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sabato 28 luglio 2012

L’illegittimità del respingimento "differito" intempestivo tra tutela della libertà personale e legalità amministrativa

L’illegittimità del respingimento "differito" intempestivo tra tutela della libertà personale e legalità amministrativa

a cura di Angelo Marletta, Dottorando in procedura penale all’Università di Bologna

Nota pubblicata nella rivista "Giurisprudenza di merito"

L’autore, muovendo dall’analisi di una innovativa pronuncia del giudice di pace di agrigento, approfondisce le problematiche inerenti le modalità di impugnazione ed i presupposti di legittimità del decreto di respingimento "differito" ex art. 10 comma 2, lett.a9, d.lgs. n.286/98, dedicando particolare attenzione ai profili costituzionali e sovranazionali che interessano la materia.
- Decreto del Giudice di Pace di Agrigento n. 741 del 18 ottobre 2011
Decreto di respingimento “differito” - Impugnazione - Giurisdizione Ordinaria - Sussistenza.
« L’esecuzione del respingimento “differito” implica inevitabilmente una coercizione della libertà personale dello straniero. In assenza di indicazioni espresse del legislatore circa i mezzi di impugnazione esperibili ed in ragione della situazione giuridica soggettiva incisa, occorre fornire una interpretazione dell’art. 10 del d. lgs. 286/98 costituzionalmente conforme alla riserva di giurisdizione prescritta dall’art. 13 Cost. e ritenere ammissibile l’intervento del giudice ordinario, in analogia a quanto dettato dall’art. 13 del d. lgs. 286/98 per i decreti di espulsione prefettizia.»
Decreto di respingimento “differito” - Intempestività rispetto al rintraccio dello straniero - Illegittimità per eccesso di potere - Sussistenza.
«La legittimità del provvedimento di respingimento “differito” è subordinata alla circostanza che la sua adozione sia intervenuta entro un termine ragionevolmente breve dal fermo dello straniero irregolare: ciò a tutela sia dell’effettività delle garanzie e della tempistica previste dall’art. 13 comma 3 della Costituzione sia dell’ambito di applicazione della distinta fattispecie espulsiva prevista dall’art. 13 comma 2 lett. a) del d. lgs. 286/98. Pertanto, l’adozione da parte del questore di un provvedimento di respingimento “differito” a distanza di giorni dal fermo dello straniero configura attività amministrativa illegittima per eccesso di potere. (Fattispecie relativa ad un provvedimento di respingimento “differito” adottato cinque giorni dopo il fermo dello straniero. Durante tale periodo lo straniero era stato detenuto sine titulo presso il CPSA di Lampedusa)»

L’illegittimità del respingimento "differito" intempestivo tra >>> tutela della libertà personale e legalità amministrativa

1. Premessa - 2. Un provvedimento limitativo della libertà personale senza giudice? - 3. L’intempestività come causa di illegittimità del provvedimento - 4. Conclusioni
1. Premessa.
Il provvedimento del Giudice di pace di Agrigento che si annota risolve in modo originale(1) due profili di grande interesse teorico ed applicativo della disciplina del respingimento “differito” degli stranieri irregolari e getta luce su quel cono d’ombra normativo che negli ultimi anni ha visto fiorire prassi amministrative e giudiziarie poco commendevoli.
Nel labirintico sistema di allontanamento dello straniero, il respingimento ex art. art. 10 del d. lgs. 286/98(2) rappresenta un istituto scarsamente considerato dalla giurisprudenza e solo di rado fatto oggetto delle attenzioni della dottrina.
“Fratello minore” dell’espulsione, esso ha tuttavia conosciuto negli ultimi anni una crescente applicazione in occasione dei sempre più frequenti sbarchi di migranti provenienti dal Nord Africa sulle coste siciliane (3).
Due le spinose questioni affrontate dalla pronuncia in commento: da un lato, a chi spetti la giurisdizione sull’impugnativa del decreto di respingimento; dall’altro, come vada interpretato il presupposto temporale previsto per l’adozione della fattispecie più ricorrente tra quelle contemplate dall’art. 10 comma 2 T.U. Imm., ovvero quella descritta dalla lett. a)(4).
Un rapido inquadramento dell’istituto del respingimento si rende indispensabile per la corretta comprensione delle motivazioni - e delle condivisibili conclusioni - del provvedimento del Giudice di pace di Agrigento.
Anzitutto, va precisato che sotto l’etichetta di “respingimento” la norma racchiude tre distinte fattispecie, tutte accomunate dalla medesima funzione ma estremamente eterogenee quanto a forme e contenuti(5).
La prima fattispecie disciplina l’inibizione opposta dalla polizia di frontiera agli stranieri che si presentino ai valichi senza i requisiti per l’ingresso sul territorio nazionale(6); la seconda fattispecie, ricorrente nel caso di specie, contempla l’accompagnamento alla frontiera disposto con decreto motivato del questore di quegli stranieri che, «sottraendosi ai controlli», siano entrati nel territorio dello Stato e siano stati «fermati all’ingresso o subito dopo» (7); la terza riguarda l’accompagnamento alla frontiera sempre disposto con decreto motivato questorile, dei soggetti che, pur difettando dei requisiti richiesti per l’ingresso nel territorio dello Stato, siano stati temporaneamente ammessi «per necessità di pubblico soccorso» (8).
Già ad una primo sguardo, appare evidente la non sovrapponibilità delle diverse tipologie di respingimento descritte quanto a legittimazioni attive, presupposti e, soprattutto, sul versante passivo, situazioni giuridiche soggettive su cui incidono (9).
Il respingimento “immediato” è infatti provvedimento (10) obbligatorio, in sé scevro di contenuti coercitivi, che imponendo allo straniero il rispetto di un divieto, limita la libertà di circolazione e di autodeterminazione in un momento in cui l’ ingresso sul territorio nazionale non è ancora avvenuto; diversamente, il respingimento “differito” - in entrambe le forme disciplinate dall’art. 10, comma 2 T.U. Imm. - è un provvedimento che presuppone l’ avvenuto ingresso dello straniero sul territorio nazionale (11) e realizza un intervento coercitivo sulla persona fisica del migrante per ricondurlo alla frontiera di provenienza.
A differenza del respingimento “immediato”, quindi, quello “differito” non si limita a comprimere la libertà di circolazione o di autodeterminazione dello straniero ma incide ben più significativamente sulla sua libertà personale, con modalità del tutto analoghe a quelle considerate dalla Corte costituzionale nelle fondamentali pronunce in materia di accompagnamento immediato alla frontiera nell’ambito dell’ espulsione (12).
Tale essendo la dimensione dei principi in gioco può facilmente intuirsi il peso delle problematiche affrontate nella pronuncia e la necessità di procedere ad una trattazione separata delle questioni, muovendo da quella, logicamente prioritaria, sulla giurisdizione.
2. Un provvedimento restrittivo della libertà personale senza giudice?
E’ fin troppo scarna la disciplina del respingimento: il legislatore del 1998, affiancando a quella tradizionale del respingimento “immediato” le inedite fattispecie “differite”, non ha probabilmente colto la maggior pregnanza dell’istituto di nuovo conio.
Poche e poco significative, dunque, le previsioni espresse: esclusa la norma relativa al divieto di refoulement del soggetto che possa fruire di misure di protezione internazionale (13), i tre rimanenti commi si limitano a dettare disposizioni essenzialmente operative in ordine agli obblighi per i vettori di presa in carico dei respinti, all’«assistenza necessaria presso i valichi di frontiera» ed alla registrazione dei provvedimenti di respingimento da parte della autorità di pubblica sicurezza.
A distanza di dieci anni dalla sentenza della Corte costituzionale n. 105 del 2001 la disciplina rimane immutata nella sua lacunosità, così come irrisolti rimangono i dubbi di legittimità costituzionale in essa ravvisati dalla dottrina più accorta (14).
Nel prisma dell’art. 13 Cost. il respingimento “differito” svela, infatti, gravi distonie costituzionali: la più lampante è senz’altro la totale assenza di giurisdizionalità nel dato positivo di riferimento (15).
Due silenzi avvolgono, infatti, i rapporti tra il provvedimento di pubblica sicurezza e l’intervento dell’autorità giudiziaria: nulla è previsto rispetto alla convalida giurisdizionale dell’accompagnamento coattivo incorporato nel provvedimento di pubblica sicurezza e, parimenti, nulla è riferito circa le modalità di impugnazione del decreto di respingimento.
Omissioni distinte (16), ma entrambe particolarmente significative rispetto all’esigenza di legalità sottesa alla materia.
Sebbene anche il silentium legis sulla convalida ponga seri problemi17, esigenze di omogeneità nella trattazione impongono di limitare il discorso alla sola impugnabilità del respingimento “differito”, espressamente trattata nella pronuncia del Giudice di pace di Agrigento.
Il cuore del problema, come spesso accade in materia di immigrazione, si annida nella formulazione delle norme o, meglio, nelle norme che mancano.
A differenza della disciplina in materia di espulsione, che prevede e disciplina puntualmente il ricorso al Giudice di pace (18), nessuno specifico mezzo di impugnazione è individuato per il decreto di respingimento “differito” , né nella specifica sedes materiae né in alcuna altra disposizione del T.U.
Un confuso, indiretto, riferimento si rinviene solo in una fonte secondaria, il regolamento di attuazione del T. U. Imm. (19) dove, all’art. 3 comma 3, è previsto che tra le «comunicazioni allo straniero» sia resa, anche rispetto al provvedimento di respingimento, l’indicazione delle «eventuali modalità di impugnazione».
Non sembra in discussione, ad ogni modo, l’astratta impugnabilità del provvedimento: lo esigerebbe, in ogni caso, oltre che la tutela del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost., anche il principio sancito dall’art. 113 Cost. alla stregua del quale «contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi» (20).
Nel nostro specifico caso, poi, anche il diritto comunitario impone la impugnabilità del provvedimento di respingimento (“differito” o meno), seppur «conformemente alla legislazione nazionale» (21).
Il punto, quindi, diviene essenzialmente quello di individuare quale giudice e quale mezzo di impugnazione, nel silenzio della legge ordinaria, siano dati allo straniero per tutelare la propria libertà personale di fronte ad un provvedimento di respingimento illegittimo.
Problema in sé di non poco momento, che una prassi poco sensibile alla tutela dei diritti ha oggi incancrenito fino al punto da rendere il respingimento “differito” di fatto inoppugnabile (22).
Questa la situazione concreta: in primo luogo, ci sono i modelli prestampati delle questure che indicano all’interessato la possibilità di ricorso entro sessanta giorni al T.A.R. territorialmente competente. L’indicazione è fuorviante e probabilmente dettata dalla semplicistica convinzione che la sola provenienza dell’atto da una Pubblica Amministrazione basti in sé e per sé a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo, qualunque sia la situazione giuridica su cui esso incida.
In secondo luogo, con ricadute ben più gravose sui diritti dello straniero, ci sono i dinieghi incrociati di giurisdizione tra giudici di pace e T.A.R. che, quasi sistematicamente, si rinviano i ricorsi fino a farli accomodare sul binario morto dell’indecidibile: quindi, che si adisca il T.A.R. - secondo l’indicazione delle questure - ovvero il giudice di pace - in analogia alla disciplina dell’espulsione - l’esito risulta identico, un insuperabile difetto di giurisdizione.
Pressoché univoca la giurisprudenza dei T.A.R. (23) i quali negano la propria giurisdizione sulle impugnative relative ai decreti di respingimento “differito”, riconoscendo nella situazione soggettiva su cui incide il provvedimento amministrativo un diritto soggettivo perfetto e non un interesse legittimo.
Del resto, rispetto alla libertà personale, attinta «nella quasi totalità dei casi» dai provvedimenti in questione (24), la conclusione appare “a rime obbligate”, prima ancora che condivisibile: non può più ritenersi seriamente sostenibile, che un provvedimento amministrativo di Pubblica Sicurezza possa degradare giuridicamente un diritto soggettivo definito «inviolabile» (25) ed in questi termini riconosciuto anche allo straniero (26).
Se, quindi, non vi è “affievolimento” da diritto soggettivo ad interesse legittimo, non vi è neppure ragione di spostare la giurisdizione dal giudice ordinario a quello amministrativo, il quale, come noto, conosce dei diritti soggettivi solo nei casi di giurisdizione esclusiva.
Le poche pronunce amministrative che riconoscono la giurisdizione sui provvedimenti di respingimento (27), sovente ed a sproposito richiamate nei provvedimenti dei giudici ordinari per negare la propria e rinviare i ricorsi ai T.A.R., non a caso si riferiscono tutte ad ipotesi di respingimento “immediato”, fattispecie in cui, come chiarito sopra, la libertà personale non viene implicata, distinguendosi in questo dal respingimento “differito”.
Orbene, se il diniego del giudice amministrativo sembra correttamente giustificato dall’applicazione dei normali principi di riparto della giurisdizione vigenti nel nostro ordinamento (28), appare per contro poco comprensibile l’orientamento maggioritario dei giudici di pace che, obliterando gli ormai decennali insegnamenti della Corte costituzionale, continuano ad opporre un discutibile non possumus in base a due discutibili asserzioni secondo le quali il respingimento “differito”, per un verso, inciderebbe sulla sola libertà di circolazione dello straniero (29) e, per l’altro, costituirebbe un provvedimento ad alto tasso di “discrezionalità” amministrativa (30).
In controtendenza rispetto a tali criticabili prese di posizione, la pronuncia del Giudice di pace di Agrigento risponde con una opportuna interpretazione costituzionalmente conforme della disciplina del T.U. Imm., dopo aver riconosciuto l’inevitabile incidenza del respingimento “differito” sulla libertà personale dello straniero.
Risposta netta, quindi: nei domini dell’art. 13 Cost., la giurisdizione non può che esser quella del giudice ordinario.
Corretta, inoltre, si ritiene anche l’estensione analogica ai casi di respingimento “differito” di quanto previsto dall’art. 13 comma 8 T.U. Imm. circa le forme per l’impugnazione dei decreti di espulsione amministrativa adottati dal prefetto: se si considera la forte omogeneità contenutistica tra le due tipologie di provvedimenti (31) oltre alle esigenze di effettività sottese ai valori in gioco, sembra ragionevole anche consentire le medesime modalità di accesso alla tutela giurisdizionale.
Alla luce della legislazione vigente, la soluzione adottata dal Giudice di pace agrigentino risulta quella più idonea a garantire una tutela effettiva e rapida dei diritti dello straniero.
Ove non si volesse accedere ad una tale ricostruzione, ad ogni modo, la contrapposta lettura rigoristica del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione dovrebbe quantomeno portare a dubitare della tenuta costituzionale degli artt. 10 e 13 del T.U. Imm., nella parte in cui escludendo l’esperibilità del ricorso al giudice di pace anche contro i decreti di respingimento “differito”, intaccano in modo irrazionale il nucleo essenziale del diritto alla tutela giurisdizionale e del diritto di difesa (32) dello straniero in una materia costituzionalmente fin troppo sensibile. (33)
3. L’intempestività come causa di illegittimità del provvedimento. Il lasso di tempo “ragionevole” tra il fermo dello straniero e l’adozione del provvedimento di respingimento.
La pronuncia offre una condivisibile interpretazione della fattispecie di respingimento “differito” disciplinata dalla lett. a) dell’art. 10 T.U. Imm.
I presupposti sottesi a tale ipotesi di respingimento si presentano, appunto, vaghi: come già detto, essa riguarda indistintamente gli stranieri che siano colti e fermati al momento dell’ingresso irregolare sul territorio dello Stato ovvero «subito dopo»; ed è proprio in forza di tale clausola - «subito dopo» - che hanno indebitamente preso piede le prassi devianti cui prima si alludeva.
Negli ultimi anni, infatti, le questure che maggiormente si sono occupate del fenomeno hanno adottato letture eccessivamente larghe dei presupposti applicativi dettati dalla norma, giungendo ad emanare provvedimenti di respingimento “differito” a distanza di giorni, e talvolta anche di settimane, dall’ingresso e contestuale “fermo” dello straniero.
In concreto, nella stragrande maggioranza dei casi, accade questo: lo straniero appena sbarcato viene fermato e ristretto de facto presso un centro di detenzione amministrativa (34); solo dopo diversi giorni, viene emesso e notificato il provvedimento di respingimento, il più delle volte seguito da un formale decreto di trattenimento presso uno dei diversi Centri di Identificazione ed Espulsione presenti sul territorio nazionale.
Lo straniero viene quindi trasferito coattivamente presso un Centro di Identificazione ed Espulsione dove si convalida un trattenimento solo apparentemente in termini e che si fonda, a sua volta, un provvedimento di respingimento adottato intempestivamente (35).
In quasi tutti i casi, si noti, l’intempestività risulta per tabulas dallo stesso decreto di respingimento, che riporta nella motivazione la data del rintraccio e del fermo dello straniero ed in calce una diversa e di molto successiva data di adozione e notifica del provvedimento.
La pronuncia in commento afferma che il ritardo nell’adozione del provvedimento di respingimento determina la sua illegittimità per «eccesso di potere per sviamento» e ne impone l’annullamento. A prescindere dalla specifica patologia individuata (36), l’esito decisorio è condivisibile come condivisibili appaiono i tre argomenti sviluppati in motivazione.
Un primo argomento è imposto dalla Costituzione: il provvedimento di respingimento “differito” è una misura restrittiva della libertà personale attuata dall’autorità di polizia ed in quanto tale deve conformarsi alla cornice dell’art. 13 comma 3 Cost. che, come noto, legittima tali poteri, in via solo provvisoriamente sostitutiva dell’autorità giudiziaria, «in casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge».
La fattispecie e tutti i suoi elementi vanno letti tassativamente e declinati alla luce della «necessità» e dell’«urgenza» costituzionalmente imposte: la clausola temporale che vuole l’adozione del decreto contestualmente al fermo e «subito dopo» l’ingresso (37) esprime, allora, l’eccezionale e tipica «urgenza» di questa specifica tipologia di provvedimento e non può esser letta in termini così ampi da falsare la tempistica imposta dalla Costituzione stessa per la convalida giurisdizionale dell’accompagnamento coattivo(38).
In quest’ottica, rigorosa, sarebbe intempestivo anche un decreto di respingimento adottato solo 48 ore dopo l’ingresso dello straniero (39).
Ciò anche in ragione del secondo argomento affrontato nella pronuncia.
Il T. U. Imm., infatti, disciplina una specifica fattispecie espulsiva concettualmente affine a quella del respingimento “differito” di cui si tratta: l’espulsione prefettizia di cui all’art. 13 comma 2 lett. a) è infatti prevista nei confronti dello straniero che «è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell’articolo 10».
Urgenza e tassatività delle restrizioni, in subiecta materia, esigono, oltre ad una lettura rigorosa delle singole molecole normative, anche che le singole fattispecie non siano tra loro sovrapponibili o fungibili: lo straniero che ha fatto ingresso sul territorio nazionale senza averne i requisiti non può quindi essere indistintamente fatto oggetto di un decreto di respingimento “differito” ovvero di un decreto di espulsione del prefetto.
Il coordinamento tra le due ipotesi, imposto in astratto dalla clausola di sussidiarietà contenuta nell’art. 13 comma 2 lett. a), deve essere operato in concreto attraverso un discrimine di natura cronologica: nell’esercizio dei rispettivi poteri il fattore tempo determina cerchie di «urgenza» decrescenti.
Alla stregua di ciò, il respingimento risulta esperibile solo nell’immediatezza dell’ingresso irregolare o subito dopo di esso, purché il differimento permetta una regolare convalida dell’accompagnamento coattivo cui il “fermo” dello straniero è preordinato, mentre l’espulsione prefettizia dovrebbe riespandersi, in via ordinaria, ogniqualvolta ciò non risulti possibile.
Se, diversamente e per vie di fatto, dilatando il presupposto temporale di cui si discute e ritardando l’adozione del provvedimento, la pubblica amministrazione (40) si pone nella condizione di scegliere tra i due distinti strumenti coercitivi, si ricade nel patologico: da un lato, infatti, si annulla il requisito dell’ «urgenza» specificamente sottesa all’esercizio dei due distinti poteri, dall’altro si destruttura la «necessità» del potere di respingimento “differito”, posto che dove c’è scelta, di norma, c’è discrezionalità (41) e che ciò che è discrezionale, in termini logici, è difficilmente predicabile come necessario (42).
Emerge nelle pieghe di questa prassi una discrezionalità amministrativa che stona con le rigidità dell’art. 13 comma 3 Cost. ed il cui esercizio non risulta indolore per la condizione giuridica dello straniero ed il suo diritto di difesa (43).
In assenza dell’interpretazione costituzionalmente orientata sopra segnalata, infatti, lo straniero destinatario di un decreto di respingimento “differito” (adottato in luogo di una ordinaria espulsione ex art. 13 T.U. Imm.) si trova in una posizione meno tutelata e deteriore rispetto allo straniero espulso.
In tal senso, va letto anche il terzo argomento sviluppato nella pronuncia.
Come è noto, in materia di rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolarmente soggiornanti, l’Unione Europea si è dotata di un corpus “orizzontale” di norme volto a perseguire due obiettivi distinti ma coordinati: l’efficienza del sistema di rimpatrio e la tutela dei diritti fondamentali degli stranieri nelle relative procedure (44).
La direttiva, attuata tardi e male nel nostro ordinamento, prevede una serie di garanzie fondamentali che rischiano di essere indebitamente sterilizzate rispetto ai respingimenti “differiti” intempestivi.
Il legislatore comunitario, infatti, permette espressamente di escludere il respingimento (45) dall’applicazione delle garanzie minime fissate con la direttiva in questione, riconoscendo così la peculiarità di tale specifico strumento rispetto alle ordinarie forme di rimpatrio.
Se ciò è vero (46), allora, ancor più necessaria risulta una stretta interpretazione delle norme che disciplinano l’anomalo istituto nostrano del respingimento “differito” al fine di scongiurare elusioni del diritto comunitario, magari per il tramite di prassi che mascherino sotto quella etichetta delle cripto-espulsioni.
Anche in ragione di ciò, pertanto, la tempistica di adozione del provvedimento rispetto al momento del fermo dovrà essere scandita in termini rigorosi.
4. Conclusioni
Riassumendo, son due le risposte fornite dal provvedimento: in rito, sussiste la giurisdizione ordinaria del giudice di pace sul respingimento “differito”, analogamente all’impugnazione del decreto di espulsione del prefetto; nel merito, il decreto di respingimento “differito” adottato a distanza di cinque giorni dal fermo dello straniero è illegittimo per «eccesso di potere per sviamento» e deve essere annullato.
Risposte garantiste ed apprezzabili nel quadro normativo vigente.
A quattordici anni dall’emanazione del T.U. Imm., ad ogni modo, sarebbe auspicabile, da parte del legislatore, una attenta rimeditazione critica dell’istituto che considerasse anche l’eventualità della sua abrogazione, come del resto era già stato suggerito dalla Commissione De Mistura nel 2007.
Un tale esito, considerato il complessivo impianto delle misure espulsive già esistenti, non creerebbe vuoti significativi nel sistema di controllo delle frontiere e dei flussi migratori ma, anzi, ne innalzerebbe il livello di coerenza rispetto a quei diritti fondamentali ed inviolabili che spettano senz’altro anche allo straniero.
Note:
(1) Si tratta del più recente di una serie di provvedimenti similari nel contenuto riferibili ad uno stesso giudicante.
(2) D’ora in poi T.U. Imm.
(3) Nel 2011, gli stranieri destinatari di provvedimenti di respingimento “differito” nella sola provincia di Agrigento sono stati diverse migliaia. Anche negli anni passati, comunque, i numeri del fenomeno risultavano niente affatto trascurabili. Ne dà rapidamente conto F. Vassallo Paleologo, Il respingimento differito disposto dal questore e le garanzie costituzionali, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, n. 2, 2009, p. 17 e, più recentemente Id., Dall’accoglienza alla detenzione amministrativa: gli effetti di uno stato di emergenza permanente, in www. meltingpot.org.
(4) Su cui ritorneremo più analiticamente infra.
(5) Dalle tre forme respingimento disciplinato dall’art. 10 del T.U. Imm. va ulteriormente distinto il cd. “respingimento in alto mare con immediato rimpatrio”, disciplinato dall’art. 12 commi 9-bis, 9-ter, 9-quater e 9-sexies del T.U. Imm. Si tratta di una fattispecie altamente problematica introdotta dalla l. 30 luglio 2002, n. 189 che esula dall’ambito della nostra trattazione e per il cui approfondimento si rinvia a A. Pugiotto, «Purché se ne vadano». La tutela giurisdizionale (assente o carente) nei meccanismi di allontanamento dello straniero, Relazione al Convegno nazionale dell’Associazione Italiana Costituzionalisti tenutosi a Cagliari il 16 - 17 ottobre 2009, in www.astrid-online.it.
(6) Il cd. respingimento “immediato”, il vero e proprio refoulement, previsto al comma 1.
(7) Il cd. respingimento “differito”, previsto al comma 2 lett. a) .
(8) Ipotesi di “respingimento “differito” , per così dire, “umanitario” del comma 2 lett. b).
(9) Sul punto P. Bonetti, Il provvedimento di allontanamento dello straniero dal territorio dello Stato di fronte alla libertà personale e alla libertà di circolazione e di soggiorno, in AA.VV. (a cura di R. Bin, G. Brunelli, A. Pugiotto, P. Veronesi) Stranieri tra i diritti. Trattenimento, accompagnamento coattivo, riserva di giurisdizione. Atti del Seminario “Amicus Curiae” tenutosi a Ferrara il 26 gennaio 2001, Giappichelli, 2001, p. 48; F. B. Morelli, La tutela della libertà personale dello straniero presente sine titulo sul territorio nazionale tra respingimento, espulsione e trattenimento, in AA. VV: (a cura di O. Giolo e M. Pifferi), Diritto contro. Meccanismi giuridici di esclusione dello straniero, Giappichelli, 2009, p. 156 s.; A. Pugiotto, «Purché se ne vadano», cit.
(10) Che anche il respingimento “immediato”, nonostante la lacunosa lettera della legge, assuma forma di provvedimento e non di mera attività di polizia è conclusione imposta dal Regolamento CE 562/06 che ne esige la forma scritta, la motivazione e l’impugnabilità. Sul punto cfr. A. Pugiotto, «Purché se ne vadano», cit.
(11) Sottolinea come tale circostanza avvicini significativamente il respingimento “differito” all’espulsione B. Nascimbene, Le garanzie nel procedimento di espulsione dello straniero, in AA.VV. (a cura di F. Salerno), Diritti dell’Uomo, estradizione ed espulsione: Atti del Convegno di studio organizzato dall’Università di Ferrara per salutare Giovanni Battaglini 29 - 30 ottobre 1999, Cedam, 2003, p. 212.
(12) Si vedano le sentenze C. cost. 105/01 e 222/04. Come è noto, la Corte costituzionale è intervenuta a più riprese sulla disciplina dell’accompagnamento immediato alla frontiera dello straniero espulso, riconoscendone espressamente l’incidenza sulla libertà personale e la conseguente inerenza alla sfera delle garanzie dell’art. 13 Cost. In particolare, la Consulta, nella sentenza n. 105/01, ha dichiarato che l’accompagnamento alla frontiera «inerisce alla materia regolata dall’articolo 13 della Costituzione, in quanto presenta quel carattere di immediata coercizione che qualifica, per costante giurisprudenza costituzionale, le restrizioni della libertà personale e che vale a differenziarle dalle misure incidenti solo sulla libertà di circolazione». Si noti, a dimostrazione di quanto l’efficacia coercitiva sia direttamente riconducibile al provvedimento di respingimento “differito”, che a differenza dell’ art. 13 T.U. Imm., dove la vicenda espulsiva presenta struttura “bifasica” e richiede l’intervento di due diverse autorità di pubblica sicurezza (decretazione da parte del prefetto dell’espulsione seguita dall’esecuzione con accompagnamento coattivo disposta dal questore), nell’art. 10 comma 2 T.U. Imm. l’accompagnamento coattivo non costituisce un atto separato: esso è elemento strutturale dello stesso provvedimento del questore con cui viene decretato il respingimento.
(13) Si fa riferimento, come noto, alla facoltà di presentare istanza di asilo politico, protezione sussidiaria, protezione umanitari.
(14) In termini espliciti A. Caputo, Diritto e procedura penale dell’immigrazione, Giappichelli, 2006, p. 16 s. A. Pugiotto, «Purché se ne vadano», cit., e, diffusamente, F. Vassallo Paleologo Il respingimento differito disposto dal questore e le garanzie costituzionali, cit. Rilievi critici sulla legittimità dell’istituto del respingimento “differito” erano emersi anche in seno alla Commissione De Mistura, istituita nel 2007 presso il Ministero dell’Interno dall’allora Ministro Giuliano Amato, cfr. p. 18 della Relazione finale, in www. interno.it
(15) Parla di «tutela giurisdizionale assente per scelta legislativa» A. Pugiotto, «Purché se ne vadano», cit., p. 16
(16) Sottolinea che «la riserva di giurisdizione ha natura diversa dall’esercizio del diritto alla difesa previsto dall’art. 24 Cost.: il preventivo vaglio giurisdizionale dei provvedimenti limitativi della libertà personale è una garanzia diversa e distinta dal diritto dato all’interessato di esercitare una tutela giurisdizionale contro tali provvedimenti.» E che, quindi, «la garanzia della riserva di giurisdizione deve dunque essere prevista insieme alla tutela giurisdizionale» P. Bonetti, Espulsione, accompagnamento e trattenimento dello straniero di fronte alla riserva di giurisdizione prevista dalla Costituzione, in Diritto Immigrazione Cittadinanza, n. 4, 2000, p. 25
(17) Per una compiuta disamina del problema si rinvia a F.B. Morelli, La tutela della libertà personale dello straniero , cit.,p. 162; F. Vassallo Paleologo, Il respingimento differito disposto dal questore, cit., p. 17; A. Pugiotto, «Purché se ne vadano», cit., p. 17
(18) Si veda l’art. 13 comma 8 del T.U. Imm.
(19) Si tratta del d. P. R. 31 agosto 1999, n. 394.
(20) Ed ancor più significativamente il comma 2 dell’art. 113 Cost. sancisce che: «tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti».
(21) Cfr. art. 13 comma 3 del Regolamento CE 562/06. Segnala questo argomento F. B. Morelli, , La tutela della libertà personale dello straniero, cit., p. 163, sottolineando come l’assenza di regolamentazione a livello nazionale dei modi e delle forme renda assai difficoltoso l’esercizio del diritto di impugnazione da parte dello straniero.
(22) Offre una ampia ricostruzione critica degli orientamenti giurisprudenziali F. Vassallo Paleologo, Il respingimento differito disposto dal questore, cit., p. 21 s.
(23) Si vedano: T.A.R. Calabria, 26 aprile 2006, sent. breve n. 432/06; T.A.R. Sicilia, 7 novembre 2006, sent. breve n. 2706/06; T.A.R. Calabria, 23 febbraio 2007, sent. breve n. 112/07; T.A.R. Campania, 3 luglio 2007, sent. breve n. 6441/07; T.A.R. Sicilia, 22 gennaio 2009, sentt. brevi nn. 89/09, 90/09, 91/09, 92/09, 93/09, 94/09, 95/09 ; T.A.R. Sicilia, 17 marzo 2009, sent. breve n. 510/09 ; T.A.R. Sicilia, 7 aprile 2009, sent. breve n. 668/09
(24) In questi esatti termini si esprime la sentenza breve del T.A.R. Sicilia n. 668/09 cit., pubblicata in Diritto Immigrazione Cittadinanza, n. 2, 2009, p. 195.
(25) Si possono richiamare, in tal senso, le considerazioni svolte in generale da A. Pace, voce Libertà personale (Dir. Cost.), in Enc. Dir., XXIV, 1974, p. 304.
(26) Nonostante in passato tale tesi sia stata autorevolmente sostenuta (A. Pace, op. cit., p. 306), deve oggi escludersi che lo straniero non goda a pieno titolo della garanzia dell’art. 13 Cost.; in tal senso, a parte l’esplicito riconoscimento a favore dello straniero «comunque presente alla frontiera o nel territorio» dei «diritti fondamentali della persona umana» contenuto nell’art. 2 comma 1 del T.U. Imm., milita la sentenza C. cost. 105/01: «Per quanto gli interessi pubblici incidenti sulla materia della immigrazione siano molteplici e per quanto possano essere percepiti come gravi i problemi i sicurezza e di ordine pubblico connessi a flussi migratori incontrollati, non può risultare minimamente scalfito il carattere universale della libertà personale, che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili, spetta ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani.»
(27) Si tratta delle pronunce T.A.R. Friuli - Venezia Giulia, 23 agosto 2002, sent. n. 610; T.A.R. Lazio, 28 maggio 2003, sent. n. 4830 ; T.A.R. Piemonte, 19 luglio 2005 , sent. breve n. 2561. T.R.G.A. Bolzano, 23 marzo 2006, sent. n. 119; T.A.R. Friuli - Venezia Giulia, 29 gennaio 2007, sent. breve n. 102.
(28) Le stesse pronunce costituzionali che hanno riconosciuto margini di discrezionalità al legislatore nella diversificazione della tutela giurisdizionale hanno comunque sottolineato la rilevanza della tipologia e del contenuto del provvedimento impugnabile quale parametro di valutazione della ragionevolezza della scelta legislativa (cfr. C. cost. ord. 414/01). Ad ogni modo, la scelta discrezionale del legislatore di diversificare tutele e giurisdizioni in tanto è ammessa in quanto venga espressamente e positivamente esercitata. Diversamente, nel caso di specie, è un vuoto normativo a discriminare posizioni sostanzialmente assimilabili.
(29) In tal senso si veda il decreto del Tribunale di Agrigento, 26 marzo 2009, in Diritto Immigrazione Cittadinanza, n. 2, 2009, p. 194. Più di recente le argomentazioni della pronuncia da ultimo citata sono state riproposte in molteplici provvedimenti del Giudice di pace di Agrigento non pubblicati. Per completezza occorre segnalare l’ordinanza Cass. Civ., Sez. I, 8 marzo 2010, n. 5612, inedita, che, pronunciandosi su un decreto del giudice di Pace di Trapani in materia di respingimento, sembrerebbe escludere la sussistenza della giurisdizione ordinaria. In realtà, la pronuncia della Cassazione, pur incidentalmente affermando che «si tratta di un provvedimento diverso dal decreto di espulsione, non disciplinato dal D. Lgs. 286 del 1998, artt. 13 e 14 e non riconducibile ai provvedimenti per i quali è stabilita la competenza del giudice di pace a conoscer dell’opposizione» non ha affrontato il merito della questione ritenendo formatosi giudicato implicito sul punto.
(30) Affermazione che, oltre ad essere palesemente erronea nella premessa (la “discrezionalità” cui si allude in quel contesto sarebbe patologica, trattandosi di provvedimenti a carattere vincolato), non tiene conto nelle conclusioni di quanto affermato in ordine al riparto di giurisdizione dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 127/98. E’ un postulato privo di fondamento quello che riconnette al provvedimento amministrativo a carattere vincolato la giurisdizione ordinaria ed al provvedimento discrezionale la giurisdizione amministrativa.
(31) Provvedimenti che si pongono tra loro in un rapporto da species a genus in modo tanto evidente da far ravvisare alla dottrina nel respingimento “differito” una forma di «espulsione anticipata». In questi termini cfr. B. Nascimbene, Convalida e diritti della persona, in AA.VV. (a cura di R. Bin, G. Brunelli, A. Pugiotto, P. Veronesi) Stranieri tra i diritti. Trattenimento, accompagnamento coattivo, riserva di giurisdizione, cit., p. 145 ed Id., Le garanzie nel procedimento di espulsione, cit., p. 211.
(32) Non si tratta di discriminazioni astratte: sul piano pratico si consideri che l’esclusione del respingimento “differito” dall’ambito di applicazione dell’art. 13 comma 8 T.U. Imm. comporta anche l’esclusione dalla “speciale” e più favorevole disciplina del patrocinio a spese dello Stato ivi prevista. Questione non di poco momento ove si consideri, rispetto alla disciplina ordinaria del patrocinio a spese dello Stato, le difficoltà che può incontrare nel documentare le proprie condizioni reddituali lo straniero che sia stato trattenuto appena sbarcato.
(33) La via del giudizio di legittimità costituzionale potrebbe apparire, in astratto, quella tecnicamente più corretta. Tuttavia, essa rischierebbe di scontare seri limiti di effettività; si consideri, infatti, che il decreto di respingimento “differito” della cui impugnabilità si discute è provvedimento dotato di esecutorietà immediata, caratteristica questa che, nelle more del giudizio di costituzionalità, potrebbe determinare effetti irreversibili a carico dello straniero (l’effettiva esecuzione del rimpatrio illegittimamente decretato), quando non anche l’irrilevanza sopravvenuta della stessa questione di legittimità (per il venir meno della materia del contendere nel giudizio a quo). Si tenga presente, inoltre, che, fuori dalla materia processuale penale, il ricorso all’analogia rispetto ai mezzi di impugnazione non si scontra con rigidità simili a quelle poste dall’art. 568, comma 1 c.p.p. e che l’art. 13 comma 8 d. lgs. 286/98 non sembra rivestire in termini così netti quel carattere di norma «eccezionale» ai sensi dell’art. 14 disp. prel., che potrebbe inibirne in modo assoluto l’estensione ad un caso sostanzialmente analogo.
(34) Nell’esperienza degli ultimi anni, peraltro, gran parte di queste strutture hanno conservato uno statuto giuridico più che dubbio: hanno una struttura “chiusa” (non si entra e non si esce liberamente) ma non sono formalmente né Centri di Identificazione ed Espulsione né Centri di Primo Soccorso ed Assistenza. Dubbi ancora maggiori emergono riguardo le strutture di “smistamento” create ad hoc nella scorsa primavera, quando sulla scorta della dichiarazione dello stato di emergenza con il D.P.C.M. del 12 febbraio 2011, si son attuate modalità di detenzione amministrativa completamente extra ordinem, culminate nella vicenda dei “C.I.E. galleggianti”.
(35) Solo in rari casi i giudici di pace chiamati a pronunciarsi sui trattenimenti di cui si parla hanno negato la convalida o la proroga degli stessi. Clamoroso è stato il caso del diniego opposto il 17 giugno 2011 dal Giudice di pace di Torino a ben 22 convalide di trattenimenti “smistati” da Lampedusa e fondati su respingimenti differiti “intempestivi”. Nella stragrande maggioranza delle ipotesi, al contrario, i giudici di pace, forti di una giurisprudenza di Cassazione molto restrittiva in materia di convalida e proroga del trattenimento, si astengono dal verificare la legittimità del provvedimento presupposto (di espulsione o respingimento che sia).
(36) L’ eccesso di potere configura il più sfuggente tra i vizi tipici del provvedimento amministrativo. Con riferimento alla figura di eccesso di potere per sviamento richiamata dalla pronuncia, questa può definirsi come «distonia tra il contenuto obiettivo di un provvedimento e la “causa” della relativa potestà esercitata, e dunque, seppure sul piano teleologico, l’erronea applicazione della norma attributiva del potere», in questi termini si veda F. Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Dike Editore, 2010, p. 1266. Nondimeno, si ritiene che la patologia ricorrente nel caso di specie sia da individuarsi, più correttamente, nella più generale ed autonoma figura della violazione di legge.
(37) La norma recita «il respingimento con accompagnamento alla frontiera è altresì disposto dal questore nei confronti degli stranieri (…) che, entrando nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all’ingresso o subito dopo».
(38) Sul punto, con un ragionamento riferito all’espulsione amministrativa ma estensibile al caso di specie, si veda E. Marzaduri, Sul rispetto dei diritti fondamentali della persona nella disciplina dell’espulsione, Tavola rotonda su “Controllo dell’immigrazione, espulsione e tutela dei diritti costituzionali”, in Leg. Pen., 2002, p. 1026. L’Autore, in particolare, sottolinea come il rispetto dell’art. 13 comma 3 Cost. imponga al legislatore di costruire fattispecie espulsive che permettano di apprezzare, anche normativamente, l’eccezionalità e l’urgenza dell’intervento dell’autorità di polizia.
(39) Che è il termine entro cui va inoltrata la richiesta all’autorità giudiziaria di convalida dell’accompagnamento coattivo e dell’eventuale conseguente decreto di trattenimento. Se si considera, infatti, che il presupposto del respingimento è costituito dal fermo dello straniero, superato il limite di 48 ore, si creerebbe un interstizio temporale di detenzione amministrativa sine titulo. Su questo argomento si veda F. Vassallo Paleologo, Il respingimento differito disposto dal questore, cit., p. 19 s.
(40) Da considerarsi unitariamente, comprensiva del questore legittimato al respingimento e del prefetto titolare del potere di espulsione ex art. 13 T.U. Imm.
(41) Discrezionalità patologica, posto che il provvedimento di cui si discute dovrebbe essere a carattere vincolato.
(42) Sottolinea il nesso tra indeterminatezza della fattispecie di cui si tratta, discrezionalità amministrativa e lesione del diritto di difesa dello straniero respinto A. Pugiotto, «Purché se ne vadano», cit. L’Autore , ritenendo sussistente la giurisdizione del T.A.R. sul respingimento, sottolinea, tra l’altro, come l’opzione tra l’una o l’altra misura permetta alla pubblica amministrazione anche di scegliersi il proprio giudice.
(43) Si consideri, ad esempio, quanto sopra detto in materia di tutela giurisdizionale avverso il decreto di respingimento “differito”.
(44) Si tratta della nota direttiva 2008/115/CE del 16 dicembre 2008 cd. “rimpatri”. L’impianto della direttiva presenta molteplici luci ed ombre ma contiene anche indubbie norme di garanzia per lo straniero. Non è possibile analizzare specificamente tali previsioni in questa sede ma è opportuno sottolineare come esse investano direttamente i punti nevralgici della disciplina di settore, spesso con disposizioni di dettaglio che innalzano gli standards nazionali: dalla tutela della libertà personale (con la priorità assegnata al rimpatrio con concessione di termine ed alla espressa qualificazione del trattenimento amministrativo come extrema ratio in un sistema di misure “cautelari” che deve essere il più articolato e graduale possibile), al diritto di difesa (con l’espressa previsione dell’impugnabilità della decisione di rimpatrio oltre che del riesame periodico, anche a richiesta dello straniero, delle condizioni per il protrarsi del trattenimento), alla tutela dell’unità familiare e dei soggetti particolarmente vulnerabili.
(45) L’art. 2 comma 2 lett. a) e b) della direttiva 2008/115/CE permette di escludere dall’ambito di applicazione dello «horizontal set of rules» i respingimenti alla frontiera, le procedure di estradizione ed i rimpatri che costituiscano sanzione penale o sua conseguenza.
(46) In tal senso C. Favilli, La direttiva rimpatri ovvero la mancata armonizzazione dell’espulsione dei cittadini dei Paesi Terzi, in osservatoriosullefonti.it, n. 2 del 2009. Ritiene, diversamente, che la direttiva si applichi direttamente anche alle ipotesi di respingimento “differito” F. Vassallo Paleologo, Illegittimi i respingimenti “differiti” disposti dalla Questura di Agrigento, in www.asgi.it. In effetti, l’art. 2 comma 2 lett. a) nelle versioni plurilingue del testo, a fronte della nostrana traduzione in «respingimento alla frontiera» parla di «refus d’entrée» (testo francese) e «refusal of entry» (testo inglese) che parrebbe alludere al solo “classico” respingimento “immediato”. Non sarebbe, ad ogni modo, peregrina l’idea di un futuro rinvio pregiudiziale ex art. 267 T.F.U.E. per ottenere un chiarimento in merito dalla Corte di giustizia.

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[ venerdì 6 luglio 2012 ] estratto da http://www.meltingpot.org/articolo17914.html

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