esercitarla o di
esercitarne alcuni atti; parimenti non si può privare dei gradi accademici.
§ 3. Per le proibizioni indicate nel can. 1336, § 1, n. 3, si deve osservare la norma data per le
censure al can. 1335.
Capitolo III
RIMEDI PENALI E PENITENZE
Can. 1339 - § 1. L'Ordinario può ammonire, personalmente o tramite un altro, colui che si trovi
nell'occasione prossima di delinquere, o sul quale dall'indagine fatta cade il sospetto grave d'aver
commesso il delitto.
§ 2. Può anche riprendere, in modo appropriato alle condizioni della persona e del fatto, chi con il
proprio comportamento faccia sorgere scandalo o turbi gravemente l'ordine.
§ 3. Dell'ammonizione e della riprensione deve sempre constare almeno da un qualche documento,
che si conservi nell'archivio segreto della curia.
Can. 1340 - § 1. La penitenza che può essere imposta in foro esterno, consiste in una qualche opera
di religione, di pietà o di carità da farsi.
§ 2. Per una trasgressione occulta non s'imponga mai una penitenza pubblica.
§ 3. L'Ordinario può a sua prudente discrezione aggiungere penitenze al rimedio penale
dell'ammonizione o della riprensione.
Titolo V
L'applicazione delle pene
Can. 1341 - L'Ordinario provveda ad avviare la procedura giudiziaria o amministrativa per
infliggere o dichiarare le pene solo quando abbia constatato che né con l'ammonizione fraterna né
con la riprensione né con altre vie dettate dalla sollecitudine pastorale è possibile ottenere
sufficientemente la riparazione dello scandalo, il ristabilimento della giustizia, l'emendamento del
reo.
Can. 1342 - § 1. Ogniqualvolta giuste cause si oppongono a che si celebri un processo giudiziario,
la pena può essere inflitta o dichiarata con decreto extragiudiziale; rimedi penali e penitenze
possono essere applicati per decreto in qualunque caso.
§ 2. Per decreto non si possono infliggere o dichiarare pene perpetue; né quelle pene che la legge o
il precetto che le costituisce vieta di applicare per decreto.
§ 3. Quanto vien detto nella legge o nel precetto a riguardo del giudice per ciò che concerne la pena
da infliggere o dichiarare in giudizio, si deve applicare al superiore, che infligga o dichiari la pena
per decreto extragiudiziale, a meno che non consti altrimenti né si tratti di disposizioni attinenti
soltanto la procedura.
Can. 1343 - Se la legge o il precetto dànno al giudice potestà di applicare o di non applicare la
pena, questi, secondo coscienza e a sua prudente discrezione, può anche mitigare la pena o imporre
in luogo di essa una penitenza.
Can. 1344 - Ancorché la legge usi termini precettivi, il giudice, secondo coscienza e a sua prudente
discrezione, può:
1° differire l'inflizione della pena a tempo più opportuno, se da una punizione troppo affrettata si
prevede che insorgeranno mali maggiori;
2° astenersi dall'infliggere la pena, o infliggere una pena più mite o fare uso di una penitenza, se
il reo si sia emendato ed abbia riparato lo scandalo, oppure se lo stesso sia stato sufficientemente
punito dall'autorità civile o si preveda che sarà punito;
3° sospendere l'obbligo di osservare una pena espiatoria al reo che abbia commesso delitto per la
prima volta dopo aver vissuto onorevolmente e qualora non urga la necessità di riparare lo scandalo,
a condizione tuttavia che se il reo entro il tempo determinato dal giudice stesso commetta
nuovamente un delitto, sconti la pena dovuta per entrambi i delitti, salvo che frattanto non sia
decorso il tempo per la prescrizione dell'azione penale relativa al primo delitto.
Can. 1345 - Ogniqualvolta il delinquente o aveva l'uso di ragione in maniera soltanto imperfetta o
commise il delitto per timore o per necessità o per impeto passionale o in stato di ubriachezza o di
altra simile perturbazione della mente, il giudice può anche astenersi dall'infliggere qualunque
punizione, se ritiene si possa meglio provvedere in altro modo al suo emendamento.
Can. 1346 - Ogniqualvolta il reo abbia commesso più delitti, se sembri eccessivo il cumolo delle
pene ferendae sententiae , è lasciato al prudente arbitrio del giudice di contenere le pene entro equi
limiti.
Can. 1347 - § 1. Non si può infliggere validamente una censura, se il reo non fu prima ammonito
almeno una volta di recedere dalla contumacia, assegnandogli un congruo spazio di tempo per
ravvedersi.
§ 2. Si deve ritenere che abbia receduto dalla contumacia il reo che si sia veramente pentito del
delitto e che abbia inoltre dato congrua riparazione ai danni e allo scandalo o almeno abbia
seriamente promesso di farlo.
Can. 1348 - Quando il reo viene assolto dall'accusa o non gli viene inflitta alcuna pena, l'Ordinario
può provvedere al suo bene e al bene pubblico con opportune ammonizioni o per altre vie dettate
dalla sollecitudine pastorale, o anche, se del caso, con rimedi penali.
Can. 1349 - Se la pena è indeterminata e la legge non dispone altrimenti, il giudice non infligga
pene troppo gravi, soprattutto censure, a meno che non lo richieda assolutamente la gravità del
caso; non può tuttavia infliggere pene perpetue.
Can. 1350 - § 1. Nell'infliggere pene ad un chierico si deve sempre provvedere che non gli manchi
il necessario per un onorevole sostentamento, a meno che non si tratti della dimissione dallo stato
clericale.
§ 2. L'Ordinario abbia cura di provvedere nel miglior modo possibile a chi è stato dimesso dallo
stato clericale e che a causa della pena sia veramente bisognoso.
Can. 1351 - La pena vincola il reo ovunque, anche venuto meno il diritto di colui che l'ha costituita
o l'ha inflitta, a meno che non si disponga espressamente altro.
Can. 1352 - § 1. Se la pena vieta di ricevere i sacramenti o i sacramentali, il divieto è sospeso
finché il reo versa in pericolo di morte.
§ 2. L'obbligo di osservare una pena latae sententiae che non sia stata dichiarata né sia notoria nel
luogo ove il delinquente, è sospeso in tutto o in parte nella misura in cui il reo non la possa
osservare senza pericolo di grave scandalo o d'infamia.
Can. 1353 - L'appello o il ricorso contro le sentenze giudiziali o i decreti che infliggono o
dichiarano una pena qualsiasi hanno effetto sospensivo.
Titolo VI
La cessazione delle pene
Can. 1354 - § 1. Oltre a quelli che sono enumerati nei cann. 1355-1356, tutti coloro che possono
dispensare da una legge munita di una pena, o liberare da un precetto che commina una pena,
possono anche rimettere quella pena.
§ 2. La legge o il precetto che costituiscono una pena possono inoltre dare anche ad altri potestà di
rimettere la pena.
§ 3. Se la Santa Apostolica ha riservato a sé o ad altri la remissione della pena, la riserva deve
essere interpretata in senso stretto.
Can. 1355 - § 1. Possono rimettere la pena stabilita dalla legge, che sia stata inflitta o dichiarata,
purché non sia riservata alla Sede Apostolica:
1° l'Ordinario che ha promosso il giudizio per infliggere o dichiarare la pena, o l'ha inflitta per
decreto personalmente o tramite altri;
2° l'Ordinario del luogo in cui si trova il delinquente, dopo aver però consultato l'Ordinario di cui
al n. 1, a meno che per circostanze straordinarie ciò sia impossibile.
§ 2. La pena latae sententiae non ancora dichiarata stabilita dalla legge, se non è riservata alla Sede
Apostolica, può essere rimessa dall'Ordinario ai propri sudditi e a coloro che si trovano nel suo
territorio o vi hanno commesso il delitto, e anche da qualunque Vescovo tuttavia nell'atto della
confessione sacramentale.
Can. 1356 - § 1. Possono rimettere la pena ferendae sententiae o latae sententiae stabilita da un
precetto che non sia stato dato dalla Sede Apostolica:
1° l'Ordinario del luogo in cui si trova il delinquente;
2° se la pena sia stata inflitta o dichiarata, anche l'Ordinario che ha promosso il giudizio per
infliggere o dichiarare la pena o che l'ha inflitta o dichiarata per decreto personalmente o tramite
altri.
§ 2. Prima che avvenga la remissione, deve essere consultato l'autore del precetto, a meno che per
circostanze straordinarie ciò non sia possibile.
Can. 1357 - § 1. Ferme restando le disposizioni dei cann. 508 e 976, il confessore può rimettere in
foro interno sacramentale la censura latae sententiae di scomunica o d'interdetto, non dichiarata, se
al penitente sia gravoso rimanere in stato di peccato grave per il tempo necessario a che il Superiore
competente provveda.
§ 2 Il confessore nel concedere la remissione imponga al penitente l'onere di ricorrere entro un mese
sotto pena di ricadere nella censura al Superiore competente o a un sacerdote provvisto della
facoltà, e di attenersi alle sue decisioni; intanto imponga una congrua penitenza e la riparazione,
nella misura in cui ci sia urgenza, dello scandalo e del danno. Il ricorso poi può essere fatto anche
tramite il confessore, senza fare menzione del nominativo del penitente.
§ 3. Allo stesso onere di ricorrere sono tenuti, dopo essersi ristabiliti in salute, coloro che a norma
del can. 976 furono assolti da una censura inflitta o dichiarata oppure riservata alla Sede Apostolica.
Can. 1358 - § 1. Non si può rimettere la censura se non al delinquente che abbia receduto dalla
contumacia, a norma del can. 1347, § 2; chi abbia receduto poi non si può negare la remissione.
§ 2. Chi rimette la censura può provvedere a norma del can. 1348 o anche imporre una penitenza.
Can. 1359 - Se qualcuno è vincolato da numerose pene, la remissione vale soltanto per le pene in
essa espresse; la remissione generale poi toglie tutte le pene, ad eccezione di quelle che il reo nella
domanda abbia taciuto in mala fede.
Can. 1360 - La remissione della pena estorta per mezzo di timore grave è invalida.
Can. 1361 - § 1. La remissione può anche essere data ad una persona assente, oppure sotto
condizione.
§ 2. La remissione in foro esterno sia data per iscritto, a meno che una grave causa suggerisca
altrimenti.
§ 3. Si provveda che la domanda di remissione o la remissione stessa non sia divulgata, se non nella
misura in cui ciò sia utile a tutelare la fama dell'imputato o sia necessario per riparare lo scandalo.
Can. 1362 - § 1. L'azione penale si estingue per prescrizione in tre anni, a meno che non si tratti:
1° di delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede;
2° dell'azione per i delitti di cui ai cann. 1394, 1395, 1397, 1398, che si prescrive in cinque anni;
3° di delitti non puniti dal diritto universale, se fu commesso il delitto, oppure, se il delitto è
permanente o abituale, dal giorno in cui è cessato.
Can. 1363 - § 1. Se nei limiti di tempo di cui al can. 1362, da computarsi a partire dal giorno in cui
la sentenza di condanna è passata in giudicato, all'imputato non sia stato notificato il decreto
esecutivo del giudice di cui al can. 1651, l'azione intesa a far eseguire la pena si estingue per
prescrizione.
§ 2. Il che vale, osservate le disposizioni del diritto, se la pena è stata inflitta per decreto
extragiudiziale.
PARTE II
LE PENE PER I SINGOLI DELITTI
Titolo I
Delitti contro la religione e l'unità della Chiesa
Can. 1364 - § 1. L'apostata, l'eretico e lo scismatico incorrono nella scomunica latae sententiae ,
fermo restando il disposto del can. 194, § 1, n. 2; il chierico inoltre può essere punito con le pene di
cui al can. 1336, § 1, nn. 1, 2 e 3.
§ 2. Se lo richieda la prolungata contumacia o la gravità dello scandalo, possono essere aggiunte
altre pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale.
Can. 1365 - Il reo imputato di partecipazione vietata alle sacre celebrazioni sia punito con una
giusta pena.
Can. 1366 - I genitori o coloro che ne fanno le veci, che fanno battezzare od educare i figli in una
religione acattolica, siano puniti con una censura o con altra giusta pena.
Can. 1367 - Chi profana le specie consacrate, oppure le asporta o le conserva a scopo sacrilego,
incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica; il chierico inoltre può essere
punito con altra pena, non esclusa la dimissione dallo stato clericale.
Can. 1368 - Se alcuno, asserendo o promettendo qualcosa avanti all'autorità ecclesiastica,
commette spergiuro, sia punito con una giusta pena.
Can. 1369 - Chi in uno spettacolo o in una pubblica adunanza o in uno scritto pubblicamente
divulgato, o in altro modo servendosi degli strumenti di comunicazione sociale, proferisce
bestemmia od offende gravemente i buoni costumi o pronuncia ingiurie o eccita all'odio o al
disprezzo contro la religione o la Chiesa, sia punito con una giusta pena.
Titolo II
Delitti contro le autorità ecclesiastiche e la libertà della Chiesa
Can. 1370 - § 1. Chi usa violenza fisica contro il Romano Pontefice, incorre nella scomunica latae
sententiae riservata alla Sede Apostolica, alla quale, se si tratta di un chierico, si può aggiungere a
seconda della gravità del delitto, un'altra pena, non esclusa la dimissione dallo stato clericale.
§ 2. Chi fa ciò contro un Vescovo incorre nell'interdetto latae sententiae , e , se chierico anche nella
sospensione latae sententiae.
§ 3. Chi usa violenza fisica contro un chierico o religioso per disprezzo della fede, della Chiesa,
della potestà ecclesiastica o del ministero, sia punito con giusta pena.
Can. 1371 - Sia punito con una giusta pena:
1° chi inoltre al caso di cui al can. 1364, § 1, insegna una dottrina condannata dal Romano
Pontefice o dal Concilio Ecumenico o respinge pertinacemente la dottrina di cui al can. 752, ed
ammonito dalla Sede Apostolica o dall'Ordinario non ritratta;
2° chi in altro modo non obbedisce alla Sede Apostolica, all'Ordinario o al Superiore che
legittimamente gli comanda o gli proibisce, e dopo l'ammonizione persiste nella sua disobbedienza.
Can. 1372 - Chi contro un atto del Romano Pontefice ricorre al Concilio Ecumenico o al collegio
dei Vescovi, sia punito con una censura.
Can. 1373 - Chi pubblicamente suscita rivalità e odi da parte dei sudditi contro la Sede Apostolica
o l'Ordinario per un atto di potestà o di ministero ecclesiastico, oppure eccita i sudditi alla
disobbedienza nei loro confronti, sia punito con l'interdetto o altre giuste pene.
Can. 1374 - Chi dà il nome ad una associazione, che complotta contro la Chiesa, sia punito con una
giusta pena; chi poi tale associazione promuove o dirige sia punito con l'interdetto.
Can. 1375 - Coloro che impediscono la libertà del ministero o dell'elezione o della potestà
ecclesiastica oppure l'uso legittimo dei beni sacri o di altri beni ecclesiastici, oppure terrorizzano
l'elettore o l'eletto o chi esercita potestà o ministero ecclesiastico, possono essere puniti con giusta
pena.
Can. 1376 - Chi profana una cosa sacra, mobile o immobile, sia punito con giusta pena.
Can. 1377 - Chi senza la debita licenza aliena beni ecclesiastici sia punito con giusta pena.
Titolo III
Usurpazione degli uffici ecclesiastici e delitti nel loro esercizio
Can. 1378 - § 1. Il sacerdote che agisce contro il disposto del can. 977, incorre nella scomunica
latae sententiae riservata alla Sede Apostolica.
§ 2. Incorre nella pena latae sententiae dell'interdetto, o, se chierico, della sospensione:
1° chi non elevato all'ordine sacerdotale attenta l'azione liturgica del Sacrificio eucaristico;
2° chi inoltre il caso di cui al § 1, non potendo dare validamente la assoluzione sacramentale,
tenta d'impartirla oppure ascolta la confessione sacramentale.
§ 3. Nei casi di cui al § 2, a seconda della gravità del delitto, possono essere aggiunte altre pene,
non esclusa la scomunica.
Can. 1379 - Chi oltre ai casi del can. 1378, simula di amministrare un sacramento, sia punito con
giusta pena.
Can. 1380 - Chi per simonia celebra o riceve un sacramento, sia punito con l'interdetto o la
sospensione.
Can. 1381 - § 1. Chiunque usurpa un ufficio ecclesiastico sia punito con giusta pena.
§ 2. E' equiparato all'usurpazione il conservare illegittimamente l'incarico, in seguito a privazione o
cessazione.
Can. 1382 - Il Vescovo che senza mandato pontificio consacra qualcuno Vescovo e chi da esso
ricevette la consacrazione, incorrono nella scomunica late sententiae riservata alla Sede Apostolica.
Can. 1383 - Il Vescovo che contro il disposto del can. 1015, abbia ordinato un suddito di altri senza
le legittime lettere dimissorie, incorre nel divieto di conferire l'ordine per un anno.
Chi poi ricevette l'ordinazione è per il fatto stesso sospeso dall'ordine ricevuto.
Can. 1384 - Chi oltre i casi di cui ai cann. 1378-1383 esercita illegittimamente l'ufficio sacerdotale
o altro sacro ministero, può essere punito con giusta pena.
Can. 1385 - Chi trae illegittimamente profitto dall'elemosina della Messa, sia punito con una
censura o altra giusta pena.
Can. 1386 - Chi dona o promette qualunque cosa per ottenere un'azione o un'omissione illegale da
chi esercita un incarico nella Chiesa, sia punito con una giusta pena; così chi accetta i doni e le
promesse.
Can. 1387 - Il sacerdote che, nell'atto o in occasione o con il pretesto della confessione
sacramentale, sollecita il penitente al peccato contro il sesto precetto del Decalogo, a seconda della
gravità del delitto, sia punito con la sospensione, con divieti, privazioni e, nei casi più gravi, sia
dimesso dallo stato clericale.
Can. 1388 - § 1. Il confessore che viola direttamente il sigillo sacramentale incorre nella scomunica
latae sententiae riservata alla Sede Apostolica; chi poi lo fa solo indirettamente sia punito
proporzionalmente alla gravità del delitto.
§ 2. L'interprete e le altre persone di cui al can. 983, § 2, che violano il segreto, siano puniti con
giusta pena, non esclusa la scomunica.
Can. 1389 - § 1. Chi abusa della potestà ecclesiastica o dell'ufficio sia punito a seconda della
gravità dell'atto o dell'omissione, non escluso con la privazione dell'ufficio, a meno che contro tale
abuso non sia già stata stabilita una pena dalla legge o dal precetto.
§ 2. Chi, per negligenza colpevole, pone od omette illegittimamente con danno altrui un atto di
potestà ecclesiastica, di ministero o di ufficio, sia punito con giusta pena.
Titolo IV
Il delitto di falso
Can. 1390 - § 1. Chi falsamente denuncia al Superiore ecclesiastico un confessore per delitto di cui
al can. 1387, incorre nell'interdetto latae sententiae e, se sia chierico, anche nella sospensione.
§ 2. Chi presenta al Superiore ecclesiastico un'altra denuncia calunniosa per un delitto, o lede in
altro modo l'altri buona fama, può essere punito con una giusta pena non esclusa la censura.
§ 3. Il calunniatore può essere costretto a dare una adeguata soddisfazione.
Can. 1391 - Può essere punito con giusta pena, a seconda della gravità del delitto:
1° chi redige un documento ecclesiastico falso, o ne altera uno vero, lo distrugge, lo occulta, o si
serve di un documento falso o alterato;
2° chi si serve in materia ecclesiastica di un altro documento falso o alterato;
3° chi asserisce il falso in un documento ecclesiastico pubblico.
Titolo V
Delitti contro obblighi speciali
Can. 1392 - Chierici o religiosi che contro le disposizioni dei canoni esercitino l'attività affaristica
o commerciale, siano puniti a seconda della gravità del delitto.
Can. 1393 - Chi viola gli obblighi impostigli da una pena, può essere punito con giusta pena.
Can. 1394 - § 1. Fermo restando il disposto del can. 194, § 1, n. 3, il chierico che attenta il
matrimonio anche solo civilmente, incorre nella sospensione latae sententiae ; che se ammonito non
si ravveda e continui a dare scandalo, può essere gradualmente punito con privazioni, fino alla
dimissione dallo stato clericale.
§ 2. Il religioso di voti perpetui, non chierico, il quale attenti il matrimonio anche solo civilmente,
incorre nell'interdetto latae sententiae , fermo restando il disposto del can. 694.
Can. 1395 - § 1. Il chierico concubinario, oltre il caso di cui al can. 1394, e il chierico che
permanga scandalosamente in un altro peccato esterno contro il sesto precetto del Decalogo, siano
puniti con la sospensione, alla quale si possono aggiungere gradualmente altre pene, se persista il
delitto dopo l'ammonizione, fino alla dimissione dallo stato clericale.
§ 2. Il chierico che abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo, se invero il
delitto sia stato compiuto con violenza, o minacce, o pubblicamente, o con un minore al di sotto dei
16 anni, sia punito con giuste pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale, se il caso lo
comporti.
Can. 1396 - Chi viola gravemente l'obbligo della residenza cui è tenuto in ragione dell'ufficio
ecclesiastico, sia punito con giusta pena, non esclusa, dopo esser stato ammonito, la privazione
dell'ufficio.
Titolo VI
Delitti contro la vita e la libertà umana
Can. 1397 - Chi commette omicidio, rapisce oppure detiene con la violenza o la frode una persona,
o la mutila o la ferisce gravemente, sia punito a seconda della gravità del delitto con le privazioni e
le proibizioni di cui al can. 1336; l'omicidio poi contro le persone di cui al can. 1370, è punito con
le pene ivi stabilite.
Can. 1398 - Chi procura l'aborto ottenendo l'effetto incorre nella scomunica latae sententiae.
Titolo VII
Norma generale
Can. 1399 - Oltre i casi stabiliti da questa o da altre leggi, la violazione esterna di cui una legge
divina o canonica può essere punita con giusta pena o penitenza, solo quando la speciale gravità
della violazione esige una punizione e urge la necessità di prevenire o riparare gli scandali
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