Cass. pen., sez. VI, sent. 24 maggio 2012 (dep. 8 giugno
2012), n. 22301, Pres. Garribba, Rel. Aprile, P.G. Aniello (conf.), Ric.
Saviolo.
La sentenza qui pubblicata fornisce, con ampiezza di riferimenti e profondità
di analisi, un quadro aggiornato della riflessione giurisprudenziale sullo stato
attuale del principio iura novit curia, ed in particolare sulle
garanzie che devono ormai accordarsi all'imputato, dopo la nota
decisione Drassich della Corte di Strasburgo, quando il giudice decida
di conferire al fatto una diversa qualificazione giuridica.
A parere della Corte è necessario verificare volta per volta, in base
all'andamento della procedura antecedente, se la riqualificazione operata dal
giudice abbia recato un effettivo pregiudizio alle ragioni
della difesa (id est, dal punto di vista del giudice procedente, se sia
necessario o non provocare una specifica interlocuzione difensiva sul punto). Si
ricorda, così, la giurisprudenza in materia cautelare per la quale è
sufficiente, a legittimare la riqualificazione, che il tema della corretta
definizione giuridica del fatto sia stato comunque affrontato in una fase
antecedente del procedimento. Nel giudizio di cognizione, è stata prospettata
una sorta di necessaria prospettazione del problema in occasione dell'appello, e
della relativa indicazione dei motivi, quando la
riqualificazione sia stata operata dal giudice di prime
cure, e l'imputato abbia dunque avuto la possibilità di prospettare le
proprie ragioni nel giudizio impugnatorio di merito. Ed infatti, congruamente,
la violazione del diritto di difesa è stata talvolta ravvisata in caso di
riqualificazione operata per la prima volta con la sentenza di
appello, senza pregressa interlocuzione difensiva.
Nel caso sottoposto al suo giudizio, per altro, la Corte ha esaminato un
provvedimento di « derubricazione » del fatto, da concussione a corruzione
propria, operato appunto da una Corte di appello. È significativo come, nel
respingere le doglianze difensive, i supremi
giudici non abbiano assegnato valore dirimente al carattere favorevole
degli effetti prodotti dal provvedimento impugnato. Piuttosto, è
risultata decisiva la qualità del pregiudizio segnalato dal
ricorrente. Questi si è lamentato in sostanza di una violazione di
legge, cioè della indebita utilizzazione della prova dichiarativa
costituita dalle dichiarazioni testimoniali delle presunte vittime della
concussione (in realtà responsabili di corruzione, e da considerare dunque in
posizione di incompatibilità quali testimoni). Ma la violazione di legge può ben
essere prospettata (ed infatti è stata prospettata) con i motivi
del ricorso per cassazione, così mettendo
l'interessato in grado di difendersi, sulle questioni da lui stesso focalizzate,
prima della pronuncia definitiva in suo danno.
La logica del discorso è trasparente, ed infatti la Corte specifica come la
questione, se altro genere di pregiudizi fossero stati riferiti alla dinamica
del procedimento (ad esempio, la mancata assunzione di prove divenute rilevanti
nella prospettiva segnata dalla nuova qualificazione), avrebbe potuto essere
risolta diversamente.
È interessante ancora, a conferma della tendenza a valutare la
sostanza dello scambio argomentativo eventualmente anteposto
alla riqualificazione, come la Corte abbia ricordato anche che lo stesso
imputato aveva compiuto riferimenti al carattere «paritario» dei rapporti con i
presunti concussi, sia pure a fini diversi dalla identificazione d'un fatto
corruttivo.
Insomma, la garanzia del contraddittorio in ordine alla diversa definizione
giuridica del fatto deve ritenersi assicurata anche quando detta
riqualificazione viene operata dal giudice di secondo
grado, qualora sia possibile per l'interessato recuperare, restando nei
limiti di ammissibilità concernenti i motivi di ricorso per
cassazione, una piena possibilità di interlocuzione e di
contraddittorio quanto ai profili di difesa compromessi dalla
diversa definizione giuridica del fatto.
|
Nessun commento:
Posta un commento